Ci sono due sistemi per raggiungere il Rifugio Monte Baldo 1100 m , si può raggiungere Avio e si prende sulla sinistra salendo per diversi km , seguendo le indicazioni per il Rifugio , al primo bivio si tiene la sinistra fino a raggiungere un bivio con una stradina sterrata che porterà proprio al Rifugio , in alternativa si può salire anche da Mori passando per Brentonico e proseguendo fino a raggiungere prima il bivio che sale da Avio e poi la stradina che porterà al rifugio.
Descrizione
Più che di una semplice ferrata la Gerardo Sega è un sentiero ad anello in una fantastica valle , dopo aver raggiunto il rifugio Baldo 1100 m si scende verso la valle , attraverso alcune case addentrandosi poi in una mulattiera che scende in una stretta e fantastica valle a fianco di un canale fluviale, passando per una stretta gola molto carina e con una certa pendenza , si raggiunge così il Sas della strega , cui la leggenda narra di una vecchia strega che sia rimasta schiacciata dal sasso caduto durante il suo passaggio , si scende ancora fino a raggiungere un bivio di raccordo in località Preafessa , dove sulla sinistra inizia il percorso che porterà all’attacco della Ferrata Gerardo Sega , molto panoramica anche se corta e poco difficile, ma in alcuni tratti adrenalinica , superato il piccolo ponticello tibetano , si raggiunge una grandiosa e alta cascata , ci si addentra nel bosco, per raggiungere poi i piedi delle cenge strapiombanti dove lo spettacolo si amplificherà grazie alle irte pareti , li si potrà finalmente vedere l’attacco , che parte con una piccola scaletta ,ed un traverso mozzafiato , per poi attraverso un canalino salire sul traverso successivo , in passaggi molto stretti e panoramici , si raggiungono poi alcuni brevi passaggi sotto cengia privi di corde ma molto sicuri ed incredibilmente belli , dove da sopra si potrà notare il passaggio fatto prima decine di metri più in basso , si ricomincia salire un canalino attrezzato e poco esposto , ed attraverso un tratto boschivo raggiungere l’ultimo pezzo verticale che porterà infine nel pezzo più incredibile ed esposto , con una visuale sulla Valle di Avio mai vista , raggiungendo così la fine della ferrata , si continuerà con saliscendi tra pascoli di quota e piccole baite , raggiungendo così poi la chiesetta della Madonna della neve , e poi il Rifugio Baldo dove ci attenderà un meritato ristoro.
Tempo di percorrenza: 1h30avvicinamento circa 3h30tempo totale circa 8h
Dislivello totale: 300 m dislivello totale 1368
Quota massima raggiunta: 2936 m
Come Raggiungere
Questa via ferrata , non è facilmente raggiungibile il suo attacco in quanto parte dal Rifugio Antonio Berti Al Popera 1950 , per salire a questo rifugio anzichè entrare nella Valle di Auronzo di Cadore si prosegue sulla statale 52 Carnica superando Dosoledo e l’abitato di Comelico con l’omonima sky area mentre poi s’imbocca la val grande , si prosegue fino a raggiungere la casa soggiorno Don Bosco Alce Rossa , proseguendo poi si raggiungerà il rifugio Selvapiana Lunelli 1568 m , da cui si partirà a piedi per raggiungere prima il rifugio Antonio berti e poi il vallone che salirà fino all’attacco della via .
Descrizione
La via ferrata è impegnativa per alcuni suoi passaggi di braccia e soprattutto per la distanza di avvicinamento, circa 3h30 dal rifugio Lunelli 1568 , attraverso il segnavia 101 si sale fino al rifugio Antonio Berti 1950 m per poi attraverso sempre il 101 saliri verso il passo della Sentinella 2717 m , punto d’incontro con la via attrezzata che porta a forcella Undici 2400 m provenendo dalla strada degli alpini o cengia della salvezza . Ma non è la via che ci interessa ora saliamo il Vallon del Popèra dove sulla sinistra potremmo scorgerne la cima a 3046 m , si prosegue tenendo sempre sulla sinistra dapprima la Cresta Zsigmondy 2998 m e la Cima Undici 3092 m , ma continuiamo sul canalino che si ‘è molto ristretto e sale più ripido con un piccolo ghiacciaio sulla sinistra , superando così prima la via della discesa della ferrata Zandonella, raggiungeremo poi l’attacco posto più in alto , sotto questo fantastico gruppo roccioso che è la Croda Rossa di Sesto , si arriva all’attacco , la via nn sarebbe molto difficile se non in alcuni punti in cui la forza e la ricerca di appigli è fondamentale , ma in tutto questo bisogna tenere conto delle 3h30 di avvicinamento alcuni passaggi molto panoramici e con postazioni belliche in cemento rendono questo itinerario un passo nella storia , una breccia su quei sacrifici e sangue versato inutilmente per un ideale di libertà di cui noi dovremmo avere rispetto , si sale fino a raggiungere la croce a quota 2936 m , mentre dietro si può notare la cima ancora più alta della Croda Rossa di sesto a 2965 m . Conquistata la cima ci sono 2 vie per scendere :
La prima la più lunga , quella che attraverso il Prater ed il Wurzbach porta al bivio con il Castelliere ed il sentiero 15B e poi 15 e successivamente il 124 poi il 171 si rientra direttamente al Rifugio Lunelli 1568 m.
La seconda o la classica ovvero il proseguimento delle Zandonella si scende a destra su un tratto ferrato impegnativo e con numerosi saliscendi che ci riporterà fino al Vallon del Popèra , poi si scenderà fino al rifugio Antonio Berti 1950 m e poi fino al rifugio Lunelli 1568 m.
Questo viaggio escursione , non è certo cosa da tutti , ci vogliono delle doti , fisiche e psicologiche non in differenti , una preparazione tecnica fisica non certo in possesso di tutti , non è per dire che io sono un supereroe, ma che abbia una preparazione tecnica , fisica e mentale fuori dagli schemi quello si , e come mi definiscono alcuni miei amici “l’alieno” ma io mi ritengo un semplice montanaro, chi si vuole avventurare in una cosa come questa deve prendere atto di queste distanze e tempi che vanno quasi fuori dalla Cartina geografica. Ma niente è impossibile basta crederci e non mollare mai , il montanaro questo lo sa. Luciano
Il sogno di un Viaggio
Era da tempo che desideravo fare alcuni itinerari di un certo impegno tecnico e fisico, nel mio sogni c’era la Strada degli alpini e la Croda Rossa di sesto , ma mai avrei pensato che li avrei fatti tutti e due insieme, ovviamente in più giorni, si tratta comunque di due itinerari complessi soprattutto se come ho fatto io il punto di partenza è Auronzo di Cadore . Le foto inserite sono una minima parte di questo lungo trekking , il resto delle foto le troverete sui singoli post che compongono questo trekking.
Purtroppo nella mappa completa non sono riuscito a farci stare tutto il percorso , il primo tratto per raggiungere da pian della Velma a Pian delle Salere è questo :
1°Giorno Tratto rosso : Auronzo di Cadore-forcella Giralba-Strada degli Alpini-Prati di Croda Rossa di Sesto
Ore 9,30 circa sistemo lo zaino e parto dal fondovalle della Val Giralba , con l’obiettivo di raggiungere il Rifugio Carducci a 2297 m , la salita non è difficile molto bella ed appagante con scenari e panorami unici, incontro anche alcuni ungulati e le diffidenti marmotte che qui sono più coraggiose , giunti al rifugio circa all’ora di pranzo , un piatto di pasta favorisce la ripartenza , salgo a forcella Giralba 2431 m e scendendo un pò di quota arrivo al laghetto ridotto a poco più di una pozzanghera, li sulla destra parte la strada degli alpini EEA indispensabile imbrago e caschetto, la prima parte molto bella con una visuale sul pian di cengia e punta dell’uno e il rifugio Comici 2224 m e in basso la val Fiscalina , si raggiungono le cengie sotto la Mitria e inizia lo stretto sentiero attrezzato, la strada degli alpini anche conosciuta come cengia della salvezza perche cosi abbarbicati sulle rocce gli alpini avrebbero avuto un riparo al tiro, che passerà poi sotto la Spada , fino a raggiungere sulla strettoia , per poi passare sul piccolo ghiacciaio della Busa di Fuori sotto Cresta Zsigmondy , per poi passare sotto la cima Undici dove il sentiero stretto ed attrezzato finirà , e riprenderà a salire, il panorama ed il sentiero sono incredibile e grandiosi , si riprende su ghiaioni stabili fino a raggiungere la forcella dell’undici , per poi discendere attraverso un zig zag molto ripido e con alcuni pezzi attrezzati in un immenso ghiaione il Vallone della sentinella , dove sul punto più alto si nota il Passo della sentinella 2717 m , si scende verso il rifugio Fondovalle divenuto visibile in mezzo al canalone della Fiscalina , ma il mio itinerario prosegue verso il rifugio Prati di Croda Rossa 1925 m dove sale la funivia da Moso, raggiunto il rifugio passando in quota per un sottobosco magnifico mi appresterò per la cena e la notte.
2°giorno Tratto Arancio : Prati di Croda Rossa di Sesto-Costoni di Croda Rossa-Passo della Sentinella-Ferrata Zandonella-Rifugio Antonio Berti Al Popera-Ferrata Roghel-Valle Stallata-Auronzo di Cadore
Partenza alle ore 7.00 dopo la colazione lascio il rifugio Prati di Croda Rossa 1925 m, si sale su per i prati sotto la Croda Rossa di Sesto segnavia 100 , prima di iniziare i Costoni di Croda Rossa , un scenario completamente diverso in mezzo a boschi di abeti e pini sale fino ad uscire allo scoperto con panorami incredibili , raggiunto un primo bivio si tiene la sinistra ed il sentiero sale ripido con passaggi anche un pò esposti , scalette in legno e risalti a gradoni rendono questo itinerario fantastico, si mantiene questo percorso attraverso rocce e creste fino ad un Vallone detritico dove si possono notare anche la presenza dei pali per il passaggio dei cavi per portare la corrente in quota, si raggira una piccola cengia per entrare in un nuovo vallone più ristretto , raggiungendo cosi il punto di attacco del sentiero attrezzato Costoni di Croda Rossa , Si continua a salire su facili tratti attrezzati e tratti detritici per poi raggiungere il Wurzbach 2675 m il villaggio Austroungarico , con qualcosa che vi farà rimanere basiti da quello che i vostri occhi stanno vedendo , una serie di postazioni ricoveri con muretti a secco con più di 100 anni , mentre il tempo pare si sia fermato , si riprende la salita questa volta un pò più dolce di prima , in cui sono presenti alcuni tratti attrezzati mentre lo scenario cambia di nuovo, mentre se il tempo permette si potrà vedere la discesa dalla Forcella Undici in lontananza sull’altra parte della valle , sul Vallon della sentinella , si arriva ad un altro bivio che a sinistra porta nel più semplice sentiero che sale sul Prater per poi raggiungere la cima dell’osservatorio 2936 m , mentre quella che ho preso io scende a circa 2422 m e risale fino al Passo della Sentinella 2717 m incrociando quello che arriva dalla Forcella Undici , il tratto attrezzato risulta molto verticale e non praticabile in discesa, raggiunto il Passo si scende leggermente su terreno molto detritico molto eroso dagli eventi atmosferici , fino a trovare il bivio con la ferrata Zandonella , che porterà anch’essa sulla vetta della Croda Rossa di Sesto ma molto più complessa sia dal punto di vista delle difficoltà che per l’allungamento del percorso, la ferrata Zandonella non finisce in vetta ma scende andando a completare un percorso ad anello nn proprio facile per poi collegarsi piu in basso del Passo della sentinella , al Vallon del Popera che porterà la nostra escursione a raggiungere il rifugio Antonio Berti Al Popera 1950 m , ricordo che lo scenario e il percorso sia molto dolomitico sia con la propria severità che con le difficolta tecniche del posto senza aggiungere la fatica fisica . Raggiunto il rifugio Berti e dopo avermi rifocillato , io avevo il ritorno da fare , ed un’altra ferrata situata a circa 1h dal rifugio , la ferrata Roghel che se fatta con la cengia Gabriella permette din raggiungere il Rifugio Carducci 2297 m , la Roghel nn è durissima ma e dritta in piedi diciamo pure che dal Rifugio Berti ci sono 700 metri di dislivello per raggiungere la Forcella Stalata entrando cosi nella valle Stalata che si raccorderà poi passando per il Bivacco Cadore , alla val Giralba all’altezza del pian de le Salere , percorso sempre tecnico per un primo tratto attrezzato e poi lungo la discesa alcuni tratti attrezzati escono anche sotto il Bivacco. Si rientrerà cosi al calare della notte sull’abitato di Auronzo di Cadore.
Ribadisco e ripeto, ovvio il fatto che più o meno ci vogliono 14 ore per raggiungere Auronzo di Cadore dal Rifugio Prati di Croda Rossa , e tutti tratti in cui l’impegno e l’attenzione non devono mancare MAI, rimane quindi una 2 giorni per pochi e molto preparati .
Questa via ferrata , non è facilmente raggiungibile il suo attacco in quanto parte dal Rifugio Carducci 2297 m , oppure dal Rifugio Pian di Cengia 2528 m, e porta al Bivacco De Toni 2490 m, praticamente con questa ferrata si può completare il giro completo della Croda Dei Toni . La si può utilizzare soprattutto in itinerari di più giorni . Si può Salire dal 103 Val Giralba , dal 106 Val Marden , dal 1107 Val di Cengia dove però inizia ad essere impegnativo come tratto da percorrere in giornata.
Descrizione
Questa via insieme ad altre vanno a completare un’escursione di più giorni , la via parte dal rifugio Carducci 2297 m , si prende il sentiero 107 si passa per il lago nero e con diversi piccoli saliscendi fino a Forcella Maria 2406 m, da dove inizia il tratto attrezzato dapprima sembra semplice , ma poi inizia a fare sul serio con tratti di un certo impegno tecnico mentre passa sotto Punta Maria , e la Cima Auronzo alcuni tratti abbastanza esposti anche se privi di grosse pericolosità , si avvicendano ad altri in cui ci si passa solo abbassati ed anche in altri con le ginocchia , la visuale è verso la val Gravasecca presenta un scenario fantastico ed incredibile , in un ambiente severamente dolomitico , si prosegue tra sali e scendi , attrezzati e non , fino a superare il ponte situato sotto la Cima D’Auronzo , la Croda Berti del maestoso gruppo Croda Dei Toni , si prosegue fino a raggiungere un tratto soggetto a frane detritiche dove la corda in acciaio e stata sostituita da una corda statica , ed in questo tratto bisogna proseguire con una certa velocità , non e consigliato sostare in questo tratto a causa dei possibili distacchi di sassi o frane di detriti ; il tratto che si presenta ora è impegnativo si sale con una certa pendenza , su una roccia abbastanza scivolosa e con pochi appigli dove la tecnica ti dare le risposte per affrontarlo , inutile dire che la pendenza nn molla ed il bivacco si inizia a farsi vedere in lontananza sembrando irraggiungibile , la salita e attrezzata ma molto variabile nel suo percorso , si risale il canalone ripido e franoso fino a raggiungere il Bivacco De Toni e la forcella dell’Agnel 2578 m raggiunto la forcella ci avvieremo a seconda di dove siamo saliti , se saliremo sulla Forcella Croda Dei Toni 2524 m , proseguendo e raggirando la Croda Dei Toni si potrà ritornare al rifugio Carducci 2297.
La strada degli alpini , chiamata anche cengia della salvezza, le parole per descrivere questo percorso non sono facili da trovare , la definizione strada credo sia calzata a pennello in quanto per l’arditezza dei tracciati e degli alpini qualsiasi tratto praticabile a piedi diventa un sentiero , questa via attrezzata ne è la dimostrazione , un’itinerario molto bello e variegato che propone scenari e passaggi unici nel suo genere. Luciano
Tempo di percorrenza: 5h30 + circa 2 ore per la val Fiscalina
Dislivello totale : 900 m
Quota massima raggiunta: 2300 m
Come Raggiungere
Si sale verso località Sesto , sia che si passi da Auronzo oppure si salga direttamente a Sesto , evitando cosi di passare sia per Cortina d’Ampezzo che da Auronzo di Cadore e il lago di Misurina , raggiunto l’abitato di Moso si prende la Val Fiscalina fino a raggiungere un ampio posteggio a pagamento dove lasceremo l’auto e proseguiremo a piedi verso il Rifugio Fondovalle.
Per i più arditi e preparati si può scegliere di salire da Auronzo di Cadore passando per il Rifugio Carducci 2297 m , salendo dalla valle Giralba e poi transitando sulla forcella Giralba 2431 m si entrerà nella strada degli alpini , ricordo che questo implica un’escursione di più giorni e con diverso dislivello , non è certamente alla portata di tutti.
Descrizione
Si sale la Val Fiscalina passando per il Rifugio Zsigmondy-Comici 2224 m fino al bivio che porta a Forcella Giralba 2431 m. per il sentiero 101 e poi appena dopo il rifugio prendere il 107 , fino a raggiungere un piccolo pianoro ad alcune centinaia di metri dalla forcella denominato lago ghiacciato da dove partirà il nostro percorso , ovvero il sentiero attrezzato Strada degli alpini , la si potrebbe fare salendo ma si raggiunge il sentiero con maggiore difficoltà magari più stanchi e poco concentrati , mentre qui i passaggi sono quelli più complessi. La val fiscalina nn presenta grosse difficoltà anche se la pendenza essendo più corta della Valle Sassovecchio ovviamente sale più irta , imboccato il nostro percorso il primo tratto è sotto il vallone del Popèra e la via normale per salire al Popèra passando per il ghiacciaio omonimo , attraversati tutti i ghiaioni si prosegue fino a raggiungere l’inizio del tratto situato in cengia e attrezzato , ovviamente obbligatorio l’uso del Caschetto ed imbrago , la cengia si restringe man mano che si avanza aumentando anche la parete strapiombante donando panorami incredibili verso la valle e la zona del pian di cengia e punta Fiscalina , si prosegue concentrati ed attenti passando sotto la cengia della Spada , dove un ansa all’interno della roccia rende questo panorama incredibile, per poi uscire sopra la busa di Fuori dove all’inizio del ghiaione è ancora presente un piccolo ghiacciaio , superato il tratto di cengie del Vallone si inizia a salire su un ghiaione fino a prendere quota e poi proseguire trasversalmente seguendo le caratteristiche del terreno fino al bivio della forcella Undici , ed il Passo della Sentinella che ricordo 2717 m e che non è alla portata di tutti , le difficoltà del passo non sono tanto arrivarci , ma il come scendere dal passo stesso visto che è presente un tratto attrezzato posto in un camino quasi dritto ed è l’unica via per rientrare in val Fiscalina , invito quindi proseguire per la forcella e ritornare verso il sentiero n° 124 prima nel vallone della Sentinella , meno ostico ma a cui bisogna sempre prestare attenzione , il ghiaione può essere insidioso ed imboccare alla fine del vallone il sentiero n°122-124 che porterà al rifugio Fondovalle 1584 m. Così facendo si chiude uno dei più belli anelli dolomitici.
Cenni storici
La strada degli Alpini è un percorso alpinistico attrezzato nel gruppo dolomitico del Popèra conosciuto anche come Dolomiti di sesto. Un percorso su roccia, ardito, aereo e impressionante di questo percorso, usato dagli Alpini nella prima guerra per collegare la forcella Giralba e la terrazza ovest di Cima Undici , fu chiamato cengia della Salvezza. Questa inizia al margine della Busa di Dentro e segue una cengia naturale, allargata e resa transitabile dagli alpini in guerra, alla base di Cima Undici-Cresta Zsigmondy.
Il tragitto, che inizialmente si fermava a forcella Undici (difesa dagli austro-ungarici), fu poi chiamato strada degli Alpini e reso alpinisticamente percorribile fino al Passo della sentinella. La “scoperta” del passaggio chiave avvenne nel 1926 per merito dell’alpinista accademico del CAI Francesco Meneghello (socio anche delle sezioni di Vicenza, Valdagno e Cadorina) con Carlo Baldi (sezione di Vicenza).
Questi due ottimi rocciatori erano stati incaricati dalla sezione Cadorina del Cai di individuare un passaggio logico che permettesse il collegamento fra i due grandi valloni del Popèra, quello occidentale e quello orientale. I due specialisti individuarono la via giusta e aprirono così all’escursionismo di alto livello uno dei percorsi più celebrati delle Dolomiti. Il famoso percorso in croda fu poi attrezzato con corde metalliche e scalette a cura della sezione di Padova del CAI e inaugurato sei anni dopo, esattamente il 18 settembre 1932. (Croda Rossa di Sesto )
Servì anche, e soprattutto, per unire, attraverso il passo della Sentinella, il rifugio Zsigmondy Comici in alta val Fiscalìna al rifugio Olivo Sala al Popèra situato poco lontano dal rifugio Antonio Berti al Popèra passando dalla provincia di Bolzano a quella di Belluno attraverso il vecchio confine di Stato fra il Regno d’Italia e l’Impero austro-ungarico. Fu decisa la costruzione di questa via, in quanto le truppe italiane non riuscivano a penetrare nel territorio austriaco dal Passo di Monte Croce di Comelico.
La strada degli Alpini fu resa militarmente praticabile dai soldati italiani, guidati dal maggiore Italo Lunelli (al quale le autorità Italiane diedero il falso nome di Raffaele Da Basso, essendo un irredentista), sul versante ovest di Cresta Zsigmondy e di Cima Undici ; intagliata per lunghi tratti nella roccia a forza di braccia, la Cengia servì per raggiungere e fortificare le postazioni sulla cresta di Cima Undici durante la preparazione dell’attacco al passo della Sentinella, posto tra la Croda Rossa di Sesto e Cima Undici , che segnava all’epoca il confine italo-austriaco.
Nell’agosto e nel settembre 1915 ci furono i primi vaghi tentativi di prendere il passo, ma fallirono tutti. Nella primavera fu deciso di utilizzare il piano Venturi, che prevedeva la conquista del passo con una manovra a sorpresa dall’alto. Per l’esecuzione del piano furono costruite due basi, sulla forcella Giralba e sul Creston di Popèra. A marzo si procedette con l’occupazione di Cima Undici, posizionandovi anche un pezzo da 65 mm, una mitragliatrice e un lanciabombe. Il 13 aprile il generale Venturi emanò l’ordine definitivo, e l’attacco fu fissato per il 16 del mese, che effettivamente iniziò alle 5.30 del mattino, e finì con la resa degli austriaci. L’attacco fu portato a termine da soldati appartenenti a diversi corpi, tra cui i Mascabroni ( Alpini di un reparto speciale ) del capitano Giovanni Sala. Nei fatti, i “Mascabroni” al comando del capitano Giovanni Sala, appostati a Cima Undici , si divisero in due gruppi e discesero per canaloni scarsamente sorvegliati, perché giudicati “impraticabili e suicidi” dal comando austriaco, cogliendo di sorpresa il presidio nemico, che fu quasi completamente fatto prigioniero, e tagliando le loro linee di comunicazione. L’operazione, costata solo 5 feriti, fu talmente silenziosa e ben riuscita che venne scoperta con tre ore di ritardo dagli austriaci, quando ormai il consolidamento delle postazioni italiane rendeva inutile il loro contrattacco.
La grande terrazza ovest di Cima Undici fu occupata solo parzialmente dagli italiani che vi situarono postazioni fortificate e baracche da cui si spinsero verso l’alto. L’ultimo tratto della terrazza, quello più a nord, era sotto il tiro degli austriaci che erano insediati a forcella Undici dove resistettero caparbiamente persino dopo la presa del vicino passo della Sentinella e della vicinissima Torre del Dito.
Il percorso fu adattato a sentiero per escursionisti esperti fin dagli anni 30 , e non presenta particolari difficoltà, se affrontato in piena estate, senza neve e con l’adeguata attrezzatura da ferrata. Mentre il percorso originale arrivava fino alla forcella Undici, il tratto che da questa porta al passo della Sentinella è invece stato attrezzato dal CAI della sezione di Padova negli anni 70.
“Chi ama la montagna e la percorre in lungo ed in largo anche semplicemente per trekking , sa che è tutto possibile e il destino è già deciso sia che tu sia in parete che tu semplicemente stia camminando su un sentiero qualsiasi, chi vive di montagna questo lo sa. ( Luciano )”
Una premessa , questo anello è molto complesso non è sicuramente per persone poco pratiche di montagna se nn conoscete bene i vostri limiti , non avventuratevi in qualcosa del genere perché le difficoltà di questo itinerario è veramente complessa e pericolosa , oppure ricorrete ad una guida , perché su questo massiccio l’errore potrebbe costare caro.
Le montagne sono fatte per essere esplorate questa volta sono andato sulle Pale di San Martino , erano anni che volevo salire su questo enorme gruppo , e devo dire che ne è veramente valsa la pena , mai avevo visto dei percorsi così tecnici e impegnativi , io l’ho preso come il solito da lontano su una prima via attrezzata Dino Buzzati.
Un sasso è caduto in un bicchiere colmo d’acqua e l’acqua è traboccata sulla tovaglia. Tutto qui. Solo che il bicchiere era alto centinaia di metri e il sasso era grande come una montagna e di sotto, sulla tovaglia, stavano migliaia di creature umane che non potevano difendersi.
Corriere della Sera 11 ottobre 1963
Un viaggio attraverso le pale di San Martino , un sogno ed una piccola impresa molto intensa ed appagante che ha riempito il cuore in quel maestoso scenario lunare sull’altipiano del Rifugio Rosetta, un intensità di emozioni lungo quei percorsi tecnici alpinistici che in meno di 10 ore mi ha permesso di attraversare le pale di San martino , portando a casa una vastità di emozioni inspiegabili .
La prima e seconda tappa sono state fatte nella stessa giornata , per farla in queste con dizioni occorre una preparazione fisica eccellente una conoscenza delle proprie capacità e conoscenza dell’ambiente di alta quota.
1°tappa 1° giorno : Chalet Piereni – ferrata Dino Buzzati – Rifugio Velo della Madonna
Tempo di percorrenza: 5h00
Dislivello totale: 1540 m
Quota massima raggiunta: 2503 m
Rifugio di Appoggio: Chalet Piereni 1250 m – Rifugio Velo della Madonna 2358 m
Sentieri usati : 731 – 734 – 747 – 742
Un viaggio lunare
Eccomi pronto a partire anche se fortemente in ritardo , ore 8.30 , località Chalet Piereni a quota 1200 m, un bel chalet tutto in legno anche con posti letto ideale per partire anche dopo averci dormito , imbocca una prima stradina di fianco ed inizio a salire lievemente prima in un bosco poi in alcuni pascoli aperti con baite di una bellezza unica , proseguo piano quasi a respirare un aria diversa ma soprattutto un ambiente nuovo , l’itinerario era chiaro in mente o per lo meno dove sarei voluto andare e passare, ad un certo punto il sentiero sale con una ripidità quasi verticale , del resto così si leggeva nelle cartine il tempo di percorrenza era un pò folle 5 ore per arrivare alla mia prima tappa , rifugio Velo della Madonna 2358 m , mi fermo a mangiare dopo averci impiegato 4h in quel fantastico percorso di guglie e di pareti scoscese e canaloni giganteschi
2°tappa 1° giorno: Rifugio Velo della Madonna 2358 m – Rifugio Rosetta 2581 m
Tempo di percorrenza: 5h30
Dislivello totale: 820 m
Quota massima raggiunta: 2705 m
Rifugio di Appoggio: Rifugio Velo della Madonna 2358 m – Rifugio Rosetta 2581 m
Sentieri usati : 739 – 714 – 715 – 702
Ho proseguito poi per la via ferrata del Velo che porta verso la forcella del Porton a 2600 m e dove arriva anche la Ferrata del Porton che sale dal Rifugio Pradidali 2278 m dove volendo si può scendere per accorciare il percorso , ma il mio itinerario prevedeva di allungare fino al rifugio Rosetta 2581 m , iniziando così a salire ripidamente attraverso un vasto prato fino alla forcella Campanile Col di Roda 2605 m, per poi attraverso passaggi trasversali sotto la Cima di Ball e sali scendi attrezzati salire fino alla Forcella Stephen 2705 m per poi scendere sempre in percorso attrezzato impervio e quasi lunare fino al Passo di ball 2443 m , proseguendo per il sentiero molto bello e pianeggiante per poi inerpicarsi di nuovo raggiunto il Col della Fede 2278 m in un tratto roccioso con il sentiero 702 che proviene da San Martino di Castrozza , e raggiungendo prima il Passo di Val della Roda 2580 m e il Rifugio Rosetta a 2581 m in un paesaggio che ha veramente qualcosa di incredibile una specie di altipiano roccioso che pare di essere sulla luna .
Rifugio di Appoggio: Rifugio Rosetta 2581 m – Rifugio Pradidali 2278 m – Chalet Piereni 1250 m
Sentieri usati : 707 – 709 – 719
Ore 7.00 si parte per il rientro dalla Luna o semplicemente quello che sembrava l’altipiano dove era posizionato il Rifugio Rosetta-Pedrotti 2581 m si prende il 707 che attraverso numerosi sali e scendi ti porta a percorrere tutto questo immenso luogo fino a raggiungere il Passo Pradidali basso 2658 m , per ammirare in lontananza il resto del ghiacciaio della Fradustra , per poi imboccare il vallone che porterà fino al rifugio Pradidali in posizione dominante sul Vallone che porta a Pedemonte e attraverso il Prato di Cimerlo fino al Chalet Piereni. Dove si può anche gustare un buon pranzo.
QUESTO E UNA VIA NORMALE , CIOE UN ITINERARIO PER ALPINISTI O ESCURSIONISTI ESPERTI NON E PER TUTTI , CI VUOLE UNA OTTIMA PREPARAZIONE FISICA , ED UNA CONOSCENZA DELL’AMBIENTE ALPINO DI ALTA QUOTA , MOLTA ATTENZIONE VA DATA ANCHE ALLE CONDIZIONI METEO
Tempo di percorrenza: 3h30andata dall’attacco
Dislivello totale: 1000 m
Quota massima raggiunta: 3220 m
Rifugio di Appoggio: Rifugio Coldai – Rifugio Torrani
Avvicinamento
Dopo aver raggiunto il Palafavera ed aver lasciato l’auto si prosegue a piedi sulla carrabile sentiero 564 verso malga Pioda si imbocca sulla sinistra il 556 fino al rifugio Coldai Sonino 2132 m tempo di percorrenza circa 2h ,per poi proseguire verso il sentiero del Tivan 557, passando per i torrioni delle Zoliere quota 2184 m , fino a raggiungere Porta del Masarè 2420 m nei torrioni del Schenal del bech , si prosegue sempre nel sentiero Tivan fino al bivio a quota 2221 m , sotto la Crepa Bassa tempo di avvicinamento circa 4h dal Palafavera e circa 2h dal rifugio Coldai.
Si può anche salire da Pecol lasciando l’auto in Contrada Zorzi 1430 m, via più veloce ma priva di rifugio di appoggio, si sale sul sentiero 587 , verso Baito Civetta , mantenendo la destra fino a Col Grand 1927 m, ed imboccare il sentiero Tivan 557 , fino a quota 2221 m del bivio sotto la Crepa Bassa , in circa 2h30-3h00 .
La Via Normale
Percorso molto bello che porta in una delle più belle cime del Gruppo Moiazza Civetta , privo di difficoltà tecniche , qualche tratto attrezzato e in cui bisogna prestare un pò di attenzione , panorami e scorci mozzafiato sempre tempo permettendo. Si sale lungo il sentiero ai piedi delle rocette fino ad incontrare circa 400 metri dopo l’attacco della via composto da un piccolo risalto e dalla prima corda di acciaio, che sale con gradoni molto semplici in cui posizionare piedi e mani , ed una vista verso Zoldo molto bella, si prosegue fino a raggiungere un primo tratto pianeggiante per poi affrontare una corda di circa 25 metri del Passo del Tenente o Grunwald ,si continua a salire con tratti attrezzati ma poco difficoltosi grazie ai gradoni di roccia , e qualche traverso in cui prestare attenzione , spettacolare la composizione della roccia segnata dal tempo e dagli eventi atmosferici. Si entra in un canalone detritico passando sulla sinistra dello stesso ed affrontando una tratto leggermente più difficile , semplificato da chi ha le gambe lunghe , fino a raggiungere un caminetto di circa 4 metri per poi completare l’ultima parte più ripida , raggiungendo cosi gli ultimi 300 metri che portano al Rifugio Torrani 2984 m, in leggera salita, si prosegue praticamente su un sentiero detritico fino a raggiungere la vetta del Civetta a 3220 m , dove lo scenario incredibilmente unico a 360° riempie gli occhi ed il cuore di emozioni uniche e indescrivibili,
Ritorno
Per il ritorno si scende dalla stessa via , prestando molta attenzione sui tratti attrezzati , il tempo di discesa fino al bivio è di circa 1h30-2h , ricordo che dopo ci sono almeno altre 2h per rientrare all’auto , e quindi i tempi devono essere ben calcolati.
Questa fantastica via ferrata parte dal Rifugio Locatelli 2405 m , oppure dal Rifugio Pian di Cengia 2528 m , ovviamente bisogna dormire in rifugio , si potrebbe dormire e partire anche dal Rifugio Comici 2224 m oppure al rifugio Carducci 2297 m ma che da questi si dovrà procedere all’avvicinamento fino alla forcella Pian di Cengia , di circa 1h-1h30 . Resta inoltre da sommare il tempo per raggiungere il rifugio da dove si vuole partire , il mio consiglio è di salire sul Rifugio Pian di Cengia dove in 15 minuti si può raggiungere la Forcella Omonima.
Descrizione
Percorso molto bello , panoramico e in certi versi impegnativo essendo lo stesso attrezzato , ho preferito dormire al Rifugio Pian di Cengia 2528 m , raggiungendo poi prima la forcella Pian di Cengia e poi attraverso il sentiero 101 il Rifugio Locatelli 2405 m, dove si imboccherà la via per salire al Paterno , un primo tratto semplice senza corde , dove si percorre una galleria del periodo bellico 1915-18, per poi attraverso una via attrezzata salire sulla vetta , esiste anche la possibilità di salire anche dalla Forcella Lavaredo 2454 m , ma non è altrettanto importante e panoramico se non che nel primo tratto prima di entrare nel lato interno del vallone che sale nella forcella del camoscio. Raggiunta la Forcella del Camoscio, si risale un ultimo tratto di corde che porta nel pianoro detritico del Paterno 2744 m , finalmente la croce nella sua grandezza, si prosegue scendendo fino allla Forcella dei camosci per poi attraverso il sentiero delle forcelle porta direttamente alla forcella pian di Cengia, attraverso altri spezzoni di via attrezzata con passaggi interessanti e panoramici verso l’alpe dei Piani, questo itinerario molto importante sotto il profilo storico dove le caverne e fortificazioni furono molte vista la sua importanza strategica.
Risalendo mi ricordo la prima mia salita su questo monte, giugno del 1987 dove dopo aver dormito al rifugio Auronzo nel campo Estivo della compagnia Genio Guastatori Cadore , avevo 20 anni salimmo con le corde dalla Forcella Lavaredo , con il coro della Cadore a seguito giungemmo così sulla vetta dove in una piccola sosta il coro intonò Signore delle cime , in un tempo nebbioso e piovoso, una catena di emozioni che non dimenticherò mai , così dopo 34 anni ci volli risalire .
Cenni storici
I primi scontri 24-26 maggio 1915
Non era ancora giunto l’inizio della guerra in questo luogo , ma i preparativi sulle due forcelle erano in preparazione , verso le 8.45 un grosso rombo dal monte Piana e dal Monte Rudo che gli austriaci avevano trasformato in fortezza , partono i primi due colpi , il terzo shrapnel colpisce in pieno due alpini, i primi caduti sul fronte del Cadore, un forte sibilare di granate mentre il 25 maggio una granata colpisce in pieno la casermetta sui piani di Lavaredo , è il momento di rispondere , sulla casermetta delDreizinnenhütte sventola la bandiera della Croce Rossa , gli italiani sono convinti che sia una copertura per un deposito di munizioni e qualcos’altro , e si apprestano a portare l’artiglieria sulla Forcella Lavaredo e aprono il fuoco , dopo alcuni colpi rettificano il tiro ed al quinto colpo lo centrano in pieno incendiandolo ; sul Paternò la Guida alpina della val di sesto Sepp Innerkofler con Andreas Piller per poter controllare la precisione del tiro austriaco sulle posizioni italiane , mentre vede con amarezza che la sua casa arde colpita dal quinto colpo d’artiglieria italiana, e lui il proprietario del Dreizinnenhütte sorto nel 1882 che ha fatto la storia dell’alpinismo dolomitico.
La mattina del 26 maggio si intensifica il fuoco di artiglieria costringendo gli alpini a cambiare la posizione in forcella Lavaredo , dal monte Piana l’osservazione italiana vede un plotone austroungarico che sotto il crestone del Paterno cercano di salire sulla Forcella , si posizionano sulle finestre e costringono allo scoperto il piccolo presidio italiano ed a mantenere salda la posizione mentre i rinforzi arrivano e si apprestano ad un attacco sulla forcella che farà arretrare gli austroungarici . Ci furono 3 morti austroungarici , che furono lasciati sul posto, continuarono i movimenti di quei puntini neri visibili sulla neve per più di due settimane , una notte gli alpini scendono e trasportano i tre morti , seppellendoli sotto la Forcella Lavaredo con l’onore alle armi a compagnie riunite .
Qualche giorno dopo un plotone di alpini raggira la Croda del Passaporto in piena bufere sale sulla forcella omonima già abbandonata dal nemico , il 29 maggio gli italiani riescono a fare un presidio stabile in vetta al Paterno 2744 m, riescono faticosamente a portare un cannone da montagna sulla forcella del Camoscio dove comincerà presto a fare fuoco sulle posizioni austriache della Torre di Toblin.
Episodio del Paterno 4 luglio 1915
Una situazione che preoccupa molto il comando austroungarico per le posizioni strategiche conquistate dagli italiani , forcella del Passaporto, la cima del Paterno , Forcella del Camoscio e del Pian di Cengia, verso la metà di giugno viene incaricato il Feldmaresciallo Goiginger per studiare la situazione di un possibile attacco , mentre dovrebbe effettuare l’attacco il capitano Von Jaschke che comanda un battaglione di Landshutzen che conoscendo bene la zona si dichiarerà contrario ed in fatti verrà rimosso e sostituito dal Capitano Von Wellean che valuta l’operazione fattibile , ma non aveva alcuna conoscenza di compiere un azione militare su un luogo come questo ed in queste condizioni , appena vide le condizioni inorridì , mentre la guida Forcher era favorevole , Sepp Innerkofler era moto perplesso ritendo difficoltosa qualsiasi operazione sulla vetta presidiata dal nemico .
Sono in sei, volontari di guerra, quattro più che cinquantenni, guide rinomate della Val di Sesto (Sepp Innerkofler, Hans Forcher, Andreas Piller, Benitius Rogger). Hanno ricevuto l’ordine di arrampicarsi sul Paterno e di occuparne la cima. Sono armati di moschetto e di granate a mano. Escono da una baracca presso la Dreizinnenhütte devastata dall’incendio. Esce con essi il pattuglione guidato dal Christl, fratello del Sepp. Le Tre Cime si levano spettrali nella notte, inargentate pallidamente dalla luna, stagliate nel cielo terso. Si tuffano nel buio e nel silenzio. Nella notte fonda un ragazzo, il figlio del Sepp, staccate le braccia dal collo del padre, resta là, fermo, fissando a lungo quel buio dove la cara figura è scomparsa; poi si scuote, si volta, corre, come d’accordo col padre, verso la Forcella di San Candido … ad attendervi spasmodicamente l’alba: per vedere. I sei e il pattuglione passano presso la Salsiccia (il Frankfurter Wurstel) e imboccano il canalone ghiaioso che scende dalla Forcella del Camoscio. Procedono furtivi, lenti, per non smuovere sassi che possano destare l’allarme. Nell’alto delle ghiaie il Christl col suo Battaglione si ferma, resta in attesa degli eventi. I sei calzano gli scarponi da croda e attaccano la parete del Paterno. Salgono sicuri nel buio; conoscono perfettamente la via. È quella “Via nord-nord ovest” che lo stesso Sepp nel 1896 ha percorsa per primo e ripetuta innumerevoli volte. Salgono da un’ora: sono quasi in cresta. Sopra Cima Undici si diradano sempre più le stelle, spunta e si dilata un pallido chiarore: l’alba. Giungono sulla cresta. L’alta vetta del Cristallo s’indora. Un rombo e un sibilo alto: è il Monte Rudo che spara. Altri due rombi e due sibili più bassi: è ancora il cannone austriaco che rettifica il tiro. Un quarto rombo e un fragore di roccia colpita e frantumata. Il tiro è aggiustato, subentra di nuovo il silenzio. Ora i sei salgono uno dietro l’altro, per il filo della cresta. Da Forcella Pian di Cengia gli alpini scorgono le sei sagome nettamente profilantisi nel rosso del cielo. È l’allarme. Mentre i sei escono in parete ovest, si svegliano i pezzi e le mitragliatrici di Lavaredo. Pronte rispondono tutte le mitragliatrici austriache. Sopra il frastuono rombano i cannoni del Monte Rudo, un mortaio del Sasso di Sesto, un pezzo da 80 che sembra appostato nei pressi della Forcella di Toblin, un obice da 105 che dalla Torre dei Scarperi spara insistentemente contro la Forcella Pian di Cengia. E quelli sempre si arrampicano, a scatti, a sbalzi, si appiattano dentro ogni cavo, dietro ogni costola … Una scheggia rimbalza sulla fronte del Sepp; gli si riga la faccia di sangue, gli si offuscano gli occhiali, e continua a salire. Una pietra colpisce Forcher in fronte, sanguina, e continua a salire. Hanno quasi raggiunta la cima. Come ad un segnale d’un tratto, al frastuono, alla raffica ininterrotta di pallottole e schegge, succede un assoluto silenzio. In tutta la valle, su tutte le forcelle, sulle cime, di qua e di là delle trincee, si stende uno stato spasmodico di attesa. Si è scorto là in alto un uomo: è lassù, lento, che ascende. Eccolo, è giunto a dieci passi dalla cima. Si fa il segno della croce e con ampio arco di mano lancia la prima bomba oltre il muretto della vedetta della cima. Lancia la seconda e poi la terza. D’improvviso appare, dritta, sul muretto della vedetta della cima, la figura di un soldato alpino, — Piero De Luca del battaglion Val Piave — campeggiante nel tersissimo cielo, alte le mani armate di un masso, rigata la fronte di rosso da una scheggia della prima bomba. «Ah! No te vol andar via?». Prende giusto la mira, scaglia con le due mani il masso. Il Sepp alza le braccia al cielo, cade riverso, piomba, s’incastra nel camino Oppel, morto.
La galleria del Paterno
Ideatore di questa Galleria fu il Generale Segato , fu scavata per poter raggiungere il Sasso di Sesto conquistato dagli italiani anche nelle ore diurne riducendo cosi l’esposizione al fuoco nemico , di evitare la parte sotto il paterno soggetto sempre a valanghe , e con le feritoie poteva essere punto di osservazione verso la forcella Lavaredo, gli austriaci tentarono di impedirne i lavori e di riconquistare il Sasso di Sesto l’imbocco veniva dalla selletta della salsiccia attraverso una scala , mentre il pezzo che partiva dal Cadin del Passaporto risulta franato.
Il 21 aprile del 1917 gli austriaci attaccano il sasso di Sesto , dopo un avvicinamento attraverso una galleria scavata sulla neve impiegando circa due mesi , assaltano ed annientano il presidio italiano conquistando così il Sasso di Sesto.
Gli italiani iniziano il fuoco di artiglieria dal Paterno e fuoco delle mitragliatrici , uccidendo buona parte degli austriaci che si vedono perduti non conoscendo il complesso sistema labirintico , non riescono ad uscire senza munizioni combattono all’arma bianca , a mezzogiorno il Sasso è stato sgomberato dagli austriaci , drammatico è il racconto dall’aspirante ufficiale Von Lachmuller :
La nostra situazione appariva ormai solida e inattaccabile; ma si verificarono due fatti del tutto imprevisti. D’improvviso, senza che alcuno potesse comprendere come, i meandri più reconditi del sasso di Sesto ci apparvero stipati di italiani. Indubbiamente dovevano esserci, alla base del Sasso, una o più caverne, che non erano state individuate dai nostri quando lo avevano occupato nell’oscurità della notte e dalle quali al mattino gli italiani riuscirono a penetrare e le posizioni perdute. Che valeva, se ora qua ora là, noi riuscivamo a occludere con sacchi di sabbia l’imbocco di una galleria e ad appostarvi uno o due uomini per abbattervi ogni italiano che entrasse? Il sasso di sesto ci appariva come il labirinto di una tana di talpe, nel quale progressivamente penetravano e si distribuivano nemici. Più di metà della nostra piccola guarnigione era già caduta nelle loro mani. E poi venne la seconda cosa, o meglio non venne: chè, per quanto guardassimo verso la nostra linea, non si vedevano raggiungere i rinforzi sospirati, nè per la galleria, nè per il dosso nervoso. Sempre più infuriava il lancio delle granate e il fuoco dei fucili nelle viscere del Sasso è sempre più finivamo respinti verso le cima…
Fonte storica tratta dal Libro “Guerra in Ampezzo e Cadore” Antonio Berti , A cura di Tito e Camillo Berti , edizioni Mursia
Punti di appoggio: Passo Falzarego – Rifugio Giussani
Come raggiungere
Dopo essere salito a Cortina si prende per il Passo Falzarego 2105 m , si lascia l’auto sul piazzale della cabinovia e si prosegue imboccando il sentiero 402. In alternativa si potrebbe salire anche da Selva di Cadore.
Questo itinerario permette di salire e di circumnavigare la Tofana di Rozes , il sentiero richiede perciò una preparazione ottima e richiede l’uso dell’attrezzatura da ferrata per superare prima la galleria del Castelletto e poi la Ferrata Lipella , di una discreta lunghezza anche se poco impegnativa nella prima parte , proseguendo poi fino a raggiungere la seconda parte più complessa e tecnica che ti porterà in vetta
Descrizione del percorso
La Tofana di Rozes rimane per me una delle montagne più belle , si parte dal passo Falzarego , seguendo il segnavia 402 , fino a forcella Travenanzes 2507 m , si inizia a scendere fino ad un forcella Col del Bòs 2332 m , poi seguendo la base della Tofana si raggiunge il bivio che sale dal castelletto con una scaletta in galleria , dove e passata la storia e dove si possono ancora notare i resti di legno di quella angusta scala che portava i soldati dentro alle viscere di questa montagna , si esce su un ghiaione stabile , sulla sinistra il Castelletto , mentre proseguiamo alla destra per raggiungere il sentiero attrezzato Lipella , lungo è il suo percorso tra sali e scendi e traversi , non difficoltosi ma impiegano le buone forze destinate per il ritorno, si sale tra pareti con molti appigli e tra crepe caratteristiche di questa grande montagna , lo spettacolo della val Travenanzes lascia senza fiato , mentre si solleva lo sguardo verso la parete che tra mille cambiamenti di direzione continua a salire. Si arriva dopo diverse tiri al bivio che porta alla postazione Tre dita sulla sinistra , mentre a destra si prosegue per l’ultimo attacco alla vetta , anche se finita la via attrezzata si dovrà proseguire ancora per circa 20 minuti . Provo la risalita alla vetta dopo circa 350 metri mi tocca rinunciare visto la pioggia che inizia a scendere , non fa niente si prosegue tra il dirupo della Travenanzes ed il pian del Majarie appena raggiunta la postazione Tre dita 2696 m tra il vallone che separa la Tofana di Rozes dalla Tofana di Mezzo e dal Nemesis , per poi raggiungere la forcella Fontananegra ed il Rifugio Giussani 2580 m , prendetevi il tempo per dare un occhiata al ex rifugio Cantore ed ai baraccamenti del periodo bellico presenti su questo sito. Si ridiscende poi per il sentiero 403 che porta al Rifugio Di Bona , ma in una curva si incrocia il 404 che riporta prima a forcella Travenanzes e poi al Passo Falzarego .
Piccolo cenno storico
“D’un tratto si scaricarono mille armi. Da ogni parte le palle fioccavano con violenza, come se volessero squarciare i massi che servivano da riparo agli jäger. Le mitragliatrici crepitavano ininterrottamente. Pareva quasi che la roccia stessa vomitasse proiettili, poiché il nemico non si faceva minimamente scorgere, tanto abilmente si era nascosto. Non si vedevano che pietre mulinare con un terribile fragore, martellare furiosamente, eruttare morte e sterminio! Ogni più piccolo anfratto, ogni appiglio, ogni spacco, ogni sporgenza sembrava in preda alla follia e partecipava a quella tregenda. E tutto il furore si riversava su quell’esiguo drappello di 60 Jäger! Ma costoro attendevano imperturbabili senza rispondere, che così aveva ordinato il loro capo. Mentre le palle e i frammenti di roccia turbinavano sopra le loro teste, sì che l’aria si impregnava della polvere prodotta dalle pietre stritolate, essi scrutavano acutamente attraverso le feritoie, spiavano cautamente oltre gli spigoli dei sassi disposti a parapetto, per avere il nemico a portata dei loro cannocchiali da puntamento, sin dal primo istante della sua avanzata. E l’istante venne; che il tiro durò solamente un quarto d’ora. Allora, cessato il fuoco di colpo, si ebbero alcuni secondi di silenzio; e subito dopo tutte le rupi si animarono. In un baleno esse brulicarono di figure fosche, che scaturivano da tutti i nascondigli del terreno frastagliato, balzavano di masso in masso, strisciavano felinamente, si arrampicavano sulle rocce, se ne calavano, si avventavano innanzi come in preda all’ebbrezza, seguendo i loro capi e trascinando seco tutti gli esitanti, affascinati da una volontà irresistibile, che tutti indistintamente spronava verso un unico punto. E i fucili degli Jäger germanici falciarono in mezzo a loro una copiosa messe. Dapprima avanzarono travolgenti le ondate degli Italiani, ma poi l’impeto delle prime file si infranse, i sopravvenienti recalcitrarono davanti ai sanguinanti cadaveri e ai disperati sguardi dei moribondi e si indugiarono dietro i massi più a lungo del tempo necessario a riprendere fiato. Si spinsero bensì nuovamente innanzi, e l’ondata successiva incalzò con impeto rinnovato, ma le loro file incominciavano ormai a vacillare e la loro foga a intepidirsi. Ed allorché gli Jäger ne ebbero di nuovo fulminato un gran numero, delimitando con pugno irresistibile un tratto di terreno che neppure il più animoso riusciva a oltrepassare senza soccombere, la fiumana nemica ristagnò ed alla fine si acquietò. Il primo assalto era stato stroncato.“
Generale Antonio Cantore
Forcella di Fontana Negra. Zona Tofane. È il pomeriggio del 20 luglio 1915, quando il generale Cantore rimane fermo, impassibile a due proiettili che lo sfiorano. Cade subito dopo, colpito mortalmente da un terzo colpo che lo centra in piena fronte, forando la visiera del berretto che portava. Nasce così la leggenda del papà degli alpini e noi in ogni occasione in cui accompagnamo i nostri reduci scomparsi diciamo che sono andati avanti e che andranno a trovare tutti i Caduti che li hanno preceduti nel paradiso di Cantore .
La nuova linea austriaca fu organizzata circa 600 metri dietro alla precedente, limitando di molto la portata del sanguinoso successo degli italiani (furono alla fine necessari tre assalti per impadronirsi della posizione!) che però videro in questo successo la “vendetta” per la morte del gen. Cantore.
“Ciò che ancora una volta mi ha insegnato la montagna è che non è importante la parete che decidiamo di scalare, la sua altezza o le sue difficoltà, ma lo spirito con cui l’affrontiamo, le emozioni e i sentimenti che ci può regalare. Sensazioni uniche, le stesse che domani mi condurranno di nuovo ai piedi di una montagna. ”Enrico Camanni
La traversata della Tofana di Mezzo 3244 m e la Tofana di Dentro 3238 m passando per Punta Anna 2731 m, non era una cosa fattibile a tutti , ma si poteva fare era nelle mie possibilità , e con grande entusiasmo , dopo aver dormito al rifugio Pomedes 2303 m, all’alba sono partito ho saltato anche la colazione, alle 7 era per me troppo tardi , verso le ore 6 mi sono avviato sul sentiero verso l’attacco della via , principalmente l’obiettivo era raggiungere la stazione della funivia poi se l’avessi raggiunta in tempo utile avrei proseguito , giunto all’attacco la prima ferrata di punta Anna si presenta molto intricata e di un certo impegno tecnico , con alcuni pezzi in cui ci vuole un buon supporto tra braccia e gambe , alcuni tratti con pochi appigli a chi ha le gambe corte , comunque lo scenario è incredibile ed unico , il tempo freddo ma abbastanza bello con nuvole in alto ha permesso di vedere cose indescrivibili , finita la prima parte si prosegue con la ferrata della Tofana di mezzo , molto bella e variegata con passaggi e scenari mozzafiato ed esposti , uno sguardo verso il Bus della Tofana con la capannina Ra Vales sullo sfondo ed in vetta la stazione di arrivo della Funivia pare un paesaggio lunare con i sassi che visti da lontano sembrano una distesa di sabbia , si cambia lato della montagna per risalire con traversi ancora di un certo impegno e superfici levigate dal tempo , ma si può ammirare la maestosa ed imponente struttura della postazione Tre dita e la Tofana di Rozes con i suoi 3225 m, con il suo puntino nero del rifugio Giussani a 2600 m, si ritorna attraverso un foro naturale sulla montagna a vedere le piste da sci , per poi raggiungere dopo 4 ore circa la vetta della Tofana di Mezzo la più alta 3244 m , una sosta al piccolo rifugio per la colazione e poi via si riprende per la ferrata tofana di dentro che porta a quota 3238 m con la sua struttura frastagliata e franosa esattamente opposta alla Tofana di Mezzo solida e dura, dopo un apiccola pausa si inizia scendere per la ferrata del Formenton che in pratica non sono che alcuni passaggi attrezzati e poco pericolosi, si scende lungo un ghiaione detritico fino a d entrare nel sentiero che porterà alla Capannina Ra Vales che io ho trovato chiusa , mi dicono per un fulmine , a questo punto proseguo per la ferrata Olivieri ed il rimanente sentiero che mi riporterà al Rifugio Pomedes in circa 9 ore , dove mi aspettava il piatto dello sciatore uova speck e patate , consumato al cospetto delle Croda da Lago ed i Lastoni del Formin , uno spettacolo in cui le emozioni sono indescrivibili che nemmeno le foto riescono a trasmettere, ho voluto rendere partecipi anche voi con l’obbiettivo di regalare a voi queste mie immagini che non hannola pretesa di essere chissa che cosà visto il tipo di macchina che uso , ma che magari ariusciranno in qualche modo ad incuriosire ed emozionare chi mi segue con la stessa passione che io metto nel salire.