
Provenendo da Bassano del grappa si imbocca la galleria che porta ad Arsiè , poi si sale verso Col del Perer fino a raggiungere un bivio che porta in diverse direzioni , si prende per Forte Leone . Oppure salire da Grigno e passando per Castel Tesino fino a che non si arriva a Cima Campo si lascia l’auto e si sale a piedi fino al Forte.La salita non presenta difficoltà si sale su una carrareccia per circa 15-20 minuti a piedi , la cima e priva di bosco perciò si ha una visuale a 360° uno di quei panorami incredibilmente belli e fantastici .
Il forte e molto bello ed in buono stato , molto maestoso e costruito in posizione molto strategica , il suo ingresso e a pagamento quindi bisogna rispettare i periodi di apertura.
informazioni:
visite su prenotazione telefonando al
Intero 5 euro ridotto 3 euro
gratuito per bambini fino a 3 anni, accompagnatori di gite scolastiche o organizzatori di manifestazioni
nei giorni di apertura prefissata la guida sarà presente dal primo pomeriggio.
PER ULTERIORI INFORMAZIONI
Cenni storici
Il Forte Leone di Cima Campo venne costruito tra il 1906 e il 1912 sotto la direzione dell’ingegnere Maggiore Antonio Dal Fabbro di Sedico (BL) come parte della linea di difesa Brenta-Cismon. Il Forte era armato da 6 pezzi “Armstrong” 149/35 sotto cupole, 8 pezzi 75/27, 5 mitragliatrici in casamatta e 6 in torrette a comparsa.
Le vicende storiche che riguardano il Forte Leone iniziarono solo dopo la rotta di Caporetto, quando il Generale Cadorna affidò al battaglione alpino Monte Pavione, comandato dal Maggiore Roberto Olmi, il compito di proteggere la ritirata delle truppe italiane provenienti dal fronte montano fino al passaggio del complesso fortificato di Primolano: una difesa ad oltranza del forte non fu mai presa in considerazione.
Nel forte, oltre al comandante, vi erano 12 ufficiali, tra i quali uno del Genio, un medico, un cappellano militare, oltre a 230 uomini di truppe: 200 del battaglione Monte Pavione appartenente al 7° Reggimento Alpini e 30 del Battaglione Val Natisone. Il gruppo Austriaco comandato all’assalto era composto da: I e II Compagnia, plotone d’assalto, mitraglieri del K.K. Tiroler LandSturm-Bataillon I, mitraglieri del Schutzenregiment e compagnia degli Standschutzen di Merano.
Testimonianze
Il giorno 12 novembre 1917, tra le ore 7:00 e le 8:00 cominciò l’attacco avvolgente al forte.
L’avvicinamento risultò difficoltoso: a sud-ovest il pendio era molto erto e roccioso, ad ovest, all’interno del fitto bosco, le truppe italiane sparavano all’impazzata.
Dopo i primi momenti di stallo e difficoltà, segnati anche dalla stanchezza delle truppe austriache da giorni impegnate in estenuanti marce, l’assalto riprese. L’attacco finale fu guidato dal Capitano Berkic nonostante poco prima avesse ricevuto l’ordine di arrestarsi sulle posizioni conquistate fino ad allora.
Ormai il forte era completamente accerchiato ed Olmi alle 16:00 ordinò alle sue truppe di abbandonare le trincee esterne e di rifugiarsi all’interno della fortezza., il Forte poteva essere abbandonato e fatto saltare Alle 17:00 arrivò la telefonata che le truppe italiane da tutta la giornata aspettavano: le truppe in ritirata erano al sicuro, il Forte poteva essere abbandonato e fatto saltare Mestamente Olmi rispose che ormai era troppo tardi, ma comunque era felice che il loro sacrificio fosse stato utile. Come ultima, strenua difesa il comandante inventò uno stratagemma: alcuni soldati avrebbero lanciato dalle torrette le ultime granate rimaste, mentre gli alpini abili avrebbero girato il cappello in modo da portare la penna nera sul davanti, forse potevano in questo modo scappare simulando il pennacchio dei Kaiserschutzen Gli austriaci si accorsero dell’inganno e spararono sulla colonna dei fuggitivi, solo una ventina riuscì a scappare, mentre tutta la guarnigione fu fatta prigioniera.
Il forte agli occhi degli austriaci si rivelò integro, tuttavia le torrette blindate erano disarmate ed i cannoni puntati sulla valle altro non erano che tronchi d’abete verniciati di nero. impedì tutto ciò.
Al comandante Olmi vennero concessi gli onori delle armi in merito alla strenua difesa del Forte: esso poté portare la sua pistola d’ordinanza fino al campo di prigionia.
“Spesso mi chiedo, come ci si potesse sentire qui, in alto, allora, nel 1917/18, quando per un intero anno migliaia di uomini combatterono l’un contro l’’altro sui monti e nelle valli del Piave, del Cismon e del Brenta.
Cerco di immaginarmi, come si potevano sentire il fuoco continuo dei piccoli e grossi calibri, le bombarde che esplodevano e l’’ululare delle granate, vicino e lontano, come in un’ arena. E di notte: il riverbero balenante delle vampate dei cannoni, dei proiettili traccianti, della miriade di fuochi della guerra.
“(…)” Quando qui in alto i temporali vanno a scontrarsi – una enorme mano nera su Enego e le masse minacciose di nuvole sopra il Grappa – si riesce ad avere un’immagine di ciò, tra il brontolio dei tuoni e il guizzare dei lampi: interi eserciti si scatenano in brandelli di nubi in cielo. Ed è come se i morti ripetessero all’infinito le loro battaglie.”
Mellame, maggio 1998
W.A. Dolezal

