
Tempo di percorrenza del sentiero solo andata : 2h50
Dislivello totale : 944 m
Quota massima raggiunta : 1364 m
Dopo aver raggiunto l’abitato di Arsiero salendo verso Posina , arrivati all’abitato di Castana davanti alla Trattoria da Gek ovvero nel posteggio del ristorante a sinistra salendo , si nota una stradina che prosegue nei campi e costeggia il torrente Posina per poi superare il canale idrico sopraelevato ed iniziare la salita per il monte Aralta attraverso una carrareccia con alcuni tagli di percorso fattibili solo a piedi , si sale mantenendo il monte sulla destra , sul monte sono posizionate le antenne di ricezione per le trasmissioni radiotelevisive , si sale senza grosse difficoltà tecniche ne fisiche il sentiero e molto bello e presenta nella parte alta nomerose postazioni in trince con trinceramenti che raggirano la parte sommitale del Monte Priaforà , di notevole importanza strategica come quella parte del Novegno che guarda verso la Val Posina , Arsiero , Cogollo quasi come fosse l’occhio di sorveglianza nel passaggio in valle , mentre sulla zona del Roccolo Bagattini si possono notare ancora le piazzole di tiro dell’artiglieria , ed un altra postazione e situata sul Roccolo dei Sogli , questo comunque e un sentiero molto interessante sia per il panorama raggiunto in quota che per la sua importanza strategica nella difesa del Monte Priaforà , che vi invito in un prolungamento del percorso a visitare , con la torcia per poter entrare nelle gallerie di appoggio , grossa importanza anche il Monte Novegno sulla zona di controllo della Cima Alta e Postazioni del Vaccaresse . Prendetevi il tempo di visitare questi luoghi che sono stati recuperati per avere un’idea dei sacrifici e delle vicissitudini della Guerra , questo è un teatro meno conosciuto di altri campi di battaglia , ma la strategia di questo luogo parla da se . Il sentiero finisce nella selletta Giove- Branzomè , ma presenta sbocchi molto variegati per poterne gustare appieno la sua bellezza , il ritorno può essere fatto anche dal 480 scendendo a Fusine e poi attraverso la strada di Posina fino a Castana , sono circa 2 km , altrimenti raggiungendo passo Campedello e poi il Monte Priaforà per poi scendere attraverso la prima parte del 466 fino al raccordo e ridiscendere per lo stesso sentiero 477.
Cenni storici
Verso le 9 antimeridiane del 29 maggio, dopo aver attraversato il torrente Posina col favore della nebbia, cinque compagnie e mezza del 1° reggimento Kaiserjager, da ovest, e una compagnia del 4°, salita per la strada militare del versante nord-est, attaccarono con azione avvolgente il monte Aralta, un modesto rilievo del contrafforte settentrionale del Priaforà, difeso da tre compagnie del Il battaglione del 209° reggimento fanteria della brigata Bisagno, le cui posizioni erano state bombardate dall’artiglieria nemica fino alle 11 del mattino, quando furono attaccate dai Kelserjeqer, che alle 12,45 riuscirono a soverchiare le tre compagnie italiane accerchiate, che subirono la perdita di 9 ufficiali e 465 militari di truppa, per la maggior parte fatti prigionieri. I pochi superstiti si erano ritirati verso la cima del Priaforà, abbandonando sul monte Aralta un cannone da 75 A della 509a batteria, inseguiti lungo la dorsale dai Kaiserjager, che catturarono nel pomeriggio anche i due cannoni da 149 G della 507a batteria piazzati al Roccolo dei Sogli. . Alle 9,45 del mattino seguente, il distaccamento d’avanguardia del 1° reggimento Kaiserjager, composto di 80 uomini con due fucili mitragliatori Madsen M. 15, sorprese e mise in fuga la pattuglia italiana che presidiava la vetta del Priaforà, conquistando la sommità del monte, dove fu raggiunto poco dopo dall’intera 6a compagnia, che aveva trascorso la notte nei pressi della baita Fontana, a nord della cima. La vetta del Priaforà era rimasta indifesa a causa di un banale errore, perché 1’8a compagnia del 209° reggimento fanteria della brigata Bisagno, che la sera prima era stata mandata a difendere la cima, non pratica della zona e disorientata dalla fitta nebbia, si era fermata sul dosso di quota 1558, situato circa 300 metri più a sud lungo la stessa dorsale, credendo di aver raggiunto la posizione cui era stata destinata. Nella stessa mattinata, reparti del I battaglione del 209° fanteria della Bisagno e del battaglione alpini Monte Clapier tentarono di riconquistare l’impervia cima del Priaforà, attaccando per la stretta cresta scoperta che la collega al monte Giove, ma furono respinti dal nemico ormai ben rafforzato sulla posizione. Gli stessi ostacoli ambientali e la tenace difesa italiana fermarono anche i tentativi compiuti dai Kaiserjager nei giorni seguenti per proseguire la loro avanzata verso sud. Dopo che le retroguardie italiane si,erano ritirate da Arsiero, i genieri avevano fatto saltare i ponti sul Posina per impedire al nemico di inseguirle; perciò i reparti del 50° reggimento di fanteria austro-ungarico, che il 31 maggio tentarono di attraversare il torrente su passerelle gettate tra le due sponde in prossimità dei ruderi del “ponte moro”, a valle della Cartiera Rossi, furono fermati fino a notte inoltrata dal fuoco delle batterie piazzate a Poggio Curegno e sui Colletti di Velo. Quando il buio ostacolò il tiro di sbarramento delle batterie italiane, i battaglioni nemici del 50° fanteria riuscirono ad attraversare l’alveo del torrente Posina ed avanzarono sul versante occidentale della conca, arrivando a circa settecento metri da Velo d’Astico; ma furono respinti davanti agli avamposti del 210° reggimento fanteria della brigata Bisagno, scavati lungo t’argine destro del Rio dell’Orco. L’attacco delle fanterie nemiche fu preceduto da un violento bombardamento delle batterie della 3a brigata d’artiglieria campale austro-ungarica piazzate sull’altopiano di Tonezza, le cui granate distrussero anche numerose case di Velo d’Astico, abbandonate un paio di settimane prima dagli abitanti e adibite ad alloggi per le truppe italiane in riserva della linea avanzata, che era situata poche centinaia di metri a nord-ovest del paese. I proiettili sparati dalle batterie austro-ungariche contro l’altura del castello di Velo d’Astico, trasformata in caposaldo dagli italiani, distrussero la parte superiore del campanile e colpirono anche il tetto e la facciata della chiesa, aprendo una larga breccia sopra la porta d’ingresso. Tutte le strade erano state mascherate con graticci di canne stesi tra le case, per impedire al nemico di osservare dal monte Cavioio i movimenti delle truppe e delle salmerie coi rifornimenti destinati alle truppe in prima linea.
Fonte : La strafexpedition di Siro Offelli
