Tempo di percorrenza del sentiero solo andata : 5h30
Dislivello totale : 1574 m
Quota massima raggiunta : 1775 m
Cartografia : CAI Canale del Brenta e Massiccio del Grappa 1:25000
Descrizione
Da Bassano del grappa prendendo la Valstagna si sale fino in località Cismon del Grappa , in centro del paese si mette l’auto e si prosegue in mezzo alle case fino ad arrivare in un portico con il segnavia 920 ( ATTENZIONE LE NUMERAZIONI DEI SENTIERI SONO STATE CAMBIATE DALLA CARTINA ORIGINALE 10 E STATO SOSTITUITO DAL 910 ) si sale fino a trovare un bivio con il sentiero che dobbiamo imboccare , il 910 . Questo itinerario e molto bello ed interessante sotto il profilo storico e panoramico anche perchè sale molto di più sul crinale coperto da pascoli , il sentiero e fatto in gran parte di ciotolato con scalini bassi e protetti dai massi laterali , in molti casi protetti anche da dei parapetti , la salita presenta discretamente impegnativa , e per arrivare in cima al Sacrario del monte Grappa la distanza e molto lunga anche se arrivati all’albergo Forcelletto esiste un sentiero , il 913 con la possibilità di tagliare il percorso e collegarsi all’itinerario del 920 ex 20 dal quale si può scendere di nuovo fino a Cismon del Grappa , per chi invece possiede la preparazione fisica per fare tutto l’itinerario completo li rimando ad un altro post percorrendo il segnavia 910 in andata e il 920 per il ritorno920-910 Monte Grappa da Cismon del Grappa , ma invito tutti a valutare bene questa cosa in base alla propria preparazione , anche se non e una cosa impossibile da fare , inoltre salite con umilta e rispetto questo grande massiccio , e quando affronterete ogni singolo colle ricordate di quanti hanno perso la vita su questi prati e su queste rocce che conservano la storia .
Tempo di percorrenza dell’anello : 5h00 andata e 3h00 ritorno
Dislivello totale : 2200 m Lunghezza circa 25 Km
Quota massima raggiunta : 1775 m
Cartografia : CAI Canale del Brenta e Massiccio del Grappa 1:25000
Descrizione
Questo percorso si prende da Cismon del grappa , località situata nei pressi di Valstagna , arrivati in centro si prosegue dopo la chiesa fino ad arrivare in un porticato con presente il segnavia e un percorso adatto a tutti ma vista la sua lunghezza e pendenza lo consiglio a persone che abbiano una buona preparazione fisica . Itinerario molto bello , sotto tutti i profili , panorami mozzafiato , sentieri molto particolari , con sassi rotondeggianti e piccoli scalini delimitati lateralmente da grandi massi , la vista dal col della beretta verso il sacrario e molto bella ; per non parlare di quello che e stato uno dei più grandi campi di battaglia nella guerra del 1915-18 , salire da Cismon del grappa non e proprio una cosa da tutti , ma questi due sentieri ti riempiono il cuore e ti liberano l’anima nella loro persuadente bellezza , inoltre si possono accorciare arrivati al col delle Farine , altrimenti si sale fino al sacrario , per poi scendere dal 910 . Ricordo inoltre che il rifugio Bassano e aperto tutto l’anno e che scendendo dopo il monte Pertica si trova un’altro rifugio il Forcelletto .
Io lo voglio pubblicare con la meraviglia di un bambino che sale su uno dei luoghi sacri e teatro di grandi battaglie , ma anche per come e nata questa idea , dopo una telefonata di un amico , con cui ho condiviso un piccolo periodo di lavoro , ma con cui e nata una profonda amicizia legata sopratutto per le cose che abbiamo in comune , e stata una giornata fantastica tante risate tanti commenti su questo percorso che io e lui ci eravamo prefissati solo alla partenza , ma la preparazione fisica ci ha fatto raggiungere la cima e perche no, condividere quel piatto di polenta con funghi formaggio di malga e sopressa , insieme . E dopo al ritorno presso l’albergo forcelletto , gli ultimi due pezzi di strudel …e poi giù a bomba per scendere verso Cismon del Grappa.
“Si nasce non soltanto per morire, ma per camminare a lungo, con piedi che non conoscono dimora e vanno oltre ogni montagna.” Alda Merini
Tempo di percorrenza del sentiero solo andata : 5h00
Dislivello totale : 1574 m
Quota massima raggiunta : 1775 m
Cartografia : CAI Canale del Brenta e Massiccio del Grappa 1:25000
Descrizione
Da Bassano del grappa prendendo la Valstagna si sale fino in località Cismon del Grappa , in centro del paese si mette l’auto e si prosegue in mezzo alle case fino ad arrivare in un portico con il segnavia 920 ( ATTENZIONE LE NUMERAZIONI DEI SENTIERI SONO STATE CAMBIATE DALLA CARTINA ORIGINALE 20 E STATO SOSTITUITO DAL 920 ) . Questo itinerario e molto bello ed interessante sotto il profilo storico e panoramico , il sentiero e fatto in gran parte di ciotolato con scalini bassi e protetti dai massi laterali , in molti casi protetti anche da dei parapetti , la salita presenta discretamente impegnativa , e per arrivare in cima al Sacrario del monte Grappa la distanza e molto lunga anche se presenta all’altezza del Col delle Farine la possibilità di tagliare il percorso e collegarsi all’itinerario del 910 ex 10 dal quale si può scendere di nuovo fino a Cismon del Grappa , per chi invece possiede la preparazione fisica per fare tutto l’itinerario completo li rimando ad un altro post percorrendo il segnavia 920 in andata e il 910 per il ritorno , ma invito tutti a valutare bene questa cosa in base alla propria preparazione , anche se non e una cosa impossibile da fare , inoltre salite con umilta e rispetto questo grande massiccio , e quando affronterete ogni singolo colle ricordate di quanti hanno perso la vita su questi prati e su queste rocce che conservano la storia
Cenni storici
Il monte Grappa e considerata zona sacra , la galleria del museo e sorvegliata dall’esercito , nel suo sacrario giacciono le spoglie di 22.910 soldati morti durante il primo conflitto mondiale Ossario austroungarico con 10.295 morti di cui 295 identificati. Ossario italiano con 12.615 morti di cui 2.283 identificati. Tra i due ossari, c’è la cosiddetta via Eroica lunga 300 metri, con a lato i cippi recanti i nomi delle cime teatro di guerra.
LE TRE BATTAGLIE DEL GRAPPA – PREMESSA
L’avversa conclusione della dodicesima battaglia dell’Isonzo, con la rottura del nostro fronte a Caporetto ed il necessario ripiegamento dell’esercito italiano sul Piave portarono, nel novembre 1917, il Monte Grappa in prima linea a sbarramento del settore montano tra il Brenta e il Piave. Le nostre truppe, dopo una drammatica ritirata, pervennero alla nuova linea logore e stremate. Il disastro venne evitato grazie alla forza d’animo ed all’esperienza del Comandante Supremo, Generale Luigi Cadorna, il quale, nella circostanza, seppe coordinare il ripiegamento. E malgrado la stanchezza e le gravi condizioni logistiche e tattiche, i nostri soldati si prodigarono alacremente per costruire una nuova barriera difensiva atta ad arrestare definitivamente il nemico che imbaldanzito dai recenti successi, puntava alla totale distruzione dell’Esercito Italiano. La conquista del Grappa, infatti, avrebbe consentito agli austo-ungarici di dilagare nella sottostante pianura veneta e colpire alle spalle il nostro schieramento sul Piave, dal Montello al mare. Consci dell’importanza del loro compito – “Monte Grappa tu sei la mia Patria” diceva la loro canzone -, i soldati del Grappa, anche a costo dei più gravi sacrifici, nella prima e seconda battaglia difensiva contesero accanitamente ogni palmo di terreno all’irruenza nemica, sino a stroncarne ogni velleità offensiva e travolgerla per sempre con la terza battaglia dell’ottobre 1918.
LA BATTAGLIA DI ARRESTO
La prima battaglia difensiva – quella di arresto dell’avanzata nemica – si svolse in due fasi: dal 14 al 26 novembre e dall’11 al 21 dicembre 1917. Preceduti da un attacco ch’era stato però contenuto sull’Altopiano di Asiago, gli austro – ungarici, dopo una massiccia e violenta preparazione di artiglieria, il 14 novembre attaccano in forze le nostre nuove linee avanzate, tra Cismon e Piave; la lotta diventa sempre più aspra e accanita ed il nemico fa ricorso a tutti i mezzi di distruzione in suo possesso: dalle granate di grosso calibro, ai lancia fiamme, ai gas asfissianti. Aggredisce da est e da ovest il massiccio del Grappa e ne sgretola le difese avanzate a costo di gravissime perdite. Dal 16 novembre vengono via via coinvolti il M. Tomatico, il M. Roncone e il Prasolan; poi, dal 20 novembre, le quote ed i costoni che convergono a raggiera su Cima Grappa: Col Caprile, M. Pertica, M. Fontanasecca, Col della Beretta, M. Salarolo, M. Spinoncia e M. Tomba. Località tutte di cui si leggerà poi il nome inciso sulle steli che fiancheggiano la Via Eroica del Sacrario. Per più volte il nemico viene respinto, ma ripete gli attacchi accanitamente, con forze sempre maggiori. Il 26 novembre, con un violento combattimento, la brigata “Aosta”, reparti del 94° fanteria e del battaglione alpino “Val Brenta” ricacciano da Col Beretta al divisione austro – ungarica “Edelweiss” ed ha termine la prima fase della battaglia di arresto. Essa è stata la più dura e la più importante perché venne sostenuta dai nostri soldati quando non era stata ancora superata la terribile crisi della ritirata. Nonostante l’accanimento degli attacchi, condotti con netta superiorità di forze, il nemico venne fermato dal disperato eroismo dei nostri soldati. Sul Grappa, come sul Piave, il sodato italiano compì prodigi di valore, superiori ad ogni aspettativa e riuscì a bloccare tutti i tenacissimi sforzi austriaci per mettere fuori combattimento l’Italia. Fu solo dopo questa dura prova che, riacquistata la fiducia nelle nostre reali capacità, le truppe Alleate affluite in Italia, il 5 dicembre entrarono in linea da Monfenera a Nervesa con il XXXI C.A. francese ed il XIV C.A. britannico. Riordinate le sue forze, l’11 dicembre il nemico riprende con rinnovato vigore l’offensiva. Riappaiono ancora nel vivo della lotta Col della Beretta, Col dell’Orso, M. Spinoncia, Col Caprile, M. Asolone. Nonostante la nostra strenua resistenza, il nemico riesce a strapparci il Valderoa e l’Asolone, giungendo ad affacciarsi sulla piana di Bassano. Ma gli ulteriori attacchi sono ovunque respinti ed il 21 dicembre il nemico desiste da ogni ulteriore tentativo. La battaglia d’arresto è così vinta.
LA BATTAGLIA DIFENSIVA
Durante la stasi invernale, la nostra organizzazione difensiva venne rafforzata con lavori in roccia, trinceramenti, postazioni e reticolati, in previsione di altri e più massicci attacchi. La nostra sistemazione sul Grappa era assai difficile perché eravamo ormai ridotti alle ultime propaggini montane verso la pianura, tanto che il Gen. Conrad definì la nostra condizione: “quella di un naufrago aggrappato ad una tavola di salvataggio, per cui sarebbe bastato mozzargli le dita per vederlo annegare”. Ma doveva fare i conti con la tenacia e il valore dei nostri soldati. Venne aperta nella viva roccia, al di sotto della cima del massiccio, la famosa galleria Vittorio Emanuele III. L’opera – vero capolavoro d’ingegneria militare – fu dotata di formidabili postazioni di artiglieria in caverna e di sbocchi offensivi per i contrattacchi. Il piano nemico prevedeva di sferrare con una armata – la 11a – l’attacco principale dagli Altopiani e dal Grappa per giungere, attraverso la piana di Vicenza, alle spalle delle nostre difese sul Piave che la 5 e 6 Armata austro – ungarica avrebbero attaccato frontalmente. La grande battaglia, dall’Astico al mare, che prese poi il nome di Battaglia del Solstizio, si accese nella notte del 15 giugno 1918. Fu improvvisa ma non inattesa dal nostro Comando Supremo che, avuto sentore delle intenzioni del nemico, riuscì a far scatenare un potente tiro di contropreparazione quasi contemporaneamente a quello di preparazione delle artiglierie nemiche, riducendone sensibilmente gli effetti distruttivi. Sul Grappa, nell’attacco che ne seguì, gli austriaci, protetti da una fitta nebbia, riuscirono ad irrompere nelle nostre prime linee del IX C. A. e raggiungere Col del Moins e Col Moschin, spingendo pattuglie fino al Ponte San Lorenzo. Anche al centro, nel settore del VI C.A., il nemico attacca direttamente Cima Grappa da più direzioni; a destra, nel settore del XVIII Corpo, dopo ripetuti attacchi e contrattacchi, riesce ad affermarsi sulla linea Solarolo – Valderoa. Ma la sua irruenza viene subito bloccata e nella giornata successiva, il 16 giugno, i nostri irresistibili contrattacchi riescono a ricacciare il nemico da quasi tutte le posizioni conquistate. Sul basamento della colonna romana collocata a Ponte San Lorenzo, la nostra vittoriosa reazione è ricordata dall’epigrafe: “Qui giunse il nemico e fu respinto per sempre il 15 giugno 1918″. Il Comando Supremo, nel citare all’ordine del giorno l’eroico comportamento dell’Armata del Grappa, così dice nel bollettino di guerra del 18 giugno: “ciascun sodato, difendendo il Grappa, sentì che ogni palmo del monte era sacro alla Patria”. Le 640 medaglie al valor militare concesse per quella battaglia, di cui 486 a sodati, ne sono la luminosa dimostrazione. La vittoriosa conclusione della battaglia difensiva ebbe un effetto determinante per l’esito della dura guerra contro l’Impero austro – ungarico.
LA BATTAGLIA OFFENSIVA
Il compito affidato all’Armata del Grappa era quello d’irrompere nel solco feltrino per facilitare l’azione dei rottura delle Armate 8 e 10 dal Piave verso Vittorio Veneto. All’alba del 24 ottobre 1918 venne accesa – questa volta per nostra iniziativa – la terza battaglia del Grappa. La battaglia, preceduta dal violento tiro di preparazione della nostra artiglieria, si sviluppa sull’Asolone, Cima Pertica, Osteria del Forcelletto, Prassolan e Valderoa, dove d’impeto vennero raggiunti importanti successi, nonostante la tenace difesa ed i ripetuti contrattacchi mossi dal nemico il 27 e 28 ottobre, contro il Pertica ed il Valderoa. Il 29 ottobre la 4 Armata, in concomitanza della grande battaglia offensiva del Piave, balza in avanti in tutti i settori, irrompe come una valanga sul nemico e ne travolge ogni residua resistenza. Alle ore 15 del 3 novembre (ora dell’armistizio) l’Armata raggiunge la linea Borgo in Val Sugana – Fiera di Primiero in Val Cismon. La battaglia è vinta! L’Armata del Grappa ha ben assolto il compito che la Patria aveva ad essa affidato
Scendendo la Vallarsa verso Rovereto , si arriva all’abitato di Anghebeni dove parte anche il sentiero 122 che porta al Corno Battisti , oppure per meglio dire la famosa Val di Foxi Prima di entrare nel’abitato si incontra una posteggio sulla destra , da li si prosegue fino a Ca D’Austria e poi per la Val di Foxi fino ad incontrare un’ultimo bivio in un tornante della carrareccia , da li proseguendo per circa 150 metri si noteranno i segnavia bianco-verde (i colori degli schützen ) e l’aquila tirolese. Il sentiero e parzialmente alpinistico e richiede una buona preparazione tecnica e fisica , ma presenta dei scenari unici e mozzafiato sia nella fase di salita che in quella di avvicinamento ai Sogi , siccome la mia descrizione potrebbe sembrare superficiale vi propongo la versione ufficiale , ringraziandolo per la concessione della foto dall’alto. Per la discesa consiglio di salire fino al bivio con il 105 e poi proseguire fino a bocchetta delle corde e con il 102 andare a bocchetta foxy e scendere per l’omonima valle di Foxy rientrando cosi ad Anghebeni .
Il Senter del salto e sentiero di arroccamento.
Il sentiero inizia al primo tornante della classica mulattiera di Val di Foxi a quota 995 sopra Anghebeni in Vallarsa. Sale nelle vicinanze dell omonimo torrente spesso in secca per via della natura carsica del terreno ed in quel caso risulta divertente risalirlo direttamente percorrendone l’alveo con divertenti passaggi tra i sassi e piccole cascatelle. Quando il rio Foxi esce dalla vegetazione si incontra il bivio a destra che percorre il grande canale tracciato dalle valanghe che scendono dal “salto” ora ben visibile. Si risale integralmente il vallone con facile zig zag tra i massi. Arrivati sotto la grande fascia di rocce che sembra sbarrare il cammino, si devia verso destra per un canalino franoso fin nel punto più alto su una selletta e da li si comincia a rimontare per ripide tracce tra ghiaioni e mughi, da destra verso sinistra tutta la barriera rocciosa immersi in un ambiente severo e sovrastato da grandi pareti franose. Porre attenzione in caso di forti piogge ai canali sovrastanti che potrebbero scaricare pietre. Seguendo traversi attrezzati per un eventuale sicura a corda in caso di presenza di neve e poi cordini su alcuni passaggi ed altri ripuliti ma lasciati sprotetti, si giunge al capitello con il Cristo dove i nostri Avi hanno scavato alcuni gradini direttamente nella roccia. Un breve passaggio di primo grado sotto un muro a secco costruito in un epoca che fu, porta alla mulattiera che traversando a sinistra conduce nel canale sopra il grande salto. Si percorre il canale per 50 metri fino a tagliare decisamente a destra sul sentiero che percorre una ripida china e che conduce in breve ad una splendida mulattiera immersa tra i pini mughi ed i rododendri. La si segue e poi passando brevemente per un canalino che si segue per una trentina di metri e che si abbandona verso destra. Si risale ancora la bella mulattiera arrivando al “larse del Martin”, un bel larice isolato su un tornante ed il cui nome deriva da una promessa dell’ Amministrazione Comunale di assegnare ai nuovi nati del 2013 un larice a scelta sul territorio Comunale. Il sentiero si mantiene sempre ripido e diretto fino a passare sotto un grande masso. Da li si prende a sinistra un canalino che si segue direttamente per circa 200 metri con passaggi tra stretti gradoni. Si è ormai prossimi allo sbarramento roccioso sommitale, 50 metri sotto di esso si piega decisamente a sinistra compiendo una traversata per ripidi prati per 300 metri. Un ultima salita fin sotto le rocce che si costeggiano alla base verso destra e si giunge così dopo 800 metri di dislivello sul fondo della stupenda Alpe di Cosmagnon. Si seguono i corridoi liberi dalla vegetazione tra isole prative di un pascolo perduto e bellissimi larici fino a giungere sulla mulattiera che da bocchetta corde conduce a Malga Cosmagnon di sotto a quota 1850.
Il tempo fin qui può variare da poco meno di un ora (tempo impiegato da alcuni nostri Schützen ) fino alle tre ore a seconda del livello di allenamento. Ora si risale verso destra il valloncello sopra la malga e tra pascolo e mughi si seguono i corridoi tra la vegetazione. Si passa dalle gallerie e ruderi di guerra del dosso chiamato il Gemello e poi ancora da più file di trincee in mezzo a mughi ed isole prative si giunge sul pulpito a quota 1950 da dove si gode un panorama mozzafiato sull’ intera sottostante Vallarsa. Si cala qualche metro sull’opposto versante dove si notano già le cenge naturali su cui corre il sentiero di arroccamento. Le si percorre quindi verso destra in direzione nord verso il monte Sogi incontrando già qualche breve galleria. Si percorrono tratti facili ad altri su cui occorre prestare attenzione visti i sottostanti precipizi. I punti più insidiosi sono stati addomesticati con corde fisse e così come sospesi su un enorme poggiolo sopra a 1000 metri di vuoto sulla Vallarsa si giunge così all’osservatorio nord dei Sogi e alla zona delle passerelle (resti ancor ben evidenti) che permettevano di salire il dislivello con la vetta ormai vicina. Qui un breve tratto di IV grado attrezzato con golfari e spit che richiede l’uso di una mezza corda e 4 rinvii, permette di compiere il giro ad anello completo del caposaldo fortificato. Sulla cresta è anche attrezzato un ancoraggio per una corda doppia di 15 metri per il giro nel senso inverso. Sulla vetta si possono percorrere numerosi tratti di trincee e visitare i nidi di mitragliatrice e di un pezzo d’artiglieria puntati verso il M. Testo, il Roite e Cosmagnon. L’intero percorso è stato recuperato e ripulito dalla nostra Schützenkompanie che ancora sta lavorando per portare alla luce parte di quei 10 chilometri di trincee e gallerie che distano pochi metri dal sentiero di arroccamento. Alcuni aerei passaggi in cresta immettono quindi nel sistema di gallerie dei Sogi con 3 uscite percorribili, 3 finestre di osservazione in parete e 200 metri di galleria in ottimo stato di percorribilità ed un uscita che riconduce direttamente sul sentiero di arroccamento grazie ad una aerea cengia di 60 metri su cui è possibile procedere assicurati in cordata e rientrare sul sentiero di arroccamento cento metri prima dell’ osservatorio nord compiendo così l’intero giro ad anello. Ritornati al pulpito, seguendo i segnavia bianco-verdi (i colori degli schützen) e le aquile Tirolesi si prosegue per un altro chilometro e mezzo sul sentiero di arroccamento potendo visitare le numerose gallerie (45 in tutto) che lo costeggiano e con scorci mozzafiato sulla Vallarsa. Il percorso è ora più semplice del tratto verso i Sogi e conduce fin sulla vetta della Lora che con i suoi 2040 metri costituisce il punto più alto del percorso. Da li ancora qualche passaggio in cengia e per tratti di pascolo e mughi si giunge alla Sella di Cosmagnon permettendo il rientro a valle lungo molti facili e ben segnalati sentieri.
Per effettuare l’intero percorso necessaria una mezza corda da 50 metri, 6 rinvii più i moschettoni per le manovre in sosta. Casco e pila frontale più che necessari.
Luca Campagna e la Oberleutnant SchuetzenKompanie Vallarsa-Trambileno
Questa pagina la voglio dedicare a un nuovo intervento molto importante eseguito dalla Schuetzenkompanie Vallarsa-Trambileno e Luca Plazzer Campagna che con molta dedizione e lavoro hanno recuperato un sentiero molto bello e importante sotto il profilo storico. E ringrazio inoltre il suo intervento con i pensieri e gli ideali posti in gioco dalla popolazione di Vallarsa – Trambileno , anche se credo che non serva essere di una o dall’altra parte , ma la cosa che credo sia veramente importante e il costruire qualcosa e portare alla luce qualcosa che verrebbe dimenticato , alcuni commenti possono essere anche presi come tali , sono solo dei pensieri , e i pensieri si sa sono molto soggettivi e alcuni potrebbero essere fraintesi , ma per conoscere le cose bisogna sempre approfondire e per questo ringrazio Luca Plazzer Campagna per avere espresso i pensieri della Vallarsa e Trambileno
Le Parole di Luca Plazzer Campagna
Signori buongiorno. Vi informo che il sentiero di arroccamento Lora-Sogi in collegamento con quello “del Salto” che parte a quota 900 in Val Foxi in Vallarsa è stato interamente pulito, liberato dai mughi e attrezzato con corde fisse (manca solo qualche metro) ed in alcuni punti attrezzato con spit e golfari sui passaggi in cresta tra l’osservatorio nord (dove è sito il fregio degli zappatori) e la vetta dei Sogi. Dalla vetta si entra in galleria e si esce nuovamente sul sentiero dopo 200 metri. L’associazione che lo ha aperto e che sta per finire di segnarlo applicherà anche alcune tabelle informative e cenni storici. Questa associazione non è altro che la Schuetzenkompanie Vallarsa-Trambileno di cui sono onorato di rappresentare. Ho letto alcuni vostri commenti e mi dispiace a mia volta che alcune parole del nostro Haupmann vengano qui strumentalizzate da voi. non ci sono infatti su quel libretto parole offensive ma solo l’appunto che afferma come noi Trentino-Tirolesi non abbiamo mai chiesto di essere liberati da uno stato che non abbiamo mai riconosciuto. i nostri padri ed i nostri nonni in Vallarsa combatterono tutti con divisa austroungarica e furono 1100 su una popolazione di 3500. Non ci fu nessuno che combattè insieme agli italiani ed anzi proprio contro di Loro furono decorati con 1 medaglia d’oro al valor militare, 1 di argento e 10 di bronzo. In tutto il Trentino che allora si chiamava sudtirol o welchstirol (fu mussolini ad abolire nel 22 il nome Tirolo ed a introdurre obbligatoriamente il nome di trentino) combatterono 65000 uomini in divisa Austro-Ungarica mentre furono 200 gli irredentisti. Questa è la storia ed è documentata anche se non molto divulgata. la nostra identità fu ed è ancora affossata eperseguitata da roma ed anche questo è un fatto dimostrato e dimostrabile facilmente. non voglio allungarmi in racconti e spiegazioni che qui non hanno senso ma solo dire che scrivere su un libro che il nostro spirito di Tirolesi non sarà mai soggiogato non è una frase offensiva nei confronti degli italiani ammenochè questi non si accorgano e si vergognino da soli di quel che è stato fatto alla nostra gente perseguitata come austriacante nei campi di prigionia di Isernia e della sardegna ed alla nostra identità più in generale. un ultimo appunto, l’aquila che a voi non piace dipinta sulla roccia è l’aquila Tirolese ed i colori bianco-verdi sono quelli degli Schuetzen e vi prego di rispettarli come noi facciamo con il tricolore dipinto su i sentieri del Palon e del Dente. Vi informo inoltre che la nostra Kompanie essendo composta da alpinisti molto esperti ha aperto altri percorsi storici come la cresta sud del monte Corno e la prima linea Austro.ungarica tra il Weg Valmorbia ed il monte Spil. se volete visitarli insieme saremo felici di accompagnarvi se ne avete voglia… rispettandoci a vicenda! saluti Luca Campagna Oberleutnant SchuetzenKompanie Vallarsa-Trambileno
Questa variante non è segnalata dal CAI con i segnavia ma risulta molto utile e più piacevole da percorrere al posto di fare la carrareccia 120 che porta prima fino a Sella delle pozze e poi Sella campiluzzi , per poi svoltare a destra per imboccare il 105 , normalmente questo sentiero viene utilizzato dopo aver raggiunto il rifugio Lancia partendo dal rifugio Papa attraverso il 105 delle creste o tricolore , il ritorno da questo sentiero va a ricoprire la parte opposta a quello delle creste e quindi sotto il profilo storico risulta un completamento del percorso interessato dal campo di battaglia , il percorso e poco segnalato sopratutto il suo inizio , arrivando sia dal 120 Lancia- Sella delle Pozze o 102 bocchetta delle corde prima di iniziare la salita del 105 si trova una carrareccia che inizia sul prato a sinistra ( comunque e segnalata da un puntino rosso , ma poi si possono notare le vecchie segnaletiche anche se poco visibili) , poi arrivati sulla selletta del Roite per chi non lo sapesse a fianco della selletta leggermente più in basso era posizionata la centrale elettrica austriaca Werk Elekts , poi si prosegue fino ad arrivare alla selletta del groviglio cosi chiamata dagli italiani per il complesso sistema difensivo austriaco e per le intricate trincee , da li si possono notare le fortificazioni della prima linea austriaca che passano la selletta a destra salendo sul dente austriaco , mentre a sinistra proseguono in cresta per la variante 147 che porta a Malga Costa. L’altare dove sono situati i resti di ossa umane l’ ho inserito per poter far capire alle persone che salgono in questi luoghi , l’enorme sacrificio di vite umane incorso in queste pietraie , che tante cose avrebbero da raccontare , e di ossa non è raro trovarne ancora uscendo dai sentieri , nonostante siano passati quasi 100 anni .
Tempo di percorrenza del sentiero solo andata : 2h15
Dislivello totale : 746 m
Quota massima raggiunta : 1077 m
Cartografia : CAI Altopiano dei Sette Comuni 1:25000
Descrizione
Prendendo la strada che sale lungo il torrente Astico che va verso Folgaria , si passa per un paesino vicino Arsiero chiamato Pedescala , si passa il ponte e si prosegue fino al Cimitero comunale , dopo aver messo l’auto nel posteggio del cimitero si prende il sentiero situato a destra dello stesso , si prosegue su una mulattiera fino al ponte della Val d’Assa , poi il sentiero inizia a salire , anche se non presenta grosse difficoltà tecniche e fisiche , l’ultima parte la pendenza e discreta , sotto l’aspetto panoramico è certamente molto bello e propone degli orizzonti interessanti sia sulla Val d’Astico che sul Monte Cimone , Tonezza e Priaforà ; ma soprattutto ricordo che il sentiero porta a Forte Punta Corbin ( Vedi il mio post del Forte ) che vale la pena di visitarlo nella sua imponenza e posizione ; ma in quanto essendo una struttura privata potreste trovarlo chiuso .
Cenni storici
La strage del 45
Il 30 aprile , a guerra ormai finita , un’avanguardia tedesca viene attaccata da un gruppo di partigiani che uccidono sei soldati prima di allontanarsi . L’avanguardia viane poco dopo raggiunta dalla colonna principale la quale , attestatasi a Pedescala , inizia a rastrellare gli abitanti maschi del paese , minacciando di uccidere dieci per ogni soldato morto se i responsabili non si fossero presentati .
Solo il 2 maggio la colonna riparte verso la Germania.
Uno dei pochi fatti certi è che al seguito della colonna tedesca vi fossero anche degli italiani (vari scampati alla strage hanno testimoniato, durante le indagini del 1945-46, che essi parlavano il (dialetto veneto). Tra questi, vi era probabilmente il sergente Bruno Caneva , fuggito in Argentina nel 1947 e morto nell’agosto 2003 senza scontare alcuna pena.
Nel 1983 Pertini si recò a Pedescala per consegnare una medaglia, che però venne rifiutata dalla popolazione con la seguente motivazione:
« Spararono poi sparirono sui monti, dopo averci aizzato contro la rabbia dei tedeschi, ci lasciarono inermi a subire le conseguenze della loro sconsiderata azione. Per tre giorni non si mossero, guardando le case e le persone bruciare. Con quale coraggio oggi proclamano di aver difeso i nostri cari? » Il giornale , 29 aprile 1983
Nel viale che porta verso il cimitero di Pedescala , sono posizionati 64 alberi che riportano i nomi delle vittime del rastrellamento fatto dai tedeschi durante la loro ritirata.
Per salire al Forte Corbin ci sono diverse vie, principalmente si sale in macchina dalla strada del Costo e arrivati a Tresche Conca si prende per l’abitato di Chiesa di Conca e si prosegue per una carrabile seguendo il segnale del Forte Corbin , anche se io sinceramente preferisco arrivarci a piedi. Ci sono altre vie più ardite , si può salire dal 635 Pedescala , o dal 633, si può arrivare dal 804 Località Chiesa (attenzione perchè alcune mappe nuove non riportano 804 da Località Chiesa di Conca , ma da Albaredo).Il forte e molto imponente , la sua posizione risulta molto strategica è un opera molto interessante da visitare e anche se è a pagamento , i soldi raccolti dai proprietari sono usati per il mantenimento e la sistemazione di una struttura , che ricordo a meno attenti risalenti alla guerra del 15-18 ; quindi necessita di continue sistemazioni , poi all’interno ci sono alcune stanze che contengo numerosi cimeli risalenti alla guerra . Devo fare un doveroso plauso alla Famiglia Panozzo per l’amore visibile nel mantenimento e nell’ospitalità della struttura …Bravi
Cenni storici
Situato nella zona occidentale dell’Altopiano di Asiago, in prossimità del Monte Cengio e del paese di Treschè Conca, il Forte di Punta Corbin fu uno dei forti italiani che costituivano la linea difensiva sulle Prealpi vicentine. Costruito a partire dal 1906 su uno sperone di roccia proteso sulla Valle dell’Astico con lo scopo di difendere la vallata da eventuali invasioni austroungariche, il Corbin fu progettato per essere una delle fortificazioni più potenti dell’Altopiano ma in realtà il suo ruolo nel conflitto fu marginale. Dopo pochi mesi dall’inizio della guerra, infatti, il Forte Corbin, così come tutte le altre fortezze della zona, fu privato dei cannoni e si trovò ad essere estremamente debole e inefficace.
Durante la Strafexpedition del 1916 il Forte Corbin fu occupato dall’esercito austroungarico, che vi si insediò per un mese mentre si svolgeva la cruenta battaglia contro i Granatieri di Sardegna sul vicino Monte Cengio, in cui perse la vita anche il celebre irredentista Carlo Stuparich.
Alla fine della “Spedizione Punitiva” il forte tornò ad essere italiano e da quel momento, sia per i danni che presentava, sia per lo spostamento dello scontro in altre zone dell’Altopiano, servì come postazione e osservatorio verso il Cimone, occupato dagli austriaci fino al 1918.
Finita la guerra, il Corbin fu utilizzato per qualche anno dall’esercito come caserma per addestramenti, per poi essere abbandonato verso la fine degli anni Venti, quando lo stato autorizzò l’asportazione delle sei cupole di acciaio poste sul tetto della batteria lasciandolo a cielo aperto e senza sorveglianza.
Forte Corbin per gli osservatori austriaci appariva un fortezza minacciosa per le sue 6 bocche da fuoco , quindi attraverso l’artiglieria lanciarono diverse granate con il famoso 380 mm conosciuto come La Barbara nel tentativo di metterlo fuori uso , ma loro non si accorsero che i famigerati cannoni non erano altro che tronchi di abete messi per ingannare il nemico , a causa che all’inizio delle ostilità il forte era fuori tiro per la prima linea . Il forte venne costruito tra il 1906 e 1911 sul ciglio settentrionale del pianoro del Monte Cengio , in una posizione molto dominante sia sulla Val d’Astico e sulla val d’Assa , era armato in origine con pezzi da 149A (acciaio) in cupole girevoli , 4 mitragliatrici e 4 cannoncini da 87 mm in Bronzo , quando gli austroungarici occuparono il monte Cengio a fine maggio 1916 gli italiani dovettero cedere il forte per non essere catturati , alla fine di giugno del 1916 l’arretrare degli austroungarici fece si che gli italiani riconquistarono il forte ma non riuscirono più a riarmalo a causa del continuo fuoco di sbarramento fatto dal nemico dal Monte Cimone .
Ricordo gli orari di apertura :
Aprile – Maggio – Giugno : sabato-domeniche dalle 10
Luglio – Agosto : tutti i giorni dalle 10-18
Settembre – Ottobre – Novembre : sabato-domeniche dalle 10
Generalmente non pubblico nei miei post , i libri che si possono leggere nell’argomento che tratto ma questo , e molto di più . Io l’ho letto tutto di un fiato , scritto con la conoscenza di chi ha visto il recupero giorno per giorno del forte corbin , ma con la particolarità di poter essere letto da tutti , con ragguagli storici e anedotti del periodo , e perchè no anche della compravendita del forte corbin da parte della famiglia Panozzo , che con la vendita di questo libro prosegue la opera di recupero e la manutenzione del forte , grazie a Ilaria Panozzo di aver avuto l’idea di scrivere un libro così bello , e grazie anche alla Famiglia Panozzo di proseguire in questa grandissima opera .
Tempo di percorrenza del sentiero solo andata : 2h30
Dislivello totale : 883 m
Quota massima raggiunta : 1226 m
Cartografia : CAI Valdastico e Altopiani trentini 1:25000
Descrizione
Arrivati al centro di Arsiero si mette l’auto in piazza del municipio vicino alla Chiesa , attenzione non metterla nel posteggio a disco orario , poi si prosegue a piedi e si sale verso la caserma dei carabinieri , cioè la strada proprio davanti alla chiesa che sale verso Posina , si prosegue fino a superare il centro abitato e si traversa la strada che porta a Posina Laghi , li inizia il sentiero vero e proprio , e molto bello e non presente difficoltà a parte la pendenza visto che si sale a 1220 metri partendo da circa 370 metri , si snoda a zig zag per il bosco , le condizioni del sentiero sono molto buone e mantenute in perfette condizioni dai volontari del CAI di Thiene , arrivati ad un cerco punto ci sono diversi punti di raccordo dipendenti dalla meta che si vuole avere , a mio avviso e meglio salire fino al bivio con Cima Neutra e poi salire fino al Monte Cimone distante dalla fine della galleria di cima Neutra una ventina di minuti , normalmente e un sentiero che io pratico al ritorno , mentre per salire uso il 544 passando così per il monte Cavioio. Si ricorda inoltre che sul Monte Cimone si può salire anche in auto prendendo la strada di Tonezza
Queste sono le possibili alternative proposte in questo sentiero:
-Salire parte del 542 fino al bivio poi prendere il 542b che ti porta fino al Monte Cavioio e poi sale per Cima Neutra e poi Monte Cimone
-Salire il 542 fino al bivio poi prendere per Cima Neutra fino a poi uscendo dai cunicoli salire sul Monte Cimone
-Salire direttamente al Monte Cimone superando lateralmente la Cima Neutra
RICORDO CHE SAREBBE OPPORTUNO PORTARE UNA LAMPADA FRONTALE O TORCIA ELETTRICA PER PASSARE I CUNICOLI DI CIMA NEUTRA
Cenni storici Quota Neutra
Questo massiccio torrione di roccia chiamato Quotoa Neutra perche era rimasto isolato dopo che i Rainer salisburghesi avevano conquistato il Cimone . Nella primavera del 17 fu collegato alle posizioni italiane situate sul Cavioio Tramite il grande camminamento laterale situato ad ovest . Oltre all’ingresso , la galleria e diritta e pianeggiante per un breve tratto , ma poi diventa tortuosa e molto ripida , sale con gradini alti e stretti quasi fino alla sommità del torrione . Ha una decina di diramazione secondarie che portano nel complesso sistema sotteraneo composto da ricoveri , una vasca per il recupero dell’acqua , 6 osservatori , due postazioni per cannoni calibro 65 , otto mitragliatrici distribuite su vari piani.
Cenni storici Mina del Cimone
La mina del 23 settembre 1916 ufficiale austriaco Max Hoen scrisse: Con l’orologio nella mano tutti attendevano l’istante fatale scelto dal destino “avrà successo il brillamento della mina ?Si potrà riconquistare la cima del Cimone?”. Queste erano le domande che si potevano leggere su tutte le facce.Finalmente il pulsante del meccanismo elettrico di accensione venne premuto. Due enormi detonazioni una successiva all’altra , un rimbombo simile a un tuono come se grossi chicchi di tempesta fossero caduti sopra una lamiera.Blocchi del peso di centinaia di quintali volarono fin dietro la posizione principale provocando enormi danni.La trincea di collegamento era in gran parte distrutta o in parte ricoperta di blocchi di roccia.Gli uomini usciti di corsa dalle caverne cercarono invano la cima del cimone, al suo posto sembrava sbadigliare un cratere di 50 metri di diametro e 22 metri di profondità.I dolorosi lamenti della guarnigione nemica seppellita sotto i massi erano udibili anche da lontano
La vetta del monte Cimone fu profondamente modificata da una grande mina scavata dalle truppe austroungariche. Alle ore 5.45 del 23 settembre 1916, furono fatti brillare 14.200 kg di sostanze esplosive, seppellendo l’intera brigata di fanteria Sele lì dislocata. I resti di 1.210 caduti (tutti ignoti) furono recuperati nel primo dopoguerra e ricomposti in un ossari
Percorrendo la strada che porta al pian delle Fugazze , superato l’abitato di Sant’Antonio , si trova sulla sinistra una carrareccia che porta direttamente , salendo il forte non si vede vista la sua posizione ma è molto ben indicato . Il Forte Maso venne costruito nel 1885 sul fianco occidentale della Val Leogra con il compito di sbarrare un’eventuale avanzata proveniente dal Pian delle Fugazze. Dotato di 3 cannoni da 149 mm coperti da una cupola in ghisa, nel 1904 venne ulteriormente rafforzato con del calcestruzzo e coperto parzialmente con due metri di terriccio. Come molte altre strutture simili, anche il Forte Maso non fu mai attivo durante la Grande Guerra e venne utilizzato soprattutto come ricovero per soldati e magazzino per munizioni.Circondato da un profondo fossato che poteva essere tenuto sotto tiro grazie alle feritoie, la sua unica entrata era dotata di un ponte levatoio. Sul piazzale d’entrata si trovavano due magazzini mentre al piano inferiore c’era la stanza dedicata al meccanismo di funzionamento del ponte ed i servizi igienici, collegati direttamente al fossato. Il resto della struttura era completata da diverse casematte e dalle postazioni dei cannoni che puntavano tutti verso la Val Canale. In totale, al suo interno, si potevano contare 80 stanze.
Oggi purtroppo il Forte Maso è inaccessibile e si può vedere solamente dall’esterno. Sfruttato economicamente dai proprietari del terreno (che costruirono anche una trattoria su un suo fianco), oggi l’associazione Opera Forte Maso si propone di restaurare il forte e di renderlo agibile e visitabile .
TRATTORIA FORTE MASO
VIA FORTE MASO, 1
36030 – VALLI DEL PASUBIO (VI)
tel. 0445/590473 cell. 337/477700
fax 0445/576266
Posto di ristoro del Forte Maso 1883 email:forte.maso@gmail.com
Per approfondimenti storici e sull’associazione per il recupero del forte : http://www.fortemaso.it/