Siamo sul fronte Nord-Est, dopo gli ultimi sanguinosi scontri del 1917 sugli Altipiani. Nel film il racconto si svolge nel tempo di una sola nottata. Gli accadimenti si susseguono sempre imprevedibili: a volte sono lunghe attese dove la paura ti fa contare, attimo dopo attimo, fino al momento che toccherà anche a te. Tanto che la pace della montagna diventa un luogo dove si muore. Tutto ciò che si narra in questo film è realmente accaduto. E poiché il passato appartiene alla memoria, ciascuno lo può evocare secondo il proprio sentimento.
Riflessioni Personali
Questo film , girato sulle nostre montagne narra il peso della vita in trincea con i pidocchi , freddo e bombardamenti a cui sono sottoposti i soldati nel periodo bellico 1915-1918 , soldati che avevano vent’anni , una giuventù che ha coperto con il sangue questi luoghi che non sto qui ad elencare , tanti essi sono , torneranno i prati … si i prati sono tornati ma quei soldati che non sono tornati hanno lasciato qui il loro sangue e la loro vita , a loro va il mio massimo rispetto , di chi ha combattuto per la libertà , e come riporta la frase sul piazzale lozze dell’Ortigara
Testimonianza e simbolo d’ogni umana sofferenza , queste sacre cime ricordino quanto ardua sia la conquista della pace . Gianni Pieropan
…Per non dimenticare e per far sapere….
Qui sotto ci sono alcune foto scattate sul set cinematografico , presso la Val Giardini di Asiago , dove la trincea usata come set è ancora li .
Dopo aver superato l’abitato di Auronzo si prosegue per alcuni km raggiungendo così su una semicurva l’imbocco della Val Marzon , si sale per qualche kilometro con l’auto e raggiunto un piccolo slargo si lasci l’auto e si prosegue a piedi .
Descrizione
Questa Valle oltre ad essere un percorso fantastico e selvaggio, è un itinerario difficile come quas tutte le valli che salgono da Auronzo sia in lunghezza che in pendenza , Val Marzon , Val di Cengia , Val Giralba bassa e Alta . L’itinerario varia dal passaggio a zig zag sui mughi a scenari lunari di pietraie infinite fino a raggiungere il Bivacco de Toni sulla Forcella dell’Agnel a quota 2490 m, sotto la Cima Auronzo, i sentieri di queste zone sono tutti molto impegnativi anche se non presentano difficoltà alpinistiche e tecniche , lasciano il segno sul fisico , i 1400 metri di dislivello si sentono tutti. Si sale dolcemente nel primo tratto di boschetto con ampi tornanti anche se il sentiero e stretto dopo circa 1 ora si esce e si prosegue attraverso mughi e rocce dove il sentiero inizia con pendenza più severe e lo scenario si apre con il grigio candore della dolomia circondati da pareti irte e uniche nel suo genere tra i Campanili dei Vaj dei Toni e la Pala e i Campanili del Marden , dove lo scenario cambia notevolmente e si entra nel tratto di pietrame e roccete dove si sale con difficoltà visto il terreno un pò detritico , fino ad entrare sotto alla Croda A. Berti e a sinistra la Croda Dei Toni, in un ampio cadino di detritico che porterà dopo una discreta ultima salita al Bivacco A De Toni, situato sotto la Cima D’Auronzo, giunti sul Bivacco si entra nel sentiero 107 che parte dal Rifugio Pian di Cengia 2528 m e transitando attraverso il Bivacco porta al Rifugio Carducci 2297 m attraverso una Via attrezzata di discreta difficoltà con passaggi importanti tra cui una passerella.
Se invece si prosegue verso il Rifugio Pian di Cengia per i sentiero 107 raggiunta la Forcella della Croda di Toni si può scendere da un sentiero detritico e poco visibile che porta verso il Rifugio Comici 224 m sulla sinistra raggiunto il fondo del piccolo vallone, oppure sulla destra prima a Forcella Giralba 2431 m e poi al Rifugio Carducci 2297m , raggirando così la via ferrata Severino Casara.
Se il tempo ve lo permette facendo una piccola deviazione senza scendere di quota si può raggiungere attraverso una piccola via attrezzata del Passo Collerena raggiungere il Passo Fiscalino ed il rifugio pian di Cengia 2528 m , oppure dai Laghi si sale per il 104 fino al Rifugio che vi invito a visitare perchè è uno dei piu bei rifugi della Zona.
Ritorno
Per il ritorno si può usare lo stesso sentiero oppure dopo aver proseguito a sinistra prima di raggiungere il Bivacco De Toni ed aver raggiunto il laghi di Cengia 2324 m si scende per il sentiero 1107 della Val di Cengia già descritto in altro post .
Dopo essere saliti ad Auronzo , oppure a Cortina d’Ampezzo, si sale fino al Lago di Misurina poi si prosegue verso Dobbiaco fino a raggiungere e superare il lago di Landro, appena giunti al Hotel Tre Cime si trova sulla destra un ampio posteggio a pagamento che permette di imboccare diversi sentieri che salgono sia sul monte Piano 2306 m e Piana, che anche sulle Tre Cime di Lavaredo . Lasciata l’auto si prosegue per il sentiero interessato.
Descrizione
Una doverosa considerazione dev’essere fatta , si chiama sentiero dei Turisti ma non per questo si può prendere sottogamba, è un sentiero di tutto rispetto. Si parte dal lago di Landro 1406 m, in piena vista della Val della Rienza e Tre Cime, si sale dapprima sul fondovalle ghiaioso, letto fluviale, verso il ponte della Marogna dove inizierà la salita, molto panoraamica come del resto la via dei pionieri si sale su un crinale quasi a strapiombo nella valle di landro, la salita iniziale in mezzo a un boschetto con mughi , dove il sentiero si snoda e poi zizzagando sale fino a raggiungere un tratto esposto a slavine , su ghiaino fino anche abbastanza stabile ed alcuni passaggi con corde ma poco difficili per poi entrare nella parte più bella priva di vegetazione e con scalini in legno fisaati nella roccia e passaggi stretti sotto la cima del monte Piana 2324 m, si prosegue nel traverso fino a raggiungere la forcella dei Castrati 2272 m, situata tra le quote di Monte Piano e Monte Piana .
Ritorno
Il ritorno si può fare sia dallo stesso che dal sentiero dei Pionieri , anche se io vi invito eventualmente fare il contrario , cioè salire dal sentiero dei pionieri e scendere dal sentiero dei turisti.
Si sale verso località Sesto , sia che si passi da Auronzo oppure si salga direttamente a Sesto , evitando cosi di passare sia per Cortina d’Ampezzo che da Auronzo di Cadore e il lago di Misurina , raggiunto l’abitato di Moso si prende la Val Fiscalina fino a raggiungere un ampio posteggio a pagamento dove lasceremo l’auto e proseguiremo a piedi verso il Rifugio Fondovalle .
Descrizione
Si parte dal Rifugio Fondovalle 1548 m, il sentiero poco difficile e molto variegato , presenta una prima parte sul canale del torrente fino a una curva a sinistra dove un brusco aumento di pendenza lo porterà dentro una valle molto più stretta di quella del Sassovecchio a quota circa 1600 m, dove proseguirà ai piedi della cima Una e del Pulpito alto su tratti rocciosi , con una visione dal lato opposto delle famosa ferrata Strada degli alpini che passa sulla forcella Undici e la magnifica Croda Rossa di Sesto , man mano che si sale superata la parte ai piedi delle pareti si passa in un ghiaione , da dove si scorgerà la maestosa sagoma della Croda di Toni e sulla sinistra Forcella Giralba , un tornante secco ci porterà al Rifugio Zsigmondy-Comici 2224 m. Il sentiero diverrà meno ripido e proseguire su tratto prativo fino a raggiungere il Passo Fiscalino 2519 m e poi attraverso la mulattiera di guerra il Rifugio Pian di Cengia 2528 m dove lo scenario è mozza fiato , salendo a cima Fiscalina dietro il rifugio si potra ammirare un panorama incredibile sia verso il fondovalle che a 360°. Proseguendo ed allungando il percorso in circa 30 minuti sipotrà raggiungere il Rifugio Locatelli Innerkofler 2405 m.
Ritorno
Per il ritorno si può fare dallo stesso oppure proseguendo con il sentiero 102 verso forcella di Cengia 2522 m, e poi fino al Rifugio Locatelli Innerkofler 2405 m. passando per i laghi dei piani , poi si scende sempre attraverso il sentiero 102 Val Sassovecchio e scendere così fino al Rifugio Fondovalle 1548 m.
Cenni storici
l’8 giugno 1915 una compagnia di Alpini sale ed occupa con un plotone il passo Fiscalino , le Crode Fiscaline ed anche il Pulpito senza trovare resistenza si spingono con una pattuglia verso il Rifugio Zsigmondy-Comici lo trovano sgombro , verso le 20 si vedono alcuni grossi pattuglie austriache salire verso Forcella Giralba con alcuni colpi di artiglieria vengono dispersi e costretti a retrocedere , nel frattempo pare da alcune voci che gli italiani abbiano già occupato sia la Lista che il Rifugio Zsigmondy-Comici, così mandano Innerkofler , Piller e Rogger a controllare , salgono quindi a cima Undici ma il maltempo continuo gli impedisce di vedere bene ma in alcuni squarci riescono ad raccogliere dati sulle posizioni italiane. Nello stesso giorno nella testata della Valle si scontrano 2 pattuglie italiane con 2 austriache , inseguendole e mettendole in fuga , tre morti e tre gravemente feriti tra gli austriaci. Il giorno 9 gli Alpini occupano la forcella Cengia collegandosi cosi con gli altri che già presidiavano la zona del Passaporto . il 10 una pattuglia di alpino s’imbatte in una austriaca che sta salendo da Moso , 5 morti e gli altri si disperdono. L’11 gli alpini avanzano fino ad occupare la Lista cosi da sorvegliare l’intera zona , verso sera molti movimenti austriaci che trasportano materiali in direzione della terrazza ovest di cima Undici. Il 12 giugno l’eliografista alpino scorge un austriaco dal Pulpito che segnala attraverso l’alfabeto morse ” siamo completamente circondati dal nemico ci occorrono rinforzi ” , l’alpino fa fuoco colpisce il soldato austriaco , altri due occorrono ma cadono anche loro.
Il 24 giugno partono dall’albergo dolomiti 2 pattuglie con due rispettive guide Innerkofler e Forcher , il primo con l’incarico di portare la sua pattuglia oltrepassando la base della Lista 2413 m verso le rocce della Cresta Zsigmondy , si sale in notturna verso le ore 3 la pattuglia inizia le rocce della Cresta con la luna piena portandosi poi sulla Mitria 2788 m, per poter vedere gli italiani sulla Lista 300 metri più bassi . Mentre Forcher con la sua pattuglia sarebbe salito ancora una volta sulla cima una per poter controllare la Croda Fiscalina . La pattuglia di Sepp Innerkofler inizia a sparare sugli alpini che subito nn hanno capito cosa stesse accadendo, poi si sono messi a colpi di artiglieria verso gli austriaci , Sepp fu schivato di poco , arriva un secondo colpo a circa 10 metri sopra la pattuglia , ma austriaci si sono messi al sicuro le granate arrivano a circa 6-8 metri da loro . Allora Sepp chiese al tenete di proseguire lui solo per poi vedere se possibile anche gli altri . Saltando giù nel canalone una granata scoppia poco lontano dalla sua testa , comincia il fuoco di fucileria, venne la nebbia e potremmo finalmente muoversi , scendendo poi dal Vallon del Popera . Nel frattempo un grosso pattuglione austriaco è riuscito verso l’albeggiare a raggiungere le guardie italiane attestate sull’alta val Fiscalina , colte a fucilate furono costrette a ritirarsi abbandonando armi , munizioni e ferito.
Dopo essere saliti ad Auronzo , oppure a Cortina d’Ampezzo, si sale fino al Lago di Misurina poi si prosegue verso Dobbiaco fino a raggiungere e superare il lago di Landro, appena giunti al Hotel Tre Cime si trova sulla destra un ampio posteggio a pagamento che permette di imboccare diversi sentieri che salgono sia sul monte Piano 2306 m e Piana, che anche sulle Tre Cime di Lavaredo . Lasciata l’auto si prosegue per il sentiero interessato.
Descrizione
Questo sentiero è forse il più bello e panoramico che porta sul monte Piana 2324 m passando per il monte Piano 2306 m forse è uno dei piu antichi basti pensare che la ferrata sulla parte alta è stata ideata e costruita nel 1916 per poi essere risistemata nel 1980 , inizialmente piano salendo sul letto del torrente per poi attraverso le prime tracce di mulattiera sale zigzagando aumentandone poi la ripidità e presentando alcuni tratti con corda in acciaio fattibile anche senza imbrago, il panorama verso la valle e molto bello ed ampio su buona parte della sua estensione , man mano che si sale si restringe leggermente fino ad incontrare un punto poco lontano dalle creste in cui si trova un piccolo cimitero austriaco , e dove si possono scorgere sulla sinistra verso la val della Rienza , continuando poi a salire si raggiunge un tratto di via ferrata in cui è indispensabile l’imbrago ma è raggirabile sulla destra, per poi ricongiungersi quasi sulla vetta dove nel versante della Valle si scorge la centrale elettrica e l’arrivo della teleferica che parte dalla Val di Landro, numerose le postazioni ancora intatte prima di raggiungere la vetta del monte Piano , dove si trova anche la Croce di Dobbiaco.
Il rientro da questa via può essere fatto dal sentiero del turista che parte dalla Forcella dei Castrati e scende dallo stesso versante. Oppure dal versante opposto verso la val dei Castrati attraverso il sentiero 111 per poi entrare nel 108 della Val Rinbianco e poi attraverso il 102 della Valle della Rienza , raggiungendo così il punto di partenza .
Cenni storici
Il sentiero dei pionieri , fu tracciato molto prima del 1915 dall’esercito austroungarico per poter salire e fortificare il confine visto che passavo dalla forcella dei Castrati separando così il monte Piano (austriaco) dal monte Piana (italiano) , questo tracciato venne poi affiancato da una teleferica e un gruppo di baraccamenti per le truppe compreso anche un ospedale da campo ed una centrale elettrica, per alimentare i compressori per i martelli pneumatici usati per scavare il complesso sistema di trincee in quota, venne poi abbandonato per un lungo periodo , poi nel 1980 fu riaperto e mantenuto sempre nelle condizioni attuali.
Dopo essere salito a Cortina D’Ampezzo si prende per il Passo Falzarego 2105 m , oppure salendo direttamente da Agordo passando per il lago di Alleghe si imbocca la salita che porta al Passo Falzarego , molto meno trafficata è più corta se si vuole raggiungere solo il Passo.
Descrizione
Il sentiero dei Kaiserjäger parte davanti al museo dei Tre forti Val Parola molto bello , panoramico e con un terreno molto vario , presenta alcuni passaggi attrezzati, sale dapprima in un tratto prativo che porta dentro alle trincee di testa verso il Passo Falzarego esattamente, davanti al famoso Sasso di Stria , fulcro importantissimo e strategico delle forze austroungariche , superato un grosso groviglio di trincee e ricoveri, posizionati a vista verso il passo, il sentiero prende una salita ripida anche se con molti zig zag rendendola così più dolce fino ad arrivare ad un pezzo attrezzato con corda in acciaio, ed una passerella, si sale fino a raggiungere una postazione in galleria ristrutturata , posizionata poco sotto la Cengi Martini . La quota inizia a farsi importante, ed anche il terreno diventa più impegnativo, ma sempre molto panoramico ed incredibile passando sotto le cengie di quota fino a rientrare verso il Rifugio Lagazuoi attraverso le creste in un scenario quasi lunare .
Ritorno
Per il ritorno per il completamento di questo magnifico percorso museale a cielo aperto, rimane la galleria del Lagazuoi ovvero la Galleria degli Alpini che passa dentro il Lagazuoi e presenta una ricostruzione storica dei baraccamenti , feritoie e trincee fino a raggiungere in fondo alla valle il Passo Falzarego . Può essere usato per il rientro il 401 che passa attraverso la forcella Travenànzes, per poi attraverso il 402 si scenderè fino a raggiungere il Passo Falzarego . Altro sistema è quello di usare la funivia che porta direttamente al posteggio del Passo ,
Cenni storici
Il Sentiero dei Kaiserjäger prende il nome dai soldati austro-ungarici ovvero i cacciatori imperiali, originari principalmente del Tirolo , anche se non specificatamente truppe da montagna, ma hanno imparato presto a combattere in alta quota, venivano schierati dove c’era bisogno di truppe scelte, vista la loro tenacia e fedeltà alla monarchia.
Lo sbarramento difensivo austriaco nell’area del Lagazuoi era costituito da un sistema di trincee scavato sul passo Valparola, la cosiddetta postazione Vonbank da cui si poteva sorvegliare il Passo Falzarego ed i cui resti ben conservati si incontrano ancor oggi alle pendici del Lagazuoi, In quota vi erano da un lato le postazione sul Sasso di Stria , e dall’altro gli appostamenti sulla cengia del Lagazuoi saldamente in mano ai Kaiserjäger.
Il sentiero dei Kaiserjäger fu costruito dalle truppe austro-ungariche come accesso sicuro dal passo alle trincee austriache e alle postazioni in vetta per rifornire le truppe stazionate sul Lagazuoi di viveri, munizioni e combustibile pari al peso di ogni soldato. Per due anni e mezzo, i Kaiserjäger hanno risalito la montagna su questo ripido sentiero attraversando un ponte sospeso lungo ca. 10 m e alto 25 m.
Mentre gli Alpini occupavano la Cengia Martini nella parete sud del Lagazuoi e la trasformarono praticamente in una fortezza. Tutti i tentativi dei Kaiserjäger di stanare gli italiani da lì, fallirono. Nemmeno l’esplosione di quattro mine austriache sulla cengia diedero i risultati tattici sperati.
Cengia Martini
Tra il 18 e il 19 ottobre 1915 due plotoni di Alpini occuparono la cengia posta a metà della parete del Piccolo Lagazuoi. L’occupazione era stata preceduta da numerose ricognizioni notturne sul posto, attraverso un terreno roccioso molto aspro e difficile, nelle immediate vicinanze delle posizioni austriache. Così, sotto il comando del maggiore Ettore Martini, gli Alpini riuscirono ad occupare la Punta Berrino, lo spigolo roccioso che si protende in avanti a est dell’Anticima e a occupare e ad attestarsi sulla cengia che attraversa la parete meridionale del Piccolo Lagazuoi da ovest a est.
Questa cengia si rivelò essere una posizione privilegiata per colpire la postazione Vonbank austro-ungarica a difesa del passo di Valparola, una vera spina sul fianco degli Austriaci perché consentiva agli italiani di colpire dall’alto le trincee del passo.
Circa 140 uomini erano addossati su questa cengia dotandola di camminamenti, cucine, mensa, magazzino, telefono, stazione teleferica, posto di medicazione, fucina, falegnameria, fureria.
Dopo essere salito a Cortina D’Ampezzo si prende per il Passo Falzarego 2105 m , oppure salendo direttamente da Agordo passando per il lago di Alleghe si imbocca la salita che porta al Passo Falzarego , molto meno trafficata è più corta se si vuole raggiungere solo il Passo.
Descrizione
Questo percorso molto difficile in salita , ma uno dei più belli in questo gruppo montuoso ,permette panorami incredibili , circondato da alcune delle montagne più belle in assoluto , Tofane Averau e Nuvolau , Sasso di Stria , 5 Torri , teatri di grandi contese belliche del 1915-1918 . Si sale dal piazzale della funivia a Passo Falzarego 2105 m per il sentiero 402 , per poi sotto le rocce strapiombanti del Lagazuoi girare sulla sinistra ed entrare nel percorso della galleria dapprima transitando anche per la cengia Martini ed altre postazioni con un occhio di controllo verso il Sass de stria , postazione austroungarica di confine , si prosegue la salita dento in una galleria in cui è indispensabile la lampada frontale , recentemente risistemata e ricostruite alcune sue parti come da origine nel periodo bellico , non si può che rimanere impietriti da questa opera di grande impatto emozionale un opera di grande ardimento che porterà l’escursionista in quota al Lagazuoi , dentro aquelle trincee a cielo aperto in un panorama incredibilmente unico, tempo meteorologico permettendo , meglio se viene fatto in discesa , dopo essere saliti per il sentiero dei Kajsejager situato sul versante opposto partendo dal Forte di Val Parola ora adibito a museo .Per la discesa è anche possibile scendere dal 401 che parte da sotto il rifugio e scende verso forcella Val Travenànzes , una delle più belle e lunghe valli del panorama dolomitico , per poi rientrare sul 402 e raggiungere l’auto.
Cenni storici
Il Piccolo Lagazuoi fa parte della Catena del Fánis a ridosso della quale si apre la selvaggia e contesa Val Travenànzes: una delle porte che l’esercito italiano doveva sfondare per poter avanzare verso il Tirolo. Nei ventinove lunghi mesi fra il maggio 1915 e l’ottobre 1917 il Piccolo Lagazuoi rappresentava un importantissimo baluardo che sbarrava il Passo Falzarego ed il sottostante Passo di Valparola e fu fortemente conteso dagli eserciti opposti che martoriarono la montagna con caverne difensive, gallerie di mina e postazioni per l’artiglieria. Fra le varie opere belliche realizzate, c’è la tortuosa Galleria del Piccolo Lagazuoi, un’opera che sfocia nello straordinario villaggio aggrappato alla roccia della famosa Cengia Martini . Ai piedi della montagna, poi, vi si contrappone la sottostante postazione Vonbank con le sue sei potenti linee di reticolati.
La galleria, come d’altronde tutto il museo all’aperto, è oggi percorribile grazie ai lavori di ripristino da parte degli Alpini e dai soldati austriaci e tedeschi in una sorte di comunione nel voler mantenere vivo il ricordo di questa atroce guerra.
Durante il corso della prima guerra mondiale, tra il 1915 e il 1917, il Lagazuoi fu teatro di aspri scontri tra le truppe italiane e quelle austroungariche , che costruirono complesse reti di tunnel e gallerie scavate all’interno del Piccolo Lagazuoi e tentavano a vicenda di far saltare in aria o di seppellire le posizioni avversarie con il metodo della guerra di mine.Tra il 18 e il 19 ottobre 1915 due plotoni di alpini occuparono alcune posizioni sul versante sud del Piccolo Lagazuoi, tra le quali una sottile cengia ribattezzata Cengia Martini in onore a Ettore Martini , che attraversa la parete da ovest a est ed era strategicamente importante, mentre le posizioni austro-ungariche si trovavano sulla sommità del monte. Per cacciare gli avversari da queste posizioni, fortificate e scavate nella roccia, gli austriaci fecero esplodere tre mine, la più potente delle quali il 22 maggio 1917 fece saltare in aria una parte della parete alta 199 metri e larga 136. Nonostante ciò, le posizioni italiane sulla cengia non vennero abbandonate. A loro volta gli italiani scavarono una galleria di duecento metri di dislivello all’interno della montagna, fino all’anticima del Piccolo Lagazuoi; il 20 giugno 1917 fecero brillare sotto di essa 32.664 chili di esplosivo e successivamente, attraverso la galleria, occuparono ciò che ne rimaneva. Il cratere provocato da quest’esplosione è tuttora individuabile. Dopo la battaglia di Caporetto gli italiani si ritirarono da tutte le loro posizioni e le operazioni militari nella zona ebbero fine.
Questa fantastica via ferrata parte dal Rifugio Locatelli 2405 m , oppure dal Rifugio Pian di Cengia 2528 m , ovviamente bisogna dormire in rifugio , si potrebbe dormire e partire anche dal Rifugio Comici 2224 m oppure al rifugio Carducci 2297 m ma che da questi si dovrà procedere all’avvicinamento fino alla forcella Pian di Cengia , di circa 1h-1h30 . Resta inoltre da sommare il tempo per raggiungere il rifugio da dove si vuole partire , il mio consiglio è di salire sul Rifugio Pian di Cengia dove in 15 minuti si può raggiungere la Forcella Omonima.
Descrizione
Percorso molto bello , panoramico e in certi versi impegnativo essendo lo stesso attrezzato , ho preferito dormire al Rifugio Pian di Cengia 2528 m , raggiungendo poi prima la forcella Pian di Cengia e poi attraverso il sentiero 101 il Rifugio Locatelli 2405 m, dove si imboccherà la via per salire al Paterno , un primo tratto semplice senza corde , dove si percorre una galleria del periodo bellico 1915-18, per poi attraverso una via attrezzata salire sulla vetta , esiste anche la possibilità di salire anche dalla Forcella Lavaredo 2454 m , ma non è altrettanto importante e panoramico se non che nel primo tratto prima di entrare nel lato interno del vallone che sale nella forcella del camoscio. Raggiunta la Forcella del Camoscio, si risale un ultimo tratto di corde che porta nel pianoro detritico del Paterno 2744 m , finalmente la croce nella sua grandezza, si prosegue scendendo fino allla Forcella dei camosci per poi attraverso il sentiero delle forcelle porta direttamente alla forcella pian di Cengia, attraverso altri spezzoni di via attrezzata con passaggi interessanti e panoramici verso l’alpe dei Piani, questo itinerario molto importante sotto il profilo storico dove le caverne e fortificazioni furono molte vista la sua importanza strategica.
Risalendo mi ricordo la prima mia salita su questo monte, giugno del 1987 dove dopo aver dormito al rifugio Auronzo nel campo Estivo della compagnia Genio Guastatori Cadore , avevo 20 anni salimmo con le corde dalla Forcella Lavaredo , con il coro della Cadore a seguito giungemmo così sulla vetta dove in una piccola sosta il coro intonò Signore delle cime , in un tempo nebbioso e piovoso, una catena di emozioni che non dimenticherò mai , così dopo 34 anni ci volli risalire .
Cenni storici
I primi scontri 24-26 maggio 1915
Non era ancora giunto l’inizio della guerra in questo luogo , ma i preparativi sulle due forcelle erano in preparazione , verso le 8.45 un grosso rombo dal monte Piana e dal Monte Rudo che gli austriaci avevano trasformato in fortezza , partono i primi due colpi , il terzo shrapnel colpisce in pieno due alpini, i primi caduti sul fronte del Cadore, un forte sibilare di granate mentre il 25 maggio una granata colpisce in pieno la casermetta sui piani di Lavaredo , è il momento di rispondere , sulla casermetta delDreizinnenhütte sventola la bandiera della Croce Rossa , gli italiani sono convinti che sia una copertura per un deposito di munizioni e qualcos’altro , e si apprestano a portare l’artiglieria sulla Forcella Lavaredo e aprono il fuoco , dopo alcuni colpi rettificano il tiro ed al quinto colpo lo centrano in pieno incendiandolo ; sul Paternò la Guida alpina della val di sesto Sepp Innerkofler con Andreas Piller per poter controllare la precisione del tiro austriaco sulle posizioni italiane , mentre vede con amarezza che la sua casa arde colpita dal quinto colpo d’artiglieria italiana, e lui il proprietario del Dreizinnenhütte sorto nel 1882 che ha fatto la storia dell’alpinismo dolomitico.
La mattina del 26 maggio si intensifica il fuoco di artiglieria costringendo gli alpini a cambiare la posizione in forcella Lavaredo , dal monte Piana l’osservazione italiana vede un plotone austroungarico che sotto il crestone del Paterno cercano di salire sulla Forcella , si posizionano sulle finestre e costringono allo scoperto il piccolo presidio italiano ed a mantenere salda la posizione mentre i rinforzi arrivano e si apprestano ad un attacco sulla forcella che farà arretrare gli austroungarici . Ci furono 3 morti austroungarici , che furono lasciati sul posto, continuarono i movimenti di quei puntini neri visibili sulla neve per più di due settimane , una notte gli alpini scendono e trasportano i tre morti , seppellendoli sotto la Forcella Lavaredo con l’onore alle armi a compagnie riunite .
Qualche giorno dopo un plotone di alpini raggira la Croda del Passaporto in piena bufere sale sulla forcella omonima già abbandonata dal nemico , il 29 maggio gli italiani riescono a fare un presidio stabile in vetta al Paterno 2744 m, riescono faticosamente a portare un cannone da montagna sulla forcella del Camoscio dove comincerà presto a fare fuoco sulle posizioni austriache della Torre di Toblin.
Episodio del Paterno 4 luglio 1915
Una situazione che preoccupa molto il comando austroungarico per le posizioni strategiche conquistate dagli italiani , forcella del Passaporto, la cima del Paterno , Forcella del Camoscio e del Pian di Cengia, verso la metà di giugno viene incaricato il Feldmaresciallo Goiginger per studiare la situazione di un possibile attacco , mentre dovrebbe effettuare l’attacco il capitano Von Jaschke che comanda un battaglione di Landshutzen che conoscendo bene la zona si dichiarerà contrario ed in fatti verrà rimosso e sostituito dal Capitano Von Wellean che valuta l’operazione fattibile , ma non aveva alcuna conoscenza di compiere un azione militare su un luogo come questo ed in queste condizioni , appena vide le condizioni inorridì , mentre la guida Forcher era favorevole , Sepp Innerkofler era moto perplesso ritendo difficoltosa qualsiasi operazione sulla vetta presidiata dal nemico .
Sono in sei, volontari di guerra, quattro più che cinquantenni, guide rinomate della Val di Sesto (Sepp Innerkofler, Hans Forcher, Andreas Piller, Benitius Rogger). Hanno ricevuto l’ordine di arrampicarsi sul Paterno e di occuparne la cima. Sono armati di moschetto e di granate a mano. Escono da una baracca presso la Dreizinnenhütte devastata dall’incendio. Esce con essi il pattuglione guidato dal Christl, fratello del Sepp. Le Tre Cime si levano spettrali nella notte, inargentate pallidamente dalla luna, stagliate nel cielo terso. Si tuffano nel buio e nel silenzio. Nella notte fonda un ragazzo, il figlio del Sepp, staccate le braccia dal collo del padre, resta là, fermo, fissando a lungo quel buio dove la cara figura è scomparsa; poi si scuote, si volta, corre, come d’accordo col padre, verso la Forcella di San Candido … ad attendervi spasmodicamente l’alba: per vedere. I sei e il pattuglione passano presso la Salsiccia (il Frankfurter Wurstel) e imboccano il canalone ghiaioso che scende dalla Forcella del Camoscio. Procedono furtivi, lenti, per non smuovere sassi che possano destare l’allarme. Nell’alto delle ghiaie il Christl col suo Battaglione si ferma, resta in attesa degli eventi. I sei calzano gli scarponi da croda e attaccano la parete del Paterno. Salgono sicuri nel buio; conoscono perfettamente la via. È quella “Via nord-nord ovest” che lo stesso Sepp nel 1896 ha percorsa per primo e ripetuta innumerevoli volte. Salgono da un’ora: sono quasi in cresta. Sopra Cima Undici si diradano sempre più le stelle, spunta e si dilata un pallido chiarore: l’alba. Giungono sulla cresta. L’alta vetta del Cristallo s’indora. Un rombo e un sibilo alto: è il Monte Rudo che spara. Altri due rombi e due sibili più bassi: è ancora il cannone austriaco che rettifica il tiro. Un quarto rombo e un fragore di roccia colpita e frantumata. Il tiro è aggiustato, subentra di nuovo il silenzio. Ora i sei salgono uno dietro l’altro, per il filo della cresta. Da Forcella Pian di Cengia gli alpini scorgono le sei sagome nettamente profilantisi nel rosso del cielo. È l’allarme. Mentre i sei escono in parete ovest, si svegliano i pezzi e le mitragliatrici di Lavaredo. Pronte rispondono tutte le mitragliatrici austriache. Sopra il frastuono rombano i cannoni del Monte Rudo, un mortaio del Sasso di Sesto, un pezzo da 80 che sembra appostato nei pressi della Forcella di Toblin, un obice da 105 che dalla Torre dei Scarperi spara insistentemente contro la Forcella Pian di Cengia. E quelli sempre si arrampicano, a scatti, a sbalzi, si appiattano dentro ogni cavo, dietro ogni costola … Una scheggia rimbalza sulla fronte del Sepp; gli si riga la faccia di sangue, gli si offuscano gli occhiali, e continua a salire. Una pietra colpisce Forcher in fronte, sanguina, e continua a salire. Hanno quasi raggiunta la cima. Come ad un segnale d’un tratto, al frastuono, alla raffica ininterrotta di pallottole e schegge, succede un assoluto silenzio. In tutta la valle, su tutte le forcelle, sulle cime, di qua e di là delle trincee, si stende uno stato spasmodico di attesa. Si è scorto là in alto un uomo: è lassù, lento, che ascende. Eccolo, è giunto a dieci passi dalla cima. Si fa il segno della croce e con ampio arco di mano lancia la prima bomba oltre il muretto della vedetta della cima. Lancia la seconda e poi la terza. D’improvviso appare, dritta, sul muretto della vedetta della cima, la figura di un soldato alpino, — Piero De Luca del battaglion Val Piave — campeggiante nel tersissimo cielo, alte le mani armate di un masso, rigata la fronte di rosso da una scheggia della prima bomba. «Ah! No te vol andar via?». Prende giusto la mira, scaglia con le due mani il masso. Il Sepp alza le braccia al cielo, cade riverso, piomba, s’incastra nel camino Oppel, morto.
La galleria del Paterno
Ideatore di questa Galleria fu il Generale Segato , fu scavata per poter raggiungere il Sasso di Sesto conquistato dagli italiani anche nelle ore diurne riducendo cosi l’esposizione al fuoco nemico , di evitare la parte sotto il paterno soggetto sempre a valanghe , e con le feritoie poteva essere punto di osservazione verso la forcella Lavaredo, gli austriaci tentarono di impedirne i lavori e di riconquistare il Sasso di Sesto l’imbocco veniva dalla selletta della salsiccia attraverso una scala , mentre il pezzo che partiva dal Cadin del Passaporto risulta franato.
Il 21 aprile del 1917 gli austriaci attaccano il sasso di Sesto , dopo un avvicinamento attraverso una galleria scavata sulla neve impiegando circa due mesi , assaltano ed annientano il presidio italiano conquistando così il Sasso di Sesto.
Gli italiani iniziano il fuoco di artiglieria dal Paterno e fuoco delle mitragliatrici , uccidendo buona parte degli austriaci che si vedono perduti non conoscendo il complesso sistema labirintico , non riescono ad uscire senza munizioni combattono all’arma bianca , a mezzogiorno il Sasso è stato sgomberato dagli austriaci , drammatico è il racconto dall’aspirante ufficiale Von Lachmuller :
La nostra situazione appariva ormai solida e inattaccabile; ma si verificarono due fatti del tutto imprevisti. D’improvviso, senza che alcuno potesse comprendere come, i meandri più reconditi del sasso di Sesto ci apparvero stipati di italiani. Indubbiamente dovevano esserci, alla base del Sasso, una o più caverne, che non erano state individuate dai nostri quando lo avevano occupato nell’oscurità della notte e dalle quali al mattino gli italiani riuscirono a penetrare e le posizioni perdute. Che valeva, se ora qua ora là, noi riuscivamo a occludere con sacchi di sabbia l’imbocco di una galleria e ad appostarvi uno o due uomini per abbattervi ogni italiano che entrasse? Il sasso di sesto ci appariva come il labirinto di una tana di talpe, nel quale progressivamente penetravano e si distribuivano nemici. Più di metà della nostra piccola guarnigione era già caduta nelle loro mani. E poi venne la seconda cosa, o meglio non venne: chè, per quanto guardassimo verso la nostra linea, non si vedevano raggiungere i rinforzi sospirati, nè per la galleria, nè per il dosso nervoso. Sempre più infuriava il lancio delle granate e il fuoco dei fucili nelle viscere del Sasso è sempre più finivamo respinti verso le cima…
Fonte storica tratta dal Libro “Guerra in Ampezzo e Cadore” Antonio Berti , A cura di Tito e Camillo Berti , edizioni Mursia
Dopo essere salito a Cortina D’Ampezzo si prende per il Passo Falzarego 2105 m , oppure salendo direttamente da Agordo passando per il lago di Alleghe si imbocca la salita che porta al Passo Falzarego , molto meno trafficata è più corta se si vuole raggiungere solo il Passo si prosegue per Val Parola raggiungendo così il Forte Tre Sassi a sinistra mentre sulla destra parte il sentiero dei Kajserjager.
Descrizione
Il percorso che sale sul Sasso di Stria è facile anche se ripido e con molte variazioni di pendenza fino ad entrare nel complesso sistema di trincee e passaggi strettissimi che si inerpica fino all’ardua vetta con un panorama unico verso il Passo Falzarego , e la sua strada che sale da Alleghe .
Cenni storici
L’importanza del Sasso di Stria nel periodo bellico è estrema gli austroungarici si posizionavano sul Passo Falzarego rientrando da Cortina D’ampezzo e rinforzavano le loro linee con il Forte Tre Sassi , il sentiero dei Kajserjager e l’invalicabile Sasso di Stria 2477 m. Fu sbarrata la strada che porta a Valparola con reticolati dove veniva concentrato il fuoco delle mitragliatrici tra il Lagazuoi ed il Sasso di stria. Il pesante bombardamento italiano del 15 luglio 1915 il forte Tre Sassi fu abbandonato e venne fortificato ulteriormente il Sasso di Stria divenuto un fulcro importantissimo per la difesa della Val Badia e Val Pusteria.
Galleria Goiginger
Nel 1916 il comandante Goiginger fece costruire una galleria di circa 500 metri che partiva dalla selletta Avanzata (verso il Passo Falzarego) che usciva lateralmente dal fianco in vista sulla strada per il Passo Valparola potendo così garantire i rifornimenti evitando il fuoco dell’artiglieria, e soprattutto la fucileria italiana posizionata sulla Cengia Martini , fu attrezzata con tutto l’occorrente pe la sopravvivenza , un gruppo elettrogeno , diverse vasche di recupero acqua, cucina, locali per magazzini, alloggio ufficiali, dormitori per i soldati, postazione riflettori e, naturalmente depositi di munizioni. Furono anche posizionate mitragliatrici e cannoni da 80 mm prelevati dal Forte Tre Sassi ormai inutilizzabile.
Furono inoltre costruite due rami di teleferica per portare i rifornimenti sul Sasso di Stria una proveniente dal Val Parola fino a circa la Postazione del Nido , e l’altra da San Cassiano a Valparola
Attacchi
Gli attacchi da parte degli italiani furono diversi , era fondamentale conquistare la posizione del Sasso di Stria , il primo del 15 giugno 1915 riuscirono a raggiungere la selletta del Sasso si stria ma non riuscirono mantenere la posizione per più di tre giorni , il bombardamento del 9 luglio 1915 che distrusse solo il Forte Tre Sassi
Nell’ottobre del 1915 la notte precedente l’occupazione della Cengia Martini , il plotone del Sottotenente Fusetti riusci a raggiungere la vetta del Sasso di Stria , ma venne sopraffatto dagli austriaci.
Vista l’impossibilità di sfondare tale punto di difesa , si passo a quella che fu chiamata la guerra di mine e così entrambi gli eserciti scavarono la montagna realizzando gallerie per collocare ordigni sotto le postazioni nemiche e farle saltare in aria. Quattro cariche austriache e una grande carica italiana esplosero sul Lagazuoi.
Era indispensabile liberare la via , quindi dovevano conquistarsi le vette circostanti come il Col di Lana poco lontano in linea d’aria al Sasso di Stria, quindi gli italiani scavarono una galleria sotto e la imbottirono con 5 tonnellate di esplosivo che fecero brillare il 17 aprile 1916 provocando un crollo di circa 10.000 tonnellate di roccia ed uccidendo metà contingente austriaco , per questo venne battezzato Col di Sangue , fu reso necessario liberare anche cima Sief , con l’installazione di una mina , ma le difese austroungariche furono invalicabili e non si riuscì a sfondare verso il Trentino , fu anche elaborato un possibile progetto per il Sass de Stria , ovvero scavare due cunicoli da mina , larteficie di tutto questo fu il Tenente Malvezzi quello delle mine del Castelletto e di quella sul Lagazuoi voleva far saltare la postazione Edelweiss e l’entrata della Galleria Goiginger così da impedire i rifornimenti , progettto che fu abbandonato dopo lo sfondamento di Caporetto ed il ritiro dal fronte dolomitico .
Galleria Goiginger( Fedmaresciallo Ludwig von Goiginger )
Tempo di percorrenza dell’Anello: 2hsenza il sentiero di avvicinamento
Dislivello totale: 200 m
Quota massima raggiunta: 2255 m
Sentieri usati: 440– 419per salire
Punti di appoggio: Rifugio Scoiattoli – Rifugio Cinque Torri
Come raggiungere
Dopo essere salito a Cortina D’Ampezzo si prende per il Passo Falzarego 2105 m , oppure salendo direttamente da Agordo passando per il lago di Alleghe si imbocca la salita che porta al Passo Falzarego , molto meno trafficata è più corta se si vuole raggiungere solo il Passo.
Descrizione
Raggiunto il Pian del Menis si può lasciare l’auto ed imboccare il sentiero 440 che porta direttamente al Rifugio Scoiattoli 2255 m , oppure si può salire dal 419 passando per il rifugio Averau 2413 m, e scendendo così poi di quota fino al Rifugio , esiste anche una seggiovia che dal Rifugio Bai de Dones porta sempre allo Scoiattoli , in alternativa si può usare anche il Bus Navetta , tutti e due i sentieri non sono difficili e praticabili anche alle famiglie , lo scenario è incredibile sempre se il tempo lo permette , anche le quote che si raggiungono sono di una certa importanza. Le cime o vette visibili da questo luogo sono molte Lagazuoi , Tofana di Rozes , la schiena del Nuvolau. Tutto il sentiero storico e la possibilità di compiere un giro ad anello di 360 gradi attorno a questo luogo incredibile lo rendono davvero unico .
Cenni storici
Su questo luogo molto bello sia per l’aspetto panoramico e naturalistico offre un scenario molto importante per quello che riguarda il contesto storico e soprattutto bellico del 1915-1918 , la zona infatti è stata sottoposta a diverse battaglie su un terreno non di certo facile dove Kajserjager e Alpini si sono scontrati su queste terre di confine ,come riportato in questi musei a cielo aperto presenti su queste montagne , dal sentiero dei Kajserjager , alla galleria degli alpini , al museo Tre Sassi all’invalicabile Sasso di Stria , le Cinque Torri sono state un punto importante per la sorveglianza del Passo Falzarego 2105 m. Che come punto di osservazione strategico contava sull’Averau 2649 m anche se l’Osservatorio si trovava a quota 2477 m e sul Nuvolau 2574 m. Da qui si dominava e si aveva una visione completa di Valle Costeana , il Falzarego ed il Col di Lana , per non parlare della parte bassa che portava a Cortina d’Ampezzo , si controllava così un ampio settore di forze nemiche scorgendovi ogni loro movimento.
Nel 1915 furono occupate dagli italiani costruendo parte di quello che ora vedete ricostruito trincee e postazioni, linee telefoniche e telegrafiche, magazzini per viveri e armi, ripari per gli animali e fienili. Furono anche trasportati dei grossi cannoni da marina da 300mm , e supportati da due batterie che bombardavano la prima il Sasso di Stria , Valparola e Lagazuoi , la seconda Falzarego e Col dei Bos , le continue osservazioni e cambi di traiettoria di tiro, verifiche atte a vedere i danni causati al nemico misero ben presto fuori combattimento il Forte Tre Sassi al Passo di Valparola che fu quindi abbandonato dall’esercito Austro-ungarico.
Le trincee
Le trincee e le postazioni di questo luogo incredibile avevano molte funzioni , e furono realizzate per poter sorvegliare il nemico nei suoi movimenti , attraverso gli osservatori interrati e blindati per poter essere riparati dai tiri di fucileria , questa linea sarebbe stata inoltre di supporto nel caso di sfondamento nemico sul Passo Falzarego , la continua sorveglianza ed il continuo aggiornamento dei loro movimenti garantiva una precisione sia sul tiro di artiglieria che con la mitragliatrice.
Resoconti di guerra
“Ricognizioni di stamani fanno la certezza che il nemico sistema artiglierie sulle pendici orientali di Sasso di Stria. Il Comandante del nostro gruppo, informato, cerca, mentre scrivo, posizioni efficaci per battere la località anzidetta verso l’ovest delle Cinque Torri. La 9a Batteria del gruppo sta salendo le pendici di Cinque Torri per prendervi essa pure posizione… Ad agevolare l’arduo compito del gruppo da campagna manovrante alle Cinque Torri ho destinato circa 300 uomini utilizzati per riattare la mulattiera che vi sale dalla rotabile di Val Costeana e per aiutare i serventi nel trasporto dei pezzi di posizione.”
Pocol, 7 giugno 1915, Comando della Brigata Reggio, Magg. gen. Panicali.
“Questo Comando pregiasi informare che la sola batteria di medio calibro in condizione di concorrere ad una azione di fuoco contro la cresta di monte Casale e monte Cavallo è quella di due cannoni da 149 G in posizione nei pressi del lago di Val Dones.
Vennero date disposizioni per il necessario spostamento della direttrice di tiro, ma converrà collegare telefonicamente la batteria suddetta col Comando del gruppo di medio calibro di Cortina.
…in attesa di comunicare quando i due obici da 210 saranno in grado di aprire il fuoco nella nuova posizione, interesserebbe intanto, per guadagnare tempo, provvedere senz’altro al collegamento telefonico diretto tra il Comando di artiglieria in Cortina e la batteria al Lago di Val di Dones.”
Comando del IX Corpo d’Armata, Stato Maggiore. Il Ten. Gen. Goiran.
“15 giungo 1915… Abbiamo l’ordine di avanzare e prendere la trincea nemica del Sasso di Stria. Giunti a pochi metri si apre il fuoco. Io sono a fianco del ten. Lais. Sembra che siamo invulnerabili, tanto le pallottole ci rispettano. Verso le ore 16 il battaglione ha quasi terminato le cartucce. Il cap. Diana domanda un soldato senza paura e di buona gamba. Vengo presentato, ricevo un biglietto da portare a tre plotoni di riserva… e via di corsa tra il continuo fischiare delle pallottole… Siamo presi di mira dal nemico il quale ci fa piovere una vera grandine di palle… Si alza un nebbione fittissimo. Il battaglione ha l’ordine di dare l’assalto alla baionetta per ben 4 volte al grido: “Avanti Savoia” La fucileria nemica da dietro le trincee fa una vera strage dei nostri.”
Diario di Oreste Agnelli Zampa di Roma, 46° Reggimento Brigata Reggio
“Vi sono viveri di conforto abbondanti e due razioni di viveri per ogni soldato. La dotazione è adeguata.
Appena definita la dislocazione delle truppe, occorrerà fissare per ogni località il deposito viveri in relazione alla forza. Ritengo sufficienti 4 giornate in più della dotazione individuale.
Analogamente si provvederà alla ripartizione delle munizioni, costituendo depositi in tutte le località occupate. Ora si dispone di una baracca polveriera e di un ricovero per gelatina esplosiva.
Sono iniziati depositi di legna tali da far fronte al fabbisogno almeno per 8 giorni. Questo lavoro va intensificato per avere provviste sufficienti per almeno un mese.”