Dopo essere saliti per andare verso Belluno ed aver superato Santa Giustina , si prende verso Sospirolo , prendendo poi quella che porterà attraverso la Valle del Mis , sull’omonimo lago. Superata la galleria e il ponte si potrà raggiungere il punto di partenza della Valle Falcina .
Descrizione
Il percorso non richiede un impegno fisico , si tratta di circa 4 km e con un dislivello abbastanza semplice e quasi per tutti , si tratta di un sentiero naturalistico , ed essendo in un ambiente poco praticato dai più se ne può cogliere la sua meravigliosa bellezza , qui in questo suggestivo ambiente , in questa spaccatura incisa dalla Valle di Burt e Valle Falcina , presentano specie di flora e fauna molteplici ed importanti , come le Pino nero, Ambretta di Ressmann, Campanula della Carnia, Euforbia di Kerner . Mentre per quanto riguarda l’aspetto faunistico , soprattutto numerosissimi passeriformi e altre interessanti specie come l’aquila reale e il picchio nero. La presenza del lago permette di osservare anfibi, la natrice dal collare e, fra gli uccelli, il germano reale e la ballerina gialla.
Osservazione del paesaggio
le rocce presenti in questa zona hanno età comprese tra 220 e 100 milioni di anni la più antica è la dolomia principale sovrastata dei calcari grigi che hanno uno spessore di circa 400 m gli strati rocciosi sono molto inclinati quasi verticali sono stati profondamente incisi dal torrente falcina che ha creato una tipica valle fluvio torrentizia alla sezione V una valle difficile da percorrere perché l’inclinazione degli strati è impedito la formazione di pendii dolci e di cengie che in altre zone delle Dolomiti sono stati sfruttati per creare sentieri e la Val falcina si è formata in corrispondenza della faglia del Pizzocco una profonda spaccatura degli strati rocciosi lungo la quale si ha lo scorrimento di una parte rispetto all’altra lungo le faglie delle rocce sono fratturate e quindi più facilmente erodibili osservate l’ampia superficie pianeggiante che scende verso il lago e ospita struttura del parco è quello che i geologi chiamano conoide alluvionale e si è formato dalla distribuzione a ventaglio dei materiali trasportati nel passato del torrente dei suoi lavori di scavo .
Col della feda
Nel Parco vivono due specie di pini ha portamento arboreo, il Silvestre e il Pino nero i pini sono alberi detti ai pionieri perché conquistano antiche frane e detriti consolidati il Pino si veste e si riconosce facilmente per la corteccia arancione nella parte più alta del fusto e lo si può trovare in tutta Europa fino alla Siberia il Pino nero invece ha corteccia grigia scura su tutte le sue lunghezza aghi scuri molto lunghi una specie balcanica per questo nel parco è osservabile solo nel settore orientale e qui in valle del Mis sono presenti i nuclei spontanei più occidentali di tutte le Alpi il bosco che cammina anche il bosco può camminare e quello che è accaduto qui sul col della feda che significa Colle della pecora un tempo utilizzata per il pascolo ovino quest’area è stata poi abbandonata il bosco ha così preso il sopravvento ricolonizzato i vecchi pascoli dapprima con l’arrivo degli arbusti poi con quello degli alberi come il carpino nero la betulla e il Pino nero il ritorno del bosco è un processo più veloce di quanto si possa pensare in alcune zone del parco i prati abbandonati vengono recuperati del bosco ad una velocità che può superare il metro all’anno.
Le tracce animali
Vedere gli animali soprattutto in un bosco , cioè nel loro ambiente naturale non è cosa semplice molto più facile imbattersi nei loro tracce ad esempio osservando gli arbusti potrete scoprire che corteggiamenti sono dovuti agli sfregamenti che hanno i maschi di capriolo per marcare il loro territorio lungo il sentiero o sui sassi emergenti potrete trovare degli escrementi gli hanno lasciati per marcare il territorio le faine e le volpi che abitano su questo bosco più facile incontrare direttamente sono i rettili nelle radure potrete incontrare l’orbettino e nelle giornate umide e piovose la natrice dal collare .
Nidi di Picchio
Guardando via attorno potrete anche trovare forse con un pò di fortuna il grosso buco fatto dal Picchio nero è il più grande dei picchi può raggiungere un’altezza di mezzo metro con un’apertura alare di 70 cm , le sue dimensioni il colore uniforme nero lo rendono inconfondibile , il capo è completamente rosso nel maschio è parzialmente colorato nella femmina , predilige i boschi di faggio , Abete bianco, Abete rosso si nutre di insetti che abitano in legno e li cattura scavando i tronchi con il forte becco è difficile da vedere perché molto schivo se ne vette la sua presenza perché emette un caratteristico Cri-cri-cri o un prolungato fischio udibile a grande distanza , i nidi che vengono abbandonati del Picchio nero vengono usati molto spesso dalla civetta capogrosso.
Esiste inoltre una piccola Area Ristoro, Camper e Punto Informativo Pian Falcina :
Per informazioni e prenotazioni: gestore Patrizio De Biasi 348 415 2619
La cascata della soffia si raggiunge salendo fino a nord del lago lasciando l’auto nel piccoli punti dove è possibile sostare , mentre nel periodo estivo risulta aperto l’ampio posteggio situato dopo il ponte .
Descrizione
Una delle escursioni più belle sono i cadini di evorsione del Brenton , ovvero dei cadini , che si creano quando l’acqua scorre con forte pressione ed incontra ostacoli generando una serie di turbinii e vortici con trascinamento di ghiaino che erode così le pareti creando le cosidette nicchie di evorsione . I cadini sono il risultato di passaggio di acqua nei milioni di anni , il percorso non presenta difficoltà neanche per i ragazzi e bambini , la trasparenza di queste acque incontaminate rimane di rara bellezza , un luogo in cui si rimane a bocca aperta davanti alle meraviglie che la natura del Parco Nazionale delle dolomiti bellunesi ci regala , manteniamolo cosi, come l’abbiamo trovato … incontaminato… alla fine di questo anello anche il piccolo parco botanico completerà questo piccolo impagabile viaggio.
L’accesso ai Cadini sarebbe a pagamento , ma se trovate chiusa la biglietteria , l’accesso è libero
Regolamento di visita I Cadini del Brenton sono uno spettacolo della Natura straordinario e delicato. Per conservarlo ti chiediamo di rispettare alcune semplici regole: – non uscire dai sentieri segnati, – non abbandonare rifiuti, – non raccogliere o danneggiare le piante, – tieni il tuo cane al guinzaglio. Ti ricordiamo inoltre che è vietato fare il bagno nei Cadini e stendersi a prendere il sole lungo i loro bordi.
La cascata della soffia si raggiunge salendo fino a nord del lago attraversando poi il ponte e raggiungendo l’omonima Osteria della Soffia , oppure se aperto lasciare l’auto nell’ampio posteggio dopo il ponte .
Descrizione
La discesa delle acque dalla Valle Soffia si insinua con una potenza quasi inarrestabile plasmando nei migliaia di anni la roccia a suo piacimento fino a raggiungere lo scavo eroso della cascata della Soffia , incuneandosi in una forrà di grandi dimensioni per poi uscire dall’antro roccioso e raggiungere le verdi acque del lago , il fragore assordante della cascata di circa 12 metri , e qualcosa di emozionante da quel terrazzo sospeso sulla stessa , uno spettacolo inspiegabile , che poi nei periodi di più secca permette di entrare da sotto nella cascata stessa attraverso un cunicolo che nei momenti di pioggia rimane ben nascosto. Poco prima di raggiungere la cascata , si trova l’unico locale aperto nei periodi estivi l’osteria della Soffia, un luogo spettacolare e con i tavolini vista lago , ed una piccola chiesetta dedicata a San Remedio , che esisteva già , ma era stata sommersa dall’acqua della diga come del resto l’abitato di Gena Bassa . Al fianco dell’Osteria , una stradina asfaltata conduce sulle piccole contrade di Gena Media e Alta , abbandonate già da diverso tempo soprattutto dopo l’alluvione del 1966 che ha isolato totalmente questi incredibili luoghi .
Esiste inoltre una piccola Area Ristoro, Camper e Punto Informativo Pian Falcina :
Per informazioni e prenotazioni: gestore Patrizio De Biasi 348 415 2619
Dopo essere saliti per andare verso Belluno ed aver superato Santa Giustina , si prende verso Sospirolo , prendendo poi quella che porterà attraverso la Valle del Mis , sull’omonimo lago.
Descrizione
Potrà sembrare essere facile parlare del lago e della Valle del Mis , che fa parte di quella preziosissima ed immensa parte del Parco delle Dolomiti bellunesi , certo non ha grosse attrattive come potrebbe essere Misurina o Braies , ma soprattutto non così osannato come altri laghi , ma credo sia molto di più , ma sono cose che solo una persona che ama profondamente la montagna nella sua solitudine e in quelle vertiginose creste che si innalzano su questa valle , i Monti del Sole e dell’Agnelezza e del Pizzocco , non sono certo altitudini dolomitiche , superano a malapena i 2000 metri , sono montagne che non permettono certo l’accesso all’escursionista “normale” ma portano dentro di se la parte più selvaggia delle Dolomiti Bellunesi . La valle parte dal Sospirolo per poi passare nel omonimo lago è proseguire fino ad entrare nell’Agordino , su una strada in cui le auto faticano a passare ed il canyon si restringe sempre più per poi allargarsi di nuovo verso Gosaldo e salire fino a raggiungere Agordo.
La strada che porta da Sospirolo ad Gosaldo , prima della costruzione della diga era una ardita opera che passava anche in località California , un paesino minerario situato tra il lago e l’alta valle del Mis verso Gosaldo a diversi km dal lago direzione nord , la stessa strada di tanto in tanto la chiudono per qualche frana, mentre la strada che contornava il lago è stata del tutto abbandonata , come del resto furono abbandonate anche le contrade di Gene , un luogo ormai del tutto abbandonato , dopo la disastrosa alluvione del 1966 dove le strade divennero totalmente impraticabili e la vita era diventata troppo difficile costringendo chi li abitava di spostarsi più in basso , ora alcune case stanno riprendendo vita nel periodo estivo , e si sale ancora anche a piedi dalla parte superiore del lago .
Le miniere di California
Sulle miniere di California veniva estratto il Cinabro , una roccia minerale a base di mercurio , utilizzato per la fabbricazione del vetro , oltre che per strumentazioni come barometri e termometri , veniva usato anche in tintoria , ed in farmacia come antibiotico.
California si raggiunge solamente a piedi attraversando un precario ponticello, quel che resta sono solo ruderi circondati da piante , diventando così difficile la visita , come fosse un vero paese fantasma , spazzato via dall’alluvione , è un luogo di infinita tristezza , dove si può riflettere sul suo abbandono la notte in cui le acque frane e detriti lo portavano via ed i suoi abitanti che salivano sulla destra e sinistra per mettersi al sicuro , tornando dopo poco tempo per non trovare più niente di quello che era stato questo villaggio .
Esiste inoltre una piccola Area Ristoro, Camper e Punto Informativo Pian Falcina :
Per informazioni e prenotazioni: gestore Patrizio De Biasi 348 415 2619
Le escursioni su questo magnifico ed incontaminato luogo le documenterò a breve su altri post , e sono fattibili in giornata per chi ha un buon passo , mentre invito le famiglie con bambini , a rimanere sulle più facili e belle :
Questa escursione , con i tempi e i dislivelli complessivi sono stati calcolati mantenendo una certa proporzionalità negli sforzi legati alla preparazione fisica , all’esperienza personale , non si tratta come il precedente post che tiene tutti i rifugi buoni percorrendolo in 4 giorni , mentre quello che cerco di spiegare qui , è che lo si può percorrere in tempi meno dilatati e usando solo due pernotti , ma nessuno impedisce di usare tutti i rifugi .
Questo è IL GIRO COMPLETO DELLE MARMAROLE . I tempi sono fattibili , certo volendo lo si può fare in meno tempo , ma se volete fare le gare , iscrivetevi a qualcuna , oppure fatelo come ho fatto io in 19h fermandomi solo ai rifugi per mangiare. buon cammino
Questo itinerario, non è un’escursione qualsiasi, è un cammino verso qualcosa d’inspiegabile, di quello che può “dare” la Montagna, alcune emozioni si potranno descrivere, altre rimangono nel cuore di chi lo percorre , non è una cosa impossibile da realizzare, ma quello che potrete raccogliere da questa escursione, farà parte delle vostre conoscenze e di Valori, che conserverete per le generazioni future, oppure riporrete in quel baule dei ricordi, dove conservate le vostre cose più preziose. Luciano
Il percorso delle Marmarole Runde, e un itinerario ad anello che compie un giro completo su questo fantastico gruppo che sono le Marmarole, situate nella parte alta di Belluno tra Auronzo di Cadore, San Vito di Cadore, Calalzo Di Cadore e Domeggie di Cadore. Il percorso si snoda in più tappe, poi ovviamente dipende dalla velocità di progressione, in ogni caso per godere appieno di questo fantastica escursione meglio farla in 2-3 giorni. Qui in questo post v’illustrerò tappa per tappa …di questo magnifico viaggio. Si parte da Auronzo Di Cadore per un viaggio nella natura , dove pare che tutto il resto si fermi nel tempo.
1° TAPPA : AURONZO DI CADORE – RIFUGIO CHIGGIATO
Punti di appoggio : Auronzo di Cadore 862 m- Monte Agudo 1585 m- Rifugio Ciarèdo 1969 m- Rifugio Baìon 1826 m – Rifugio Chiggiato 1911 m
Tempo di percorrenza: 6h – 8h
Dislivello totale: 1150 m
Quota massima raggiunta: 1988 m
Sentieri usati: 271-1262 -268 – 28 – 272 – 262
Dal centro di Auronzo si sale leggermente sulla ciclabile passando per la centrale elettrica situata sulla sinistra del torrente Ansiei , poco lontano dalle piste da sci e dalla seggiovia che porta al Monte e Rifugio Agudo 1585 m , attraverso i due tronconi si guadagna molto tempo salendo con la seggiovia , raggiunto il Rifugio si ridiscende leggermente verso il primo troncone , per poi entrare attraverso il bosco seguendo il segnavia n.271 , se invece si sale a piedi ricordo che la pendenza sia notevole e sia il punto più ripidi dell’intero tracciato , si sale attraverso il bosco e qualche tratto di pista da sci dove in estate viene installata la rotaia del fun bob , una salita molto bella ed affascinante sul cuore di queste montagne Cadorine che hanno sempre il suo perchè , un sottobosco in cui la natura e la vita primeggia . Il n.271 prosegue in un bosco incantato , superando tratti boschivi estremamente appaganti , con il sentiero che si fa spazio nelle sue ripide valli , per poi in cresta sulla Croda del Grazioso e raggiungendo così quota 1700 m, dove poi entrarà in una carrareccia con alcuni tratti di salita cementati , passando cos’ sotto le creste del Col Burgiou seguendo poi il segnavia n.1262 , dove si inizierà anche a vedere in lontananza il Rifugio Ciaredo , la carrareccia entrerà nei pascoli di Tabia Forzèla Bassa per poi raggiungere il Col dei Buoi 1802 m , imboccando il n.268 si sale ora verso il Rifugio Ciaredo 1969 m, ammirando la vastità dei pascoli della Valle ciampevieì , e del Pian dei Buoi , mentre sull’estrema sinistra si possono notare le fortificazioni di Col Vidal e Col Cerverà , si imbocca il n.28 che in circa 25 minuti porterà al Rifugio Ciaredo 1969, ai piedi della Cima Ciaredo . Si prosegue ora attraverso il n.272, un sentiero con poco dislivello che attraverso mughi e rocce sempre ai piedi delle Marmarole porterà al Rifugio Baion 1828 m molto bello ed accogliente con sculture in legno ed i suoi verdi pascoli, si prosegue per il n.262 , l’alta via del Tiziano costeggiando i piedi della Croda Bianca e del Cimon della Froppa , mantenendosi a quote intorno i 1900 m infatti il dislivello anche di questa parte di percorso risulta abbastanza lieve , si raggiunge un piccolo pezzo attrezzato da una corda in acciaio priva di difficoltà alpinistiche ma posta in loco per un’aspetto di sicurezza. Superato il vallon della Froppa in breve tempo si raggiunge la forcella Sacù ed infine il Rifugio Chiggiato 1911 m, situato in una piccola spianata dove lo scenario appare incredibile e salendo sulla Croda Negra si potrà ammirare il lago di Domeggie , mentre la visuale si disperde nella fantastica ed incredibile Val D’Oten , spaziando fino alla capanna degli alpini , e sulla forcella piccola il Rifugio Galassi ( ex caserma militare ) , e li al suo fianco il Re , sua Maestà Antelao 3264 m . Ma qui noi troveremo rifugio per passare la notte dopo una giornata con panorami mozzafiato ai piedi di quelle montagne poco rinomate , ma grazie a questo estremamente fantastiche. Le Marmarole .
2°TAPPA : RIFUGIO CHIGGIATO – RIFUGIO SAN MARCO
Punti di appoggio : Rifugio Chiggiato 1911 m- Capanna degli Alpini 1390 m-Rifugio Galassi 2012 m – Rifugio San Marco 1823 m
Tempo di percorrenza: 4h20 6h00
Dislivello totale: 1025 m
Quota massima raggiunta: 2120 m
Sentieri usati: 260 – 255 – 227
Dopo un sonno ristoratore e una buona colazione, sì riprende con la lunga discesa del percorso n.260 che ci porterà da quota 1911 m a quella del Pont de la Diassa 1140 m , entrando così nella fantastica e detritica Val D’Oten , qui si sale in una stradina chiusa al traffico dove nel periodo estivo esiste una navetta che porta le persona dal Bar La Pineta 1045 m( a circa 15 minuti a piedi dal bivio che scende dal Rifugio Chiggiato ) alla Capanna degli Alpini 1390 m , raggiunta la capanna d’obbligo visitare le Cascate de le Pile a circa 10 minuti dalla Capanna e sul sentiero che sale al Rifugio Galassi , si inizia a salire proseguendo con il n.255 per l’alta Val D’Oten dapprima in mezzo al bosco con una discreta pendenza , per poi uscire dal bosco e proseguire un primo tratto detritico della Valle , per poi salire attraverso in un zigzagare continuo tra rocce detritiche e mughi , mentre rimane discreto l’impegno di risalita attenuata dai numerosi tornanti , fino ad uscire dai mughi e attraverso alcuni passaggi detritici raggiungere il Rifugio Galassi 2013 m , al cospetto di Re Antelao ed i suoi incredibili lastroni , mentre sulla sinistra di potrà osservare in lontananza la via attrezzata della Ferrata del Cadorin nel Ghiacciaio dell’Antelao . Si prosegue salendo ora un altro centinaio di metri attraverso il n.227 che dapprima raggiungerà la Forcella Piccola 2120 m dove la visione panoramica sulla Valle di San Vito di Cadore è incredibile , poi si prosegue attraverso una discesa a cui bisogna prestare attenzione per non perdere la via , e soprattutto per l’instabilità dei detriti raggiungendo il Rifugio San Marco 1823 m, praticamente sulla Col da chi da Os in un paesaggio da favola , un vero rifugio , dove la simpatia ed l’accoglienza delle persone si vive davvero in prima persona , un rifugio una famiglia. Qui si potrà ammirare un scenario incredibile ai piedi del Re Antelao con i suoi lastroni , mentre sulla parte destra il Caregon del Padreterno ovvero il monte Pelmo dal versante del Rifugio Venezia , ed al cospetto dei strapiombi della via Attrezzata Berti del Sorapis . Una Buona cena ed un sonno ristoratore rinvigorirà muscoli e gambe , mentre il cuore porterà dentro ciò che l’occhio ha visto.
3°TAPPA RIFUGIO SAN MARCO – AURONZO DI CADORE
Rifugi di appoggio : Rifugio San Marco 1823 m – Auronzo di Cadore 862 m
Tempo di percorrenza: 6h307h30(6h San Marco-fermata autobus per rientrare con i mezzi)
Dislivello totale: 550 m
Quota massima raggiunta: 2255 m
Sentieri usati: 226– Strada Forestale ciclabile Riserva di Somadida– Val Del Rin
Si parte dal Rifugio dopo una buona colazione, imboccando il n.226 che sale verso la Forcella Grande 2255 m attraverso un stretto canalone che porterà su una forcella spettacolare , sul fianco destro la maestosa Torre dei Sabbioni , mentre sulla sinistra sopra i ghiaioni la Cima del Sorapis 3205 m e della Crode della Caccia 3002 m , si inizia a scendere per la valle di San Vido , qui la valle è molto ampia , si incrocia anche il bivio per l’Alta via N.3 segnavia n.246 e poi in seguito l’Alta via N.4 segnavia 247 sentiero Minanzio (che fa parte dell’anello del Sorapis) , continuiamo a scendere in questo scenario magnifico di mughi , alberi e quel torrente che pare giochi tra i sassi , si passa sotto la Cengia ed il Corno del Doge , dove una via attrezzata alpinistica ci ruota attorno , la discesa è abbastanza semplice e gradevole anche se la sua lunghezza è notevole , la valle si restringe e si passa in un pezzo un pò più complesso sotto il Ciadin del Doge , la valle si restringe tra pareti strapiombanti quasi da fare mancare il fiato , nel suo zigzagare dentro la Val del Fuogo , fino a raggiungere più in basso la Riserva Naturale della Foresta di Somadida , inutile descriverla …non ne saremmo mai capaci davanti questa bellissima e protetta oasi paludosa , si scende ancora fino a superare il Ponte degli aceri , poi il Ponte Piccolo e raggiungere cosi il Ponte degli Alberi , dove si potrà incrociare la strada 48 che porta ad Auronzo di Cadore mentre poco più avanti si potrà trovare la fermata dell’autobus che porta ad Auronzo .
Per chi invece vuole portare a termine questo bellissimo viaggio , può proseguire per la ciclabile costeggiando dapprima il torrente Ansiei e poi entrando nel fitto bosco di Socento , ssi prosegue raggiungendo quota 1018 m sulla destra si noterà una stradina sterrata che sale verso il Cason delle Regole e prosegue fino a raggiungere quota 1285 m , incontrando una bellissima radura Pian della Sera che poi discenderà a Tabìa vecelio Segate , poi successivamente a Casol del Rin , presso l’omonima Val del Rin dove li a poco si raggiungerà la trattoria La primula situata nella fantastica Val del Rin , li attraverso la strada asfaltata scenderemo fino ad Auronzo di Cadore , completando così il nostro incredibile e fantastico viaggio .
Ecco a voi un nuovo itinerario molto bello ed interessante , ancora una volta ringrazio l’amico Giancarlo Andolfatto per proseguire con la pubblicazione dei miei itinerari , questo anello di 2 giorni gira sui piedi del Pelmo . Buon cammino
L’escursione qui riportata è da considerarsi , turistica , le soste per dormire a quasi tutti i rifugi permettono di avere del tempo libero per ammirare questi scenari di grande bellezza , NON è IL GIRO COMPLETO DELLE MARMAROLE . I tempi sono molto allargati , come qualcuno ha già sottolineato , ma se volete fare le gare , iscrivetevi a qualcuna , oppure fatelo come ho fatto io in 19h fermandomi solo ai rifugi per mangiare. buon cammino
Questo itinerario, non è un’escursione qualsiasi, è un cammino verso qualcosa d’inspiegabile, di quello che può “dare” la Montagna, alcune emozioni si potranno descrivere, altre rimangono nel cuore di chi c’era, non è una cosa impossibile da realizzare, ma quello che potrete raccogliere da questa escursione, farà parte delle vostre conoscenze e di Valori, che conserverete per le generazioni future, oppure riporrete in quel baule dei ricordi, dove conservate le vostre cose più preziose. Luciano
Il percorso delle Marmarole Runde, e un itinerario ad anello che compie un giro completo su questo fantastico gruppo che sono le Marmarole, situate nella parte alta di Belluno tra Auronzo di Cadore, San Vito di Cadore, Calalzo Di Cadore e Domeggie di Cadore. Il percorso si snoda in più tappe, poi ovviamente dipende dalla velocità di progressione, in ogni caso per godere appieno di questo fantastica escursione meglio farla in 4 giorni. Qui in questo post v’illustrerò tappa per tappa …di questo magnifico viaggio. Si sale da Auronzo per la val da Rin fino a giungere al rifugio La Primula. Punto di partenza dove si può lasciare l’auto.
1° Giorno colore ROSSO
Rifugio La Primula – Rifugio Ciarèdo
Tempo di percorrenza: 4h
Dislivello totale: 946 m
Quota massima raggiunta: 1946 m
Distanza: 8 km
Sentieri usati: 273
Dal Rifugio La Primula s’imbocca il percorso per il Pian dei Buoi, n.273, 1812 m, passando per Pian della Ciave e Costa Pomadonna in un bosco di conifere con abeti bianchi e rossi, percorso non impegnativo molto bello, raggiunto il bivio, si sale fino al Rifugio Ciarėido 1969 m situato su un dosso in posizione strategica e panoramica. Qui si pernotta per la prima tappa, molto bello anche l’ambiente intorno, se si avanza del tempo per guardarsi attorno prima della cena.
Dopo un sonno ristoratore e una buona colazione, sì riprende il percorso n.272, procedendo sotto la cima Ciastelin, forcella Baion, fino a raggiungere il Rifugio Baion -E.Boni 1826 m, molto bello e panoramico. Sì riprende lasciando il n272 per il n.262, il percorso ricomincia a risalire transitando sempre ai piedi delle pareti del Monte Peronat e forcella, raggiungendo così il breve tratto attrezzato, poco prima del Vallon della Froppa 1923 m, proseguendo sì transita prima a forcella Sacu 1914, infine si arriva al Rifugio Chiggiato 1950 m, dove dopo una buona cena ci si riposa per la prossima tappa. Molto bella anche questa parte di percorso, salendo sul Col Negro la visuale panoramica e stupefacente, verso il lago e Calalzo, mentre dal lato opposto, forcella Piccola, il Rifugio Galassi e sulla Val Oten la Capanna degli Alpini e ben nascoste le cascate della Pila.
3° Giorno colore FUCSIA
Rifugio Chiggiato – Capanna degli Alpini – Rifugio Galassi – Rifugio San Marco
Tempo di percorrenza: 6h
Dislivello totale: 1446 m
Quota massima raggiunta: 2143 m
Distanza: 15 km
Sentieri usati: 260-255-227
Si parte dal Rifugio dopo una buona colazione, imboccando il n.260 che scende di quota a Pragiadeian 1133 m, in Val D’Oten, giunti nella valle si attraversa il Rio Diassa, e si risale lungo il torrente Oten con segnavia n.255, fino a raggiungere la Capanna degli alpini, 1386 m in un paesaggio incantato, una visita e d’obbligo alla Cascata delle Pile, e poi si riprende con una salita importante che porta al rifugio Galassi 2018 m (ex forte militare del periodo bellico). Sì prosegue per il n.227 salendo fino a forcella piccola 2120 m ai piedi del Re Antelao, sì prosegue con una leggera discesa su ghiaioni detritici, fino a raggiungere il Rifugio San Marco 1823 m, situato su una collina, in mezzo ad un bosco di conifere. Un posto incredibile, sulla sinistra, Antelao, davanti sullo sfondo, il Pelmo, un ampio spazio verso la valle di San Vito di Cadore. Cena poi a nanna per la tappa di domani la più lunga.
4° Giorno colore BLU
Rifugio San Marco – Rifugio La Primula
Tempo di percorrenza del sentiero solo andata: 8h
Dislivello totale: 1188 m
Quota massima raggiunta: 2252 m
Distanza: 20 km
Sentieri usati: 226 – strada forestale Somadida
Dopo una buona colazione al Rifugio San Marco e quattro chiacchere, in questo magnifico e incredibile luogo, fatto di amicizia, affetto e simpatia ci avviamo nell’ultima tappa, sentiero n.226, che sale attraverso quello stretto canale che sale sulla forcella grande 2255 m, per offrirci uno spettacolo meraviglioso, davanti sulla sinistra il gruppo del Sorapis, sulla destra, il grandissimo monolite Torre Sabbioni, sì prosegue scendendo tra i mughi e rocce, tratti erbosi riempiono gli occhi, di quel verde speranza, accompagnato dall’azzurro del cielo, proseguiamo mentre il sentiero scende ripido , nella valle di San Vito dove i giochi d’acqua si fanno vedere in quel torrente tra cascate e solchi tracciati nel tempo, ed infine entrare nella riserva demaniale di Somadida uno spettacolo un sottobosco rigoglioso e ben tenuto da Madre Natura, fino a raggiungere Ponte degli Alberi e prendere la strada Forestale attraversa il bosco di Socento, giunti al bivio con l’altra rotabile si mantiene la destra per un ultima salita della Valle Pian della Sera e poi scendere al Rifugio La Primula.
Voglio scrivere poche righe su questo piccolo angolo di paradiso , il rifugio San Marco , la prima volta che ho visto questo rifugio scendevo da forcella Grande durante quella gara che molto mi ha insegnato , la LUT , Lavaredoultratrail che partiva per quella che sarebbe stata l’ultima volta da Auronzo , una salita difficile che porta a Forcella grande e poi al rifugio , ma non è finita si sale ancora fino a forcella piccola e si continua con altre salite . Tornare dopo diversi anni in questo luogo stavolta per dormirci non ha certamente paragone , un rifugio storico , forse il più vecchio che io conosco , un ambiente unico , la vera espressione del rifugio a cui lego il significato descritto nel dizionario :
Rifugio : Riparo, difesa, protezione contro insidie o pericoli materiali o spirituali: dare, offrire r.; trovare r. all’estero; cercar r. nella preghiera.
Ma questo non è un rifugio qualsiasi , è una casa , e come le case sono fatte di persone , di accoglienza , la porta e sempre aperta a chiunque bussi , a chiunque voglia entrare , qui si possono trovare , amici , calore , simpatia …tutti quei grandi valori che il tempo ha amaramente portato via da alcune persone , questo il montanaro lo sa , perche da montanaro crede ancora in queste cose , crede nelle persone , crede che tutto possa essere possibile , è un eterno sognatore anche se conosce molto bene la differenza tra il giorno e la notte , crede veramente che siano le persone a fare la differenza . Il rifugio san Marco come pochissimi altri rifugi dimostra che non contano le stelle come negli alberghi , che se togli l’affetto , simpatia , accoglienza e calore , non rimane niente , solo quattro mura e un tetto , ma grazie a Dio il rifugio e fatto di persone , e sono solo loro a fare la differenza . Ringrazio le mie gambe e che mi permettono di salire e chi con me ha fatto questo viaggio, su questi luoghi incredibilmente sinceri e vivi dove si respira e si sente il profumo di umanità dove tutti siamo uguali , e tutti mantengono quel rispetto e umiltà che ci rende migliori .
Un doveroso rigraziamento a chi con me ha fatto questo viaggio ed alle persone che rendono possibile e mantengono questo luogo sempre al di fuori del comune
Grazie Ragazzi Luciano (Luke )
Storia
Il Rifugio San Marco è stato inaugurato il 29 settembre 1895 dalla sez. C.A.I di Venezia e mantiene tutt’oggi la struttura originaria: la più antica della zona.
Il CAI Venezia scelse il Sig. Angelo Del Favero (Aucel) di San Vito di Cadore come primo gestore perché parlava molto bene l’inglese essendo stato in America. Angelo insieme alla sua famiglia gestì il Rifugio per più di mezzo secolo, precisamente dal 1895 al 1951!!! Accolse vari alpinisti, tra cui personaggi illustri quali il re Alberto del Belgio e Don Achille Ratti (divenuto poi papa Pio XI) che scelsero il “San Marco”come punto d’appoggio per le escursioni in zona . Ci sono molti particolari che hanno caratterizzato la gestione di Angelo: la buona cucina che offriva ai suoi alpinisti arricchita dei prodotti locali e di quelli provenienti dal suo orto, nonché una gentilezza ruvida alternata ad un forte temperamento. La sensazione era dunque di trovarsi a casa propria. Papa Ratti alcuni anni più tardi ricorda con queste parole il tempo trascorso “al San Marco”: ‘- incantevole il vostro rifugio…il Sorapiss…e il Bel Pra. L’Antelao a sinistra e il Pelmo a destra….e voi Angelo….Com’era squisita la vostra minestra di piselli …’
E’ proprio l’Antelao la montagna che Angelo scruta ogni mattina, proprio perché la visione di quel colosso è sempre davanti ai suoi occhi. Angelo muore all’età di 87anni.
Il sucessore fu Giuseppe Zwigel, detto “Bepo todesco” marito di Vittoria l’unica figlia di Angelo.
Successivamente lo gestì da sola Lucia De Lucia e dal 1990 ad oggi la famiglia di Ossi Marino.
Dopo essere arrivati a Longarone si prende sulla destra per salire ad Erto e Casso , superato il ponte si procede a sinistra per Codissago e si inizia a salire per una strada larga tutta a tornanti che riprende quota in fretta , arrivati al sesto tornante si nota una stradina sulla destra che porta ad un posteggio , dove e presente anche la galleria chiusa di proprietà dell’ Enel , li si può mettere l’auto e sulla destra compare il Cartellone schematico della via Ferrata , con tutti i consigli utili sui materiali , tempi , pendenze e grado di difficoltà . La ferrata e molto bella e richiede un impegno fisico discreto , la vista del vuoto sotto permane fino alla fine della stessa tranne che in alcuni passaggi orizzontale , rimane comunque una via di un certo impegno . Giunti alla fine della via non resta che scendere fino alla diga e alla chiesetta per poter vedere , come sia chiara e lampante la stupidità dell’uomo . Per la discesa e rientrare all’auto si scende per il sentiero di Sant’Antonio , appena si arriva nella strada asfaltata proseguire per la stessa fino al tornante successivo in circa 1 h di tempo , eventualmente si potrebbe scendere anche dal semaforo delle gallerie ma e tutta strada asfaltata e trafficata , li ci si impiega circa 45 minuti .
Vajont 9 ottobre 1963 ore 22.45
“Un sasso è caduto in un bicchiere colmo d’acqua e l’acqua e traboccata sulla tovaglia . tutto qui .Solo che il bicchiere era alto centinaia di metri e il sasso grande come una montagna e di sotto , sulla tovaglia , stavano migliaia di creature umane che non potevano difendersi ” Dino Buzzati Il corriere della sera venerdi 11 ottobre 1963
9 ottobre 1983
” Triste giornata tra gente meravigliosa …la sciagura è una cosa che dobbiamo sempre tenere presente per il domani .”Sandro Pertini
Testimonianza per non dimenticare
Micaela Coletti aveva 12 anni e abitava con la famiglia a Longarone. Ha perso tutti i propri cari. “Il rumore per me assomigliava a quello di un mostro che stava arrivando – prosegue -. Poi il letto si è piegato in due, con me dentro, e ha preso una velocità terrificante. Sembrava che sotto il letto ci fosse un buco enorme, qualcosa che mi prendeva le mani e tirava giù. Le ho portate sul volto, istintivamente, e questo mi ha salvata, perché ho potuto respirare”. “Da casa mia – continua – ho fatto un volo di 350 metri in linea d’aria. Ero sottoterra, fuori solo con un piede e una mano. Ore dopo qualcuno vide la mano che si muoveva, arrivarono i soccorritori che mi tirarono fuori. ‘Venite, abbiamo trovato un’altra vecchia’ dicevano tra loro. Ma come, ho pensato io, se ho solo 12 anni…”. Piermarco Tovanella nel ’63 aveva 30 anni. Al volante della sua ‘Giulietta’ ultimo modello aveva accompagnato una cugina al cinema a Belluno. Il segnale del disastro – racconta – fu la luce che d’un tratto venne meno in tutta la città. A Longarone aveva i genitori e i fratelli. Forzò anche il posto di blocco dei carabinieri a Ponte nelle Alpi per raggiungere casa. Ma dovette fermarsi.
Il Coraggio di Tina Merlin sul disastro del Vajont
La Merlin, staffetta partigiana, conosceva ogni angolo dei paesi di Erto, Casso e Longarone e aveva percorso mille volte i boschi intorno al Monte Toc, dove doveva essere costruita la grande diga. Aveva parlato e parlato ancora con tutti gli abitanti che si opponevano alla costruzione della diga perché tutto il terreno di quelle zone era friabile e pericoloso, ma la SADE non voleva ascoltare niente e nessuno. Prima di tutto il profitto, poi la popolazione . La Merlin venne addirittura denunciata per diffamazione dalla SADE, ma i giudici l’assolsero dopo la testimonianza degli abitanti di Erto e Casso. Lei continuò ad andare avanti e i parlamentari della zona presentarono tutta una serie di interpellanze in Parlamento, ma non successe niente. La SADE era più forte di ogni altro potere e la diga fu costruita nonostante le prime frane e le grandi spaccature nel terreno. Poi il 9 ottobre del 1963 la tragedia con il precipitare del Monte Toc nell’invaso della diga. Arrivarono giornalisti da tutta Italia e dall’Europa, ma i pochi superstiti di Longarone, di Erto e Casso, impedirono loro di avvicinarsi ai pochi sassi che restavano dei paesi. Come racconteranno poi Indro Montanelli ed Enzo Biagi solo Tina Merlin, la nemica della SADE, poté passare. Gli uomini, davanti a lei, si toglievano il cappello e le donne l’abbracciavano piangendo.