Tempo di percorrenza del sentiero : 3h15 Da Cesuna 4h Da Campiello
Dislivello totale : 350 m
Quota massima raggiunta : 1233 m
Come Raggiungere
Questa linea , come avevo già descritto nell’Anello Campiello-Monte Paù -Zovetto -Val Magnaboschi-Monte Lèmerle , è possibile prenderla da Campiello il tratto tratteggiato , sulla strada che porta a Tresche Conca , ma si può anche salire da Cesuna , e volendo si sale anche in auto fino al Zovetto , ma vi invito ha lasciare l’auto in basso , vicino ai due cimiteri e salire dapprima sullo Zovetto , e poi sul Monte Lèmerle , la lunghezza di questo itinerario si aggira sulle 3h30-4h , con poca difficoltà di dislivello.
Riflessioni
Ho dovuto fare un post solo per scrivere , sintetizzare e riassumere l’importanza ed il grande sacrificio di sangue versato su queste posizioni , quasi inesorabilmente dimenticate da chi pratica il semplice escursionismo , ma l’importanza di questi siti , parla solo percorrendoli e qui vi voglio informare per approfondire , Campiello , Monte Paù , Monte Zovetto , Val Magnaboschi , Monte Lèmerle , certo , anni di guerra non si possono documentare in poche righe , ma qualcosa si deve dire su questa linea che ha bloccato agli austroungarici di scendere sulla pianura Veneta.
Cenni storici
Nella zona di Cesuna gli italiani andarono a schierarsi fra il monte Lemerle, il monte Magnaboschi, il monte Pau e il monte Zovetto. Qui i reparti, disorganizzati e non pratici del terreno, riuscirono incredibilmente a resistere ad un ulteriore tentativo di affondo austriaco. Le brigate Granatieri (1° e 2° reggimento), Forlì (43° e 44° reggimento fanteria), Trapani (144°, 149° e 150° reggimento fanteria), Modena (41° e 42° reggimento fanteria), Udine (95° e 96° reggimento fanteria) e Liguria (157° e 158° reggimento fanteria) ressero l’urto sebbene il pericolo di uno sfondamento si presentasse imminente a più riprese. Riporta Gianni Pieropan nel suo libro Le montagne scottano: “Quando il giornalista Giuseppe De Mori si riaffacciò sullo Zovetto, stando a fianco dello stesso generale Papa (comandante della brigata Liguria che aveva tenuto la linea dello Zovetto), esso gli apparve bruciato, sconvolto, tutto un terriccio giallo ed un pietrame grigio, seminato di cadaveri e gemente di feriti, una visione tragica e nel contempo sublime, perché da quelle buche, da quei crepacci, da quelle trincee di cadaveri si vedevano emergere gli elmetti dei Fanti e le canne dei lori fucili, rari, ma impavidi e intrepidi”. A testimonianza di questi fatti d’armi, in loco, ancora oggi, sono ben visibili i monumenti dedicati a questi reparti.
Monte Zovetto
Il zovetto regala un panorama unico nella conca di Asiago , il Monte della brigata “Liguria”, qui gli uomini guidati dal gen. Achille Papa , che aveva voluto tenacemente quella difesa anche a dispetto dello scetticismo di alcuni superiori, seppero realizzare su una delle alture più brulle spoglie della zona un autentico miracolo. Dopo una serie di azioni di pattuglie della sottostante Val Canaglia, condotte nei giorni 7 ed 8 giugno 1916, a partire dalla preparazione di artiglieria del 13 fino a tutto il 16 i soldati della “Liguria” arrestarono ogni urto da parte della 68°brigata di fanteria Austroungarica . Lo fecero potendo contare solamente sulle trincee scavate da loro stessi, con scarso supporto di artiglieria, senza rancio caldo e dovendo affrontare sempre più espedienti tattici da parte degli abili avversari e perdendo alla fine quasi 2000 uomini. Nonostante la conquista della Casara Zovetto, il pronto intervento dei reparti di rincalzo consentirà di contenere l’assalto Austroungarici precludendo loro la possibilità di sfondare le ridottissime linee della “Liguria” e di dilagare in Val magnaboschi. La giornata chiave del 15 giugno viene così descritta dal cap. Valentino Coda :
“ora di austriaci hanno adottato una nuova tattica. Senza sospendere né rallentare il fuoco di artiglieria, le fanterie a piccoli drappelli, a sbalzi periodici di poche decine di metri si spostano obliquamente verso le ali di di ogni nostra ridotta, tentando di accerchiare le posizioni che sono valse a rompere l’attacco frontale. Siffatta manovra impone ai difensori un raddoppiamento della vigilanza: bisogna alzare la testa oltre agli ultimi scherm,i sollevarsi di tutte le spalla, imbracciare il fucile, far fuoco, il che significa lungo andare, essere sfracellati da una granata. Quando tuona così tremendo il cannone, istinto fa sì che anche gli uomini più coraggiosi si rannicchino in fondo ai ricoveri, ma i difensori dello Zovetto non hanno più nulla di umano.“
La trincea del Zovetto faceva parte della linea di rinforzo italiana , con la funzione di collegare , la zona di Campiello con Cesuna , val Magnaboschi ed il Monte Lèmerle , questo tratto di trincea recuperato permetteva con postazioni di mitragliatrice di sorvegliare la Val Magnaboschi , oltre ad essere utilizzate come osservatorio di artiglieria.
Già nell’aprile del 1917 giunsero in Italia dal Regno Unito i primi gruppi di artiglieria per sostenere i nostri attacchi sul Carso. Dopo la sconfitta italiana sull’Alto Isonzo ed il ripiegamento del nostro esercito sulla linea Altopiano-Grappa-Piave, che venne inviato in Italia un Corpo di Spedizione britannico oltre a 6 divisioni francesi. Tali truppe vennero tenute lontano , nel timore che un ulteriore crollo da parte italiana potesse coinvolgerle, soprattutto sul piano morale. La tenuta dei nostri reparti sull’intero arco difensivo e la ripresa offensiva realizzatasi con la prima battaglia dei Tre Monti convinsero i nostri alleati della volontà del nostro esercito di proseguire il conflitto. Divisioni inglesi e francesi cominciarono quindi a dare il cambio alle nostre unità più provate, prima sul Montello e quindi proprio sull’Altopiano dei Sette Comuni. Qui, nel settore compreso tra l’abitato di Cesuna e la strada del Barental, dalla fine del mese di marzo 1918 venne schierato il XIV Corpo d’Armata, al comando di Lord Cavan, che comprendeva la 7°, la 23° e la 48° Divisione. E proprio la 23° e la 48° Divisione nel giugno 1918 affrontarono la Battaglia del Solstizio fronteggiando l’assalto dei reparti ungheresi della 38° Divisione Honvéd. Nonostante alcuni cedimenti locali davanti a Cesuna, nel settore della 48a Divisione, l’intervento delle artiglierie italiane schierate sul nodo del Cengio e un deciso contrattacco inglese consentì di respingere l’assalto austriaco. Il 9 ottobre la 73° e 23° Divisione vennero inviate sul Piave dove; nel corso della Battaglia di Vittorio Veneto, diedero un decisivo contributo allo sfondamento delle Iinee austriache. Sull’Altopiano rimase la 48° Divisione che nell’offensiva finale, assieme ai reparti italiani e francesi, si lanciò all’inseguimento degli austriaci sino alle porte di Trento.
Val Magnaboschi
La zona di combattimento e cimiteriale di Val Magnaboschi rappresenta certamente per i fanti italiani quello che il Cengio simboleggia per i Granatieri e quello che l’Ortigara ha finito col significare per gli Alpini. Essa è diventato il sacrario naturale del sacrificio della nostra fanteria sull’Altopiano dei Sette Comuni, come testimonia anche la colonna romana postavi a ricordo nel dopoguerra. Gli eventi bellici che ne consacrarono tale significato coincisero con la fase determinante e conclusiva dell’offensiva austriaca della primavera del 1916, nota nelle fonti italiane come Strafexpedition (Spedizione punitiva). Perduto il nodo del Monte Cengio ed annientata la resistenza della Brigata Granatieri il fronte italiano, per decisione del Gen. Rostagno, impressionato da quanto in precedenza accaduto, si era ritirato dietro il profondo intaglio della Val Canaglia e correva sulle alture di Monte Paù-Monte Zovetto-Monte Lemerle per proseguire poi verso il Kaberlaba ed il Torle. La Valle di Magnaboschi veniva così a costituire l’immediata retrovia e la principale via di collegamento di questi improvvisati capisaldi. Fu naturale che essa divenisse, a partire dal 6 giugno 1916, il principale obiettivo del 1° Corpo d’armata austro-ungarico, anche perché il suo comandante, il Gen. Kirchbach auf Lauterbach, non ritenne opportuno affrontare l’ostacolo della Val Canaglia e puntò decisamente sul centro del nuovo schieramento italiano. Oltre quella valle si prospettava, come un miraggio, la vista della pianura veneta e la possibilità della sua conquista. Lo stesso comandante d’Armata, l’ungherese Gen. Kovess von Kovesshaza, vide nell’occupazione della linea Lemerle-Kaberlaba-Sisemol la premessa indispensabile per la caduta di Monte Paù, l’ultimo pilastro occidentale dell’Altopiano prima dello sbocco al piano. Fu così che nei giorni successivi prima la 32° e quindi la 33° Divisione italiana di fanteria dovettero difendere, sostenute dalla poca artiglieria che stava salendo a fatica sull’Altopiano, l’urto della 34° Divisione austroungarica. La sera del 16 giugno 1916 gli austriaci sfondarono in Val Magnaboschi, oltre la Casera, nel punto di collegamento della Brigata Liguria con la Forlì: due compagnie della Brigata Liguria furono accerchiate e catturate costringendo i comandi superiori ad arretrare la Brigata sul Magnaboschi abbandonando lo Zovetto. La resistenza italiana era stata comunque tale da provare i reparti austriaci al punto da impedire loro di sfruttare il momentaneo successo.
Così descrive uno momenti maggiormente rischiosi il comandante la Brigata Forlì:
“Si apre al nemico un più facile ingresso per la selletta di Magnaboschi, però tappato con un battaglione del 214°, giunto nella mattinata in rinforzo al 43°. Il nemico tenta di forzarlo, dopo violenta preparazione di fuoco il 17, ma provvidenziale un altro rinforzo arriva in quel momento al comandante del 43°: il battaglione del 214° col comando di reggimento. I due battaglioni vengono lanciati al contrattacco. Eroico contrattacco, fieramente guidato dal comandante di reggimento Boncolardo, e dai due comandanti di battaglione Boschetti e Poggesi.”
La 34° Divisione austroungarica tra il 15 ed il 16 giugno ebbe a contare 243 morti e 1313 feriti mentre le perdite della 33° Divisione italiana assommarono a 234 morti, 868 feriti e 647 dispersi. La valle venne così ad accogliere le spoglie dei caduti italiani ed austriaci, come accoglierà quelle dei caduti del Corpo di Spedizione britannico che qui venne schierato dalla primavera del 1918 e che ebbe modo di dare il suo decisivo contributo all’arresto dell’offensiva austriaca sull’Altopiano durante la Battaglia del Solstizio. Nel dopoguerra la creazione dei due cimiteri , in cui le sepolture degli uomini dei Reggimenti dell’Oxfordshire e del Buckinghamshire, cosi come dei fucilieri del Northumberland e dei fanti del Gloucester erano di fronte a quelle dei fanti delle Brigate “Liguria”, “Trapani”, “Arno” e “Forlì”, visitati oltretutto dallo stesso re d’Inghilterra, costituì un fatto di assoluto rilievo nell’elaborazione di una memoria collettiva non solo nazionale e divenne un importante elemento nelle buone relazioni tra i due paesi.
Selletta e Monte Lèmerle
La vita nelle trincee costruite dava l’idea di buche fatte alla meglio , giusto per ripararsi , che consentivano una grama esistenza se non solamente una soppravvivenza agli attacchi , soprattutto quando queste venivano costruite sotto il fuoco dell’artiglieria nemica o subito a ridosso del punto di attacco. Dopo l’offensiva è l’arretramento delle truppe austroungariche , queste linee furono ricostruite dal Genio e la differenza si vede come siano fatte ccon logiche di progettazione e secondo alcuni standard , tesi a garantire la sicurezza dei difensori , una buona visuale di tiro , e non ultima dare una condizione di vita perlomeno migliore di una buca piena di terra. Il corpo Britannico che subentrò agli italiani continuo la sistemazione in questo senso.
Bunker inglese sul Lèmerle
Le divisioni britanniche avevano al loro interno un battaglione di pionieri che venivano usati per la creazione di trincee , ripari , baraccamenti per le truppe e postazioni varie , il bunker non era altro che il posto di comando dei pionieri 9°South Staffordshire rgt, che realizzo buona parte delle opere assieme alla 23° divisione , tra Cesuna e la strada del Barental (strada dell’orso) che porta da Asiago a Bassano del Grappa .
Cima Lèmerle
Questa cima che ora è quasi completamente coperta dal bosco , svolse nella strafexpedition un ruolo importante fungendo da fulcro con il monte Kaberlaba e Torle , collegando la val Magnaboschi allo Zovetto e a Passo Campiello , a partire dal 6 giugno fino al 18 giugno 1916 , venne attaccato dagli austroungarici la 34°divisione del Banato di Temesvar , e battuto da tre brigate di artiglieria campale e dal raggruppamento di artiglieria pesante Janecka . Tra le forze italiane invece l’appoggio dell’artiglieria era scarno , e nonostante i pochi trinceramenti riuscirono a resistere fino all’attacco del 24°rgt fanteria di Czernoviz , ma fu subito dopo riconquistato in contrattacco da due battaglioni di Bersaglieri , gli altri sforzi da parte degli austroungarici di sfondare la linea difensiva italiana sono stati vani , sul Lemerle e sulla cresta combatterono soprattutto i fanti della brigata Forlì 43°e 44° rgt , il Gen. Franchi loro comandante riporta così:
“Dieci giorni e dieci notti di eroismo e di sacrificio avevano vissute quelle valorose truppe , in un continuo inferno di fuoco e di sangue , in una continua tragedia di lotta e di morte ,con privazioni di rancio, con le labbra spesso riarse della sete e dalla febbre, prive di sonno e di riposo; nessuno, nessuno ebbe il pensiero alla fuga, alla disperazione, all’esonero.“