
Ecco a voi un nuovo itinerario molto bello ed interessante , ancora una volta ringrazio l’amico Giancarlo Andolfatto per proseguire con la pubblicazione dei miei itinerari , questo anello di 2 giorni gira sui piedi del Pelmo . Buon cammino
Ecco a voi un nuovo itinerario molto bello ed interessante , ancora una volta ringrazio l’amico Giancarlo Andolfatto per proseguire con la pubblicazione dei miei itinerari , questo anello di 2 giorni gira sui piedi del Pelmo . Buon cammino
Premessa
L’escursione qui riportata è da considerarsi , turistica , le soste per dormire a quasi tutti i rifugi permettono di avere del tempo libero per ammirare questi scenari di grande bellezza , NON è IL GIRO COMPLETO DELLE MARMAROLE . I tempi sono molto allargati , come qualcuno ha già sottolineato , ma se volete fare le gare , iscrivetevi a qualcuna , oppure fatelo come ho fatto io in 19h fermandomi solo ai rifugi per mangiare. buon cammino
Questo itinerario, non è un’escursione qualsiasi, è un cammino verso qualcosa d’inspiegabile, di quello che può “dare” la Montagna, alcune emozioni si potranno descrivere, altre rimangono nel cuore di chi c’era, non è una cosa impossibile da realizzare, ma quello che potrete raccogliere da questa escursione, farà parte delle vostre conoscenze e di Valori, che conserverete per le generazioni future, oppure riporrete in quel baule dei ricordi, dove conservate le vostre cose più preziose.
Luciano
Il percorso delle Marmarole Runde, e un itinerario ad anello che compie un giro completo su questo fantastico gruppo che sono le Marmarole, situate nella parte alta di Belluno tra Auronzo di Cadore, San Vito di Cadore, Calalzo Di Cadore e Domeggie di Cadore. Il percorso si snoda in più tappe, poi ovviamente dipende dalla velocità di progressione, in ogni caso per godere appieno di questo fantastica escursione meglio farla in 4 giorni. Qui in questo post v’illustrerò tappa per tappa …di questo magnifico viaggio. Si sale da Auronzo per la val da Rin fino a giungere al rifugio La Primula. Punto di partenza dove si può lasciare l’auto.
1° Giorno colore ROSSO
Rifugio La Primula – Rifugio Ciarèdo
Tempo di percorrenza: 4h
Dislivello totale: 946 m
Quota massima raggiunta: 1946 m
Distanza: 8 km
Sentieri usati: 273
Dal Rifugio La Primula s’imbocca il percorso per il Pian dei Buoi, n.273, 1812 m, passando per Pian della Ciave e Costa Pomadonna in un bosco di conifere con abeti bianchi e rossi, percorso non impegnativo molto bello, raggiunto il bivio, si sale fino al Rifugio Ciarėido 1969 m situato su un dosso in posizione strategica e panoramica. Qui si pernotta per la prima tappa, molto bello anche l’ambiente intorno, se si avanza del tempo per guardarsi attorno prima della cena.
2° Giorno colore ARANCIO
Rifugio Ciarèdo – Rifugio Baion – Rifugio Chiggiato
Tempo di percorrenza: 4h
Dislivello totale: 555 m
Quota massima raggiunta: 1996 m
Distanza: 8 km
Sentieri usati: 272-262
Dopo un sonno ristoratore e una buona colazione, sì riprende il percorso n.272, procedendo sotto la cima Ciastelin, forcella Baion, fino a raggiungere il Rifugio Baion -E.Boni 1826 m, molto bello e panoramico. Sì riprende lasciando il n272 per il n.262, il percorso ricomincia a risalire transitando sempre ai piedi delle pareti del Monte Peronat e forcella, raggiungendo così il breve tratto attrezzato, poco prima del Vallon della Froppa 1923 m, proseguendo sì transita prima a forcella Sacu 1914, infine si arriva al Rifugio Chiggiato 1950 m, dove dopo una buona cena ci si riposa per la prossima tappa. Molto bella anche questa parte di percorso, salendo sul Col Negro la visuale panoramica e stupefacente, verso il lago e Calalzo, mentre dal lato opposto, forcella Piccola, il Rifugio Galassi e sulla Val Oten la Capanna degli Alpini e ben nascoste le cascate della Pila.
3° Giorno colore FUCSIA
Rifugio Chiggiato – Capanna degli Alpini – Rifugio Galassi – Rifugio San Marco
Tempo di percorrenza: 6h
Dislivello totale: 1446 m
Quota massima raggiunta: 2143 m
Distanza: 15 km
Sentieri usati: 260-255-227
Si parte dal Rifugio dopo una buona colazione, imboccando il n.260 che scende di quota a Pragiadeian 1133 m, in Val D’Oten, giunti nella valle si attraversa il Rio Diassa, e si risale lungo il torrente Oten con segnavia n.255, fino a raggiungere la Capanna degli alpini, 1386 m in un paesaggio incantato, una visita e d’obbligo alla Cascata delle Pile, e poi si riprende con una salita importante che porta al rifugio Galassi 2018 m (ex forte militare del periodo bellico). Sì prosegue per il n.227 salendo fino a forcella piccola 2120 m ai piedi del Re Antelao, sì prosegue con una leggera discesa su ghiaioni detritici, fino a raggiungere il Rifugio San Marco 1823 m, situato su una collina, in mezzo ad un bosco di conifere. Un posto incredibile, sulla sinistra, Antelao, davanti sullo sfondo, il Pelmo, un ampio spazio verso la valle di San Vito di Cadore. Cena poi a nanna per la tappa di domani la più lunga.
4° Giorno colore BLU
Rifugio San Marco – Rifugio La Primula
Tempo di percorrenza del sentiero solo andata: 8h
Dislivello totale: 1188 m
Quota massima raggiunta: 2252 m
Distanza: 20 km
Sentieri usati: 226 – strada forestale Somadida
Dopo una buona colazione al Rifugio San Marco e quattro chiacchere, in questo magnifico e incredibile luogo, fatto di amicizia, affetto e simpatia ci avviamo nell’ultima tappa, sentiero n.226, che sale attraverso quello stretto canale che sale sulla forcella grande 2255 m, per offrirci uno spettacolo meraviglioso, davanti sulla sinistra il gruppo del Sorapis, sulla destra, il grandissimo monolite Torre Sabbioni, sì prosegue scendendo tra i mughi e rocce, tratti erbosi riempiono gli occhi, di quel verde speranza, accompagnato dall’azzurro del cielo, proseguiamo mentre il sentiero scende ripido , nella valle di San Vito dove i giochi d’acqua si fanno vedere in quel torrente tra cascate e solchi tracciati nel tempo, ed infine entrare nella riserva demaniale di Somadida uno spettacolo un sottobosco rigoglioso e ben tenuto da Madre Natura, fino a raggiungere Ponte degli Alberi e prendere la strada Forestale attraversa il bosco di Socento, giunti al bivio con l’altra rotabile si mantiene la destra per un ultima salita della Valle Pian della Sera e poi scendere al Rifugio La Primula.
Ma questo non è un rifugio qualsiasi , è una casa , e come le case sono fatte di persone , di accoglienza , la porta e sempre aperta a chiunque bussi , a chiunque voglia entrare , qui si possono trovare , amici , calore , simpatia …tutti quei grandi valori che il tempo ha amaramente portato via da alcune persone , questo il montanaro lo sa , perche da montanaro crede ancora in queste cose , crede nelle persone , crede che tutto possa essere possibile , è un eterno sognatore anche se conosce molto bene la differenza tra il giorno e la notte , crede veramente che siano le persone a fare la differenza . Il rifugio san Marco come pochissimi altri rifugi dimostra che non contano le stelle come negli alberghi , che se togli l’affetto , simpatia , accoglienza e calore , non rimane niente , solo quattro mura e un tetto , ma grazie a Dio il rifugio e fatto di persone , e sono solo loro a fare la differenza . Ringrazio le mie gambe e che mi permettono di salire e chi con me ha fatto questo viaggio, su questi luoghi incredibilmente sinceri e vivi dove si respira e si sente il profumo di umanità dove tutti siamo uguali , e tutti mantengono quel rispetto e umiltà che ci rende migliori .
Un doveroso rigraziamento a chi con me ha fatto questo viaggio ed alle persone che rendono possibile e mantengono questo luogo sempre al di fuori del comune
Grazie Ragazzi Luciano (Luke )
Storia
Il Rifugio San Marco è stato inaugurato il 29 settembre 1895 dalla sez. C.A.I di Venezia e mantiene tutt’oggi la struttura originaria: la più antica della zona.
Il CAI Venezia scelse il Sig. Angelo Del Favero (Aucel) di San Vito di Cadore come primo gestore perché parlava molto bene l’inglese essendo stato in America. Angelo insieme alla sua famiglia gestì il Rifugio per più di mezzo secolo, precisamente dal 1895 al 1951!!! Accolse vari alpinisti, tra cui personaggi illustri quali il re Alberto del Belgio e Don Achille Ratti (divenuto poi papa Pio XI) che scelsero il “San Marco”come punto d’appoggio per le escursioni in zona . Ci sono molti particolari che hanno caratterizzato la gestione di Angelo: la buona cucina che offriva ai suoi alpinisti arricchita dei prodotti locali e di quelli provenienti dal suo orto, nonché una gentilezza ruvida alternata ad un forte temperamento. La sensazione era dunque di trovarsi a casa propria. Papa Ratti alcuni anni più tardi ricorda con queste parole il tempo trascorso “al San Marco”: ‘- incantevole il vostro rifugio…il Sorapiss…e il Bel Pra. L’Antelao a sinistra e il Pelmo a destra….e voi Angelo….Com’era squisita la vostra minestra di piselli …’
E’ proprio l’Antelao la montagna che Angelo scruta ogni mattina, proprio perché la visione di quel colosso è sempre davanti ai suoi occhi. Angelo muore all’età di 87anni.
Il sucessore fu Giuseppe Zwigel, detto “Bepo todesco” marito di Vittoria l’unica figlia di Angelo.
Successivamente lo gestì da sola Lucia De Lucia e dal 1990 ad oggi la famiglia di Ossi Marino.
Contatti
Ossi Marino e famiglia
Aperti dal 20 giugno a fine settembre
Via F. Ossi 16 I-32046 San Vito di Cadore BL
tel. fax abitazione +39 0436 9718 oppure +39 0436 9146
tel. rifugio +39 0436 9444
cell. +39 339 3802505 oppure +39 335 8165066
e-mail: info@rifugiosanmarco.com
Dopo essere arrivati a Longarone si prende sulla destra per salire ad Erto e Casso , superato il ponte si procede a sinistra per Codissago e si inizia a salire per una strada larga tutta a tornanti che riprende quota in fretta , arrivati al sesto tornante si nota una stradina sulla destra che porta ad un posteggio , dove e presente anche la galleria chiusa di proprietà dell’ Enel , li si può mettere l’auto e sulla destra compare il Cartellone schematico della via Ferrata , con tutti i consigli utili sui materiali , tempi , pendenze e grado di difficoltà . La ferrata e molto bella e richiede un impegno fisico discreto , la vista del vuoto sotto permane fino alla fine della stessa tranne che in alcuni passaggi orizzontale , rimane comunque una via di un certo impegno . Giunti alla fine della via non resta che scendere fino alla diga e alla chiesetta per poter vedere , come sia chiara e lampante la stupidità dell’uomo . Per la discesa e rientrare all’auto si scende per il sentiero di Sant’Antonio , appena si arriva nella strada asfaltata proseguire per la stessa fino al tornante successivo in circa 1 h di tempo , eventualmente si potrebbe scendere anche dal semaforo delle gallerie ma e tutta strada asfaltata e trafficata , li ci si impiega circa 45 minuti .
Vajont 9 ottobre 1963 ore 22.45
“Un sasso è caduto in un bicchiere colmo d’acqua e l’acqua e traboccata sulla tovaglia . tutto qui .Solo che il bicchiere era alto centinaia di metri e il sasso grande come una montagna e di sotto , sulla tovaglia , stavano migliaia di creature umane che non potevano difendersi ” Dino Buzzati Il corriere della sera venerdi 11 ottobre 1963
9 ottobre 1983
” Triste giornata tra gente meravigliosa …la sciagura è una cosa che dobbiamo sempre tenere presente per il domani .”Sandro Pertini
Testimonianza per non dimenticare
Micaela Coletti aveva 12 anni e abitava con la famiglia a Longarone. Ha perso tutti i propri cari. “Il rumore per me assomigliava a quello di un mostro che stava arrivando – prosegue -. Poi il letto si è piegato in due, con me dentro, e ha preso una velocità terrificante. Sembrava che sotto il letto ci fosse un buco enorme, qualcosa che mi prendeva le mani e tirava giù. Le ho portate sul volto, istintivamente, e questo mi ha salvata, perché ho potuto respirare”. “Da casa mia – continua – ho fatto un volo di 350 metri in linea d’aria. Ero sottoterra, fuori solo con un piede e una mano. Ore dopo qualcuno vide la mano che si muoveva, arrivarono i soccorritori che mi tirarono fuori. ‘Venite, abbiamo trovato un’altra vecchia’ dicevano tra loro. Ma come, ho pensato io, se ho solo 12 anni…”. Piermarco Tovanella nel ’63 aveva 30 anni. Al volante della sua ‘Giulietta’ ultimo modello aveva accompagnato una cugina al cinema a Belluno. Il segnale del disastro – racconta – fu la luce che d’un tratto venne meno in tutta la città. A Longarone aveva i genitori e i fratelli. Forzò anche il posto di blocco dei carabinieri a Ponte nelle Alpi per raggiungere casa. Ma dovette fermarsi.
Il Coraggio di Tina Merlin sul disastro del Vajont
La Merlin, staffetta partigiana, conosceva ogni angolo dei paesi di Erto, Casso e Longarone e aveva percorso mille volte i boschi intorno al Monte Toc, dove doveva essere costruita la grande diga. Aveva parlato e parlato ancora con tutti gli abitanti che si opponevano alla costruzione della diga perché tutto il terreno di quelle zone era friabile e pericoloso, ma la SADE non voleva ascoltare niente e nessuno. Prima di tutto il profitto, poi la popolazione . La Merlin venne addirittura denunciata per diffamazione dalla SADE, ma i giudici l’assolsero dopo la testimonianza degli abitanti di Erto e Casso. Lei continuò ad andare avanti e i parlamentari della zona presentarono tutta una serie di interpellanze in Parlamento, ma non successe niente. La SADE era più forte di ogni altro potere e la diga fu costruita nonostante le prime frane e le grandi spaccature nel terreno. Poi il 9 ottobre del 1963 la tragedia con il precipitare del Monte Toc nell’invaso della diga. Arrivarono giornalisti da tutta Italia e dall’Europa, ma i pochi superstiti di Longarone, di Erto e Casso, impedirono loro di avvicinarsi ai pochi sassi che restavano dei paesi. Come racconteranno poi Indro Montanelli ed Enzo Biagi solo Tina Merlin, la nemica della SADE, poté passare. Gli uomini, davanti a lei, si toglievano il cappello e le donne l’abbracciavano piangendo.