Voglio scrivere poche righe su questo piccolo angolo di paradiso , il rifugio San Marco , la prima volta che ho visto questo rifugio scendevo da forcella Grande durante quella gara che molto mi ha insegnato , la LUT , Lavaredoultratrail che partiva per quella che sarebbe stata l’ultima volta da Auronzo , una salita difficile che porta a Forcella grande e poi al rifugio , ma non è finita si sale ancora fino a forcella piccola e si continua con altre salite . Tornare dopo diversi anni in questo luogo stavolta per dormirci non ha certamente paragone , un rifugio storico , forse il più vecchio che io conosco , un ambiente unico , la vera espressione del rifugio a cui lego il significato descritto nel dizionario :
Rifugio : Riparo, difesa, protezione contro insidie o pericoli materiali o spirituali: dare, offrire r.; trovare r. all’estero; cercar r. nella preghiera.
Ma questo non è un rifugio qualsiasi , è una casa , e come le case sono fatte di persone , di accoglienza , la porta e sempre aperta a chiunque bussi , a chiunque voglia entrare , qui si possono trovare , amici , calore , simpatia …tutti quei grandi valori che il tempo ha amaramente portato via da alcune persone , questo il montanaro lo sa , perche da montanaro crede ancora in queste cose , crede nelle persone , crede che tutto possa essere possibile , è un eterno sognatore anche se conosce molto bene la differenza tra il giorno e la notte , crede veramente che siano le persone a fare la differenza . Il rifugio san Marco come pochissimi altri rifugi dimostra che non contano le stelle come negli alberghi , che se togli l’affetto , simpatia , accoglienza e calore , non rimane niente , solo quattro mura e un tetto , ma grazie a Dio il rifugio e fatto di persone , e sono solo loro a fare la differenza . Ringrazio le mie gambe e che mi permettono di salire e chi con me ha fatto questo viaggio, su questi luoghi incredibilmente sinceri e vivi dove si respira e si sente il profumo di umanità dove tutti siamo uguali , e tutti mantengono quel rispetto e umiltà che ci rende migliori .
Un doveroso rigraziamento a chi con me ha fatto questo viaggio ed alle persone che rendono possibile e mantengono questo luogo sempre al di fuori del comune
Grazie Ragazzi Luciano (Luke )
Storia
Il Rifugio San Marco è stato inaugurato il 29 settembre 1895 dalla sez. C.A.I di Venezia e mantiene tutt’oggi la struttura originaria: la più antica della zona.
Il CAI Venezia scelse il Sig. Angelo Del Favero (Aucel) di San Vito di Cadore come primo gestore perché parlava molto bene l’inglese essendo stato in America. Angelo insieme alla sua famiglia gestì il Rifugio per più di mezzo secolo, precisamente dal 1895 al 1951!!! Accolse vari alpinisti, tra cui personaggi illustri quali il re Alberto del Belgio e Don Achille Ratti (divenuto poi papa Pio XI) che scelsero il “San Marco”come punto d’appoggio per le escursioni in zona . Ci sono molti particolari che hanno caratterizzato la gestione di Angelo: la buona cucina che offriva ai suoi alpinisti arricchita dei prodotti locali e di quelli provenienti dal suo orto, nonché una gentilezza ruvida alternata ad un forte temperamento. La sensazione era dunque di trovarsi a casa propria. Papa Ratti alcuni anni più tardi ricorda con queste parole il tempo trascorso “al San Marco”: ‘- incantevole il vostro rifugio…il Sorapiss…e il Bel Pra. L’Antelao a sinistra e il Pelmo a destra….e voi Angelo….Com’era squisita la vostra minestra di piselli …’
E’ proprio l’Antelao la montagna che Angelo scruta ogni mattina, proprio perché la visione di quel colosso è sempre davanti ai suoi occhi. Angelo muore all’età di 87anni.
Il sucessore fu Giuseppe Zwigel, detto “Bepo todesco” marito di Vittoria l’unica figlia di Angelo.
Successivamente lo gestì da sola Lucia De Lucia e dal 1990 ad oggi la famiglia di Ossi Marino.
Tempo di percorrenza del sentiero : 3h00 Per il 472-405 circa 5h00
Dislivello totale : 250 m con la variante lunga circa 400 m
Quota massima raggiunta : 470 m
Dopo aver raggiunto Riva del Garda si prende la strada che porta da Riva a Limone , giunti su una rotatoria nei pressi di una chiesa situata in via Giuseppe Cannella , si svolta a destra per via Largo Guglielmo Marconi dove esiste l’unico posteggio non a pagamento dove si può lasciare l’auto senza problemi , usciti dal posteggio si scende verso la piazza centrale ovvero lungo lago di Riva , da li si prosegue verso Limone , passando sotto la gigantesca centrale di Riva , superata la centrale sulla destra prima della galleria si sale un piccolo tratto asfaltato , e da li inizia il sentiero del Ponale .
Descrivere la strada o sentiero del Ponale non e poi così semplice , la storia di questa strada che collega Riva del Garda con il lago di Ledro ha molto di più di qualche anno , la strada del Ponale o sentiero Giacomo Cis nato Bezzecca il 12 giugno 1782 , era un imprenditore , non avendo degli eredi uso tutto il suo potere economico per il bene della sua valle con diverse opere ma la più importante quella che permise alla valle di Ledro di uscire dall’isolamento per mancanza di rotabili per raggiungerla , i lavori di inizio di questa opera fu nel lontano 1 febbraio 1848 e finirono il 3 gennaio del 1851 quando lui stesso morì regalando a Riva del garda questa grandissima e meravigliosa opera : LA STRADA DEL PONALE
Variante destra dopo il Ponte
Continuando a salire sulla strada si incontrano altri punti panoramici , superato il belvedere , si può ammirare la cascata e superato il ponte prendendo la destra si sale lungo quello che era la vecchia centrale del Ponale di cui rimangono solo i muri esterni ma si può ammirare scendendo nella valle per ritornare sulla destra l’enorme quantità d’acqua che passa su questo luogo , per poi ridiscendere dalla parte sopra il zig zag del Belvedere , per poi rientrare nel sentiero all’altezza del belvedere
Variante sinistra dopo il Ponte
Proseguendo a sinistra dopo il ponte invece si sale a Pragasina , il sentiero sale ripido tra i zig zag della strada asfaltata , per arrivare fino in cima e godere di uno spettacolo unico dove e posizionata la statua della madonna , il rientro dev’essere fatto purtroppo per lo stesso itinerario .
Variante del 472-405
Questa e la variante più importante leggermente più impegnativa ma con panorami incredibilmente mozzafiato , che passano proprio sulla Defensionmauer , per poi scendere senza grosse difficoltà fino a raggiungere la Valle dello sperone e ricongiungersi con il Ponale
Cenni storici
Nel periodo bellico fu molto importante perche permetteva attraverso le suo opere fortificate un controllo sul lago , Riva , ed era uno dei pochi passaggi di collegamento rotabile , il controllo della via principale . Dalle prime gallerie si può ammirare fino a Torbole e Malcesine situata nella sponda opposta del lago .
Tagliata del Ponale
La prima opera della guerra fu la Tagliata del Ponale costruita a difesa dall’impero austroungarico già nell’800 , dove da dentro nelle gallerie sotteranee portano sia in riva al lago che in qualche postazione accuratamente nascosta .
Forte corazzato (quinta generazione): si tratta della “più ardita opera di architettura militare di tutta la linea di resistenza del settore”: il complesso di opere, distribuito su cinque piani e per uno sviluppo in roccia di circa un chilometro, è collegato a postazioni d’artiglieria, ricoveri, vedette, che si diramano dalle ultime tre gallerie del Ponale, scendendo verso Riva: Il tutto è collegato al Defensionmauer, il muro di difesa posto sopra il zig-zag della strada del Ponale.
Era armato da 4 cannoni da 80mm a tiro rapido due fronte Riva e due fronte Torbole, di due postazioni per mitragliatrice , di tre fuciliere , oltre che da un osservatorio con riflettore
Forte RossoRotes Werk
Era più in alto della tagliata del Ponale , dove l’accesso era in parte in una galleria mentre la fucileria era piazzata in un punto dove godeva di un’altissima visibilità , anche se per raggiungerla ora ci sono difficolta alpinistiche , era anche lui di calcestruzzo ed alcune opere su roccia un collegamento sia comn la tagliata che con la Fonte dello sperone per difendere l’acquedotto che successivamente si collegava alla Densionmauer insomma struttura molto complessa e articolata , presentava come armamento cannoni , mitragliatrici e postazioni di fucileria era composto di calcestruzzo armato a putrelle di ferro o opere direttamente in galleria. Disposto su diversi livelli, scavati nella roccia, con postazioni per mitragliatrici e una fuciliera sulla dorsale sommitale del costone. L’ingresso principale avveniva direttamente dalla strada del Ponale. Il forte era collegato, a Nord, alla Tagliata del Ponale con una galleria. Inoltre era collegato, a Sud, al bunker posto nella gola dello Sperone, per la difesa dell’acquedotto. Il bunker della gola era a sua volta collegato con il Defensionmauer e con le gallerie alla base della parete Est di Cima Rocca.
Bunker acquedotto dello sperone
Situato più verso sud questo fortino proteggeva la valle dello sperone con il suo acquedotto , in posizione strategica quasi non visibile nella vegetazione odierna , era collegato al forte avanzato e alla Defensionmauer
Defensionmauer
Questa linea era posizionata a circa 500 metri più in alto della strada del Ponale a quota 470 m di altitudine con una visuale incredibile , da li attraverso il sentiero del Bech si sale a cima Capi attraverso la linea difensiva posta sotto la ferrata Susatti , anche sopra i zig zag della Ponale sopra il Belvedere sono visibili grosse postazioni .
Questa linea fortificata separa Torbole da Riva del Garda , appena usciti dalla galleria alla fine dell’abitato di Torbole si trova il Forte San Nicolo , da li parte il sentiero che segue la linea sul crinale , e fa parte del sentiero della pace .
Forte San Nicolò Strand Batterie e Felsbatterie
E’ il primo forte che si incontra alle pendici del Brione. Collocato direttamente nell’area del Porto di San Nicolò, si vede anche transitando sulla strada tra Riva e Torbole dove e presente anche la galleria per il passaggio delle auto , mentre la tagliata che collegava il forte a riva del lago ed il suo corpo situato sullo spigolo . Poco sopra il forte c’era la Batteria Sudche non fu utilizzata, al suo posto venne costruita la Felsbatterie (Batteria nella Roccia), che si trova nell’area della villa Favancourt , proprio a monte del Forte San Nicolò. Tra Forte San Nicolò e la Batteria Bellavista, lungo il lago c’erano: la batteria di Punta lido , e la Batteria lago “Seebatterie” . La struttura molto ben conservata anche se alcune parti cono state modificate demolendo alcune strutture e rendendo così agibile per usi civili .
La casamatta di pietra molto ben conservata , anche se era stata modificata nel 1911-12 con una parte verso lago di calcestruzzo , con una moderna corazzatura , fu dotato di potenti riflettori per poter controllare il lago di notte , era armato con 4 cannoni da 150mm a cui furono aggiunti anche 6 cannoncini da 90mm , mentre la Felsbatterie era una opera tutta in caverna di ultima generazione disponeva di 2 cannoni da 90mm , la funzione era molteplice , quella di controllo del lago con artiglierie e riflettori e anche la tagliata fungeva da controllo sul passaggio .
FORTE GARDA Garda Werk
Salendo lungo il crinale dopo il Forte Nicolò verso nord a circa 20 minuti si arriva al Garda Werk era quello più moderno della linea fortificata molto mimetizzato anche grazie al terreno circostante costruito tra il 1904 e il 1907 vedendolo da lontano sembrerebbe del terreno roccioso talmente inserito in quel terreno misto di rocce e terra , costruito con calcestruzzo armato con putrelle in ferro , molto massiccio e resistente presentava una batteria di mortai da 150-300mm , in barbetta cioè all’aperto , la stradina portava direttamente sul versante opposto , costituita da un bunker garitta e da un bunker corpo di guardia “Wachhaus” il corpo dell’edificio era costituito da 3 piani , presentava 4 obici da 100mm in torretta corazzata girevole e 2-4 cannoni da 80mm e tre mitragliatrici , aveva inoltre un osservatorio a cupola girevole con un riflettore da 90mm per il controllo a distanza verso il lago .
Il forte e in fase di ristrutturazione e sistemazione , non ho trovato nessuna segnalazione per quanto riguarda la sua apertura al pubblico .
BATTERIA DI MEZZO Mittel Batterie
Continuando a risalire lungo il costone verso nord e superato tutto il forte Garda , nella parte sud la Batteria di mezzo presenta passaggi che portano alle postazioni ed osservatori che si affacciano sulla parete rocciosa sud est mentre un prolungamento della stessa seconda linea scendeva e saliva dalla parte opposta verso Nago , dove c’erano postazioni di fucileria ed artiglieria ancora visibili , il forte in origine e stato costruito con calcestruzzo e muratura ed alcune gallerie sono ancora visitabili prestando molta prudenza ed attenzione anche se il forte rimane chiuso e sia stato totalmente sistemato , l’armamento era costituito da 4 cannoni da 120mm in casamatta corazzata , 2 mitragliatrici , varie fuciliere ed un osservatorio , nel 1916 c’erano solo 2 cannoni , dal punto di vista strategico era adibito per difendere la zona di Nago , Torbole ed il monte Baldo
FORTE SAN ALESSANDRO Nord Batterie
Questo forte di cui rimangono solo i ruderi era sulla sommità nord del monte Brione ,chiamato anche Campedell fu costruito nel 1860-1862 fu modificato nel 1908 per il conflitto mondiale e dotato di una stazione radiotelegrafica , poco più in basso fu costruita una casamatta ad uso polveriera , casamatta Cretti tutta in pietra , con le postazioni in barbetta , aveva come armamento 6 cannoni da 120mm , poi 4 cannoni da 100mm , una batteria antiaerea ed due cannoncini di piccolo calibro , nel 1916 aveva solo 3 cannoni da 150mm sostituiti poi con sagome di legno.
Di questo forte rimango soltanto rudere immersi nella folta vegetazione .
BATTERIA OVEST
Grotta Batterie
Si trova sulle pendici Nord-ovest del Brione, proprio sopra l’abitato di Grotta, è ben visibile. Scendendo dal Forte S. Alessandro, ci sono tutta una serie di strutture: Casamatta Cretti, Polveriere, le postazioni della linea difensiva che scendeva in località Sabbioni, per collegarsi al trincerone, e le postazioni in galleria e in bunker che servivano per la difesa del monte sul versante Ovest, di cui fa parte anche la Batteria Ovest. Fu costruito nel 1911 , in calcestruzzo armato ed in muratura , ora come nel forte Sant Alessandro rimangono alcuni parti , era dotato di 3 cannoni da 120 mm , la sua funzione principale era quella di proteggere la zona ovest sulla seconda linea di sbarramento dove normalmente venivano stipati esplosivi e munizioni nelle numerose polveriere .
Di queste ultime due opera rimangono solo i ruderi dispersi nella vegetazione .
Arrivati in auto a Romano d’ezzelino si prende verso Semonzo e poi si seguono le indicazioni per l’antica abbazia di Santa Felicità oppure nella parte opposta si trova l’albergo alla Mena . Attenzione che in alcune cartine la numerazione potrebbe essere diversa le cartine riportano 52 ma la numerazione dei segnavia e 952 . La Valle Santa Felicita è una delle valli più importanti del Massiccio del Grappa. Profonda e selvaggia, Valle Santa Felicita sbocca tra Romano d’Ezzelino e Semonzo a quota 200 metri , dal punto di vista escursionistico, è molto bella , si entra nella valle che presenta numerose pareti di roccia utilizzate come palestre .
La prima parte del tracciato e dentro alla valle e si segue la numerazione 180 , poi si arriva ad un bivio dove a sinistra si imbocca il 952 Il sentiero è stato recentemente colpito da un incendio pare doloso , che ha bruciato parte del crinale stesso , questo sentiero porta direttamente a Camposolagna ed e molto bello anche se abbastanza pendente e richiede un impegno fisico buono , non presenta difficoltà alpinistiche e propone scenari molto belli nella parte rocciosa in quanto si riesce ad ammirare la stupenda valle di Santa Felicita , non è molto lungo ma a me e piaciuto molto , e molto praticato e con il 954 chiude il circuito in un anello , arrivati attraverso la mulattiera del sentiero 950 si può scendere dal 954 situato poco prima dello stabile che si trova lungo la strada a Camposolagna ovvero la vecchia Osteria .
Si sale sul Colle Averto e poi Col Campeggia si attraversa il pascolo e si passa vicino alla Gigantesca vasca costruita durante la guerra con la capacità di circa 200.000 situata sulla sinistra del Colle Averto , per poi discendere fino a bivio che scende poi per rientrare alla valle santa Felicita . Questo sentiero per salire e molto meno difficile del 952 , meno ripido anche se meno panoramico in quanto si trova più dentro alla valle , con quindi minore visibilità , ma usato insieme al 952 rimane un bellissimo itinerario .
Su gentile concessione dell’Amico Mauro invio anche la traccia gps dell’anello completo
Tempo di percorrenza del sentiero solo andata : 2h45
Dislivello totale : 828 m
Quota massima raggiunta : 1020 m
Cartografia : CAI Canale del Brenta e Massiccio del Grappa 1:25000
Arrivati in auto a Romano d’ezzelino si prende verso Semonzo e poi si seguono le indicazioni per l’antica abbazia di Santa Felicità oppure nella parte opposta si trova l’albergo alla Mena . Attenzione che in alcune cartine la numerazione potrebbe essere diversa le cartine riportano 54 ma la numerazione dei segnavia e 954 . La Valle Santa Felicita è una delle valli più importanti del Massiccio del Grappa. Profonda e selvaggia, Valle Santa Felicita sbocca tra Romano d’Ezzelino e Semonzo a quota 200 metri , dal punto di vista escursionistico, è molto bella , si entra nella valle che presenta numerose pareti di roccia utilizzate come palestre , i sentieri che la risalgono sono principalmente 2 il 100 Campo Croce e il 180 Cima Grappa , io oggi mi occuperò del 954 che porta a Camposolagna passando per il col Campeggia e il Colle Averto .
La prima parte del tracciato e dentro alla valle e si segue la numerazione 180 , poi si arriva ad un bivio dove a sinistra si imbocca il 954 , dove si trova la sorgente di acqua ” i Sasseti ” si sale ancora qualche centinaio di metri si vede il segnavia e la cascatella di imbocco del 180 , si sale poi per una mulattiera a zig – zag fino ad arrivare al bivio delle postazioni di Col Campeggia , molto belle e bel curate , se si ha tempo e voglia sono molto interessanti da vedere anche questo ne allunga un pò il percorso , si tratta di una trincea didattica molto ben tenute . Arrivati sul Col Campeggia si attraversa il pascolo e si passa vicino alla Gigantesca vasca costruita durante la guerra con la capacità di circa 200.000 situata sulla sinistra del Colle Averto , per poi discendere fino a Camposolagna. Questo sentiero per salire e molto meno difficile del 952 , meno ripido anche se meno panoramico in quanto si trova più dentro alla valle , con quindi minore visibilità , ma usato insieme al 952 rimane un bellissimo itinerario .
Tempo di percorrenza del sentiero solo andata : 3h00
Dislivello totale : 200 m
Quota massima raggiunta : 1084 m
Cartografia : CAI Canale del Brenta e Massiccio del Grappa 1:25000
Descrizione
Si sale lungo la strada Cadorna fino a superare il Monte Nosellari e continuando per la strada a circa 1,5 km si incontra una stradina sulla destra che porta allla partenza del trinceramento di Col Campeggia , anche se volendo lo stesso itinerario lo si può prendere anche da Camposolagna , imboccata la stradina si arriva ad un piccolo posteggio , da dove passa anche il sentiero 954 , da li si inizia il percorso a piedi per poi ritornare allo stesso punto .
Molto bello ed interessante questo itinerario , sopratutto a livello didattico storico , tutto sapientemente recuperato da mani sapienti con una visione panoramica osservativa dell’importanza di questo avamposto , sia logistico che osservativo , verso le posizioni avanzate del monte Asolone , interessante anche la teleferica che portava in quota vettovagliamenti e materiali vari . Il sentiero non presenta difficoltà tecniche e richiede solo un rispetto per questi luoghi sacri che tante vite hanno strappato , ed un rispetto per chi con passione e a titolo gratuito li mantiene tali. Molto bella e la gigantesca cisterna di recupero acqua posta sul Colle Averto , 3.70m x 24.50m x 2.70m capace di 200.000 litri d’acqua .
Note tecniche
Sul terreno risultano tuttora evidenti i resti degli acquartieramenti ricavati contro roccia negli slarghi della strada militare ed ancor meglio i rifugi incavernati. Dopo aver girato la curva davanti la valle e presa la direzione nord, si incontrano gli slarghi dove erano presenti baraccamenti e ricoveri in pietra e le prime delle nove gallerie che completavano il sistema. Dopo una paio di gallerie a ferro di cavallo, e al termine degli acquartieramenti esterni (baracche e ricoveri), parte una galleria in salita e lunga 35 metri, scavata nella roccia di rosso ammonitico, e dotata di una lunga scalinata incisa nella roccia che conduce ad un pozzo di risalita (osservatorio) posto altre il versante. La scalinata è dotata di un corrimano di corda metallica ed il pozzo si può risalire con una scala di ferro. Un sentiero nel bosco in leggera discesa ci porta, tenendo sempre la destra, al sentiero principale che avevamo lasciato all’ingresso. Si percorre ora una scalinata in discesa e lasciando alla sinistra due ulteriori ingressi di gallerie di modesta importanza, sotto ad una poderosa roccia strapiombante troviamo l’ingresso di una galleria, riconoscibile dai resti di una garrita in calcestruzzo. La galleria, la più articolata e lunga una settantina di metri, fu prevista per la protezione delle truppe durante i bombardamenti. Dopo l’ingresso sotto roccia, si snoda con una serie di allargamenti per gli acquartieramenti. Pregevole è la fattura del muro in pietra, posto all’interno e a destra del corridoio principale, e perfettamente conservato. Curiosi anche i sacchi di cemento pietrificati, con la forma della schiena del mulo, all’ingresso dell’arteria franata a sinistra.
Cenni Storici
Il Campeggia divenne perciò importante magazzino e centro logistico per il fronte del settore occidentale del Grappa, in particolare verso la strategica linea di difesa della dorsale dell’Asolone, anche sede di comando, nonché osservatorio per i tiri d’artiglieria verso l’Asolone. Era anche ultima linea di massima resistenza su Santa Felicita, perciò furono approntate numerose trincee per quasi 15 chilometri di scavo (solo in parte recuperate). Lo sfondamento di questo settore, per altro tentato dagli austroungarici con le asprissime battaglie sull’Asolone, avrebbe comportato il facile dilagare senza altre difese verso Bassano del Grappa, principale centro di smistamento logistico italiano.
Posto a quota 1100 m sulle ultime propaggini a sud ovest del massiccio, in vicinanza della Strada Cadorna e sopra la valle di Santa Felicità, assunse un ruolo logistico molto importante durante il primo conflitto mondiale. Venne realizzata per il trasporto dei materiali una ferrovia a scartamento ridotto da Bassano a Santa Felicità, e da qui partivano due teleferiche e una condotta idrica che raggiungevano Campeggia. Dal Col Campeggia partivano a sua volta due teleferiche dirette una a Monte Oro e l’ altra al Monte Asolone.
Col Campeggia, nelle posizioni defilate dal tiro nemico, fu dotato di ricoveri per le truppe e materiali, venne inoltre munito di un sistema fortificato a guardia e protezione della sottostante valle. Fu sede di Comando Tattico del IX Corpo d’Armata, dagli osservatori a pozzo con vista su Monte Asolone e Colli Alti, collegati da un efficiente sistema di gallerie e camminamenti, venivano diretti sia il tiro delle artiglierie, poste sui vicini Col Averto e Malga Andreon, sia le operazioni delle Brigate Basilicata e Abruzzi operanti in questo settore.
Il sentiero è curato dal Gruppo Volontari Antincendi e Protezione Civile di Romano d’Ezzelino, dal Cai di Bassano del Grappa e dall’associazione Musei all’aperto del Grappa.
I lavoro di restauro, ripristino e manutenzione dei vari settori di fronte interessati da trincee e manufatti della Grande Guerra, in particolare nella zona di Camposolagna tra il centro logistico di Col Campeggia e il sistema fortificato di Col Andreon, sono stati eseguiti con grande impegno personale da volontari di numerose associazioni
Volontari Protezione Civile di Romano d’Ezzelino
Associazione Fanti della provincia di Vicenza, zona 2
Ana, Associazione Nazionale Alpini, di Bassano del Grappa, gruppo di Pove del Grappa
Ana, Associazione Nazionale Alpini, di Milano
Ana, Associazione Nazionale Alpini, di Lodi
Ana, Associazione Nazionale Alpini, di Parma
Ana, Associazione Nazionale Alpini, di Venezia
Ana, Associazione Nazionale Alpini, di Dueville (Vicenza)
Ana, Associazione Nazionale Alpini, sezione Artiglieri di Schio (Vicenza)
Queste sono alcune delle medaglie d’oro che qui hanno eroicamente perso la vita per un ideale , che sia da condividere o meno non lo so , ma ciò esige profondo rispetto di tutti quelle persone che qui hanno perso la vita .
Capitano Pantaleone Rapino 119° Rgt. Fanteria ” Emilia ” Medaglia d’oro al Valore
Ortona 29/3/1889 – Porte di Salton ,15 giugno 1918
«Comandante di battaglione in posizione avanzata esposta a violenti attacchi del nemico che da venti giorni lo premeva con forze soverchianti, si erigeva a campione di una difesa epica, infondendo, con alto esempio di valore, saldo spirito di resistenza nelle sue truppe. Ferito gravemente, rimaneva sul campo, continuando ad animare i suoi. Circondato dagli avversari, nell’impossibilità di difendersi, veniva pugnalato nel luogo ove giaceva, dimostrando al nemico, con eroico contegno, tutto il suo sprezzo e la sua fierezza. Porte di Salton 15 giugno 1918 .
Monte Grappa, Porte di Salton, 15 giugno 1918
Capitano Ettore Viola VI Reparto d’Assalto
Fornoli , 21 aprile 1894 – Roma , 25 febbraio 1986
«Comandante di una compagnia di arditi, la condusse brillantemente all’attacco di importanti posizioni. Sotto l’intenso tiro di artiglieria e di mitragliatrici avversarie. Avute ingenti perdite nella compagnia, magnifico esempio di audacia e di ardimento, con un piccolo nucleo di uomini continuò nell’attacco e giunse per primo, con soli tre dipendenti, nella posizione da occupare. Caduti molti ufficiali di altri reparti sopraggiunti, assunse il comando di quelle truppe, e con esse e con i pochi superstiti della sua compagnia, respinse in una notte ben 11 contrattacchi nemici, sempre primo alla lotta. Rimasto solo, circondato dagli avversari e fatto prigioniero, dopo tre ore si liberò con fulmineo e violento corpo a corpo della scorta che lo accompagnava e rientrato nelle nostre linee con mirabile entusiasmo riprese immediatamente il comando di truppe, respingendo con fulgida tenacia nuovi e forti contrattacchi del nemico, incalzandolo per lungo tratto di terreno e infliggendogli gravissime perdite.»
Monte Grappa 16-17 settembre 1918
Numerose altre onoreficienze : 3 medaglie d’argento , 1 di Bronzo , Croce al Merito , e tante altre , fondatore del Istituto nastro azzurro che raccoglie le motivazioni delle medaglie dei soldati .
Tenente Sasso Marco Comandante 3° raggruppamento Alpini colonna di destra
Valstagna 5 aprile 1896 – Val Calcino 11 dicembre 1917
Ufficiale di indomito coraggio, muoveva col proprio reparto all’assalto di una forte posizione, dopo di aver giurato di conquistarla o morire. Gravemente ferito in varie parti da una violenta raffica di mitragliatrici avversarie, giungeva ugualmente, per primo, sulla posizione, e gettatosi sulle armi nemiche, ne uccideva i serventi. Nuovamente e mortalmente colpito da una fucilata, rinunziava di essere trasportato ai posto di medicazione, e disposto a morire sulla posizione conquistata, incitava ancora i suoi alla lotta, col grido: “Avanti, avanti alpini, per l’onore del Re e della Patria ! “. Fulgido esempio di eroismo e di eccelse virtù militari.
Monte Fontanel – Vai Calcino, 11 dicembre 1917 .
Sottotenente Lipella Giovanni 994° Comp. Mitr. 139° Reggimento Fanteria.
Riva (Trento) il 13.11.1899 – Monte Asolone 15 giugno del 1918
«Irredento e volontario di guerra, portò e comunicò fede ed entusiasmo nei suoi mitraglieri. Durante l’infuriare del bombardamento nemico, corse da un’arma all’altra, tutti incitando con la parola e con l’esempio alla resistenza ed alla fiducia nelle sorti del combattimento. Rimasta un’arma senza tiratori e serventi ed in una posizione ormai insostenibile, noncurante del violento fuoco avversario, se la caricò sulle spalle, e, postatala in altro luogo, riaperse da solo il fuoco sulle ondate nemiche. Ferito una prima ed una seconda volta, continuava a tirare, fino a che, colpito ripetutamente al petto, cadde offrendo in olocausto alla Patria la sua bella esistenza.»
Ancora un grazie agli amici Giacomo e Giancarlo Andolfatto per la pubblicazione di questa ferrata su Bassano Week , una ferrata tecnicamente impegnativa sopratutto nel ripido sentiero di avvicinamento ma con scenari particolari e unici come il suo ponte tibetano che passa sopra l’altro sentiero ma comunque aggirabile . Buona lettura
Cenni storici
Teatro di scontri decisivi nel corso della guerra del 1915-1918 e alcuni avvenimenti della 1945 con i partigiani, è conosciuto a molti per il il suo sacrario dalle imponenti dimensioni e che conserva le spoglie di italiani e austroungarici assieme ad un museo della Grande guerra della Galleria Vittorio Emanuele III . Famoso è anche il Sacello della Madonna Ausiliatrice inaugurato il 4 agosto 1901 dal cardinale Giuseppe Sarto . La statua fu mutilata durante il primo conflitto mondiale, ma venne poi ricollocata nel 1921. Alla Madonnina del Grappa è dedicata l’Opera assistenziale fondata, subito dopo la Guerra, con il nome opera della divina Provvidenza Madonnina del Grappa .
Nella prima guerra mondiale, dopo la sconfitta italiana di Caporetto , la cima diventò il fulcro della difesa italiana, tanto che gli austriaci tentarono inutilmente e più volte di conquistarlo, per poi avere accesso alla pianura Veneta.
Tempo di percorrenza del sentiero solo andata : 5h00
Dislivello totale : 1255 m
Quota massima raggiunta : 1543 m
Cartografia : CAI Pasubio – Carega 1:25000
Descrizione
Si sale verso Recoaro Terme ed arrivati in località Facchini , o più precisamente Fonte Abelina , cercare un posto dove lasciare l’auto , cosa abbastanza difficile , si supera una piccola valle e in mezzo a due case si nota il segnavia .
Il sentiero di per se non presenta difficoltà tecniche ma a fisicamente e molto lungo con pendenze interessanti , presenta alcune variazioni di pendenza abbastanza impegnative e varie biforcazioni che possono confondere e che comunque portano nello stesso punto , la salita parte subito con buona pendenza si passano alcune contrade come i Parenti , i Caile , I Marchi , contrade tipiche di questi luoghi impervi , diciamo che fino a Malga Giochele , e all’omonimo Passo Giochele il sentiero e abbastanza duro , per poi essere più dolce superata la curva che porta a sinistra a località Fantoni per poi attraverso le case salire fino al bivio con la bidovia che sale da Recoaro Terme ( Ferma per mancanza di fondi ) oppure a destra sul monte Spitz per poi scendere al bivio con la bidovia . Si prosegue fino alla località Pizzegoro , conosciuta anche come Recoaro Mille o Conca d’oro , da li dopo aver attraversato il pianoro si sale sotto la seggiovia di Montefalcone ( anch’essa ferma per mancanza fondi ) , si prosegue aumentando notevolmente pendenza fino ad dover entrare nel bordo della pista da sci , e raggiungere il passo di Campetto, si può anche proseguendo per il sentiero arrivare nel canale dove sorge la casetta dell’acqua , da li proseguendo e prestando attenzione ai segnavia posti sulle piante di colore giallo fluo , anche se devo dire poco visibili ( quindi se non si è certi del percorso e meglio fare il primo itinerario ) giunti a Campetto si prosegua per circa 30 minuti e si raggiunge Malga Campo d’avanti .
Per la discesa si consiglia tornare indietro e discendere prima per la pista poi giunti a Pizzegoro ed aver fatto il ritorno fino al bivio con la Bidovia a fianco del Chalet si trova il segnavia che porta di nuovo a Fonte Abelina percorrendo poi parte del percorso fatto prima quando si reggiunge contrada Marchi
ATTENZIONE ESISTE ANCHE UNA POSSIBILITA’ DI SCENDERE ATTRAVERSO UN SENTIERO POCO CONOSCIUTO CHE PORTA PRIMA NELL’ANGHEBE E POI ATTRAVERSO IL SENTIERO DELLE MONTAGNOLE BASSE FINO A PIZZEGORO . VOGLIO SOTTOLINEARE CHE PER FARE TUTTO QUESTO SENTIERO IN UNA VOLTA SOLO CI VOGLIONO 8-9 ORE , QUINDI RESTA BISOGNA ESSERE PREPARATI FISICAMENTE E NON FARLO NEI MESI INVERNALI
CENNI STORICI
Questo sentiero era usato dagli uomini della Resistenza armata e civile per raggiungere i monti di Recoaro sui quali si insediò ai primi di gennaio 1944 il GRUPPO DI MALGA CAMPETTO, fulcro originario delle formazioni garibaldine “Garemi”, che portarono poi la Guerra di Liberazione dal Lago di Garda al Brenta, toccando l’Alto Veronese, l’Alto e il Basso Vicentino, il Trentino, le zone ovest e sud-est dell’Altopiano di Asiago.
Qui c’era una fermata del trenino che saliva da Vicenza a Recoaro. Qui c’era l’abitazione di Giuseppe d’Ambros “Marco”, costruttore, insieme con Pietro Tovo “Piero Stella”, del movimento partigiano dell’alta valle dell’Agno. Fonte Abelina costituiva quindi un punto di raccordo essenziale per i dirigenti della Resistenza, per i partigiani della montagna, per le staffette e per i rifornimenti logistici (cibo, vestiario, equipaggiamento, armi, munizioni). La casa di “Marco”, che fu sicuro riferimento per i comandanti e le prime pattuglie del Gruppo di Malga Campetto, continuò ad essere una solida base del movimento partigiano fino al 13 dicembre 1944, quando fu bruciata, insieme alla segheria, dai nazifascisti per rappresaglia. “Marco” ebbe come collaboratori fidati Pietro Benetti “Pompeo”, Primo Benetti “Ceo”, Rino Cavion “Armando”, Narciso Comerlati “Nerone”, Nebrilio Asnicar, Emilio Gorlin, Giovanni Caneva, Giovanni Pozza “Trenker”, Daniele Bruni, Albino Cailotto, Abramo Caneva “Ivan”, Augusto Sandri e altri.
Contrada Caile
La contrada Caile rappresentava per i partigiani un luogo di passaggio, di sosta e di permanenza sicuro per la sua collocazione nel gruppo montuoso del Peserico e soprattutto per l’ospitalità della popolazione, che condivideva con loro gli ideali antifascisti. Uguale simpatia e solidarietà per i combattenti della libertà dimostravano le contrade Benetti, Marchi, Muschi e Consolana. In contrada Caile fu accolto, dopo il primo scontro vittorioso di Malga Campetto contro le truppe nazifasciste (17 febbraio 1944), un numeroso gruppo di partigiani guidato da Clemente Lampioni “Pino”. In questa contrada fu posto per un lungo periodo il Comando della brigata “Garemi”. In contrada Caile il giorno 8 agosto 1944, in una importante riunione dei comandanti, fu fondato il “Gruppo Brigate Garemi”, composto dalle brigate “Stella” e “Pasubiana” e dai battaglioni “Avesani” e “Ubaldo”. In contrada Caile il battaglione “Romeo” comandato da Benvenuto Volpato “Armonica” ospitò la Missione inglese “Dardo”, che aveva tra i suoi compiti quello di controllare il Comando generale tedesco in Italia del Feldmaresciallo Kesselring insediato nelle vicine Fonti di Recoaro, di tenere i collegamenti tra gli Alleati e i partigiani e di procurare loro preziosi lanci di armi e di rifornimenti. In queste contrade indispensabile fu il contributo di tante donne, che sostennero la Resistenza a costo di grandi sacrifici e sofferenze: Maria Benetti, detta la “mamma dei partigiani”, Wilma Marchi, Velia Marchi, Rina Marchi in Cristoforo, Cesira Benetti, Maria Benetti, Liliana Benetti, Rosetta Benetti, Lidia Marchi e Rina Marchi.
Il Giochele
Da questo luogo chiamato “il Giochele”, transitavano le varie pattuglie partigiane sia per raggiungere le posizioni più alte (Malga Campetto, Malga Campodavanti, Valle del Chiampo, monti del Veronese), sia per scendere a valle per colpire obiettivi militari e contrastare l’azione dei tedeschi e dei fascisti. La Malga Giochele, chiamata anche “tèsa della Etta”, costituiva altresì una base riparata e tranquilla per incontri e riunioni. Si fermarono qui, tra gli altri, Raimondo Zanella “Giani” e Romeo Zanella “Germano”, rispettivamente comandante e commissario del Gruppo di Malga Campetto. In questa zona Benvenuto Volpato “Armonica” e Leonardo Facchin “Lupo”, condussero da Selva di Trissino e da Piana molti uomini, che evitarono così di incappare nel sanguinoso rastrellamento del 9 settembre 1944. Nel Giochele il 9 dicembre 1944 ebbe luogo un aviolancio alleato procurato dalla Missione inglese “Dardo”. Fu il primo di otto lanci alla brigata “Stella” che servirono a superare il duro inverno 1944/45 e ad armare i dieci battaglioni in vista dell’insurrezione e dello scontro finale con i nazifascisti.
Località Pré
Il sentiero che attraversa questa conca, chiamata “Pré”, era per i partigiani alternativo a quello del Giochele e veniva utilizzato per disorientare il nemico e per sfuggire ad improvvisi rastrellamenti o puntate. Anche qui la gente del posto era ospitale nei riguardi delle forze della Resistenza, sempre pronta ad offrire sostegno morale e a condividere il poco e povero cibo a disposizione. In quel tragico periodo forse non c’era lo stato d’animo per cogliere la bellezza di questi luoghi. Oggi invece osservando lo spettacolo della natura possiamo anche andare con il pensiero a quei giovani coraggiosi, che ebbero la forza di ribellarsi e di impegnare la loro vita per conquistare la libertà, la pace, la democrazia e per realizzare una società più giusta per tutti. Le conquiste di oggi sono il frutto dell’impegno e del sacrificio, spesso estremo, di tanti donne e uomini, chiamati allora “ribelli”.
Malga Pizzegoro
Malga Pizzegoro era per i partigiani che salivano dal territorio recoarese una tappa obbligata lungo il percorso che li portava a Malga Campetto. Lassù, a 1600 metri di altitudine, stabilì la sua base il Gruppo di Malga Campetto, composto da antifascisti esperti giunti da Padova e da altre località, inviati dalla Delegazione Triveneta Garibaldi (Zanella Raimondo “Giani” – comandante del Gruppo – , Zanella Romeo “Germano” – primo commissario – , Gordiano Pacquola “Oreste” – commissario -, Brenno Guastalla “Carlo”, Norberto Unziani “Boby”, Clemente Lampioni “Pino”, Luigi Pierobon “Dante” e altri). Ad essi si unirono una forte pattuglia di Schio guidata da Giovanni Garbin “Marte”, una pattuglia di vicentini diretta da Bruno Bazzacco “Giorgio” e giovani recoaresi e valdagnesi inviati da “Marco” e da “Piero Stella”. Formati da uomini che avevano sopportato carcere e confino per le loro idee, i partigiani di Malga Campetto cominciarono a percorrere le contrade e i piccoli centri di montagna dell’Agno e del Chiampo per farsi conoscere, per riscuotere la simpatia delle popolazioni e per coinvolgere altri coetanei nella Resistenza. Questi fatti non passarono inosservati e il 17 febbraio 1944 tedeschi e fascisti lanciarono un poderoso attacco da Fongara e da Campodalbero contro il Gruppo. Preavvertiti da “Pompeo” la sera prima, i partigiani si organizzarono e, suddivisi in cinque pattuglie, respinsero l’attacco senza danno, infliggendo al nemico forti perdite. L’azione clamorosa conquistò fiducia e simpatia nei confronti del movimento partigiano e portò molti altri giovani alla causa della Resistenza, cosicché il Gruppo estese le sue basi a Marana, Durlo e contrade alte di Recoaro.
Malga Campodavanti
Dopo la battaglia di Malga Campetto (17 febbraio 1944), le pattuglie partigiane divennero più numerose e furono inviate in varie località verso l’alta Lessinia, le alte Valli del Progno, dell’Illasi e del Chiampo, la Valle dell’Agno, l’alta Val Leogra, Posina, l’Altopiano di Tretti e lungo la dorsale Torreselle-Monteviale. Gli scioperi del marzo 1944, le azioni delle 10 pattuglie partigiane nei mesi di aprile e maggio, la confluenza in aprile del forte gruppo partigiano di Selva di Trissino, guidato da Alfredo Rigodanzo “Ermenegildo-Catone”, l’arrivo di nuovi dirigenti che rafforzano il comando (Nello Boscagli “Alberto”, Attilio Andreetto “Sergio”, Armando Pagnotti “Jura”, Orfeo Vangelista “Aramin”, Romano Marchi “Miro”, Benvenuto Volpato “Armonica”, Giulio Vencato “Giro” e altri), hanno reso il Gruppo forte di centinaia di combattenti per la libertà. Fu necessario perciò dare a tutta la formazione partigiana una organizzazione militare efficiente e adeguata. Il 17 maggio 1944, a Malga Campodavanti di Sotto, alla presenza di centinaia di partigiani e di decine di capipattuglia, fu tenuta la cerimonia del giuramento della XXX Brigata d’Assalto “Ateo Garemi”.
Fongara è un piccolo paese situato a circa 10 km da Valdagno , di circa 200 abitanti , a circa 900 metri di altitudine , qui sembra che il tempo si sia fermato , quasi tutti se ne sono andati per un motivo o l’altro , numerose le problematiche del dopoguerra , qui i partigiani e tedeschi si sono battuti , ma come ben si sa la popolazione e quella che ha pagato a care spese questo prezzo , alcuni con la vita , vedi l’eccidio della Borga . Questo piccolo paese viveva di pascolo , tutti avevano le mucche o quasi . Boscaioli e su quello che potevano dare gli orti , ricordo ancora i negozi del Casolin , Claudio e la Giuseppina , che quando non aveva il resto aveva le caramelle , esisteva ancora il piccolo libro dove si scrivevano i soldi , cosa fai diceva il Casolin : Paghito o noto ( hai i soldi per pagare o scrivo sul libretto ) e tu da come ti aveva raccomandato la Nonna : me nonna ga dito che te noti ( mia nonna ha detto di scrivere sul libretto ). Una realtà fatta di piccole cose uscivi di casa entravi in un’altra sempre porte aperte , sempre chiavi sulla toppa , quasi a dire a tutti questa famiglia è a casa se volete entrate sarete sempre i benvenuti . Ricordo ancora quando mia mi diceva : Gheto visto che ora che se , non gheto mia sentio le campane , xe ora della funzion , via sparissi suito . ( non hai visto che ora è , e non hai sentito le campane , e ora della messa via subito di corsa) .
Questo post lo dedico a mio padre , che qui ci è nato e qui mi ha sempre portato fin da quando ero bambino , qui in questo luogo ho trascorso parte della mia infanzia , dagli inverni sulla pista da sci situata a Recoaro Mille su quella che una volta era considerata la Conca D’oro , e che ora e diventata quello che è un luogo molto bello , ma che purtroppo anche la seggiovia che porta a Montefalcone rimasta chiusa come diverse attività . Ma qui io ci ho passato anche tante estati a correre in giro per prati e boschi nella spensieratezza di quei 10-15 anni che avevo . Ma questo tipo di vita ha forgiato in me la persona che sono , crescendo in quei valori di rispetto , umiltà , onestà e solidarietà che ti entrano dentro piantandosi in quelli che sono rimasti i valori della mia vita . Luciano
Come canta ancora qualche volta mio Padre :
“Fongara sei bella da tutti adorata in mezza giornata si viene e si va …”
Tempo di percorrenza del sentiero dell’anello : 9h00
Dislivello totale : 1320 m
Quota massima raggiunta : 1715 m
Sentieri interessati : 180 – 920 – 970
Cartografia : CAI Canale del Brenta e Massiccio del Grappa 1:25000
Descrizione
Arrivati in auto a Romano d’ezzelino si prende verso Semonzo e poi si seguono le indicazioni per l’antica abbazia di Santa Felicità oppure nella parte opposta si trova l’albergo alla Mena . Attenzione che in alcune cartine la numerazione potrebbe essere diversa le cartine riportano 80 ma la numerazione dei segnavia e 180 . La Valle Santa Felicita è una delle valli più importanti del Massiccio del Grappa. Profonda e selvaggia, Valle Santa Felicita sbocca tra Romano d’Ezzelino e Semonzo a quota 200 metri , dal punto di vista escursionistico, è molto bella , si entra nella valle che presenta numerose pareti di roccia utilizzate come palestre . Il percorso parte con il 180 non presenta difficoltà tecniche , la difficoltà sta nella sua lunghezza , si sale per buona parte dentro la valle per poi imboccando un canalone sulla destra salire un canalone detritico abbastanza ripido per poi riprendere il sentiero in pendenza normale si sale con parti più o meno pendenti ma sempre praticabili fino ad arrivare in una carareccia che sbocca in una strada asfaltata dopo averne percorso un piccolo tratto si rientra nel sentiero ancora boschivo ma con vegetazione molto meno intensa fino a sbucare in quei pascoli a circa 40-50 minuti dal Sacrario di cima Grappa , la zona e sacra e teatro di grandi battaglie e di gravi perdite da entrambi gli schieramenti , si continua a salire fino ad entrare nel gigantesco Sacrario di Cima Grappa , il tempo previsto e di 5h , si può fare una sosta nel rifugio Bassano per poi proseguire attraverso il 920 scendendo nel lato opposto a dove si e saliti , si incrocia la strada che proviene da Feltre , e si prosegue la discesa per monte Rivon con continui sali e scendi su pascoli con un panorama unico e mozzafiato sulla pianura e sulle piccole dolomiti , si sale sul Monte Coston , e poi si scende sul Forcellino conosciuto come Croce del Termine , prendendo il sentiero di sinistra si inizia a scendere dal 970 che nel tratto iniziale e su pascoli fino ad un certo punto entrare nel bosco si scende passando in diverse malghe fino ad arrivare in località Cibara per poi mantenendo sulla destra il ristorante Cibara , passare per l’omonoma chiesetta e rientrare in una piccola valle , si continua il percorso 970 sempre in leggera discesa fino a raggiungere Cason Pianaro , per poi aumentare leggermente la pendenza fino ad arrivare al bivio con il 180 , rientrati in questo sentiero quasi tutto nel bosco si scende agilmente fino a raggiungere il canalone dove e meglio prestare una certa prudenza complice anche il fisico che inizia ad essere stanco da circa 6-7 ore di cammino , fatto il canalone il sentiero ritorna ad essere piacevole fino all’arrivo a valle Santa Felicita .