Il sentiero Alberto Bonacossa è un percorso attrezzato ed è obbligatorio l’uso dell’imbrago e caschetto , anche se i suoi passaggi possono sembrare molto facili e con difficoltà tecniche molto blande , consiglio perlomeno averlo a seguito .
Tempo di percorrenza dell’anello : 8h00
Dislivello totale : 1210 m
Quota massima raggiunta : 2478 m
Sentieri usati : 120A – 117 – 101 – 119 – 115
Come raggiungere
Dopo aver raggiunto il lago di Misurina sia che si salga da Auronzo di Cadore che da Cortina D’Ampezzo , ci si porta verso l’Hospice , e si lascia l’auto dove parte la seggiovia che sale sul col de Varda .
Descrizione
Raggiunto il posteggio della seggiovia che sale sul Col de Varda , il sentiero 120A per la carrareccia fino a raggiungere un primo bivio che porta al rifugio Citta di Carpi , si tiene la sinistra fino a raggiungere il Rifugio Col De Varda 2106 m dove partono anche le piste da sci , e da cui si potrà ammirare uno spettacolo sul lago incredibile , poco dietro il rifugio parte il sentiero 117 Alberto Bonacossa , si sale in un piccolo tratto boschivo per poi entrare in quel lungo ghiaione che attraverso la Grave de Misurina ti porta nella Forcella De Misurina , una stretta fessura dove l’importante è avere pratica sui terreni impegnativi , l’imbrago per i poco pratici può essere utile , si raggiunge cosi la forcella 2375 m , si ridiscende su terreno detritico , abbastanza impegnativo per principianti alle prime armi , fino a raggiungere un primo bivio che attraverso il 118 ti porterà a rientrare nel caso di difficoltà , il ciadin della Neve 2175 m , si prosegue verso la parte più ripida del percorso , quella che sale alla Forcella del Diavolo , mentre sullo sfondo si potrà ammirare la fantastica Croda Rossa D’Ampezzo , la severa salita rompe un pò il fiato nonostante il suo zig zag faciliti la cosa , raggiunta la forcella del Diavolo 2478 m. e sulla sinistra la Torre del Diavolo , lo spettacolo che si presenta con il bel tempo , non è descrivibile a parole , si inizierà a vedere sullo sfondo le Tre cime , si inizierà nuovamente a scendere un pò di quota attraverso un terreno ancora ghiaioso detritico passando a destra della Cima D’Antorno , per poi attraversare il Ciadin dei Toci e raggiungendo il Passo dei Toci , si risale poi alcune centinaia di metri al Rifugio Fonda Savio 2367 m , dove una fetta di strudel rallegrerà la giornata , da qui per chi fosse stanco e volesse fare il giro in 2 tappe si potrebbe dormire oppure ridiscendere attraverso il 115 , rientrando cosi sul Lago di Misurina , proseguiamo poi attraverso il 117 scendendo sul ghiaione sotto il Rifugio nel versante di Auronzo ,raggiungeremo la Forcella Rin bianco situata a quota 2176 m , dove attraverso una leggera risalita , in parte attrezzata riprenderemo un pò di quota , anche da qui per chi decidesse di rientrare lo potrebbe fare attraverso il 119 che porta direttamente sul casello di pedaggio per le Tre Cime, invece passando sulla base a mezza costa della Cima Ciadin de Rin Bianco e Cima Ciadin de le Bisse , si prosegue in cresta a quota 2343 m sopra la Val Ciampedele , si transita sulla sinistra della cresta , passando sul Ciadin de Longères , per poi raggiungere la forcella Longères ed attraverso un tratto pianeggiante si raggiungerà il rifugio Auronzo 2320 m , da qui attraverso il sentiero 101 si potrà ridiscendere dapprima sul Casello di Pedaggio , e poi attraverso un sentiero non numerato ma intuitivo si raggiungerà dapprima il lago D’Antorno e poi transitando a fianco del sentiero 115 Fonda Savio , rientrare attraverso il Campeggio La Baita , fino al Lago di Misurina dove una pedonabile che raggira il lago ci porterà al punto di Partenza della seggiovia col de Varda .
Se ami la montagna … difendila, dall’uomo , io sto con la montagna , fatelo anche VOI
Il Club Alpino Italiano , attraverso il Gruppo Regionale Veneto , e la Commissione Interregionale Tutela Ambiente Montano Veneto Friuli Venezia Giulia aderisce alla manifestazione :“PISTA DA BOB -ULTIMA CHIAMATA” di Domenica 24 settembre 2023 ore 10.30 Piazza Dibona a Cortina D’Ampezzo
Qual è il problema ambientale Fin da subito, ben prima che si arrivasse alla situazione attuale, diverse associazioni del territorio avevano sollevato dei dubbi sulla bontà del progetto, chiedendosi se effettivamente avesse senso iniziare una ristrutturazione così complessa, soprattutto per una questione di impatto ambientale.
Secondo i dati del Club alpino italiano (Cai), la deforestazione colpirebbe oltre 25mila metri quadri di vegetazione e sarebbe necessario prelevare oltre tremila metri cubi di acqua dalle riserve comunali per la formazione del ghiaccio in un contesto già sofferente dal punto di vista idrico e dove ogni anno cade sempre meno neve. A tutto ciò bisogna sommare le emissioni inquinanti e l’impiego di sostanze chimiche necessarie ai lavori e alle opere di refrigerazione della pista.
I cittadini di Cortina sembrano essere consapevoli di queste problematiche, come dimostra un sondaggio dell’agosto 2021 fatto dal Comitato civico Cortina: il 60 per cento degli abitanti è convito che l’impatto ambientale sia troppo elevato. Non solo per proteggere la montagna e i boschi, ma anche perché questo genere di opera sarebbe totalmente fine a sé stessa, come dimostra il precedente abbandono della stessa pista di Cortina, ma anche di quella più recente in Piemonte. Inoltre, il numero di persone che in Italia praticano queste discipline sono sempre meno: non se ne contano 50. Troppo poche per immaginare una vita dell’impianto oltre i Giochi.
Riflessioni
Ce ne sarebbero di cose da dire , di commenti da fare , Cortina non ha posteggi nemmeno per l’alta stagione , sono messi così da anni , le Tofane , il Sorapis , l’Antelao , il Cristallo , non hanno bisogno di piste da Bob , hanno bisogno di tutela di rispetto , io salgo a Cortina da montanaro , la frequento da una vita da quando a 19 anni ho dormito con la Compagnia Genio Guastatori a Fiammes … amo la montagna quella che fa emozionare , e cerco nel mio piccolo di salvaguardarla e proteggerla . Certo gli Ampezzani si sanno difendere , ma hanno bisogno ora più che mai di chi ama la montagna senza se e ma , ed ha fatto di quella montagna la palestra della propria vita . Luciano Cailotto
La fragilità della Montagna
17 settembre 2023 Frana a San Vito di cadore
31 agosto 2023 Frana a Passo Tre croci Cortina D’ampezzo
9 ottobre 2021 Frana a Chiapuzza , San Vito di Cadore
29 luglio 2016 Frana dal Pelmo San Vito di Cadore
5 agosto 2015 Frana a San Vito di Cadore travolge le auto: 3 morti
8 novembre 2012 Frana sopra Chiapuzza San Vito di Cadore
31 agosto 2011 Frana sul Pelmo Sotto due tecnici del Soccorso Alpino
Si sale a Cortina D’Ampezzo e si prosegue verso Dobbiaco , raggiungendo così la località Carbonin , al bivio nel villaggio Croda Rossa prendiamo la strada per il lago di Misurina, poco dopo aver imboccato la strada sulla destra troveremo un ampio posteggio in cui lasceremo l’auto . Si può raggiungere questo luogo sia anche da Auronzo di Cadore passando per il lago di Misurina , oppure da Dobbiaco .
Descrizione
Il sentiero parte poco lontano dal villaggio Croda rossa , salendo verso Cortina D’Ampezzo , si imbocca il sentiero 37 che fa parte anche dell’altavia n°3 , che costeggia ed usa una strada che porta al Rifugio Vallandro ed al Forte omonimo ,la salita non presenta difficoltà ed è praticabile da tutti , molto bello il sottobosco ed il panorama incredibile sia sul versante della Croda Rossa D’ampezzo che sul gruppo del Cristallo nel versante Trentino , parte del percorso è sulla carrabile e parte in sentieri che accorciano la distanza , senza grosse pendenze si raggiunge il rifugio Vallandro 2040 m , raggiunto il rifugio ed ammirato lo splendido scenario che si apre sia sulla prateria di Prato Piazza e la grandezza immensa della Croda Rossa e la vastità del Gruppo del Cristallo , sulla Cresta Bianca , sul Circo del Cristallo , lo spigolo della Cresta di Costabella conosciuta anche con il nome Schönleitenschneide , ed la Val Prà de Vecia che nel periodo bellico 1915-18 sono stati teatro di sanguinosi combattimenti , dal fianco del rifugio si sale su un sentierino in costa che permette panorami nella valle di grande bellezza con alcune postazioni di osservazione verso quello che fu l’antico confine austroungarico , qui la salita è un pò più impegnativa , ma abbastanza corta fino ad entrare il un ampio prato adibito al pascolo , diviso dal sentiero che sale fino al monte Specie 2307 m , la distesa prativa non la si può nemmeno descrivere , la bellezza di questi territorio la rende incredibilmente fantastica , raggiunta la cima la visione sulle Tre cime di Lavaredo , il Monte Piano e Piana con il sentiero dei pionieri che sale dal Lago di Landro , l’immensità della Croda Rossa , in questo panorama che spazia Gruppo del Cristallo fino alle Tofane , mentre sul basso le praterie di Prato Piazza completano un’incredibile panorama , si scende prendendo il 40A, verso la Malga di Prato Piazza dove è possibile anche mangiare qualcosa , proseguiamo con il 40A poi verso l’hotel Croda Rossa e Prato Piazza , da lì prenderemo il sentiero 18 che scende verso località Carbonin , passando ai piedi della Croda Rossa e imboccando la Val dei Chenòpe , che non presenta difficoltà tecniche , se non in un piccolo tratto più ripido , molto bella ed appagante con una piccola cascatina , si scende abbastanza velocemente e si arriva alla casa Cantoniera dismessa per poi entrare nel canale fluviale attraversandolo per salire sulla ciclabile che ha sostituito l’antica ferrovia che portava a Dobbiaco, percorrendo circa 3km si raggiunge il punto di partenza , esiste un altro punto di salita per il sentiero 34 che sale dal Lago di Landro ma risulta molto più lontano dal punto di vista del rientro , anche se di poco , sale da Val Chiara dove la zona presenta anche numerosi postazioni e baraccamenti del periodo bellico.
Cenni storici
Alla vigilia dell’apertura delle ostilità il generale Nava, comandante della 4° armata, dando ai comandi di due corpi d’armata da lui indipendenti le direttive d’azione per i primi atti di offesa, indicava come primi obiettivi da raggiungere sul fronte del cadore ; uno la presa di possesso dell’intero massiccio del Monte piana ; due le ha prese in possesso della conca di Cortina d’Ampezzo entrambi questi obiettivi erano nella zona del primo corpo d’armata al comando del generale Ragni . Il comando del corpo d’armata rispose di non ritenere possibile l’occupazione dei due obiettivi. Riguardo al monte Piana e il suo infatti prevedeva che non sarebbe stato possibile sistemarsi stabilmente perché efficacemente battibile delle artiglierie austriache, soprattutto da quelle del codice Specie e del Monte Rudo, confidava, tuttavia che neppure l’avverario avrebbe avuto la possibilità di stabilirsi qualora le artiglierie italiane da campagna e da montagna, sostenute da adeguati contingenti di fanteria avessero avuto il tempo di appostarsi lungo il fronte col Sant’Angelo Misurina malga di rimbianco forcella Longeres, così da portar controbattere efficacemente il tavolato superiore del Monte. Riguardo la conca di Cortina D’Ampezzo, il comando del corpo d’armata prevedeva gravi difficoltà per occuparla, mentre rilevava il valore inestimabile di tale occupazione . In realtà molte furono le incertezze che accompagnarono queste prime operazioni di guerra del Cadore scrive in generale Faldella. Orientato ad applicare procedimenti ossidionali per superare le fortificazioni nemiche il generale Nava non vide in quei primi giorni di guerra l’utilità di azioni condotte rapidamente e di sorpresa, che potevano conseguire successi, facilitando l’ulteriore sviluppo delle operazioni. Nelle direttive che emanò il 7 Aprile, il generale Nava vietò di prendere iniziative e si riserbo ogni decisione circa l’opportunità: di prevenire nemico su alcuni punti di capitale importanza per le successive operazioni il generale Cadorna intervenne, sebbene in ritardo, per evitare che la quattro armata rimanesse del tutto inoperosa, in attesa del parco d’assedio , e il 22 maggio fece spedire, a quella sola Armata, il telegramma numero 215 contenente l’ordine di imprimere alle operazioni ” spiccato vigore cercando di impadronirsi al più presto possibile posizioni nemiche oltre il confine, necessaria ulteriore sviluppo operazioni ” il generale Nava diciamo allora, alle 13:30 del 23 maggio un ordine stupefacente premesso che il nemico avrebbe potuto disporre di grandi forza, avvertì che nelle operazioni tendenti a sorprendere l’avversario occorreva essere “avveduti e cauti “. Secondo lui, l’occupazione della conca di Cortina avrebbe potuto: “trarre un mal esito delle operazioni “. I comandanti di corpo d’armata dovevano meditare su tale considerazione, far conoscere il loro parere e proporre, a ragion veduta, gli atti di prima offesa che, al loro giudizio si possono meglio compiere senza incorrere sui più gravi rischi punto il comandi di corpo d’armata ricevettero questo ordine 8 ore prima dell’inizio delle ostilità quando già le truppe avrebbero dovuto essere pronte a trapassare le frontiere . I comandanti, invece di spingere ad agire di sorpresa, dovevano meditare e proporre punto i risultati corrispondono alle premesse e furono deplorevoli.
Un giudizio altrettanto severo sarò dell’operato dei generale Nava nei primi giorni di guerra e formulato dal generale Fadini:
Il generale Nava comandante della quarta armata italiana destinata ad irrompere in Val Pusteria, non si muoveva e soprattutto non sapeva che pesci pigliare nel giro di poche settimane sarà tra i primi è senz’altro il più illustre tra i silurati di Cadorna ma intanto “è lentissimo e titubante e nonostante le energie fisiche esortazioni del comando supremo dimostra scarso spirito offensivo il suo vecchio timore dei responsabilità” .
A proposito del telegramma del 22 maggio di Pieri commenta :
Sembra che il Cadorna intendesse l’occupazione mediante colpi di mano, degli elementi avanzati degli sbarramenti nemici come il Col di Lana e Sasso di Stria , ed il Son Pauses . Ma simili colpi di mano non erano affatto “in conformità delle direttive dell’aprile 1915” che anziché gli sconsigliavano . Ne il Nava, nei due comandanti di corpo d’armata ritennero possibili .Comunque nè il Cadorna ne i suoi sottoposti pensavano che si potesse, all’apertura delle ostilità girare per alto gli sbarramenti e penetrare in tal guisa profonda nel territorio nemico. Inazione italiana meraviglio anche l’avversario infatti generale Krafft Von Dellmensingen comandante dell’AlpenKorps tedesco annota sul suo diario “apprendo che il nemico non ha intrapreso finora nessun ,nulla di serio. Si vede che non sa cogliere il suo vantaggio”. Il 27 maggio il comando supremo, constatato “che il nemico non è in grado o almeno non intende di contrastare seriamente la nostra avanzata” diramo l’ordine di guadagnare con un primo balzo il maggior terreno possibile:
Conviene qui e approfondire di questo stato di cose …occupando subito quelle posizioni oltre il confine, la cui conquista , quando il nemico avesse il tempo di portarvi adeguate forze , costerebbe a noi grossi sacrifici… Aspettando per operare con decisero offensiva , che tutti i mesi per vivere e combattere siano perfettamente organizzati, noi rischieremmo di dover ben presto consumare quei mezzi per conquistare obiettivi ,che oggi potremmo raggiungere senza colpo ferire.
Quest’ordine determinò l’avanzata delle truppe a passo Tre Croci e sulla Val Boite al’altezza di Zuel conquistando anche la conca di Cortina , interessante ricordare che tali occupazioni furono precedute da un’audace esplorazione del Sottotenente Matter 55°Fanteria ,questo partito da Misurina il 26 maggio verso il Passo Tre Croci, abbatte il cippo di confine e raggiunge il passo , lo trova sgombro e quindi ritorna a Misurina con un lungo canocchiale sequestrato sul piazzale antistante all’albergo.
Il giorno seguente 27 maggio mentre il resto della compagnia occupa i Tre Croci e SonForca scende a Cortina con una pattuglia e trova sgombrata dagli austriaci c’è già il 20 maggio avevano ritirato tutte le autorità militari e si limitavano a inviare, di notte, qualche pattuglia da Fiames e da Son Pauses. Va a cercare le autorità del paese e invita il capo del Comune e Decano ad accompagnarlo a Tre Croci . Qui li presenta il maggiore Bosi, il futuro magnifico eroe del piana comandante del battaglione, il quale in breve colloquio dà assicurazione che, qualora non vengano fatte rappresaglie contro le truppe occupanti, sarà rispettato ogni persona e ogni cosa ed invita a rientrare a Cortina. Nel pomeriggio del giorno successivo e durante tutto il 29 maggio il grosso delle truppe italiane occupa tutte le conca Ampezzana risalendo lentamente da Acqubona e Zuel .
Fonte : La guerra in Ampezzo e Cadore- Antonio Berti -Mursia
Si sale da Cortina verso il Passo Falzarego , dopo alcuni km si incrocia il bivio con il passo Giau , lo si imbocca e si sale fino ad incontrare una stradina sterrata sulla sinistra con un cartello indicativo da dove parte il sentiero che sale verso i Lastoi , presso la località Ponte Peziè de Parù . Si lascia l’auto e si prosegue a piedi.
Descrizione
Questo percorso ad anello molto bello e panoramico , si sale attraverso il sentiero 434 che parte da una stradina a Ponte Peziè de Parù 1512 m , subito fin dall’inizio sale ripido in una stradina forestale molto ripida , il sentiero mostra nonostante la folta vegetazione scenari visti già ma da angolazioni molto diverse , il bosco è incantato , un sottobosco incredibilmente bello , il sentiero non molla mai fino a raggiungere la quota di 1876 m , dove troveremo dapprima il Cason del Formin , e un primo bivio che sale con il 437 dal Ponte de Recurto , qui noi cambieremo sentiero imboccando il 435 che ci fa entrare nella Val de Formin , divenendo anche meno ripido , mentre il 434 porterebbe direttamente al lago di Federa e al Rifugio Croda da lago Palmieri 2046 m attraverso la Val Negra . Proseguendo sul 435 , lo stesso si inerpica in tratti ancora boschivi e si iniziano a vedere la creste della Croda , iniziando con le Ciadines , poi Croda Bassa da Lago , mentre il sentiero prosegue tra massi detritici di notevoli dimensioni ed ancora qualche tratto boschivo , per poi uscire definitivamente dal bosco e salire su alcuni ghiaioni con discreta pendenza , raggiunta la quota 2300 circa appariranno nella loro vastità i Lastoi del Formin con scenario che varia dal lunare dei Lastoi a distese prative di un verde incredibile , si sale ancora calpestando queste pietre erose dal tempo , che fanno vedere scenari non visibili in altri luoghi , mentre in lontananza si individuano le creste dei Lastoi , la Ponta del Giau , il Gran Diedro ed infine più in alto e lontano la Ponta dei Lastoi del Formin a 2657 m , , mentre leggermente più a sinistra lo Spiz de Mondeval 2512 m , mentre noi raggiungeremo la forcella Formin 2463 m , una pausa per ammirare l’enorme bellezza e grandezza di questo luogo , da perdere gli occhi nel vedere la distesa prativa subito sotto alla Forcella , si scende ora sempre dal 435 per raggiungere forcella Ambrizzola 2274 m , dove diversi sentieri saliranno a raccordarsi con il nostro , ora da forcella Ambrizzola imboccheremo il 434 attraverso una mulattiera , con a destra una prateria dedicata al pascolo del bestiame ,passando sotto le Creste della cima Ambrizzola e la Croda da Lago , un paradiso che ricolma in quel lago di Federa a fianco del Rifugio Palmieri Croda da Lago 2046 m un luogo dove il tempo pare si sia fermato e la mente potrà vagare in quelle praterie che non conoscono il tempo , una sosta magari per il pranzo e d’obbligo anche se poi la mente da li non vorrà più scendere . Si costeggia il lago imboccando il 431 anzichè il 434 che porterebbe in poco tempo a quella mulattiera ripida dopo il Cason del Formin , mentre il 431 scende meno ripido e porterebbe fino al rifugio Lago D’Aial , si scende abbastanza dolcemente in un sottobosco incantato con alcuni tratti un po più pendenti , superando anche la palestra di roccia del Becco D’Aial , e a pochi minuti si raggiungera un bivio non segnalato a sinistra , mentre a destra prosegue il 431 , si imbocca a sinistra su una stradina forestale che ti permetterà di raggiungere la ciclabile ovvero il 406 e poi in circa 25 minuti , il bivio con il 434 , dove tenendo la destra e superato il ponte avremo chiuso l’itinerario e raggiunto Ponte Peziè de Parù 1512 m, un bellissimo ed unico percorso nel suo genere , nella sua bellezza e varietà di scenari che avremo incontrato in questo nostri viaggio.
La leggenda di Merisana
Nella Val Costeàna c’è una collina che un tempo si chiamava Col de la Merisana. Poco lontano vi scorre il Ru de ra Vèrgines, Torrente delle Vergini. I vecchi ampezzani raccontavano che avesse quel nome perché abitato dalle Ondine, abitatrici di acque e boschi, che sul mezzogiorno d’estate uscivano dal ruscello. La loro regina si chiamava Merisana e la sua sovranità si estendeva da monte Cristallo fino alle montagne azzurre dei Duranni. Gli alberi si chinavano e le ubbidivano, le onde si abbassavano quando si avvicinava a riva, aveva un grande potere ma era infelice: il pensiero che vi fossero sulla terra infinite creature sofferenti e non poterle aiutare rattristavano il suo cuor pietoso. Accadde che il Rej de Ràjes (il Re dei Raggi) del regno dietro l’Antelao si fermò un giorno presso il torrente e gli parve di sognar ad occhi aperti scorgendo, per un solo istante, il dolce viso di Merisana. Passò un intero anno col pensiero di quel “sogno”, finché non ne parlò col re dei Lastojères che gli disse che non era un sogno ma sarebbe bastato andar a mezzogiorno per vederla. Così riuscì a conoscerla e parlarle e dopo solo sette giorni le chiese di sposarlo. Lei rispose ch’era ben felice di farlo, ma non poteva celebrar nozze finché ci fossero stati al mondo tanti infelici: prima avrebbe dovuto trovar modo di render tutti lieti. Nessun uomo avrebbe dovuto bestemmiare, né le donne lamentarsi, né i bimbi piangere, né gli animali soffrire. Il re si consultò coi suoi saggi ma non era fattibile. Dovette tornar indietro a chieder di rinunciare o limitare il desiderio. Merisana allora chiese che valesse almeno per un giorno, ma il re le fece comprendere che nemmeno questo era possibile. Merisana si rassegnò a limitare ancora la richiesta -il mezzogiorno è l’ora che più mi piace. A mezzogiorno ci sposeremo e almeno per un ora tutti saranno felici: uomini e animali, alberi e fiori!- Il re non poteva chiedere di più, così mandò notizia a uomini, animali, alberi e fiori che il giorno dopo ci sarebbero state le nozze del Rèj de Ràjes con Merisana e ogni pena sarebbe stata alleviata. Tutti si rallegrarono e per gratitudine le piante fecero sbocciare i fiori più belli e uomini e animali li raccolsero per portarli a lei. Fiori e le fronde furono così tanti che non si sapeva più dove metterli, così due nani della montagna li raccolsero e fecero un albero, il làrice. L’albero non aveva però vigore vitale, così Merisana si tolse il velo da sposa e lo posò sopra l’albero che inverdì e fiorì. Il larice è un albero strano. È una conifera ma i suoi aghi non sono sempre verdi e in autunno ingialliscono e cadono come le foglie dei latifogli. Questo accade perché è un albero formato da piante d’ogni specie. Quando in primavera il larice si desta dal sonno invernale è facile distinguere attorno ai suoi rami, rivestiti di teneri sottilissimi aghi, il tessuto lieve del velo da sposa di Merisana.
Definire il sentiero Ivano Di Bona , attrezzato o ferrata è un eufemismo , difficoltà alpinistiche di questo sentiero vanno oltre la semplice via attrezzata , vero che i pezzi attrezzati non sono un gran ché difficoltosi , ma la lunghezza e l’avvicinamento a questa via va ben oltre sempre se la si vuole completare un tutta la sua lunghezza…ma in questo ambiente severo è nel silenzio più assoluto , pregno di storia e di fatti bellici che il montanaro trova il suo ambiente naturale , e percorrere l’itinerario in tutta la sua lunghezza diventa qualcosa di ardito , più di 20 km 1600 metri di dislivello sulle tracce della storia… per non dimenticare e per far sapere… Luciano
Tempo di percorrenza dell’anello : 10h00
Distanza Percorsa : 20km
Dislivello totale: 1600 m
Quota massima raggiunta: 3008 m
Come Raggiungere
Si sale fino al Passo Tre Croci situato sopra a Cortina D’Ampezzo (attenzione se si parte dal Passo bisogna tener conto di più di un ora per raggiungere il rifugio ) si raggiunge il rifugio Son Forca a 2235 m , si può usare anche la seggiovia di Rio Gere , purtroppo il punto migliore per partire con questo itinerario sarebbe il Rifugio o Bivacco Lorenzi 2932 m raggiungibile con l’impianto però dismesso e quindi non più utilizzabile , il consiglio è quello di dormire al son Forca .
Descrizione
Dopo aver dormito al Rifugio Son Forca 2235 m, si prende il canalone che sale sulla forcella Son Stounies , ascesa difficile su terreno detritico dove non è più possibile usare la seggiovia dismessa da tempo che ti farebbe guadagnare la quota di partenza più agevolmente, anche il rifugio Lorenzi è dismesso , rimane solo un bivacco di emergenza , raggiunto il rifugio sulla forcella a destra inizia la ferrata Bianchi che porta sul Cristallo di Mezzo a 3154 m ( se si vuole percorrere anche questa insieme all’altra bisognerà aggiungerci circa 2h rendendo ancora più difficoltoso l’itinerario ) , si prosegue a sinistra raggirando la stazione di controllo dell’ex-seggiovia salendo su scale in ferro che danno l’accesso ad un scala dritta che ti porterà sulle prime cengie esposte e poi attraverso una galleria uscire su alcuni passaggi con corda in acciaio incontrando le prime postazioni di ricovero e baracche , fino a raggiungere poi la famosa passerella che ti permetterà di superare un grosso avvallamento ( che è stata fatta saltare nel famoso film di Cliffhanger ) seguita subito da una ritta scala , qui raggiunta la cresta si potranno ammirare scenari incredibili , ora il sentiero prosegue con corda in acciaio proprio sulla cresta , con difficoltà quasi irrisorie , fino a raggiungere prima il bivio con il Cristallino di Mezzo 3008 m , per poi proseguire verso la cresta Bianca 2932 m , da li si scende passando per alcuni ricoveri a forcella Granda , dove troveremo prima postazioni di osservazione e tiro , poi alcune baracche di Ricovero , si scenderà poi ancora mantenendo la creste a sinistra raggiungendo il Bivacco Buffa Da Perero sulla forcella Padeon a 2700 m , dedicato al Col. Carlo Buffa da Perero al comando del Battaglione Cadore il 7°Alpini , bivacco ricostruito nel 1972 ad opera della Compagnia Genio pionieri Cadore ( la mia compagnia quando ho fatto il militare nel 1986 ) ristrutturato dopo il crollo dagli alpini del 6°reggimento al comando del Col. Italo Spini , ammirando lo scenario lunare del Graon del Forame . Si prosegue risalendo raggirando il fianco e proseguire verso la Cima Padeon 2862 m , per poi proseguire sotto la cresta nel versante di Cortina verso il Vecio del Forame , si continua trasversalmente fino ad una forcella situata sopra il Forame de Inze , da lì si scende di quota notevolmente fino su ghiaione detritico fino ad incontrare il bivio che divide in due la via per chi a corto di forze e di tempo volesse rientrare fino al rifugio Son Forca 2235 m, e poi ridiscendere al Passo Tre Croci 1803 m. Mentre per chi volesse continuare si prosegue sulla destra raggirando il crinale roccioso e riprendendo poi quota verso il Monte Zurlon dove incontreremo ancora altre numerose postazioni e Baracche con ancora i muri esterni in buone condizioni , si continua per le ultime fortificazioni sopra il Forame de Inze , fino a raggiungere il punto di discesa verso il rifugio Ospitale , passando per il Col dei Stombe e raggiungendo in fondo la ciclabile ovvero il Sentiero n° 203 della Val padeon che ci porterà a salire gradualmente fino al lago artificiale (che alimenta i cannoni della pista da sci ) ed infine al passo son Forcia 2109 m , dove da li attraverso il sentiero rientreremo al Passo Tre Croci dove avevamo lasciato l’auto il giorno prima , questa escursione è completa , farla in un giorno senza il rifugio Lorenzi od il Rifugio Son Forca e come descritto qui senza l’ausilio della seggiovia ( che ti fa risparmiare forze , ma sicuramente non ti permette la partenza all’alba ) in questi casi l’itinerario risulta molto impegnativo , anche facendone metà .
Cenni storici
Scrivere qualcosa sul gruppo del Cristallo potrebbe apparire cosa semplice , guardandolo da sotto , ma sono tanti gli episodi che hanno infiammato questo monte .
Alle 23 del 19 ottobre del 1915 le due compagnie di alpini con il maggiore buffa da Perero in testa varcano da forcelle grande e raggiungono sui ghiacciai un plotone di sciatori che le ha preceduti di poco. Gli alpini hanno raggiunto la cresta di Costabella e procedono in fila indiana lungo la sottile cresta il primo è alpino scorge d’improvviso davanti attraverso uno squarcio della nebbia una cinquantina di metri a distanza un’austriaco di vedetta, il primo sparo gli alpini prendono immediatamente posizione sulla cresta formandosi un parapetto con la neve e il combattimento comincia e artiglieri di forcella grande vendono finalmente i bersagli e possono entrare in azione ma gli austriaci sono fortemente trincerati e fortemente appoggiati dall’artiglieria , gli alpini sulla cresta invece sono scoperte in posizione tale da non potersi spostare e da non poter eseguire alcun tiro efficace sul nemico, sparano con i fucili e con le mitragliatrici sul circo dove l’altra compagnia compagnia ha superato i reticolato tagliati nella notte dal plotone di sciatori e ha raggiunto le trincee di val Prà del vecio , ma il movimento è arrestato da fuochi incrociati di mitragliatrici appostate presso il Torrione del forame di fuori a 2455 sulle spalle occidentale della cresta di Costabella
Nella notte del 20, mentre gli alpini sostano sulla cresta di Costabella e sotto il ghiacciaio di a cresta bianca due squadre raggiungono di il pezzo da 70 appostato in un ripiano di roccia poco a nord della forcella Padeon alle 3 partono dal pezzo e si calano nel circo per un canalone di neve poi rasentando lungamente la base delle rocce del vecchio del forame raggiungono un masso sul crinale che dalla lastronata del vecchio scende a forcella verde, il piccolo posto austriaco è 50 m più in là, sta sorgendo l’alba, un tascapane carico di bombe sfugge dalle mani di un alpino. E allarme. Una nutrita scarica di fucilate investe immediatamente il gruppo più avanzato e uccide una decina di alpini tutti gli altri del gruppo di testa più o meno gravemente feriti vengono fatti prigionieri, uno soltanto riesce a sfuggire.
Arriva un fonogramma, molto energico che incita ad avanzare. Il maggiore Buffa Da Perero che comanda le attacco, raccoglie attorno a sé al riparo di un masso i pochi ufficiali superstiti e comincia il fonogramma : un fremito occorre per le vene di tutti. Letto il fonogramma, il maggiore, ritto, calmo, scandendo le parole, aggiunge :
signori ufficiali, andiamo alla morte facciamo vedere come sanno morire gli alpini
L’attacco immediatamente ripreso, generale, risoluto. Due ufficiali danno il grido e si lanciano contro i reticolati virgola in testa ai loro plotoni. Cadde l’uno con il cranio fracassato da una bomba a mano, l’altro colpito da una pallottola in fronte: e morti, rotolano l’uno e l’altro per la neve del lungo, ripido declivio fin giù in fondo al circo, ad impigliarsi nei reticolati nemici. Viene tentato ancora un estremo sforzo con un’altra squadra. Il caporale che la segue grida :
“fioi, avanti, per l’onor del bataion; chi che torna indrio lo copo mi !”
Una pallottola immediatamente fulmina l’uomo che ha lanciato quel grido. Il comandante della compagnia ferito due volte . Il maggiore, barcollante, arso dalla febbre per infezione di una ferita riportata il giorno prima, viene ferito ancora: una pallottola di fucile ed attraversa della spalla. Chi assiste da forcella grande vede sulla cresta tagliente profilarsi degli alpini che avanzano uno dietro all’altro; e vede la fila diradarsi sempre di più, mentre molti feriti rotolano giù per il declivio di neve, ma non un alpino indietreggia, non uno esita ed ognuno avanza ed è ucciso o ferito. Mentre si combatte lassù ad altezze sovrane , 1500 m più sotto nella piana boscosa di Rufreddo fanti e bersaglieri, partiti del col de strombi, tentano invano di conquistare il costone nord ovest del forame. Combattono accanitamente , sanguinosamente , per sei giorni ma sono costretti a ritirarsi sulle posizioni di partenza , per il fuoco micidiale di fronte, i contrattacchi violenti, per resistenza degli articolati di ferro cementati, disposti su tre ordini estesissimi, con campanelli di allarme e buchi e fosse celate tra i mughi, e per il fuoco laterale di “cecchini” annidati tra i mughi e dirupi della Croda dell’Ancona . Lassù, in ogni cresta in ogni forcella in ogni anfratto di Croda, laggiù, tra l’intrico dei mughi e delle boscaglie di abeti, vi sono uomini in armi e in agguato. Gli uni coadiuvano gli altri nell’azione concordemente diretta da un fine comune. Quelli e questi ugualmente ammirabili e pur quanto diversi.
Carlo Buffa Da Perero
Voglio spendere due parole sul personaggio , che per chi ha fatto l’alpino magari ricorda , ma per tanti è semplicemente uno qualsiasi , ma vale la pena di ricordare :
Nacque a Torino il 20 dicembre 1867 e morì in combattimento nei pressi di Castagnevizza il 5 novembre 1916. Nato da nobile famiglia piemontese, studiò nel Collegio Militare di Milano e, passato alla Scuola Militare di Modena nell’ottobre 1885, due anni dopo ne uscì sottotenente di fanteria assegnato al 50° reggimento, fu inviato, nel 1890, in Africa e promosso tenente rimpatriò nel 1892. Nel gennaio 1896 passò negli alpini, assegnato al 4° reggimento, e nel 1903, con la promozione a capitano, fu trasferito al 2° alpini. Nell’aprile 1914 fu in Tripolitania col battaglione Fenestrelle del 3° alpini ed ebbe un encomio solenne pel fatto d’arme di Chaulam. Rientrato in Italia nell’agosto dello stesso anno e promosso maggiore nel febbraio 1915, fu mobilitato nel maggio per la dichiarazione di guerra all’Austria. Al comando del battaglione Cadore del 7° alpini, meritò una medaglia d’argento al v. m. nelle operazioni per la conquista del Monte Cristallo ove si condusse brillantemente, benché due volte ferito. Ritornato al fronte dopo le cure in ospedale, con la promozione a tenente colonnello, nell’agosto 1916, assunse il comando del 138° reggimento fanteria della brigata Barletta con il quale raggiunse la zona carsica, nell’imminenza dell’offensiva autunnale. Ricevuto l’ordine di attaccare le posizioni austriache nella zona di Castagnevizza, il 1° novembre 1916, guidando personalmente i suoi battaglioni, superò di slancio la prima linea nemica e con un secondo balzo portò il reggimento fin sulla seconda linea, incalzando l’avversario e catturando numerosi prigionieri. Ripresa la marcia in avanti e quando già gli obiettivi fissati dal comando della Divisione erano stati raggiunti, una granata nemica lo colpì in pieno, troncando la nobile vita.
Motivazione della medaglia d’argento al valor militare :
“Avendo fatto tentare successivamente l’assalto di una trincea nemica, lungo una sottile e difficile cresta di ghiaccio, da due squadre comandate da ufficiali, delle quali tutti i componenti rimasero morti o feriti, si poneva egli stesso alla testa della terza squadra e si slanciava all’assalto riportando due ferite. Monte Cristallo, 21 ottobre 1915”
Alla sua memoria fu conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente motivazione:
“Alla testa del suo reggimento, con sereno sprezzo del pericolo, lo condusse alla conquista di una forte e contrastata posizione nemica. Superatala, con meraviglioso ardimento e mirabile slancio, sempre in prima linea, proseguì nell’azione, inseguendo il nemico, frustrandone ogni tentativo di resistenza e spingendosi fino alla linea più avanzata del campo di battaglia. Ivi, con insuperabile serenità ed incrollabile fermezza, per una intera notte e fino al mezzogiorno dell’indomani, seppe col suo valoroso reggimento resistere agli accaniti contrattacchi dell’avversario ed alle sue ripetute minacce di avvolgimento, assicurando così la completa, brillantissima vittoria conseguita dai nostri nel pomeriggio dello stesso giorno. Sulla stessa linea più avanzata, trovò morte gloriosa, mentre si studiava di affermare la vittoria col consolidamento delle posizioni conquistate. Locvizza, Kastanjevizza, 1 -4 novembre 1916.”
Fonte : La guerra in Ampezzo e Cadore- Antonio Berti -Mursia
La leggenda dell’umile Pastore e la Principessa
La leggenda narra che, tanti anni or sono, sul monte Cristallo si ergesse un castello. E fosse abitato da un’incantevole principessa: ovviamente la sua bellezza non passava inosservata agli occhi dei pretendenti. Ma lei non cedeva alle lusinghe dei corteggiatori. La ragazza era assai furba: per rapirle il cuore, avrebbero dovuto raccontarle una storia che la riguardasse. I giovani aguzzavano la fantasia, ma si perdevano nel racconto, distratti dalla bellezza e dagli occhi cristallini della principessa. Inoltre non riuscivano mai a superare le domande trabocchetto del ciambellano di corte. Un giorno, però, la fanciulla udì un canto melodioso, accompagnato da parole che la colpirono dritta al cuore. Subito volle sapere chi si nascondeva dietro quelle parole: era Bertoldo, un giovane pastore follemente innamorato di lei. Più volte aveva provato a entrare a corte per cantare la sua storia d’amore, ma fu sempre cacciato, essendo considerato di basso rango. Tuttavia, la fanciulla volle incontrarlo a tutti i costi: Bertoldo accolse con gioia la possibilità. E raccontò la sua storia, legata alla Terra dei Beati, dove prima di scendere nella terra, lei era una bellissima regina, lui un umile pastore che cantava dal giardino per renderla felice. Un giorno, un angelo con il compito di portare entrambi sulla Terra chiese al pastore quale fosse il suo desiderio. E lui lo espresse in un orecchio di modo che nessuno potesse sentirlo. Arrivati sulla Terra, il desiderio venne esaudito. Incuriosita, la principessa chiese quale fosse il volere di questo pastore. E Bertoldo le rispose: «Il desiderio di poter continuare a vedere occhi celestiali e cristallini come i tuoi». La principessa rimase folgorata e se ne innamorò. Ancor oggi, il nome di Bertoldo è legato al monte Cristallo, che gli ampezzani chiamano “Croda de Bertoldo”. Francesca Mussoi
Non esiste in qualsiasi altra descrizione un anello che dal basso sale su queste cime , infuocate dalla battaglia , qui in questo post voglio rendere voi partecipi di questo percorso che anche se ardito è accessibile da buona parte delle persone abituate a trekking dolomitici.
Come Raggiungere
Dopo essere saliti ad Auronzo , oppure a Cortina d’Ampezzo, si sale fino al Lago di Misurina poi si prosegue verso Dobbiaco fino a raggiungere e superare il lago di Landro, appena giunti al Hotel Tre Cime si trova sulla destra un ampio posteggio a pagamento che permette di imboccare diversi sentieri che salgono sia sul monte Piano 2306 m e Piana, che anche sulle Tre Cime di Lavaredo . Lasciata l’auto si prosegue per il sentiero interessato.
Sentiero dei Pionieri–Pionerweg
Si sale prendendo il sentiero dei Pionieri molto bello e panoramico che porta sul monte Piano 2306 m forse è uno dei più antichi, basti pensare che la ferrata sulla parte alta è stata ideata e costruita nel 1916 per poi essere risistemata nel 1980 (superabile anche senza percorrerla deviando a destra ), inizialmente sale piano salendo sul letto del torrente per poi attraverso le prime tracce di mulattiera sale zigzagando aumentandone poi la ripidità e presentando alcuni tratti con corda in acciaio fattibile anche senza imbrago, il panorama verso la valle e molto bello ed ampio su buona parte della sua estensione , man mano che si sale si restringe leggermente fino ad incontrare un punto poco lontano dalle creste in cui si trova un piccolo cimitero austriaco , e dove si possono scorgere sulla sinistra verso la val della Rienza , continuando poi a salire si raggiunge un tratto di via ferrata in cui è indispensabile l’imbrago ma è raggirabile sulla destra, per poi ricongiungersi quasi sulla vetta dove nel versante della Valle si scorge la centrale elettrica e l’arrivo della teleferica che parte dalla Val di Landro, numerose le postazioni ancora intatte prima di raggiungere la vetta del monte Piano , dove si trova anche la Croce di Dobbiaco , si prosegue una visita del monte Piano o del Pianto come lo definivano gli austroungarici , praticamente un museo a cielo aperto di incredibile conservazione grazie a chi mantiene questo luogo curato e in un certo senso sacro.
Ho voluto dedicare un post solo a trattare questo luogo dove l’eroismo e il sangue ha fatto da cornice su questi aspri monti , nel rispetto di molte vite spezzate , qui su questo museo a cielo aperto dove i recuperanti hanno lasciato qualche reticolato e cavallo di frisia si può ammirare tutto questo , al cospetto di quelle grandi montagne culla dell’alpinismo mondiale . Luciano
Raggiunta la quota della cima , l’itinerario prosegue attraverso diversi punti di riferimento numerati che da questa posizione porteranno al giro completo , anche se il punto di partenza sarebbe il Rifugio dedicato al maggiore Angelo Bosi a 2224 m dove all’interno si può recuperare una cartina planimetrica delle postazioni numerate per una maggiore comprensione delle vicende da 1 a 25 per usare le posizioni numerate bisogna salire dalla via principale e più semplice ovvero quella che sale dal lago di Misurina al rifugio Maggiore Bosi. Noi siamo saliti dal sentiero dei Pionieri , proseguendo un pò a caso tra le posizioni si dovrà esplorare prima il Monte piano sia sulla destra che a sinistra , poi raggiunta la Forcella dei Castrati era a quota 2272 m, si salirà sul Monte Piana 2324 m, ovvero la parte italiana dove scendendo verso il Rifugio si potrà risalire sul comando italiano un collegamento fino a raggiungere la prima linea dove si trovavano i ricoveri e depositi di munizioni salendo tra le spaccature del terreno e anche qualche tratto impegnativo servito da opportuna a corda , consigliabile per i meno esperti di salire sui pratoni sovrastanti . Si incontra il comando di compagnia che domina la val Popena , fino a raggiungere all’imbocco di una galleria, proseguendo su questo galleria si raggiunge la prima linea . Dopo aver raggiunto il pianoro tozzo del Monte Piana si potrà avere una visione completa di quello che sono state le cruenti battaglie che hanno insanguinato queste due tozze e quasi insignificanti cime , messe di fronte a cime di ben più grande interesse sotto il profilo alpinistico ed esplorativo , solo dopo averci confrontato con la storia si potrà veramente capire l’importanza di queste due quote Monte Piana 2324 m e il Monte Piano 2306 m considerando che la Forcella dei Castrati era a quota 2272 m.
Mappa del Monte Piana e Piano
Dopo aver percorso in largo ed in lungo il Monte Piana ed il Monte Piano , si scende fino alla Forcella dei Castrati era a quota 2272 m.
Sentiero dei Turisti
Dove un bivio ci permetterà di prendere il sentiero 6B definito del Turista , una doverosa considerazione dev’essere fatta , si chiama sentiero dei Turisti ma non per questo si può prendere sottogamba, è un sentiero di tutto rispetto , si scende sotto la cresta del Monte Piana con panorami mozzafiato , fino a raggiungere dei ghiaioni un pò instabili attrezzati con scalini e passerelle di legno , per poi raggiungere dapprima un boschetto di mughi e poi un boschetto di aghiformi lungo il letto del canale che porterà sul lago di landro fino a ricongiungersi con il 6 Sentiero dei Pionieri completando così un anello di circa 7 ore.
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Cenni storici
Il sentiero dei pionieri , fu tracciato molto prima del 1915 dall’esercito austroungarico per poter salire e fortificare il confine visto che passavo dalla forcella dei Castrati separando così il monte Piano (austriaco) dal monte Piana (italiano) , questo tracciato venne poi affiancato da una teleferica e un gruppo di baraccamenti per le truppe compreso anche un ospedale da campo ed una centrale elettrica, per alimentare i compressori per i martelli pneumatici usati per scavare il complesso sistema di trincee in quota, venne poi abbandonato per un lungo periodo , poi nel 1980 fu riaperto e mantenuto sempre nelle condizioni attuali.
Monte Piano e Piana
Dopo essere divenuto metà turistica abbastanza ambita nonostante poco conosciuta , fu costruito a poca distanza tra i due confini il Piano Hutte , poi ci salì il poeta Carducci affezionato a questi luoghi , dove per omaggiarne la visita alla suo morte si eresse la piramide Carducci , casualmente a ridosso del confine austroungarico , una zona che dopo l’eccidio di Sarajevo sarebbe divenuta uno dei tratti più contesi e sofferti , con maestosi lavori di trinceramenti scavi e soprattutto una guerra di posizione molte volte all’arma bianca , i turisti si allontanarono ben presto e torno il silenzio , mentre iniziarono a sopraggiungere nella valle pattuglie in perlustrazione e truppe al lavoro per occuparsi dei varchi di accesso al Monte Piano , costruendo il famoso è ardito sentiero dei Pionieri Pionierweg che partiva dalla Val di Landro che allo scoppio della guerra divenne l’unica via per salire sul monte. Mentre nella parte italiana sì iniziarono i lavori di comunicazione per salire anche si sul Monte Piana sia per quanto riguarda basi logistiche che le posizione di artiglieria durante la primavera del 1915 battaglione alpini pieve di Cadore sali con due batterie batterie da montagna ingenti austro-ungarici erano gli assediati come compagnia di Landsturmer e Standschutzen , il 23 maggio del 1915 alle ore 19 l’ufficio postale del Imperiale Regio informo che l’Italia aveva dichiarato guerra all’Austria il 5 giugno il maresciallo Goiginger assunse il comando della divisione Pustertal dato che conosceva molto bene le zona e si rese conto subito dell’importanza strategica del Monte Piano mentre le nostre truppe presidiavano le cime del Monte era evidente occupare l’intero tovagliato con le pochi uomini .
il 7 giugno del 15 un soldato finito il turno di guardia si addormentò su una roccia e precipito nel vuoto , ci fu il primo attacco le posizioni italiane, gli austro ungarici salirono nella notte da Carbonin uscendo così indisturbati nel tratto che va dalla forcella dei Castrati e la piramide Carducci , agli italiani presi di sorpresa non rimaneva l’attacco con la baionetta, numerosi i feriti e 22 morti, ma gli austriaci rimasero bloccati per giorni costretti sotto un fuoco di artiglieria italiano che impediva loro qualsiasi movimento .
Nei giorni successivi in un assalto alla baionetta caddero 22 alpini poi ci fu un cambiamento del tempo freddo pioggia teoresi impossibile gli attacchi giorno prima c’è il 14 da Misurina di un se un battaglione di rinforzo nella zona della piramide Carducci ci furono due giorni di attacchi dove venne ucciso il maggiore Bosi il comando viene assunto dal maggiore al Gavagnin qui combattimenti si portassero fino alle 3 del mattino i nostri Fanti riuscirono ad invadere che posizione a Versailles e quanto pareva forse perduto il Pianoro Nord dagli austro-ungarici tutti i cannoni austriaci di Prato Piazza e Col di Specie di l’anno dell’Alpe mattina del Monte Rudo e tavolo in azione e anche i due cannoni portati su monte Piano a circa 300 metri dalle linee italiane facendo un fuoco indiavolato costringendo così gli italiani a ritirarsi a volte anche dei gas asfissianti alle ore 11 si chiuse la seconda degli numerose rosse pagine del Monte del pianto . Il terzo attacco Europa visto per metà agosto mentre la guerra si trova trasformando una gara di mantenere le proprie posizioni anche se i lavori di preparazione avvenivano in maniera scrupolosa perché la parte italiana e lavorava per prepararsi per l’inverno successivo con le slavine che sarebbero diventate la parte più pericolose, la più grande del 5 marzo del 16 che travolse circa 150 austriaci e l’inverno furono apportate diverse posizioni di appoggio le guardie di Napoleone. I nostri avversari vennero così a trovarsi a circa 300 metri di distanza dalle nostre linee anche se i loro trinceramenti erano molto più protetti e avevano solo piccole feritoie per dei fucili mitragliatrici che puntavano verso le nostre linee. Il 13 dicembre la neve aveva così raggiunto un altezza di circa 7 metri e le temperature sfioravano in meno 42 le sentinelle raggiungevano i punti di appoggio strisciando per non venire travolte dalle bufere del vento così gli italiani iniziamo a lavorare costruendo postazioni sotterranei per essere riparati del gelido inverno. Nel gennaio del 17 gli Austroungarici sospettarono gli italiani lavorassero a una postazione da mine il 14 luglio sulle postazioni italiane e sul Monte piana si scatenò violentissimo temporale e riversarono un enorme quantità di fango riempendo i cunicoli , un potente scoppio della galleria da Mina causò un vero e proprio disastro multi di nostri soldati rimasero per terra privi di conoscenza la causa dello scoppio fu un fulmine che colpisce sistema di innesco . Il 10 ottobre molti rinforzi raggiunsero gli austro-ungarici e a copertura delle artiglieria gli austriaci attaccavano 18 di ottobre 18 lanciamine e l’aggiunta di 74 cannoni e coprirono l’avanzamento , mentre nevicava e con l’uso di gas asfissianti ma essendo in netta inferiorità raggiunsero solo la galleria Napoleone il 3 novembre del 17 le truppe italiane si dovettero ritirare le monte Piana , gli austriaci seguivano occupando posizioni che erano state tenute degli italiani, per gli austriaci furono gli ultimi giorni per la loro antica Gloria mentre gli italiani stavano marciando verso la seppur sofferta e dolorosa vittoria .
Fonte storica: Guida ai musei a cielo aperto delle dolomiti Orientali grande guerra per non dimenticare . Antonella Fornari -edizioni DBS
Per approfondire vi invito ad acquistare questo fantastico libro descritto con grande passione ed amore per questi luoghi , dove la memoria fonda le proprie radici nella storia d’Italia.
Si sale verso località Sesto , sia che si passi da Auronzo oppure si salga direttamente a Sesto , evitando cosi di passare sia per Cortina d’Ampezzo che da Auronzo di Cadore e il lago di Misurina , raggiunto l’abitato di Moso si prende la Val Fiscalina fino a raggiungere un ampio posteggio a pagamento dove lasceremo l’auto e proseguiremo a piedi verso il Rifugio Fondovalle . Oppure direttamente a Sesto da Sappada senza così passare ne da Cortina d’Ampezzo, ne da Auronzo , accorciando notevolmente i km in auto.
Descrizione
Questo percorso è ideale per tutte quelle persone che amano il trekking , non occorre essere alpinisti , ma ovviamente si tratta di Dolomiti , e le quote sono severe , i cambiamenti metereologici altrettanto , premesso questo si tratta di un sentiero ad anello che permette di visitare un sito di interesse internazionale , patrimonio dell’UNESCO , anche se io preferisco paradisi molto meno affollati , ricordo che il posteggio è a pagamento , un percorso tra i più belli per salire al Rifugio Locatelli Innerkofler 2405 m , si parte dal Rifugio Fondovalle 1548 m, il sentiero poco difficile e molto variegato , presenta passaggi molto belli nel suo primo tratto boschivo per poi salendo sempre privo di difficoltà su tratti rocciosi per poi culminare sull’Alpe dei Piani con gli omonimi laghetti . Il tracciato sale su un terreno sassoso, ma piacevole in mezzo ad una vegetazione molto variabile , dai mughi alle pinete di abeti ,transitando sul lato destro di un piccolo torrente, mentre man mano che si sale si allontana dallo stesso nel punto in cui la pendenza inizia un pò ad aumentare senza mai divenire ostica e difficile, raggiungendo questo tratto si potrà notare la cascata proprio a ridosso del boschetto, dove anche la pendenza si farà un pò più severa e sulle cengie circostanti si ammirerà la Cima Fiscalina e la Cima dell’Uno mentre giusto davanti si vedrà la croce de Paterno 2746 m. All’uscita del canalone a circa 2025 m lo scenario cambia ancora divenendo fatto di rocce e mughi, dove apparirà davanti la Torre di Toblin e il Sasso di Sesto teatro di cruente battaglie alla baionetta, per poi infine raggiungere il tratto prativo a ridosso dell’Alpe dei Piani , dove uscirà anche la sagoma delle Tre Cime di Lavaredo e il Rifugio Locatelli Innerkofler 2405 m. Una breve pausa , per poi proseguire proprio sotto al Monte Paterno , che per me conserva dei ricordi di gioventù quando con la divisa degli Alpini salii le sue rocce fino sulla Croce di vetta , mentre il coro della Cadore ineggiava signore delle cime , si prosegue attraverso il segnavia n°101 , con un ultimo dislivello di circa 150 metri fino a Forcella Pian di cengia , lo spettacolo che si vede non lo si può minimamente descrivere, l’Alta Val Fiscalina la maestosa Croda Dei Toni 3090 m , la Forcella Giralba a 2431 m , La strada degli Alpini EEA , e la busa di Dentro che porta a Cima del Poperà 3046 m , la Cresta Zsigmondy e sullo sfondo dopo la forcella Undici , lei La croda Rossa di Sesto, si prosegue sul sentiero fino a raggiungere il Rifugio Pian Di Cengia 2528 m. , in quel piccolo pianoro del Pian di Cengia con punta Fiscalina , si inizia a scendere ma lo scenario toglie il fiato , fino a raggiungere il Rifugio Zsigmondy-Comici 2224 m. Si continua a scendere imboccando il n°103 che porterà fino al Rifugio fondovalle chiudendo così l’anello , portando a casa emozioni inspiegabili , anche se non a tutti comprensibili.
Cenni storici
Valle Sassovecchio
La notte del 27 agosto una compagnia di Alpini , una di Bersaglieri ed un plotone di Genieri , partono per un azione nella Valle Sassovecchio , passano sotto le posizioni austriache vicino i laghetti dei Piani , dopo aver tagliato i filo spinato sorge l’alba e non riescono procedere, la colonna viene bersagliata dal nemico dispergendosi tra i mughi mentre nella notte riescono a raggiungere la cascata del Rio. Nelle prime ore del 28 un plotone raggiunge sotto la cima dell’Una e le creste dell’alta val Fiscalina bloccando un reparto avversario , distrugge i reticolati , disturbando il nemico che stava lavorando in trincea , un’alpino avanzando cautamente a carponi attraverso i massi riuscendo a ghermire la piccozza del comandante nemico… La colonna tenta ancora ad avanzare supportata da una batteria da campagna posizionata sulla Forcella Pian di Cengia ed un pezzo posizionato sulla Forcella Camoscetto , ma nn riesce a sostenere il tiro delle batterie austriache , anche se la lotta risulterà vana , l’avversario e praticamente invisibili . La notte del 30 vengono raggiunti da un’altro plotone si prova ad inviare pattugli per stanare il nemico , ma risultano vane , conosce troppo bene le zone e snidarlo è impossibile di giorno i cecchini , i movimenti vengono visti e di notte il riflettore posizionato sulle Grande della Lavaredo sorveglia tutta la zona. Riescono ad occupare un torrione roccioso che verrà trasformato in un caposaldo avanzato chiamato Totenkopf dagli austriaci , Testa di Morto . Nel novembre del 15 gli austriaci decidono l’attacco per eliminare il caposaldo divenuto una fortezza al comando da un Tenente Bavare del Leibregiment ,tre esperti scalatori ed una squadra di Standschutzen . L’attacco e nella notte complice la nevicata e l’oscurità , mentre la foschia copre i loro movimenti, il tenete tedesco raggiunge la scala interna è mentre inizia la salita scorge due occhi nel buio , è un alpino , una lotta furibonda mentre l’alpino viene spinto nel burrone ma prima di cadere riesce a dare l’allarme , gli italiani occorrono e gli austroungarici sfuggono nel buio , trascorse alcune ore il tenente austriaco mentre dorme sulla tenda viene svegliato da un soldato per i continui lamenti , certamente era l’alpino caduto, il tenente ha ancora davanti gli occhi dell’alpino e non esita ad uscire per vedere di cosa si tratta, vede l’alpino con gli occhi chiusi che ogni tanto alza la mano ed invoca la mamma. Anche gli italiani sentono i lamenti e si organizzano per recuperarlo. L’ufficiale tedesco parte tentando di raggiungere l’alpino, in questo momento guerra ed odio non esistono più , i cauti movimenti dell’ufficiale si avvicina al ferito :
Davanti al tenente , il soldato giaceva inerme con il viso contratto dal dolore No questo soldato nn è più il nemico , il tenente lo solleva delicatamente con le braccia e lo trasporta con passo deciso e tranquillo verso le linee nemiche a pochi passo dalla posizione italiana guarda l’alpino, i suoi occhi non erano più timorosi , ma profonda gratitudine . Un giovane era davanti a lui irrigidito nel saluto con voce alta disse “Grazie Camerata Tedesco”. L’ufficiale italiano accompagna il Tenente Tedesco verso la linea nemica arroccata sulla cresta Rocciosa , si arresta fece il saluto rimanendo con gli occhi fissi quasi a proteggerlo fino a quando nn rientra nelle proprie linee .
Fonte storica tratta dal Libro “Guerra in Ampezzo e Cadore” Antonio Berti , A cura di Tito e Camillo Berti , edizioni Mursia
Val Fiscalina
l’8 giugno 1915 una compagnia di Alpini sale ed occupa con un plotone il passo Fiscalino , le Crode Fiscaline ed anche il Pulpito senza trovare resistenza si spingono con una pattuglia verso il Rifugio Zsigmondy-Comici lo trovano sgombro , verso le 20 si vedono alcuni grossi pattuglie austriache salire verso Forcella Giralba con alcuni colpi di artiglieria vengono dispersi e costretti a retrocedere , nel frattempo pare da alcune voci che gli italiani abbiano già occupato sia la Lista che il Rifugio Zsigmondy-Comici, così mandano Innerkofler , Piller e Rogger a controllare , salgono quindi a cima Undici ma il maltempo continuo gli impedisce di vedere bene ma in alcuni squarci riescono ad raccogliere dati sulle posizioni italiane. Nello stesso giorno nella testata della Valle si scontrano 2 pattuglie italiane con 2 austriache , inseguendole e mettendole in fuga , tre morti e tre gravemente feriti tra gli austriaci. Il giorno 9 gli Alpini occupano la forcella Cengia collegandosi cosi con gli altri che già presidiavano la zona del Passaporto . il 10 una pattuglia di alpino s’imbatte in una austriaca che sta salendo da Moso , 5 morti e gli altri si disperdono. L’11 gli alpini avanzano fino ad occupare la Lista cosi da sorvegliare l’intera zona , verso sera molti movimenti austriaci che trasportano materiali in direzione della terrazza ovest di cima Undici. Il 12 giugno l’eliografista alpino scorge un austriaco dal Pulpito che segnala attraverso l’alfabeto morse ” siamo completamente circondati dal nemico ci occorrono rinforzi ” , l’alpino fa fuoco colpisce il soldato austriaco , altri due occorrono ma cadono anche loro.
Il 24 giugno partono dall’albergo dolomiti 2 pattuglie con due rispettive guide Innerkofler e Forcher , il primo con l’incarico di portare la sua pattuglia oltrepassando la base della Lista 2413 m verso le rocce della Cresta Zsigmondy , si sale in notturna verso le ore 3 la pattuglia inizia le rocce della Cresta con la luna piena portandosi poi sulla Mitria 2788 m, per poter vedere gli italiani sulla Lista 300 metri più bassi . Mentre Forcher con la sua pattuglia sarebbe salito ancora una volta sulla cima una per poter controllare la Croda Fiscalina . La pattuglia di Sepp Innerkofler inizia a sparare sugli alpini che subito nn hanno capito cosa stesse accadendo, poi si sono messi a colpi di artiglieria verso gli austriaci , Sepp fu schivato di poco , arriva un secondo colpo a circa 10 metri sopra la pattuglia , ma austriaci si sono messi al sicuro le granate arrivano a circa 6-8 metri da loro . Allora Sepp chiese al tenete di proseguire lui solo per poi vedere se possibile anche gli altri . Saltando giù nel canalone una granata scoppia poco lontano dalla sua testa , comincia il fuoco di fucileria, venne la nebbia e potremmo finalmente muoversi , scendendo poi dal Vallon del Popera . Nel frattempo un grosso pattuglione austriaco è riuscito verso l’albeggiare a raggiungere le guardie italiane attestate sull’alta val Fiscalina , colte a fucilate furono costrette a ritirarsi abbandonando armi , munizioni e ferito.
Il forte non è accessibile e si presenta in pessime condizioni , vero che ci vogliano soldi per sistemare le cose , ma credo che la sistemazione del Forte Monte Ricco doveva essere a mio avviso meno appariscente e più consona alle vicende ed fatti storici ed al periodo di costruzione così facendo si sarebbero magari avuto qualche fondo per mantenere anche questo sito in condizioni magari migliori… per non dimenticare e per far , sapere …Luciano
Come raggiungere
Raggiunto il centro di Tai di Cadore provenendo dalla strada SS51 , al bivio si tiene la sinistra per circa 150 metri , poi si gira di nuovo a sinistra fino a raggiungere il Piazzale Dolomiti , lo si attraversa tutto e si imbocca la via Manzago che in una decina di minuti porterà al forte , raggiungibile in auto fino ad un posteggio adiacente .
Cenni storici
Fu costruito prima del 1885. Scopo principale dell’opera era di controllare la valle del Boite nel tratto di strada verso Tai. Esso aveva una facciata diritta, con profilo di terrapieno e parapetto di 8 metri, suddiviso in 4 parti da 5 traverse cave, e con l’asse principale diretto verso Venas. Su ciascuna delle piattaforme scandite dalle traverse potevano essere collocati due cannoni di medio calibro, mentre la parte compresa tra l’ultima traversa di destra ed il punto di spalla era attrezzata per la difesa della fanteria e consentiva pure l’uso di cannoni da campo. I due fianchi non erano paralleli tra loro e non evidenziavano particolari difese sulla copertura. Dal fianco sinistro e dalla gola la difesa poteva venir effettuata dalle casematte, mentre sulla facciata e sul fianco destro si poteva operare da un camminamento protetto da un parapetto: solo all’estremità, dove il fianco destro si congiungeva alla facciata, erano state ricavate delle casematte. Tutti i locali dei fianchi e della gola erano comunicanti tra di loro e con le casematte della facciata, nonché colle traverse cave e il camminamento di comunicazione ricavato all’interno del parapetto. Una rampa portava dallo stretto cortile interno al piano di copertura, da cui si poteva raggiungere il terrapieno o attraverso il terrazzo del fianco sinistro, o attraverso un ponte armato che oltrepassava a destra il cortile. Alla facciata era anteposto un fossato largo 8-10 metri, chiuso a nord da un muro a picco su un pendio scosceso, con una scarpa inclinata ed una controscarpa in muratura liscia alta 5 metri. Davanti al fossato si trovava una spianata larga 10 metri, ben visibile anche da lontano e simile ad un potente terrapieno inclinato nella parte anteriore , murato nella parte destra ed alto circa 30 metri nella parte più elevata. Davanti al fianco sinistro, come pure per metà della gola, compresa la caponiera, correva un fossato d’impedimento largo 5 metri ed altrettanto profondo, con controscarpa in muratura. Dal fianco destro e dalla parte destra della gola l’inaccessibilità veniva garantita da una controscarpa in muratura, mentre il fossato della facciata e del fianco sinistro veniva difeso da uno sporto (caponiera) di spalla dotato di 6 aperture, delle quali due verso il fossato della facciata ed una verso quello del fianco. Tutte le aperture erano costruite a mo’ di piombatoio (= caditoia) per agevolare la difesa della base stessa del muro, e la copertura era costruita con lastre di granito. Gli Austriaci erano convinti che le aperture fossero state costruite per l’impiego di cannoni a tiro rapido. Alla difesa del fianco destro era preposta pure nel punto di spalla una semicaponiera d’angolo, costruita su una ripida roccia e difendibile dal terrapieno superiore; essa era fornita di due piombatoi per la copertura della scarpa e della gettata di ghiaia e pietrame ad essa antistante. La gola veniva difesa invece da una caponiera a due piani dotata di aperture in ogni direzione, presumibilmente progettata anch’essa per l’installazione di cannoni a tiro rapido. Davanti al fianco destro e alla gola era stata ricavata una spianata di sassi e ghiaia, il cui punto più alto superava il livello del terreno naturale di 40 m circa in corrispondenza del punto di spalla destro, di 30 m circa nel punto di gola destro e di 15 m circa nel punto di gola sinistro. Il fossato di gola era attraversato da un ponte rilevabile che permetteva l’accesso all’entrata principale, sbarrata da un portone di legno coperto di lamiera di ferro, e quindi al cortile e agli adiacenti vani delle numerose casematte. Il magazzino principale delle munizioni, si trovava a destra della caponiera della gola e sotto il livello del cortile, scavato nella viva roccia con mine. Si pensa che tale magazzino fosse in comunicazione con i vani delle casematte poste sotto la facciata mediante una postierla ed una scala, e che tramite gli elevatori posti lungo il camminamento interno le munizioni venissero direttamente portate alle piattaforme dei cannoni. Per l’approvvigionamento dell’acqua esisteva poi sotto le casematte site a destra dell’ingresso principale esisteva una grande cisterna capace di 550.000 litri. La prerogativa del forte era un marcato effetto frontale. La facciata prendeva d’infilata la valle del Boite e la carrabile da Valle di Cadore alla stretta de La Chiusa, mentre sulla sponda sinistra del torrente copriva i pendii e la strada d’accesso a sud dei fienili Costa Piana. Non era compresa però la svolta della strada presso Vallesina, mentre sulla sponda destra del Boite venivano coperti i rocciosi pendii difficilmente percorribili posti di fronte alla confluenza del Rio Vallesina, ed inoltre la spianata su cui sorgevano i fienili Piano di Sotto. Il fianco destro copriva la zona circostante il Rio Secco ed i pendii di Nebbiù e Vissa, e la sella di Tai: a tal proposito gli Austriaci ritenevano molto probabile il piazzamento di cannoni su affusti girevoli fissi in corrispondenza delle luci delle casematte del fianco e della gola. Il fianco sinistro a sua volta prendeva sotto tiro radente dalle finestre delle casematte i pendii che dalla sommità rocciosa di M. Zucco digradano verso nord fino alla strada d’accesso. La gola poi copriva i pendii a nord di M. Zucco e la strada d’accesso al forte proveniente da Tai, compresa la diramazione per Ciaupa. Il presidio in caso di guerra prevedeva 1/2 o 3/4 di compagnia di fanteria e 60-70 artiglieri.
Armamento
8 cannoni da 120 mm o 150 mm a retrocarica (secondo altre fonti 4 cannoni da 149G) 3 pezzi a tiro rapido sul fianco destro , 6-11 pezzi, sempre a tiro rapido, per il fiancheggiamento del fossato (secondo altre fonti 4 obici da 210 mm)
La fine del Forte
C’era una volta il Forte di Col Vaccher a Tai di Cadore (Comune di Pieve di Cadore) e ora sta cadendo a pezzi. La questione è dibattuta e documentata nel forum. L’autore Cesare Vecellio, l’ha descritto come “opera fortificata, realizzata alla fine dell’800, tre le più importanti presenti in Cadore, in quanto aveva funzione di controllo della Val Boite e della carrozzabile”. Circa 20 anni fa, il Comune di Pieve di Cadore ha affittato i locali del Forte a Olivo De Polo, che con enormi sforzi e anni di lavoro era riuscito a ristrutturarlo, trasformandolo in abitazione, con locale pubblico e laboratorio per la lavorazione delle ceramiche (vasi,piatti ecc). Molti erano gli artisti che lo frequentavano e, nonostante il carattere imprevedibile il De Polo era riuscito a diventare un “personaggio”. Dopo la sua morte, una decina d’anni fa, la sua compagna Franca abitò nel forte ancora per qualche tempo, dopodiché l’immobile venne restituito al legittimo proprietario, ossia il Comune di Pieve di Cadore. Ed emerge il confronto con il Monte Ricco, altra fortificazione cadorina per il quale il Comune di Pieve sta investendo cifre importanti, per rimborsare le quali sarà necessario impegnare il bilancio comunale per molto tempo. Nel forum ci si chiede perché non siano stati preservati i locali di Col Vaccher, che erano perfettamente agibili e in buono stato, per destinarli ad uso pubblico, attraverso una nuova gestione.
Questa escursione , con i tempi e i dislivelli complessivi sono stati calcolati mantenendo una certa proporzionalità negli sforzi legati alla preparazione fisica , all’esperienza personale , non si tratta come il precedente post che tiene tutti i rifugi buoni percorrendolo in 4 giorni , mentre quello che cerco di spiegare qui , è che lo si può percorrere in tempi meno dilatati e usando solo due pernotti , ma nessuno impedisce di usare tutti i rifugi .
Questo è IL GIRO COMPLETO DELLE MARMAROLE . I tempi sono fattibili , certo volendo lo si può fare in meno tempo , ma se volete fare le gare , iscrivetevi a qualcuna , oppure fatelo come ho fatto io in 19h fermandomi solo ai rifugi per mangiare. buon cammino
Questo itinerario, non è un’escursione qualsiasi, è un cammino verso qualcosa d’inspiegabile, di quello che può “dare” la Montagna, alcune emozioni si potranno descrivere, altre rimangono nel cuore di chi lo percorre , non è una cosa impossibile da realizzare, ma quello che potrete raccogliere da questa escursione, farà parte delle vostre conoscenze e di Valori, che conserverete per le generazioni future, oppure riporrete in quel baule dei ricordi, dove conservate le vostre cose più preziose. Luciano
Il percorso delle Marmarole Runde, e un itinerario ad anello che compie un giro completo su questo fantastico gruppo che sono le Marmarole, situate nella parte alta di Belluno tra Auronzo di Cadore, San Vito di Cadore, Calalzo Di Cadore e Domeggie di Cadore. Il percorso si snoda in più tappe, poi ovviamente dipende dalla velocità di progressione, in ogni caso per godere appieno di questo fantastica escursione meglio farla in 2-3 giorni. Qui in questo post v’illustrerò tappa per tappa …di questo magnifico viaggio. Si parte da Auronzo Di Cadore per un viaggio nella natura , dove pare che tutto il resto si fermi nel tempo.
1° TAPPA : AURONZO DI CADORE – RIFUGIO CHIGGIATO
Punti di appoggio : Auronzo di Cadore 862 m- Monte Agudo 1585 m- Rifugio Ciarèdo 1969 m- Rifugio Baìon 1826 m – Rifugio Chiggiato 1911 m
Tempo di percorrenza: 6h – 8h
Dislivello totale: 1150 m
Quota massima raggiunta: 1988 m
Sentieri usati: 271-1262 -268 – 28 – 272 – 262
Dal centro di Auronzo si sale leggermente sulla ciclabile passando per la centrale elettrica situata sulla sinistra del torrente Ansiei , poco lontano dalle piste da sci e dalla seggiovia che porta al Monte e Rifugio Agudo 1585 m , attraverso i due tronconi si guadagna molto tempo salendo con la seggiovia , raggiunto il Rifugio si ridiscende leggermente verso il primo troncone , per poi entrare attraverso il bosco seguendo il segnavia n.271 , se invece si sale a piedi ricordo che la pendenza sia notevole e sia il punto più ripidi dell’intero tracciato , si sale attraverso il bosco e qualche tratto di pista da sci dove in estate viene installata la rotaia del fun bob , una salita molto bella ed affascinante sul cuore di queste montagne Cadorine che hanno sempre il suo perchè , un sottobosco in cui la natura e la vita primeggia . Il n.271 prosegue in un bosco incantato , superando tratti boschivi estremamente appaganti , con il sentiero che si fa spazio nelle sue ripide valli , per poi in cresta sulla Croda del Grazioso e raggiungendo così quota 1700 m, dove poi entrarà in una carrareccia con alcuni tratti di salita cementati , passando cos’ sotto le creste del Col Burgiou seguendo poi il segnavia n.1262 , dove si inizierà anche a vedere in lontananza il Rifugio Ciaredo , la carrareccia entrerà nei pascoli di Tabia Forzèla Bassa per poi raggiungere il Col dei Buoi 1802 m , imboccando il n.268 si sale ora verso il Rifugio Ciaredo 1969 m, ammirando la vastità dei pascoli della Valle ciampevieì , e del Pian dei Buoi , mentre sull’estrema sinistra si possono notare le fortificazioni di Col Vidal e Col Cerverà , si imbocca il n.28 che in circa 25 minuti porterà al Rifugio Ciaredo 1969, ai piedi della Cima Ciaredo . Si prosegue ora attraverso il n.272, un sentiero con poco dislivello che attraverso mughi e rocce sempre ai piedi delle Marmarole porterà al Rifugio Baion 1828 m molto bello ed accogliente con sculture in legno ed i suoi verdi pascoli, si prosegue per il n.262 , l’alta via del Tiziano costeggiando i piedi della Croda Bianca e del Cimon della Froppa , mantenendosi a quote intorno i 1900 m infatti il dislivello anche di questa parte di percorso risulta abbastanza lieve , si raggiunge un piccolo pezzo attrezzato da una corda in acciaio priva di difficoltà alpinistiche ma posta in loco per un’aspetto di sicurezza. Superato il vallon della Froppa in breve tempo si raggiunge la forcella Sacù ed infine il Rifugio Chiggiato 1911 m, situato in una piccola spianata dove lo scenario appare incredibile e salendo sulla Croda Negra si potrà ammirare il lago di Domeggie , mentre la visuale si disperde nella fantastica ed incredibile Val D’Oten , spaziando fino alla capanna degli alpini , e sulla forcella piccola il Rifugio Galassi ( ex caserma militare ) , e li al suo fianco il Re , sua Maestà Antelao 3264 m . Ma qui noi troveremo rifugio per passare la notte dopo una giornata con panorami mozzafiato ai piedi di quelle montagne poco rinomate , ma grazie a questo estremamente fantastiche. Le Marmarole .
2°TAPPA : RIFUGIO CHIGGIATO – RIFUGIO SAN MARCO
Punti di appoggio : Rifugio Chiggiato 1911 m- Capanna degli Alpini 1390 m-Rifugio Galassi 2012 m – Rifugio San Marco 1823 m
Tempo di percorrenza: 4h20 6h00
Dislivello totale: 1025 m
Quota massima raggiunta: 2120 m
Sentieri usati: 260 – 255 – 227
Dopo un sonno ristoratore e una buona colazione, sì riprende con la lunga discesa del percorso n.260 che ci porterà da quota 1911 m a quella del Pont de la Diassa 1140 m , entrando così nella fantastica e detritica Val D’Oten , qui si sale in una stradina chiusa al traffico dove nel periodo estivo esiste una navetta che porta le persona dal Bar La Pineta 1045 m( a circa 15 minuti a piedi dal bivio che scende dal Rifugio Chiggiato ) alla Capanna degli Alpini 1390 m , raggiunta la capanna d’obbligo visitare le Cascate de le Pile a circa 10 minuti dalla Capanna e sul sentiero che sale al Rifugio Galassi , si inizia a salire proseguendo con il n.255 per l’alta Val D’Oten dapprima in mezzo al bosco con una discreta pendenza , per poi uscire dal bosco e proseguire un primo tratto detritico della Valle , per poi salire attraverso in un zigzagare continuo tra rocce detritiche e mughi , mentre rimane discreto l’impegno di risalita attenuata dai numerosi tornanti , fino ad uscire dai mughi e attraverso alcuni passaggi detritici raggiungere il Rifugio Galassi 2013 m , al cospetto di Re Antelao ed i suoi incredibili lastroni , mentre sulla sinistra di potrà osservare in lontananza la via attrezzata della Ferrata del Cadorin nel Ghiacciaio dell’Antelao . Si prosegue salendo ora un altro centinaio di metri attraverso il n.227 che dapprima raggiungerà la Forcella Piccola 2120 m dove la visione panoramica sulla Valle di San Vito di Cadore è incredibile , poi si prosegue attraverso una discesa a cui bisogna prestare attenzione per non perdere la via , e soprattutto per l’instabilità dei detriti raggiungendo il Rifugio San Marco 1823 m, praticamente sulla Col da chi da Os in un paesaggio da favola , un vero rifugio , dove la simpatia ed l’accoglienza delle persone si vive davvero in prima persona , un rifugio una famiglia. Qui si potrà ammirare un scenario incredibile ai piedi del Re Antelao con i suoi lastroni , mentre sulla parte destra il Caregon del Padreterno ovvero il monte Pelmo dal versante del Rifugio Venezia , ed al cospetto dei strapiombi della via Attrezzata Berti del Sorapis . Una Buona cena ed un sonno ristoratore rinvigorirà muscoli e gambe , mentre il cuore porterà dentro ciò che l’occhio ha visto.
3°TAPPA RIFUGIO SAN MARCO – AURONZO DI CADORE
Rifugi di appoggio : Rifugio San Marco 1823 m – Auronzo di Cadore 862 m
Tempo di percorrenza: 6h307h30(6h San Marco-fermata autobus per rientrare con i mezzi)
Dislivello totale: 550 m
Quota massima raggiunta: 2255 m
Sentieri usati: 226– Strada Forestale ciclabile Riserva di Somadida– Val Del Rin
Si parte dal Rifugio dopo una buona colazione, imboccando il n.226 che sale verso la Forcella Grande 2255 m attraverso un stretto canalone che porterà su una forcella spettacolare , sul fianco destro la maestosa Torre dei Sabbioni , mentre sulla sinistra sopra i ghiaioni la Cima del Sorapis 3205 m e della Crode della Caccia 3002 m , si inizia a scendere per la valle di San Vido , qui la valle è molto ampia , si incrocia anche il bivio per l’Alta via N.3 segnavia n.246 e poi in seguito l’Alta via N.4 segnavia 247 sentiero Minanzio (che fa parte dell’anello del Sorapis) , continuiamo a scendere in questo scenario magnifico di mughi , alberi e quel torrente che pare giochi tra i sassi , si passa sotto la Cengia ed il Corno del Doge , dove una via attrezzata alpinistica ci ruota attorno , la discesa è abbastanza semplice e gradevole anche se la sua lunghezza è notevole , la valle si restringe e si passa in un pezzo un pò più complesso sotto il Ciadin del Doge , la valle si restringe tra pareti strapiombanti quasi da fare mancare il fiato , nel suo zigzagare dentro la Val del Fuogo , fino a raggiungere più in basso la Riserva Naturale della Foresta di Somadida , inutile descriverla …non ne saremmo mai capaci davanti questa bellissima e protetta oasi paludosa , si scende ancora fino a superare il Ponte degli aceri , poi il Ponte Piccolo e raggiungere cosi il Ponte degli Alberi , dove si potrà incrociare la strada 48 che porta ad Auronzo di Cadore mentre poco più avanti si potrà trovare la fermata dell’autobus che porta ad Auronzo .
Per chi invece vuole portare a termine questo bellissimo viaggio , può proseguire per la ciclabile costeggiando dapprima il torrente Ansiei e poi entrando nel fitto bosco di Socento , ssi prosegue raggiungendo quota 1018 m sulla destra si noterà una stradina sterrata che sale verso il Cason delle Regole e prosegue fino a raggiungere quota 1285 m , incontrando una bellissima radura Pian della Sera che poi discenderà a Tabìa vecelio Segate , poi successivamente a Casol del Rin , presso l’omonima Val del Rin dove li a poco si raggiungerà la trattoria La primula situata nella fantastica Val del Rin , li attraverso la strada asfaltata scenderemo fino ad Auronzo di Cadore , completando così il nostro incredibile e fantastico viaggio .
Il forte io l’ho trovato chiuso , ma credo che la sistemazione del Forte Monte Ricco doveva essere a mio avviso meno appariscente e più consona alle vicende ed fatti storici ed al periodo di costruzione così facendo si sarebbero magari avuto qualche fondo per mantenere anche questo sito in condizioni magari migliori… per non dimenticare e per far , sapere …Luciano
Come Raggiungere
Raggiunto Tai di Cadore dopo aver superato la Caserma Fortunato Calvi , si prosegue verso Pieve di Cadore , raggiunta la chiesa si scende fino a raggiungere un piazzale in cui spicca la sede del Soccorso Alpino , li si lascia l’auto per salire attraverso prima Via dell’Arsenale e poi Via Fortunato Calvi .Si sale in circa 20 minuti dapprima su strada asfaltata e poi su stradina sterrata fino a raggiungere il Forte Monte Ricco ed il suo incredibile panorama.
Cenni storici
Si tratta di una fortezza che sorgeva già molto prima del periodo bellico , nel XII secolo un Castello che venne risistemato con l’entrata del Cadore nella Repubblica di Venezia , venne poi successivamente modificato tra il 1982-1895 cambiandone la destinazione d’uso trasformandolo in Forte per proteggere la valle ed il territorio Italiano dall’Impero Austroungarico, divenendo cosi il Forte Ricco , anche se essendo troppo distante dal Fronte di attacco della Prima Linea venne poco usato . Nel 1917 venne occupato dalle truppe Austroungariche e successivamente fatto saltare , nella seconda Guerra Mondiale lo si voleva riutilizzare , ma le sue cattive condizioni non venne sistemato e totalmente abbandonato per la seconda volta.
Il Forte aveva un ampio fossato di gola di circa 6 metri di larghezza e 5 metri di altezza , con una controscarpa in muratura ed un ponte levatoio , il fossato era protetto da una caponiera con mitragliatrice, per l’armamento le batterie composte da 4 cannoni da 120mm in Ghisa e 4 pezzi a tiro rapido e alcune mitragliatrici Gardner mod.1886, aveva una guarnigione di circa 80 uomini , numerosi locali di servizio e una cisterna di raccolta acqua di 400.ooo litri , situata nel sotterraneo sulla destra del cofano di gola
Fu costruito per impedire al nemico di passare dalla stretta di Tre Ponti verso Pieve di Cadore e Tai di Cadore , in cui il nemico avrebbe avuto la strada libera per la Valle del Piave , ed attraverso anche la vicinanza del Forte Batteria Castello a circa 200 metri fungevano da sorveglianti sul passaggio del nemico in Valle .
Piccole riflessioni personali
Il forte è stato in parte ristrutturato ed in parte abbandonato a se stesso in alcune fasi di ricostruzione , e se ne notano evidentemente le condizioni, non sono certo io a giudicare il lavoro fatto, ma credo per rispetto dei morti e di chi ha combattuto per un’Italia libera non sia corretto il lavoro che è stato fatto su questo sito , ripristinare le opere in cui si possa intervenire è certamente cosa buona , ma trasformare qualcosa che dovrebbe essere ” per non dimenticare … e per fare sapere ” in un centro congressi con pavimenti laminati e termoconvettori oltre ad essere un dispendio economico anche un insulto a chi qui dentro a vissuto a pane ed acqua , ma questo è il mio modesto parere di semplice montanaro . Luciano