Questa via ferrata , non è facilmente raggiungibile il suo attacco in quanto parte dal Rifugio Carducci 2297 m , oppure dal Rifugio Pian di Cengia 2528 m, e porta al Bivacco De Toni 2490 m, praticamente con questa ferrata si può completare il giro completo della Croda Dei Toni . La si può utilizzare soprattutto in itinerari di più giorni . Si può Salire dal 103 Val Giralba , dal 106 Val Marden , dal 1107 Val di Cengia dove però inizia ad essere impegnativo come tratto da percorrere in giornata.
Descrizione
Questa via insieme ad altre vanno a completare un’escursione di più giorni , la via parte dal rifugio Carducci 2297 m , si prende il sentiero 107 si passa per il lago nero e con diversi piccoli saliscendi fino a Forcella Maria 2406 m, da dove inizia il tratto attrezzato dapprima sembra semplice , ma poi inizia a fare sul serio con tratti di un certo impegno tecnico mentre passa sotto Punta Maria , e la Cima Auronzo alcuni tratti abbastanza esposti anche se privi di grosse pericolosità , si avvicendano ad altri in cui ci si passa solo abbassati ed anche in altri con le ginocchia , la visuale è verso la val Gravasecca presenta un scenario fantastico ed incredibile , in un ambiente severamente dolomitico , si prosegue tra sali e scendi , attrezzati e non , fino a superare il ponte situato sotto la Cima D’Auronzo , la Croda Berti del maestoso gruppo Croda Dei Toni , si prosegue fino a raggiungere un tratto soggetto a frane detritiche dove la corda in acciaio e stata sostituita da una corda statica , ed in questo tratto bisogna proseguire con una certa velocità , non e consigliato sostare in questo tratto a causa dei possibili distacchi di sassi o frane di detriti ; il tratto che si presenta ora è impegnativo si sale con una certa pendenza , su una roccia abbastanza scivolosa e con pochi appigli dove la tecnica ti dare le risposte per affrontarlo , inutile dire che la pendenza nn molla ed il bivacco si inizia a farsi vedere in lontananza sembrando irraggiungibile , la salita e attrezzata ma molto variabile nel suo percorso , si risale il canalone ripido e franoso fino a raggiungere il Bivacco De Toni e la forcella dell’Agnel 2578 m raggiunto la forcella ci avvieremo a seconda di dove siamo saliti , se saliremo sulla Forcella Croda Dei Toni 2524 m , proseguendo e raggirando la Croda Dei Toni si potrà ritornare al rifugio Carducci 2297.
Si sale per la strada 46 che da Schio porta al Pian delle Fugazze , raggiunto il cartello di confine tra Veneto e Trentino sulla sinistra e presente il posteggio dove lasciare l’auto , e proseguire a piedi.
Descrizione
Si imbocca il sentiero situato sull’altra parte della strada adiacente al cartello giallo nero del vecchio confine austroungarico , si sale dapprima sull’antico cippo quello dove sono presenti le formelle , quelle dell’impero austroungarico e italiano , superato il cippo il sentiero sale in maniera ripida e decisa , con tornanti e zig zag che riescono in parte a ridurne la pendenza si sale di circa 300 metri impegnativi ma molto panoramici composti soprattutto da ghiaioni detritici , fino ad una piccola sella 1415 m, per poi entrare in un pezzo con mughi e alberi , si passa dal crinale destro a quello sinistro salendo ora in mezzo a mughi mentre le pendenze non mollano , la presenza di alcuni pezzi di corda aiuta la risalita anche se non risulta pericolosa , alcuni tratti su rocce ne aumentano la bellezza , si raggiunge cosi anche la prima delle cime il Bacchetton 1555 m dove sale anche l’omonimo Vajo , da dove si può ammirare il pezzo successivo di percorso che sale ancora irto fino al Sengio dell’Avvocato 1731 m e prosegue ancora con scenari sia meravigliosi essendo un sentiero di cresta permette una visione unica , ma continua a salire poi con passaggi incredibili quasi dolomitici una visione verso la valle di incredibile bellezza a 360 gradi mentre iniziano a vedere postazioni e la lunghezza dell’occhio tempo permettendo arriva lontano . Il sentiero prosegue con un passaggio fantastico sopra un sasso incastrato quasi a tenere aperta la breccia profonda sotto , proseguendo si continua a salire con fatica notevole anche per raggiungere altre piccole vette tra mughi e rocce , una volta a destra una a sinistra, si raggiunge così il primo paraneve dove si può volendo uscire e raggiungere la strada degli eroi, ma proseguendo si sale ancora superando la bocchetta a quota 1800 m, per poi salendo ancora mentre il terreno diventa sempre più composto da mughi e roccia , si raggiunge la cima del Pria Favella 1834 m , per poi superato il Colletto alto della Val di Fieno 1777 m , e dove arriva anche il boale della Lorda , fino a raggiungere la strada degli eroi poco prima della Galleria D’Havet .
Ritorno
Il ritorno si fa dalla rotabile per la val di fieno , oppure salendo fino al rifugio Papa e scendere dalla Val canale , un eventuale e buona alternativa e di salire fino al Cogolo Alto e scendere per il 398 Creste dell’incudine .
Qui sotto potrete Visionare il video per gentile concessione di Pietro Filippi: Buona Visione
QUESTO E UNA VIA NORMALE , CIOE UN ITINERARIO PER ALPINISTI O ESCURSIONISTI ESPERTI NON E PER TUTTI , CI VUOLE UNA OTTIMA PREPARAZIONE FISICA , ED UNA CONOSCENZA DELL’AMBIENTE ALPINO DI ALTA QUOTA , MOLTA ATTENZIONE VA DATA ANCHE ALLE CONDIZIONI METEO
Tempo di percorrenza: 6h00andata e ritorno
Dislivello totale: 600 m dal Giussani1200 dal Dibona
Quota massima raggiunta: 3244 m
Rifugio di Appoggio: Rifugio Dibona 2037 m – RifugioGiussani 2600 m
Avvicinamento
Dopo essere salito a Cortina si prende per il Passo Falzarego 2105 m , raggiunto un bivio si sale sulla destra , verso il rifugio Dibona 2037 m dove si lascerà l’auto e si proseguirà a piedi per salire al Rifugio Giussani 2600 m dove si pernotterà , per poi il mattino successivo salire sulla Tofana di Mezzo e Tofana di Dentro. Oppure per chi è più preparato si può salire direttamente ma il dislivello diventa importante e da non sottovalutare partendo dal Rifugio Dibona 2037 m.
Descrizione
Questa via è l’unica che permette di salire sulla Tofana di Mezzo 3244 m e sulla Tofana di Dentro 3238 m senza vie attrezzate a parte l’ultimi tratti in cui la corda fa quasi da corrimano , ci sarebbe quello che sale da Capannina Ra Vales sul rovescio della Tofana di Dentro ma risulta lunga e si attraversano tutte le Tofane per poterci salire , tornando al percorso , il punto di partenza rimane il rifugio Dibona 2037 m , salita molto semplice e panoramica verso il Rifugio Giussani 2600 m , proprio li ai piedi delle Tofane con una visione verso i Lastoi del Formin , Croda da Lago , Averau , Nuvolau , mentre sullo sfondo sopra Cortina l’imponente Sorapiss e sua maestà l’Antelao , raggiunta Forcella Fontananegra sulla destra del rifugio Giussani si sale su un ghiaione impervio fino a raggiungere la forcella che si raggira a sinistra una cengia in cui si nota una postazione di Guerra su di un passaggio con roccette raggiungendo Punta Giovannina raggirato l’ostacolo si entra nel primo avallamento dove il sentiero si fa stretto ed in cui si deve prestare molta attenzione , si effettua un semicerchio in un scenario incredibile fino a Forcella Vallon dove il percorso rientra di nuovo per compiere un altro semicerchio di incredibile bellezza dove si può ammirare sullo sfondo in basso la val Travenànzes e in alto il Lagazuoi . Si prosegue con un piccolo tratto in salita che ci porterà sul laghetto e su quel che rimane del ghiacciaio , l’ultimo tratto che poi entrerà nella ferrata del Formenton risulta un pò ripido e detritico , ma tenendosi lateralmente si sale su rocce solide ,ancora circa 25 minuti di salita attrezzata anche se con molti gradoni si raggiunge la vetta della Tofana di Mezzo 3244 m , mentre leggermente più in basso si nota l’arrivo della Funivia da Capannina Ra Vales e dove esiste un piccolo Bar.
Ritorno
Il ritorno viene fatto dalla stessa via fatta in andata in quanto compiere la discesa per la ferrata Aglio la considero pericolosa , eventualmente era presente una via che permetteva di scendere dalla Tofana di Dentro verso la Capannina Ra Vales più comoda che passava dal Bivacco degli alpini, attualmente chiusa per una frana, questa avrebbe permesso si discendere ma il rientro sarebbe stato di lunghezza notevole .
Si sale fino a Recoaro Terme , superato l’abitato si prosegue verso la località Gazza , fino a raggiungere i Menarini , dove si trova il campo sportivo e l’omonima Pizzeria Menarini , dove si lascia l’auto per poi imboccando a piedi la strada di che sale prima ai Ronchi e poi alle Casare Asnicar.
Descrizione
Il sentiero dapprima sale sulla strada asfaltata che porta verso la contrada Ronchi , dopo circa un km si nota sulla strada una casa bianca contornata da campo e adiacente ad un bosco , si noterà inoltre il cartello del sentiero , si sale mantenendo la casa sulla destra in una valle piuttosto selvaggia , si transita in mezzo ad alcune case diroccate , per poi ricominciare a salire con un zig zag poco difficile fino a raggiungere la contrada Orsati , si prosegue passando in mezzo alle case per poi risalire in mezzo ad un boschetto , fino al bosco dei Suntra dove si potranno vedere le meravigliose creazioni in legno quasi messa a protezione del bosco , si continua a salire entrando così poi sulla strada che porta alle Casare e alle Montagnole Basse , dopo aver percorso alcune centinaia di metri in una curva si incontra di nuovo il sentiero che entra nel bosco (attenzione il segnavia e per terra sull’asfalto e risulta difficile la sua individuazione ) per evitare la strada asfaltata . Superato questo ultimo pezzo si prosegue sulla strada asfaltata superando Malga Serita e raggiungendo cosi le Casare Asnicar , dove volendo si può salire anche a Malga Morando ( Ofre ) oppure alla Cabiola . Questo itinerario non è difficile e molto bello perchè sale in un ambiente unico un bosco spettacolare con panorami selvaggi ed unici a pochi passi da casa . Il ritorno si ripercorre a ritroso il tracciato , che raggiunto il bosco dei Suntra anzichè scendere agli Orsati tenendo la destra si può proseguire per la contrada Ronchi e superata la contrada in discesa , su una curva si trova il segnavi della variante Sentiero dell’Orsetto
La leggenda dei Suntra
Un giorno di mille anni fa i Suntra decisero di partire. Lo fecero tutti insieme, al rullo del tamburo, sfilando mestamente davanti alla regina Astra Zeneka che, ritta sulla sommità di un piccolo rilievo erboso, sembrava con gli occhi scrutare lontano, oltre alle colline e i Monti che disegnavano l’orizzonte verso sud. Passarono per primi i saggi severi dalle lunghe orecchie, poi gli gnomi barbuti e chiacchieroni, e dietro di loro alcuni uomini dalle insolite fattezze e le donne con i loro piccoli, seguiti dagli elfi dispettosi, più indietro le bisce striscianti, gli animali parlanti e le creature del cielo.
Era un popolo strano quello che si metteva in cammino: esseri sconosciuti dal resto del mondo che per cinquanta e più generazioni avevano abituato, nascosti guardinghi nel folto della foresta, nei luoghi selvosi di una terra che gli umani chiamavano baio-warioz, “Baviera”. Troppo fredde erano diventate le stagioni, troppo scarsi i frutti del bosco, ormai così rari che i più giovani del clan si erano stancati di andare a cercarli. Ma, soprattutto, era stato l’avanzare dell’uomo a minacciare la sopravvivenza stessa dei Suntra.
Erano arrivati a decine, a centinaia gli umani con le loro asce, e la boscaglia aveva cominciato a ridursi, anno dopo anno. I Suntra avevano visto la loro terra spogliata, gli alberi abbattuti e le loro piccole case sotterranee e i nidi e i rifugi tra i rami sempre più in pericolo. Se ne andarono silenziosi in un giorno nebbioso agli inizi dell’autunno, così da anticipare le prime gelate. Portavano con sé le poche cose necessarie per nutrirsi durante il viaggio che avrebbero compiuto di notte al chiarore delle stelle, per non farsi scoprire.
Molte lune trascorsero. Finalmente, affamati e stanchi, dopo avere attraversato valichi impervi e montagne scoscese, raggiunsero la sommità di una valle dove Astra Zeneka ordino al piccolo popolo di fermarsi. Un torrente scorreva sul fondo, separando con il solco d’argento i versanti di un’unica grandiosa foresta dorata, che la prossima estate si sarebbe certamente colorata di smeraldo. Fili sottili di fumo scorgevano lontano.
Lassù invece, in quella radura racchiusa tra il fitto intrico degli alberi, e nei Colli boscosi e nei Monti tutti intorno, tracce di umani non se ne vedevano. La regina consultò i saggi. Alla fine fu deciso che quel luogo, così ricco di boschi generosi e sufficientemente lontano dalle abitazioni degli uomini, sarebbe diventato la nuova patria del popolo nascosto: la terra dei Suntra. Altri mille anni trascorsero, altre cinquanta e più generazioni dell’antica stirpe del nord vissero tra i boschi dei Suntra.
Poi una mattina di gennaio, qualcosa di inatteso di sorprendente accadde. Gli gnomi barbuti, i folletti dispettosi, gli strani animaletti capaci di parlare diventarono d’un tratto persone vere e creature vive del mondo di fuori: uomini e donne, uccelli e rettili simili a quelli che abitavano al di là, lontano dei sutra.
Non si seppe mai chi fu ad operare la trasformazione, e perché. Si seppe però che lei, la regina Astra Zeneka, venne mutata in un essere molto diverso da tutti gli altri, così minuscolo da essere invisibile agli occhi, ma destinato al guarire gli umani da un male insidioso che aggrediva tutti, in ogni parte del mondo.
Da allora, il ricordo di com’era un tempo il popolo dei Suntra vive nelle figure scolpite – corpi, sguardi, volti- che sono lì a presidiare le loro antiche tara che sto sovrasta la valle; e nelle urne finemente decorate custodiscono i resti dei lontani progenitori, dei Suntra che non ci sono più. Sono sagome multiformi, protette dal lieve sorriso di lei, la buona Regina intenta a guardare laggiù, verso l’orizzonte lontano, dalla parte dove sorge il sole.
Tempo di percorrenza: 3h40 fino al Carducci , 5h40 fino al Fondovalle
Dislivello totale: 1340 m
Quota massima raggiunta: 2297 m
Come Raggiungere
Dopo aver superato l’abitato di Auronzo si nota verso la fine dell’abitato Pian della Velma dove si noterà una valle sulla destra , si imbocca questa stradina e si sale per qualche centinaio di metri fino a raggiungere un piccolo slargo dove lasci l’auto e si prosegue a piedi , verso linterno di questa valle .
Descrizione
Dopo aver superato la località Pian della Velma le ultime case , si entra nel bosco e si lascia l’auto in qualche spiazzo presente , eventualmente proseguendo lungo la valle si trova lo spiazzo prima della partenza dell’itinerario , molto bello ed appagante il sentiero che sale sulla destra della valle con ripidi zig zag che portano in quota, per poi rientrare nell’alveo del torrente , anche se sono presenti alcune frane detritiche che rendono un pò più complesso il transito , mentre la valle si allarga dopo un primo restringimento della Val Giralba Bassa, si attraversa un ponte con il bivio con il 109 Val Stallata che porta al Bivacco cadore 2219 m ed alle Ferrate Roghel a destra ed alla Cengia Gabriella a sinistra . Raggiunto il Pian delle Salère 1365 m , si inizia di nuovo a salire con numerosi tornanti dell’Alta Val Giralba , con tratti boschivi di sempreverdi e tratti erbosi in una valle molto stretta , che poi si allargherà a circa 500-800 metri dal rifugio dove i prati lasciano lo spazio ai camosci e alle marmotte , prima di raggiungere finalmente il Rifugio Carducci 2297 m sotto la maestosa Croda Dei Toni 3090 m e poi raggiungibile anche la Forcella Giralba a 2431 m , dove si potrà ammirare l’Alta Val Fiscalina , il Rifugio Comici 2224 m , con sopra il pianoro del Pian di Cengia con punta Fiscalina , mentre appena sotto si può vedere il lago ghiacciato che imbocca il 101 La strada degli Alpini EEA , e la busa di Dentro che porta a Cima del Poperà 3046 m, mentre il sentiero 103 prosegue per il Rifugio Comici e l’AltaVal Fiscalina fino al rifugio Fondovalle 1548 m.
In questo percorso ho riportato il sentiero solo fino al Rifugio Carducci perchè prolungare il percorso fino al rifugio Fondovalle bisogna compiere il percorso in più giorni , altrimenti il rientro risulta difficoltoso per i tempi e la fatica . Per quanto riguarda altri sbocchi sia sulla sinistra del Rifugio si può trovare il sentiero 107 Ferrata Severino Casara EEA oppure sulla destra il 110 Ferrata Cengia Gabriella EEA tutte vie di un certo impegno tecnico ed eseguibili sempre in più giorni .
La strada degli alpini , chiamata anche cengia della salvezza, le parole per descrivere questo percorso non sono facili da trovare , la definizione strada credo sia calzata a pennello in quanto per l’arditezza dei tracciati e degli alpini qualsiasi tratto praticabile a piedi diventa un sentiero , questa via attrezzata ne è la dimostrazione , un’itinerario molto bello e variegato che propone scenari e passaggi unici nel suo genere. Luciano
Tempo di percorrenza: 5h30 + circa 2 ore per la val Fiscalina
Dislivello totale : 900 m
Quota massima raggiunta: 2300 m
Come Raggiungere
Si sale verso località Sesto , sia che si passi da Auronzo oppure si salga direttamente a Sesto , evitando cosi di passare sia per Cortina d’Ampezzo che da Auronzo di Cadore e il lago di Misurina , raggiunto l’abitato di Moso si prende la Val Fiscalina fino a raggiungere un ampio posteggio a pagamento dove lasceremo l’auto e proseguiremo a piedi verso il Rifugio Fondovalle.
Per i più arditi e preparati si può scegliere di salire da Auronzo di Cadore passando per il Rifugio Carducci 2297 m , salendo dalla valle Giralba e poi transitando sulla forcella Giralba 2431 m si entrerà nella strada degli alpini , ricordo che questo implica un’escursione di più giorni e con diverso dislivello , non è certamente alla portata di tutti.
Descrizione
Si sale la Val Fiscalina passando per il Rifugio Zsigmondy-Comici 2224 m fino al bivio che porta a Forcella Giralba 2431 m. per il sentiero 101 e poi appena dopo il rifugio prendere il 107 , fino a raggiungere un piccolo pianoro ad alcune centinaia di metri dalla forcella denominato lago ghiacciato da dove partirà il nostro percorso , ovvero il sentiero attrezzato Strada degli alpini , la si potrebbe fare salendo ma si raggiunge il sentiero con maggiore difficoltà magari più stanchi e poco concentrati , mentre qui i passaggi sono quelli più complessi. La val fiscalina nn presenta grosse difficoltà anche se la pendenza essendo più corta della Valle Sassovecchio ovviamente sale più irta , imboccato il nostro percorso il primo tratto è sotto il vallone del Popèra e la via normale per salire al Popèra passando per il ghiacciaio omonimo , attraversati tutti i ghiaioni si prosegue fino a raggiungere l’inizio del tratto situato in cengia e attrezzato , ovviamente obbligatorio l’uso del Caschetto ed imbrago , la cengia si restringe man mano che si avanza aumentando anche la parete strapiombante donando panorami incredibili verso la valle e la zona del pian di cengia e punta Fiscalina , si prosegue concentrati ed attenti passando sotto la cengia della Spada , dove un ansa all’interno della roccia rende questo panorama incredibile, per poi uscire sopra la busa di Fuori dove all’inizio del ghiaione è ancora presente un piccolo ghiacciaio , superato il tratto di cengie del Vallone si inizia a salire su un ghiaione fino a prendere quota e poi proseguire trasversalmente seguendo le caratteristiche del terreno fino al bivio della forcella Undici , ed il Passo della Sentinella che ricordo 2717 m e che non è alla portata di tutti , le difficoltà del passo non sono tanto arrivarci , ma il come scendere dal passo stesso visto che è presente un tratto attrezzato posto in un camino quasi dritto ed è l’unica via per rientrare in val Fiscalina , invito quindi proseguire per la forcella e ritornare verso il sentiero n° 124 prima nel vallone della Sentinella , meno ostico ma a cui bisogna sempre prestare attenzione , il ghiaione può essere insidioso ed imboccare alla fine del vallone il sentiero n°122-124 che porterà al rifugio Fondovalle 1584 m. Così facendo si chiude uno dei più belli anelli dolomitici.
Cenni storici
La strada degli Alpini è un percorso alpinistico attrezzato nel gruppo dolomitico del Popèra conosciuto anche come Dolomiti di sesto. Un percorso su roccia, ardito, aereo e impressionante di questo percorso, usato dagli Alpini nella prima guerra per collegare la forcella Giralba e la terrazza ovest di Cima Undici , fu chiamato cengia della Salvezza. Questa inizia al margine della Busa di Dentro e segue una cengia naturale, allargata e resa transitabile dagli alpini in guerra, alla base di Cima Undici-Cresta Zsigmondy.
Il tragitto, che inizialmente si fermava a forcella Undici (difesa dagli austro-ungarici), fu poi chiamato strada degli Alpini e reso alpinisticamente percorribile fino al Passo della sentinella. La “scoperta” del passaggio chiave avvenne nel 1926 per merito dell’alpinista accademico del CAI Francesco Meneghello (socio anche delle sezioni di Vicenza, Valdagno e Cadorina) con Carlo Baldi (sezione di Vicenza).
Questi due ottimi rocciatori erano stati incaricati dalla sezione Cadorina del Cai di individuare un passaggio logico che permettesse il collegamento fra i due grandi valloni del Popèra, quello occidentale e quello orientale. I due specialisti individuarono la via giusta e aprirono così all’escursionismo di alto livello uno dei percorsi più celebrati delle Dolomiti. Il famoso percorso in croda fu poi attrezzato con corde metalliche e scalette a cura della sezione di Padova del CAI e inaugurato sei anni dopo, esattamente il 18 settembre 1932. (Croda Rossa di Sesto )
Servì anche, e soprattutto, per unire, attraverso il passo della Sentinella, il rifugio Zsigmondy Comici in alta val Fiscalìna al rifugio Olivo Sala al Popèra situato poco lontano dal rifugio Antonio Berti al Popèra passando dalla provincia di Bolzano a quella di Belluno attraverso il vecchio confine di Stato fra il Regno d’Italia e l’Impero austro-ungarico. Fu decisa la costruzione di questa via, in quanto le truppe italiane non riuscivano a penetrare nel territorio austriaco dal Passo di Monte Croce di Comelico.
La strada degli Alpini fu resa militarmente praticabile dai soldati italiani, guidati dal maggiore Italo Lunelli (al quale le autorità Italiane diedero il falso nome di Raffaele Da Basso, essendo un irredentista), sul versante ovest di Cresta Zsigmondy e di Cima Undici ; intagliata per lunghi tratti nella roccia a forza di braccia, la Cengia servì per raggiungere e fortificare le postazioni sulla cresta di Cima Undici durante la preparazione dell’attacco al passo della Sentinella, posto tra la Croda Rossa di Sesto e Cima Undici , che segnava all’epoca il confine italo-austriaco.
Nell’agosto e nel settembre 1915 ci furono i primi vaghi tentativi di prendere il passo, ma fallirono tutti. Nella primavera fu deciso di utilizzare il piano Venturi, che prevedeva la conquista del passo con una manovra a sorpresa dall’alto. Per l’esecuzione del piano furono costruite due basi, sulla forcella Giralba e sul Creston di Popèra. A marzo si procedette con l’occupazione di Cima Undici, posizionandovi anche un pezzo da 65 mm, una mitragliatrice e un lanciabombe. Il 13 aprile il generale Venturi emanò l’ordine definitivo, e l’attacco fu fissato per il 16 del mese, che effettivamente iniziò alle 5.30 del mattino, e finì con la resa degli austriaci. L’attacco fu portato a termine da soldati appartenenti a diversi corpi, tra cui i Mascabroni ( Alpini di un reparto speciale ) del capitano Giovanni Sala. Nei fatti, i “Mascabroni” al comando del capitano Giovanni Sala, appostati a Cima Undici , si divisero in due gruppi e discesero per canaloni scarsamente sorvegliati, perché giudicati “impraticabili e suicidi” dal comando austriaco, cogliendo di sorpresa il presidio nemico, che fu quasi completamente fatto prigioniero, e tagliando le loro linee di comunicazione. L’operazione, costata solo 5 feriti, fu talmente silenziosa e ben riuscita che venne scoperta con tre ore di ritardo dagli austriaci, quando ormai il consolidamento delle postazioni italiane rendeva inutile il loro contrattacco.
La grande terrazza ovest di Cima Undici fu occupata solo parzialmente dagli italiani che vi situarono postazioni fortificate e baracche da cui si spinsero verso l’alto. L’ultimo tratto della terrazza, quello più a nord, era sotto il tiro degli austriaci che erano insediati a forcella Undici dove resistettero caparbiamente persino dopo la presa del vicino passo della Sentinella e della vicinissima Torre del Dito.
Il percorso fu adattato a sentiero per escursionisti esperti fin dagli anni 30 , e non presenta particolari difficoltà, se affrontato in piena estate, senza neve e con l’adeguata attrezzatura da ferrata. Mentre il percorso originale arrivava fino alla forcella Undici, il tratto che da questa porta al passo della Sentinella è invece stato attrezzato dal CAI della sezione di Padova negli anni 70.
QUESTO E UNA VIA NORMALE , CIOE UN ITINERARIO PER ALPINISTI O ESCURSIONISTI ESPERTI NON E PER TUTTI , CI VUOLE UNA OTTIMA PREPARAZIONE FISICA , ED UNA CONOSCENZA DELL’AMBIENTE ALPINO DI ALTA QUOTA , MOLTA ATTENZIONE VA DATA ANCHE ALLE CONDIZIONI METEO
Tempo di percorrenza: 3h30andata dall’attacco
Dislivello totale da Forcella Piccola : 1171 m
Quota massima raggiunta: 3264 m
Avvicinamento
L’avvicinamento a questa via può essere fatto da diverse località , la più usata ed ovvia è quella di San Vito di Cadore , salendo fino al posteggio delle piste da sci e poi attraverso il Rifugio Scotter 1580 m ( dislivello 1684 m) . Oppure salendo fino al Rifugio San Marco 1823 m , ed il mattino successivo salire prima a forcella Piccola 2120 m e poi imboccare la Via Normale ( dislivello 1441 m). Altra via è quella di raggiungere il Rifugio Galassi 2013 m , e poi il mattino successivo salire la via Normale ( dislivello 1251 m).
Descrizione
Il percorso di questa via normale è severo e presenta tutte le caratteristiche di questa importante e maestosa montagna , neanche il dislivello più corto rende semplice questa ascesa , del resto quello che si ha di fronte è il Re delle Dolomiti , il suo terreno e in parte ghiaioso per la sua fragilità ma nello stesso tempo duro ed ostico in quei suoi immensi lastroni di pietra durissima , i suoi spigoli vivi in ogni sua presa con le mani rende questa montagna parte di te in quei passaggi severi ed in ambiente in cui la scelta del percorso va di pari passo con la difficoltà e dove la concentrazione non deve mai scemare. Le difficolta di alcuni passaggi rendono l’ascesa qualcosa di unico e grandioso l’arrivo sulla cima riempie cuore e occhi di quelle emozioni che solo qui si possono risvegliare , salendo il primo tratto ghiaioso si può ammirare cose mai viste ed inspiegabili raggiunta la zona della Bala , si cambia musica e ritmo si sale su roccette dove il piede trova la sua posizione con facilità e la mano stringe quella presa che garantisce un contatto quasi umano diventando un tuttuno con la montagna, mentre il tratto propone nuove e diverse difficoltà, e dopo aver superato questo tratto si sale quasi alla ricerca di una traccia o di un possibile sentiero per risalire, fino a raggiungere quello spettacolo che sono quei lastroni che finiscono in fon do con pareti strapiombanti , dove anche i materiali contano sulla tenuta del cammino , si sale sulla sinistra in un spigolo che ti permette di ammirare quel ghiacciaio che in basso a quota 2500 m rimane li nascosto da sole , finito il lastrone lungo circa 300-400 metri si mettono di nuovo le mani su quella roccia spigolosa e tagliente per compiere quegli ultimi passaggi su scenari che ti permettono di capire la severità di questo ambiente fino a raggiungere quella vetta che tanto abbiamo desiderato e dove una lacrima colma quella fatica e lascia lo spazio a delle grandissime ed inspiegabili emozioni.
Ritorno
Per il ritorno si scende dalla stessa via , prestando molta attenzione , il tempo di discesa fino al bivio è di circa 2h30 , per il Rifugio Galassi 2013 m , oppure per chi deve scendere al Rifugio Scooter 1580 m, circa 1h20.
Riflessioni
Sono salito su questa montagna con umiltà sapevo che nn sarebbe stata semplice , ma sapevo che avrebbe riempito occhi , cuore ed anima , di quel contatto diretto quasi corpo a corpo con le sue pietre taglienti dove le mani facevano presa sicura in qualche ostico passaggio , dove la roccia si vive , si sente e si stringe , dove il tuo piede cerca un appoggio sicuro e stabile, e proprio li che l’occhio spazia in quel scenario unico di quei imponenti lastroni che rendono questa via qualcosa di unico ed incredibile , del resto L’Antelao è il Re delle Dolomiti 3264 m .
La Leggenda della Sambalana Principessa del Bianco inverno
Leggenda narra che da queste parti, il giorno delle nozze di Merisana, la regina dei Lastoi, con Rèj de Raiés (re dei raggi), il sovrano dei piani dell’Antelao dai fiori e fronde loro donati dai sudditi nacque il larice. Le giovani foglie che germogliano in primavera sui larici altro non sono che il velo di sposa di Merisana che, posato dalla regina sui rami secchi dell’albero, lo fa rifiorire in primavera
Leggenda vuole che sull’Antelao viva Samblana, la principessa del bianco inverno. Allontanata dai Maòi suoi sudditi, continuamente vessati per il desiderio di vestiti sempre più suntuosi, rimase a lungo confinata fra le montagne di vetro con il lungo velo – intessuto d’argento, luce e albume d’uovo incastrato fra i ghiacci, impossibilitata a muoversi e ben presto dimenticata da tutti.
Pentita per la severità del proprio comportamento verso il suo popolo, fu un giorno raggiunta da due bambine, morte senza battesimo e in attesa di entrare nel regno dei cieli, che si offrirono di aiutarla. Con il tempo si unirono altre bambine, finché assieme riuscirono nell’intento di liberare Samblana e sollevare il suo pesantissimo strascico. La principessa visitò allora le Tofane, la Marmolada e il Ghiacciaio della Fradusta ma alla fine scelse come dimora Nantelou anche se, si narra, inizialmente abitasse nel bosco di Bajon dove possedeva un maestoso faggio presso una fonte magica. Ogni anno, quando a fine inverno veniva raggiunta da un numero di bambine sufficiente a trasportare il velo, ne congedava alcune regalando loro un pezzo di tessuto, con il quale potevano accedere all’agognato regno dei cieli. Un bel giorno arrivarono anche le gemelle Iemeles, che offrirono una stupenda pietra azzurra ed i propri servigi alla principessa, ma ormai non c’era più bisogno del loro aiuto, cosicché Samblana decise che sarebbero diventate le sue messaggere presso gli uomini.
Quando le si incontrano però, e succede specialmente la mattina presto quando i pascoli alpini sono bagnati dalla rugiada, non si deve dimenticare di salutarle con reverenza e gentilezza perché solo così esse avvisano dell’imminenza dei pericoli causati dalle terribili frane e temporali e mettono in guardia dai bategoi ovvero dagli incantesimi dello stregone Barba Gol e dall’arrivo della temutissima poiana. Quando infatti la poiana proietta sui pascoli la propria ombra, la gries ovvero le pecore corrono atterrite senza direzione e con il rischio di finire nei burroni, cosicché i pastori per scacciarla urlano forte e le deviano contro i raggi solari attraverso dei pezzi di ottone. Per lo scampato grave pericolo gli uomini sono soliti ringraziare le Iemeles indicando loro i luoghi dove nascono le fragole più buone.
Per aiutare gli uomini a superare l’inverno Samblana fece anche costruire, con la pietra azzurra, un misterioso specchio con il quale riusciva a deviare i raggi solari nei più sperduti angoli della valle: era questo il rai, il raggio azzurro della principessa. E creò anche il lago di Zigoliè, dove fece crescere le magiche cipolle con le quali era possibile allontanare Barba Gol e curarsi da diversi malanni.
Quando il velo sarà ridotto a tal punto da non toccare più la neve, allora sarà giunto il tempo promesso e Samblana sarà libera di recarsi sulla sommità della montagna, dove le anime beate camminano nello splendore eterno oltre i nevai, ma le Iemeles continueranno ad avvisare gli uomini dei pericoli incombenti ancora per lungo tempo.
Ho voluto dedicare un post solo a trattare questo luogo dove l’eroismo e il sangue ha fatto da cornice su questi aspri monti , nel rispetto di molte vite spezzate , qui su questo museo a cielo aperto dove i recuperanti hanno lasciato qualche reticolato e cavallo di frisia si può ammirare tutto questo , al cospetto di quelle grandi montagne culla dell’alpinismo mondiale . Luciano
Tempo di percorrenza: 3h00
Dislivello totale: 900 m
Quota massima raggiunta: 2306 m
Come Raggiungere
Dopo essere saliti ad Auronzo , oppure a Cortina d’Ampezzo, si sale fino al Lago di Misurina poi si prosegue verso Dobbiaco fino a raggiungere e superare il lago di Landro, appena giunti al Hotel Tre Cime si trova sulla destra un ampio posteggio a pagamento che permette di imboccare diversi sentieri che salgono sia sul monte Piano 2306 m e Piana, che anche sulle Tre Cime di Lavaredo . Lasciata l’auto si prosegue per il sentiero interessato.
Descrizione del percorso
Dopo aver salito la militare che porta fino Rifugio dedicato al maggiore Angelo Bosi a 2224 m all’interno si può recuperare una cartina planimetrica delle postazioni numerate per una maggiore comprensione delle vicende da 1 a 25. Anche se le vie per salire sono diverse qui si propone la via principale e più semplice ovvero quella che sale dal lago di Misurina al rifugio Maggiore Bosi. Il comando italiano costruì una via di collegamento fino a raggiungere la prima linea dove si trovavano i ricoveri e depositi di munizioni salendo tra le spaccature del terreno e anche qualche tratto impegnativo servito da opportuna a corda , consigliabile per i meno esperti di salire sui pratoni sovrastanti . Si incontra il comando di compagnia che domina la val Popena , fino a raggiungere all’imbocco di una galleria proseguendo su questo galleria si raggiunge la prima linea . Dopo aver raggiunto il pianoro tozzo del Monte Piana si potrà avere una visione completa di quello che sono state le cruenti battaglie che hanno insanguinato queste due tozze e quasi insignificanti cime , messe di fronte a cime di ben più grande interesse sotto il profilo alpinistico ed esplorativo , solo dopo averci confrontato con la storia si potrà veramente capire l’importanza di queste due quote Monte Piana 2324 m e il Monte Piano 2306 m considerando che la Forcella dei Castrati era a quota 2272 m.
La storia
Dopo essere divenuto metà turistica abbastanza ambita nonostante poco conosciuta , fu costruito a poca distanza tra i due confini il Piano Hutte , poi ci salì il poeta Carducci affezionato a questi luoghi , dove per omaggiarne la visita alla suo morte si eresse la piramide Carducci , casualmente a ridosso del confine austroungarico , una zona che dopo l’eccidio di Sarajevo sarebbe divenuta uno dei tratti più contesi e sofferti , con maestosi lavori di trinceramenti scavi e soprattutto una guerra di posizione molte volte all’arma bianca , i turisti si allontanarono ben presto e torno il silenzio , mentre iniziarono a sopraggiungere nella valle pattuglie in perlustrazione e truppe al lavoro per occuparsi dei varchi di accesso al Monte Piano , costruendo il famoso è ardito sentiero dei Pionieri Pionierweg che partiva dalla Val di Landro che allo scoppio della guerra divenne l’unica via per salire sul monte. Mentre nella parte italiana sì iniziarono i lavori di comunicazione per salire anche si sul Monte Piana sia per quanto riguarda basi logistiche che le posizione di artiglieria durante la primavera del 1915 battaglione alpini pieve di Cadore sali con due batterie batterie da montagna ingenti austro-ungarici erano gli assediati come compagnia di Landsturmer e Standschutzen , il 23 maggio del 1915 alle ore 19 l’ufficio postale del Imperiale Regio informo che l’Italia aveva dichiarato guerra all’Austria il 5 giugno il maresciallo Goiginger assunse il comando della divisione Pustertal dato che conosceva molto bene le zona e si rese conto subito dell’importanza strategica del Monte Piano mentre le nostre truppe presidiavano le cime del Monte era evidente occupare l’intero tovagliato con le pochi uomini .
il 7 giugno del 15 un soldato finito il turno di guardia si addormentò su una roccia e precipito nel vuoto , ci fu il primo attacco le posizioni italiane, gli austro ungarici salirono nella notte da Carbonin uscendo così indisturbati nel tratto che va dalla forcella dei Castrati e la piramide Carducci , agli italiani presi di sorpresa non rimaneva l’attacco con la baionetta, numerosi i feriti e 22 morti, ma gli austriaci rimasero bloccati per giorni costretti sotto un fuoco di artiglieria italiano che impediva loro qualsiasi movimento .
Nei giorni successivi in un assalto alla baionetta caddero 22 alpini poi ci fu un cambiamento del tempo freddo pioggia teoresi impossibile gli attacchi giorno prima c’è il 14 da Misurina di un se un battaglione di rinforzo nella zona della piramide Carducci ci furono due giorni di attacchi dove venne ucciso il maggiore Bosi il comando viene assunto dal maggiore al Gavagnin qui combattimenti si portassero fino alle 3 del mattino i nostri Fanti riuscirono ad invadere che posizione a Versailles e quanto pareva forse perduto il Pianoro Nord dagli austro-ungarici tutti i cannoni austriaci di Prato Piazza e Col di Specie di l’anno dell’Alpe mattina del Monte Rudo e tavolo in azione e anche i due cannoni portati su monte Piano a circa 300 metri dalle linee italiane facendo un fuoco indiavolato costringendo così gli italiani a ritirarsi a volte anche dei gas asfissianti alle ore 11 si chiuse la seconda degli numerose rosse pagine del Monte del pianto . Il terzo attacco Europa visto per metà agosto mentre la guerra si trova trasformando una gara di mantenere le proprie posizioni anche se i lavori di preparazione avvenivano in maniera scrupolosa perché la parte italiana e lavorava per prepararsi per l’inverno successivo con le slavine che sarebbero diventate la parte più pericolose, la più grande del 5 marzo del 16 che travolse circa 150 austriaci e l’inverno furono apportate diverse posizioni di appoggio le guardie di Napoleone. I nostri avversari vennero così a trovarsi a circa 300 metri di distanza dalle nostre linee anche se i loro trinceramenti erano molto più protetti e avevano solo piccole feritoie per dei fucili mitragliatrici che puntavano verso le nostre linee. Il 13 dicembre la neve aveva così raggiunto un altezza di circa 7 metri e le temperature sfioravano in meno 42 le sentinelle raggiungevano i punti di appoggio strisciando per non venire travolte dalle bufere del vento così gli italiani iniziamo a lavorare costruendo postazioni sotterranei per essere riparati del gelido inverno. Nel gennaio del 17 gli Austroungarici sospettarono gli italiani lavorassero a una postazione da mine il 14 luglio sulle postazioni italiane e sul Monte piana si scatenò violentissimo temporale e riversarono un enorme quantità di fango riempendo i cunicoli , un potente scoppio della galleria da Mina causò un vero e proprio disastro multi di nostri soldati rimasero per terra privi di conoscenza la causa dello scoppio fu un fulmine che colpisce sistema di innesco . Il 10 ottobre molti rinforzi raggiunsero gli austro-ungarici e a copertura delle artiglieria gli austriaci attaccavano 18 di ottobre 18 lanciamine e l’aggiunta di 74 cannoni e coprirono l’avanzamento , mentre nevicava e con l’uso di gas asfissianti ma essendo in netta inferiorità raggiunsero solo la galleria Napoleone il 3 novembre del 17 le truppe italiane si dovettero ritirare le monte Piana , gli austriaci seguivano occupando posizioni che erano state tenute degli italiani, per gli austriaci furono gli ultimi giorni per la loro antica Gloria mentre gli italiani stavano marciando verso la seppur sofferta e dolorosa vittoria .
Fonte storica: Guida ai musei a cielo aperto delle dolomiti Orientali grande guerra per non dimenticare . Antonella Fornari -edizioni DBS
Per approfondire vi invito ad acquistare questo fantastico libro descritto con grande passione ed amore per questi luoghi , dove la memoria fonda le proprie radici nella storia d’Italia.
Questo anello da fare in un giorno e mezzo , permette di vedere una buona parte dei luoghi più importanti del passo Falzarego , anche se per un escursione più approfondita su altri siti importanti come la ferrata dei Kajserjager e il Sasso di stria ed altri ancora che non mi dilungo a citare.
Come Arrivare
Se si sale da Cortina d’ampezzo si imbocca la strada che porta a Passo Falzarego , poco prima di raggiungere il passo si incontra un ampio posteggio in località Col Gallina 2053 m, dove si può lasciare l’auto , mentre se si sale dalla parte opposta si raggiunge prima il Passo e poi scendendo leggermente il punto di partenza del sentiero.
Prima Tappa Rosso: Pian del Menis – forcella Averau – Rifugio Scoiattoli – 5 Torri – Rifugio Nuvolau
Tempo di percorrenza : 4h10
Dislivello totale : 500 m
Quota massima raggiunta : 2575 m
Sentieri Usati : 419 – 440 – 439
Il percorso parte da uno spiazzo molto ampio dove sulla destra si nota lo chalet di Col Gallina 2054 m e sulla sinistra il segnavia che sale verso forcella Averau , non presenta nessuna difficolta ne tecnica ne fisica , ben segnalato e di importanza fondamentale per salire sull’Averau , Nuvolau , Cinque Torri e rifugio Scoiattoli accoppiandolo con altri sentieri . Ma principalmente viene usato per raggiungere il rifugio Averau , raggiunta la forcella Averau 2435 m, ovvero il bivio con il 441 si prende il sentiero che percorre le trincee dell’Averau passando sotto le cengie omonime per poi raggiugere prima il 440 poi il rifugio Scoiattoli 2255 m raggiungibile anche attraverso seggiovia, da li si scende leggermente per visitare il museo a cielo aperto delle 5 Torri ( https://itineraritrekking.com/2021/09/12/le-cinque-torri/ ) e raggirando tutto il gruppo si riprende a risalire il 439 fino a raggiungere il rifugio Nuvolau dove si potrà previa prenotazione alloggiare la notte. Il rigugio Nuvolau è uno dei rifugi più storici della zona , il panorama che si presenta su questo luogo a 360 gradi è qualcosa di incredibilmente unico si spazia dalla Marmolada, il Sasso di stria, Il Lagazuoi, le Tofane , il Sorapiss, l’Antelao, il Pelmo , la Croda da Lago i Lastoi del Formin , il Civetta, le pale di San martino eccetera.
Seconda Tappa Arancio : Rifugio Nuvolau – Rifugio Averau – Forcella Averau – Passo Falzarego – Rifugio Lagazuoi – Forcella Travenanzes – Forcella Col dei Bòs – Pian dei Menis
Tempo di percorrenza : 7h10
Dislivello totale : 750 m
Quota massima raggiunta : 2752 m
Sentieri Usati : 439 – 441 – 402 – 401
Si inizia in discesa per raggiungere prima il Rifugio Averau 2413 m per poi proseguire a sinistra attraversando sotto le cengie il Monte Averau , fino in breve tempo raggiungere l’omonima forcella Averau 2435 m per poi imboccare il 441 e scendere fino al Passo Falzarego 2105 m, da li si sale attraverso il 402 fino ad arrivare sotto le cengie del Lagazuoi, dove sulla sinistra ci sarà l’attacco della Galleria del Lagazuoi dove sarebbe opportuno l’uso dell’imbrago caschetto e soprattutto la lampada frontale, in quanto la galleria è abbastanza lunga , raggiunta la vetta si esce per percorrere una parte un pò piu esposta di circa 100 metri per poi entrare nella grande trincea e raggiungere la stazione di arrivo della Funivia a 2752 m, qui dopo aver pranzato ci sono due possibili vie , la più complessa il Sentiero dei Kajserjager ( https://itineraritrekking.com/2021/10/26/sentiero-dei-kaiserjager/ ) che presenta ancora un pezzo di Ferrata ed una passarella, oppure il più facile quello che discende dal 401 fino a forcella Travenanzes 2507 m, poi per allungare un pò il percorso si è optato per proseguire verso la forcella Col del Bòs 2332m con il 402, raggiunta la forcella si scende fino alla strada sterrata che ti riportera passando sotto le cengie sia del Col del Bòs che della Ferrata truppe alpine e sui resti degli alloggi per i soldati, fino a raggiungere il Pian del Menis .
Oggi mercoledì 20 luglio il popolo della montagna si unisce per dare l’addio ad un grande uomo , anzi l’arrivederci perché credo che io e lui e molti di noi ci incontreremo sulle nostre amate montagne , con lui se né andato un grande , un amico vero uno di quelli che qualche volta pensi di avere perso perché per una serie di svariati motivi ti incontri poco , salta fuori con un caffe al Bar Pasubio ed era sempre una festa , un uomo che nella sua grandissima umiltà ha insegnato a molte persone cosa fare in montagna , tante vite salvate e tante purtroppo le persone che ha soccorso decedute . Io lo ricorderò com’era quando sapendomi in difficoltà mi ha aiutato offrendomi quella collaborazione che ha servito a me privo di stipendio , che sarebbe il problema minore , ma riempiendomi la giornata con altri pensieri anziché quelli peggiori che ti portano in direzioni maledette , la montagna mi ha salvato , lui e Lino hanno fatto molto , le giornate passate insieme a sistemare , mantenere quella piccola area costruita con cuore di chi crede nelle persone è qualsiasi cosa faccia la fa con Passione.
Non sarà certo facile per i famigliari superare questo grande dolore , lui era una pietra che indicava un percorso un sentiero ed una vetta da raggiungere , sempre prudente preciso e meticoloso nelle sue scelte ponderate dalla sua grandissima esperienza .
Non lo sarà nemmeno per gli amici, che non sentiranno più quella parola ” Dai Daghene” che ti faceva superare i percorsi più ostici e difficili .
Non lo sarà nemmeno per chi più volte ha collaborato con lui nel soccorso , il soccorso alpino , i vigili del fuoco del distaccamento di Recoaro di cui io faccio parte per le preziose collaborazioni di ricerca persona , il 118 SUEM e tutte le altre che non ho menzionato.
Non è facile neanche per me , ho sepolto mio padre nel 2019 ad aprile aveva 78 ed a ottobre mio fratello che na aveva 49 anni , la stessa classe di Paolo.
Ciao Amico te ne sei andato , avevi la montagna dentro , come me , ed ora sei dentro a quella montagna che tanto hai amato , e che tante volte avevi salito … Grazie mille di tutto ci incontreremo li all’alba di un nuovo giorno … ti porteremo nel cuore per i sentieri che ci hai tracciato … Buon Viaggio Amico Mio