Leggesi su un manoscritto del 1888 una breve storia delle Anguane. In principio esse erano una sorta di fate. Però nel volgere dei secoli e con il variare degli umori della gente assunsero anche vesti di streghe o di zingare maliarde. Nelle sembianze, cioè, di vecchie megere o di donzelle formosissime. Avevano l’abitudine di frequentare, sotto forma di zingare, paesi e villaggi adiacenti al loro habitat.
Se occorreva potevano assumere a volontà anche sembianze e forme di animali minuscoli in modo che potevano penetrare ncirinterno delle case attraverso camini, « gàtoli » o addirittura attraverso il buco delle serrature.
Questi esseri, dotati di proprietà soprannaturali, erano in grado di accendere i fuochi a ridosso di fienili o di pagliai senza che si incendiassero. Quando assumevano sembianze umane solevano cospargersi di unguenti profumati, mani, piedi, braccia, gambe, viso, capelli ccc.
Da noi abitavano dentro la « Spaccata » sopra S. Quirico. E guai all’incauto visitatore che si arrischiasse penetrare in quella forra. Le anguane lo avrebbero adescato, ed una volta che si fosse abbandonato all’ebbrezza dei sensi non ne sarebbe uscito più. Con queste “terrificanti” premesse ben pochi erano i villici che si arrischiassero là dentro con il pericolo di cadere nel laccio di queste fate- streghe vogliose d’amore. E siccome i maschi non andavano a loro, esse ne andavano alla ricerca al di fuori della « Spaccata ».
Fatto è — si narra — che una di esse più astuta delle altre, prese forme molto seducenti e si trasferì, anche se « foresta », ai Pcllichero. Non ci mise molto a far innamorare perdutamente di sè uno dei Fantoni a Fongara Alta. Insomma, per farvela corta, si unirono in regolare matrimonio e ne nacquero due figlie.
Un bel giorno però, mentre entro le mura domestiche tutto pareva filare liscio, che è che non è, Ittele (tale era il nome dcll’anguana) improvvisamente disparve e non ne fu trovata più traccia. Era avvenuto questo: un viandante che si dirigeva a Fongara. giunto nei pressi della Spaccata aveva sentito uscire delle invocazioni di aiuto. Fattosi attento riuscì a capire (senza però vedere l’intcrlocutricc) queste parole oscure: « O viandante dalla cavalla bianca, riferisci ad Ittele che Uttclc ci ha lasciato e che non sia mai stanca! ». Arrivato a Fongara, emozionato, ne riferì alla gente e dopo poco la notizia di bocca in bocca pervenne a Ittele la quale, capito che la madre Uttclc abbandonava questo mondo, subito scomparve.
Vuole la leggenda che Ittele tuttavia, senza più assumere sembianze visibili, tornasse ogni mattina dalle sue figliole e le agghindasse a dovere. Per penetrare in casa usava ora il camino, ora il « gàtolo », ora il buco della serratura secondo le regole della sua « consorteria ».
Il marito che vedeva le due figlie ogni mattina messe per benino, volle sapere chi veniva ad aiutarle e loro dissero: « La mamma ». Ma sì, quello era il tocco gentile, inconfondibile di sua moglie e usò ogni artificio in suo possesso per almeno vederla.
Ma tutto fu inutile e il poveruomo dimagriva. Ittele, vedendo questa sua dolce passione amorosa, si mosse a pietà e per un attimo, riprendendo le forme umane, gli disse: « Eccomi, sono io, ma non mi puoi toccare. Comunque c’è una possibilità . Conterò fino a tre , facendo tre passi indietro . Se riuscirai ad afferrarmi nell’attimo in cui compio il terzo passo , tresterò con te fino alla fine dei nostri giorni . Ma non sbagliare il colpo . Pronto ? uno… due… e… tre. Ittele non fu più rivista .
G. Bellucci , Tratto dal libro L’Ontano di Ottone Menato
Piccolo Ricordo Personale
Ricordo che frequentando spesso il paese di Fongara e passando quindi per la montagna Spaccata mia nonna mi raccontasse sempre una sua esperienza , e mi diceva che scendendo a piedi da Fongara appena giunta alla Montagna Spaccata si sentisse chiamare per nome da una voce soave e limpida ” Agnese , Agnese ” lei continuasse imperterrita a tutta velocità senza nemmeno voltarsi indietro.
Grazie Nonna che mi hai fatto vivere in semplicità con queste piccole grandi storie