Diamo lustro a queste nuove iniziative per dare la possibilità di vivere una giornata all’aria aperta , in quella conca d’oro , che brilla di luce propria, con scenari e panorami niente da invidiare a luoghi ben più famosi , qui nel cuore delle Piccole Dolomiti , in sentieri ed itinerari incredibili ad un passo dalla città , dove si potrà ricaricare il fisico e la mente , respirare il sapore di un tempo , quel profumo di malga e di latte appena munto accerchiati da alberi secolari , in quei sentieri ideali per escursionisti alle prime armi , e per chi nella fatica della salita ricerca ancor maggiore soddisfazione , come diceva Guido Rei:
«La Montagna è fatta per tutti, non solo per gli Alpinisti: per coloro che desiderano il riposo nella quiete come per coloro che cercano nella fatica un riposo ancora più forte»
RECOARO MILLE BIKE PARK
La nostra offerta
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Si sale dal Costo di Asiago , superato l’abitato di Tresche Conca si prende a destra verso Cesuna imboccando poi Via Magnabosco si raggiungerà l’ampio posteggio di Via Vecchia Stazione a Cesuna di Roana , da li si parte a piedi per la nostra escursione.
Descrizione
L’escursione è molto facile ed ideale per tutti , si sale lungo una piccola mulattiera , in un bosco molto fitto , dove sono posizionate alcuna tabelle che descrivono la zona ed alcune opera scultoree di legno , fatte dagli scultori Marco Pangrazio e dal suo collaboratore Giovanni dal Sasso, che permettono di sedersi e riflettere per mantenere vivo il ricordo di quella notte in cui Vaia compi il suo disastro , anche se qui il danno si deve dire sia stato contenuto , non come successo nel Passo Vezzena oppure sulla Piana di Marcesina , si sale lungo un bosco fantastico fino a raggiungere la cima del Monte Lemerle teatro di aspri combattimenti , considerato il monte dei fanti , la brigata Forlì 43°e 44° rgt , il Gen. Franchi riporta così:
“Dieci giorni e dieci notti di eroismo e di sacrificio avevano vissute quelle valorose truppe , in un continuo inferno di fuoco e di sangue , in una continua tragedia di lotta e di morte ,con privazioni di rancio, con le labbra spesso riarse della sete e dalla febbre, prive di sonno e di riposo; nessuno, nessuno ebbe il pensiero alla fuga, alla disperazione, all’esonero.“
Proseguendo ed iniziando a scendere , si raggiunge il bunker Inglese che fu posto di comando del 9°Staffordshire rgt , dove una copia del fregio Inglese ne conferma la sua provenienza , alcune sculture ne abbelliscono la cruda realtà del cemento , si raggiunge poi un altro bivio che riporta un’ulteriore tabella ed alcune sculture fino a raggiungere poi la selletta del Lemerle , con le postazioni di mitragliatrice che guardano verso il fondo della valle , si raggiungerà poi il Sacello dedicato a Sant’Antonio e San Girolamo , mentre sulla sinistra salendo ancora qualche centinaio di metri si potrà vedere la Colonna Romana che fu il punto ci fu la massima penetrazione dei soldati austroungarici , ed il Cimitero Inglese ed Italiano , poi si potra ridiscendere lungo la stradina asfaltata per completare questo piccolo anello , nel ricordo di chi ha perso la vita qui nel 1915-1918 , e per non dimenticare il disastro di Vaia.
Itinerario : Campiello –Monte Paù-Monte Zovetto- Monte Lemerle
Tipo di terreno : sentiero e mulattiera, sterrato circa 22 Km
Tempo di percorrenza del sentiero : 6h40
Dislivello totale : 729 m
Quota massima raggiunta : 1414 m
Come raggiungere
Si sale dalla strada del Costo di Asiago , dopo essere entrati nella Val Canaglia , superato il Passo Campiello , si raggiunge la fermata dell’ex trenino , si lascia l’auto e si parte a piedi.
Descrizione
Si scende da Campiello verso il cimitero Italo-Austriaco di Campiello , prendendo poi la strada forestale che sale nella malga Cerasana e Malga Roccolo per poi proseguire verso il monte Croce , passando per un piccolo sito di lancio con il parapendio , proseguendo sempre sulla strada si raggiunge in una curva , il sentiero 661 che porta prima a Monte Paù-Cima del Gallo 1417 m attraverso un sentiero esposto verso la fantastica conca di Arsiero-Cogollo del Cengio e Piovene Rocchette, per poi scendere attraverso la malga Gallo , ed attraverso il bosco distrutto da vaia e dal Bostrico che sta facendo strage di abeti rossi , si scende su questa desolazione fino a raggiungere il bivio che sale da Campiello (quella che non passa per il monte Paù )si mantiene la destra , imboccando a breve la Trincea del Monte Zovetto , dove incontreremo la linea fortificata delle trincee Inglesi , in un contesto in cui è facile comprendere l’importanza strategica di questo sito , e dove il panorama rimane unico nella zona , a poche centinai di metri si può raggiungere sia la Malga Zovetto che il rifugio Kubelek , da li riprendendo la strada si scende per circa 1 km e sulla destra si potrà vedere l’entrata del sentiero anche se non segnalato che porta nei due cimiteri di Magnaboschi quello Italiano ed Inglese , superati i cimiteri e la colonna romana , si arriva al piccolo Sacello di Sant’Antonio e San Girolamo, li si prende la stradina sterrata a destra che riporta la salita sul monte Lemerle passando per l’omonima forcella , si sale in un bosco che privo di visibilità al contrario del monte Zovetto , ma che è stato teatro di aspri combattimenti si raggiunge così il bunker Inglese che fu posto di comando del 9°Staffordshire rgt , dove una copia del fregio Inglese ne conferma la sua provenienza , si raggiunge dopo poco la cima del Monte Lemerle , considerato il monte dei fanti , la brigata Forlì 43°e 44° rgt , il Gen. Franchi riporta così:
“Dieci giorni e dieci notti di eroismo e di sacrificio avevano vissute quelle valorose truppe , in un continuo inferno di fuoco e di sangue , in una continua tragedia di lotta e di morte ,con privazioni di rancio, con le labbra spesso riarse della sete e dalla febbre, prive di sonno e di riposo; nessuno, nessuno ebbe il pensiero alla fuga, alla disperazione, all’esonero.“
Si scende poi verso la valle per raggiungere l’abitato di Cesuna , sul passaggio del trenino, per poi imboccare la ciclabile che ci porterà di nuovo alla Stazione di Campiello.
Si sale verso le Melette di Gallio e si procede verso Campomulo imboccando la strada per salire sull’Ortigara , fino a raggiungere un bivio a destra che scenderà sulla piana di Marcesina, entrando nella devastazione di Vaia , raggiunto un primo bivio che riporta il Rifugio Barricata , si svolta a sinistra e si prosegue fino a vedere l’Aquila in lontananza . Se invece si sale da Foza si deve percorrere tutta la Piana di Marcesina fino a raggiungere il bivio che si troverà a destra che porta al Rifugio Barricata . ( ricordo che la strada che porta alla piana di Marcesina da Campomulo è sterrata e poco manutentata ).
Dopo il grande Drago di Vaia , lo scultore Marco Martello Martelar compie un nuovo capolavoro, “Per me Il legno è il tramite, il ponte che lega arte, uomo e natura” alta 7 metri e lunga 5 metri , del peso di 1600 kg e circa 1800 viti , un’opera fantastica, situata in una zona in cui Vaia ha compiuto il disastro più beffardo , la Piana di Marcesina , forse uno dei luoghi più suggestivi e unici dell’altipiano , dove il Trentino si inerpica in quel cippo Anepoz dove le formelle di Austria e La Serenissima si incontrano nel maestoso è lungo sentiero dei cippi , la terra che fu confine , quel pezzo di terra dove Mario Rigoni Stern ha scritto quella famosa frase scalfita sul marmo dell’Albergo Marcesina :
“Ma ci saranno ancora degli innamorati che in una notte d’inverno si faranno trasportare su una slitta tirata da un generoso cavallo per la piana di Marcesina imbevuta di luce lunare? Se non ci fossero come sarebbe triste il mondo” Mario Rigoni Stern
Qui in questa piana resa un pò cupa e triste da questa immensa distruzione di Vaia , dove la minuscola Chiesetta di San Lorenzo appare come microscopica , nella vastità di questa piana che d’inverno raggiunge incredibili temperature di -35° , paludosa e verde , nella primavera ed estate , a pochi passi da quella sanguinosa battaglia dell’Ortigara , ora avrà un’Aquila che sarà un testimone del ricordo di quella notte in cui la tempesta Vaia , ha compiuto la sua devastazione , io da testimone l’ho potuto constatare mentre la notte di Vaia tagliavo piante sulla strada per il passo Vezzena , e dove la mattina si aprì un scenario apocalittico.
Lo Scultore ed il Drago
Marco Martalar Scultore del legno e artista del bosco , dove passo la maggior parte del tempo per creare e farmi ispirare.Gli alberi , gli animali , il silenzio , il fuoco e la natura ancora selvaggia, per me linfa vitale dove la mia arte trae nutrimento.
Il legno della scultura infatti non è trattato e con il tempo deperirà per l’effetto degli agenti atmosferici. Perciò, cambierà forma e, tramite la decomposizione, andrà a formare nuovo humus per i boschi. Gli alberi sradicati dalla tempesta saranno quindi nutrimento per altri alberi e contribuiranno a renderli più rigogliosi.
Quando sono arrivato sul grande prato che lo ospita mi sono emozionato , la quantità di persone era fuori dalla mia immaginazione , Persone sedute sul prato a godersi il sole l’aria, persone che passeggiavano , bimbi che giocavano. Lui era lì fermo come quando lo avevo lasciato, come quando lassù io e lui in solitudine stava nascendo, ora invece circondato da centinaia di persone, il tutto senza caos gente rispettosa con la voglia di toccarlo o fare una foto, è stato bello. Marco Martalar
Tempo di percorrenza : 1h30Dal Piazzale principe del piemonte – 2h30 Da Campiello
Dislivello totale : 200 m – 400 m da Campiello
Quota massima raggiunta : 1351 m
Come Raggiungere
Per salire al Monte Cengio ci sono diverse vie , la prima la più facile è salire attraverso la strada del Costo di Asiago , poco prima di raggiungere l’abitato di Tresche Conca , nei pressi della Casetta Rossa di Passo Campedello si incontra un bivio sulla sinistra che porta prima al piazzale principe del Piemonte dove si potrà lasciare l’auto per proseguire a piedi . Il secondo percorso , diciamo un pò più impegnativo si lascia l’auto appena entrati nella stretta valle prima di raggiungere la Casetta Rossa , dove un piccolo posteggio sulla sinistra si potrà lasciare l’auto e proseguire a piedi , invece per chi vuole avventurarsi in qualcosa di più difficile ma con scenari molto panoramici ed appaganti , lo potrà fare con il Sentiero n. 651 che sale dal Monastero della Resurrezione a Mosson (Cogollo del Cengio) già descritto in precedenza .
Cenni Storici
Monte Cengio e i Granatieri di Sardegna
Ricerca 10.000 uomini che erano giunti ad Asiago, riuscirono a salvarsi in poco più di 1000 , alla sera del 3 giugno il Monte cengio era in mano austriaca ma le perdite furono alte anche per gli imperiali e il sacrificio della brigata Granatieri di Sardegna era riuscito a fermare per sempre la discesa in pianura dei fanti dell’imperatore Francesco Giuseppe , con i granatieri combattevano i Fanti delle Brigate Catanzaro, Novara, Pescara e Modena al termine della strafexpedition gli austriaci si ritirarono nei territori occupati e il 24 giugno 1916 le truppe italiane ripresero possesso del Monte cengio e di tutto il pianoro circostante fino alla Val d’Assa . I comandi italiani decisero di predisporre una serie di opere difensive articolate su tre successivi linee “la linea di massima resistenza”, “la linea di resistenza ad oltranza” e “la linea di difesa marginale”.
la linea di massima resistenza era formata da tanti piccoli posti di sorveglianza situati in posizione avanzata sul ciglio della Val d’assa a guardia dei sentieri che dal fondo della valle risalivano gli scoscesi dirupi .
La linea di resistenza ad oltranza la più importante era in realtà un sistema di postazioni difensive unite tra di loro da un’unica trincea costruite proprio su quelle quote dove i granatieri avevano combattuto per la difesa dell’altopiano punto il Monte cengio, il Monte barco, il Monte Belmonte, il Monte Busibollo e malga ciaramella divennero altrettanto fortini naturali che supportandosi a vicenda costituirono un complesso difensivo , che peraltro non venne più direttamente interessato delle vicende belliche. La Val barchetto fu compresa nel sistema difensivo di Monte barco è attraversata da uno sbarramento difensivo che collegava il caposaldo di quota 1363 a sinistra con le linee di trincee principali dello stesso Barco a destra lasciando peraltro libera la rotabile utile per il trasporto del materiale.
Infine la linea di difesa marginale mai ultimata costituita l’ultima linea difensiva che sfruttando le alture che delimitavano a sud dell’altopiano di Asiago doveva servire a fermare eventuali attacchi austriaci nella probabilità che avessero ceduto le due altre linee di difesa. Il settore Monte Cengio per la sua importanza e per la sua posizione era compreso nelle linee di resistenza ad oltranza e a sua volta contava i suoi capisaldi difensivi nelle quote 1363 , 1312, 1351, 1356 e 1332 rilievi che si alzavano sui dirupi della Val d’astico per collegare tra loro sistemi difensivi si costruì una mulattiera di arroccamento in seguito denominata delle granatiere in onore del corpo da cui che qui difese la pianura veneta.
Il 28 maggio del 1916 gli austroungariche risalivano da Val D’Assa attestandosi sul pianoro del Cengio mentre i Granatieri si prepararono a resistere sulle alture dello stesso Monte alla sera del 29 maggio un gruppo di fanti imperiali comandanti dal col Klielman penetrò nel forte Punta Corbin già disarmato e sgombrato dalle truppe italiane il 30 maggio del 1916 i Granatieri ricevettero l’ordine di riconquistare il forte ma durante l’avvicinamento stesso scontravano con gli austriaci che miravano la conquista del Monte Cengio e di tutto il suo pianoro nonostante le gravi perdite subite nei combattimenti Granatieri riuscirono a fermare l’assalto austriaco e si asserragliarono intorno alla cima della montagna il secondo tentativo di conquista austriaco del 31 maggio i Reiner salisburghesi del 59°rgt del 31 maggio trovò anche questa volta i granatieri che grazie all’aiuto dei fanti delle Brigate Pescara , Catanzaro e Novara riuscirono a fermare gli assalti . Gli austriaci conquistarono il vicino Monte Barco , posizionando alcune mitragliatrici degli austriaci sulla Val barchetto interruppero i collegamenti tra i granatieri sul Cengio e i comandi di Campiello impedendo il rifornimento di acqua , cibo e munizioni isolati sulle alture del Monte cengio al comando del cap Morozzo della Rocca vi erano i granatieri del I° reggimento assieme ai Fanti delle Brigate Catanzaro , Pescara e Novara con i pochi mezzi a disposizione privi di rifornimenti i soldati italiani stesero quel poco di filo spinato avevano a disposizione e alzavano qualche muretto a secco con le pietre trovate sul terreno per difendersi dal fuoco di fucileria e delle mitragliatrici schwarzlose,il 3 giugno del 1916 soldati imperiali lanciarono l’attacco finale dopo un devastante bombardamento mattutino risalendo la Val di Silà gli Schutzen comandati dal col.Alpi riuscirono a sfondare le linee di difesa ingaggiarono un combattimento corpo a corpo con i granatieri italiani che alle spalle delle trincee avevano solo lo strapiombo della Val d’astico in questi combattimenti che nacque la leggenda del salto del granatiere in quando i soldati italiani piuttosto che arrendersi preferivano gettarsi dei dirupi avvinghiati nella lotta agli austriaci andando incontro entrambi è morto certa . Nei successivi mesi la battaglia , tornato il Cengio in mano italiana la Val di Silà viene sbarrata da un duplice trincea e da una più a Valle che raccordava la vecchia trincea di granatieri e proseguiva per le pendici del Monte Barco
Quota Piazzale Principe del Piemonte
La quota 1045 è la punta estrema del sistema montuoso del Monte Cengio tra la Val Canaglia e la Val Cengiotta , sistemato a difesa nel 1917 per ostacolare qualora si fosse perduto di nuovamente il Monte Cengio un’eventuale attacco austriaco proveniente da Occidente ed è la funzione di controllo della val Cengiotta e delle mulattiere che salivano da Cogollo del cengio chiamato “sentiero delle postazioni “ le mulattiere era già stata utilizzata la notte del 2 giugno del 1916 durante la battaglia del Cengio per portare con i muli gli ultimi rifornimenti di acqua e viveri e granatieri in trincea . La linea di difesa era organizzata con trincee difese da reticolati postazioni mitragliatrici quasi tutti in caverna ricoveri truppe in caverna scavate nella roccia o in tane di volpe capaci di contenere circa 1000 uomini.
La Cannoniera
Quattro postazioni per pezzi di artiglieria da montagna da piccolo calibro 70 mm la postazione venne costruita la primavera e l’estate del 1917 dalla 2° compagnia minatori partente al Comando del Genio del XXVI Corpo D’Armata , la galleria di accesso della larghezza di 2 m sviluppa una lunghezza di 74 m e su di essa si affacciano quattro caverne e un deposito di munizioni profondo circa 3 metri . Il fronte della batteria sviluppa invece una larghezza complessiva di circa 24 m . La batteria chiudeva ad est il complesso sistema difensivo del caposaldo del cengio che si collegava poi all’adiacente caposaldo di Monte Barco .
Il Salto Del Granatiere
Scrisse il gen. Pennella comandante della brigata granatieri di Sardegna
«si narrava già di aver venduto rotolare per le rocce strapiombanti la sull’Astico nel furore dell’ardente lotta grovigli umani di austriaci e granatieri»
Questa testimonianza dell’aspirante Franco Bondi ufficiale del IV btg. del I rgt Granatieri di Sardegna
«improvvisamente poi verso le 2 pomeridiane il nemico ci assalì alle spalle e contemporaneamente anche di fronte , data della sorpresa e le condizioni disperate in cui ci trovavamo si svilupparono una serie di combattimenti singolari con bombe a mano e fucileria da parte del nemico e all’arma bianca da parte nostra… Fui testimone oculare di atti di eroismo dei miei granatieri e di quelli della sezione mitragliatrici che si trovavano immediatamente alla mia destra di cui un caporalmaggiore servente continuo a far fuoco ancora l’arma fino a che fu ucciso a baionettata sul pezzo e così pure le vedete sorprese dall’attacco furono finite a baionettata»
Galleria Comando
Questa era la galleria comando alle pendici di quota 1351 qui erano situati anche i pezzi di artiglieria da 149 mm avevano il compito di ostacolare l’avanzata austriaca lungo la Val d’astico è proprio la loro efficacia azione costrinse i comandi austriaci a dover conquistare nel più breve tempo possibile Monte Cengio durante la battaglia del giugno 1916 i cannoni vennero portati all’aperto sul piazzale dinanzi all’entrata della galleria da dove il contrastarono anche se solo per poco tempo gli assalti di soldati imperiali terminate le munizioni rimasero inutilizzati nella galleria il cap. Federico Morozzo della Rocca comandante del IV btg del I° rgt granatieri di Sardegna situo il comando di settore del Cengio la caverna fungeva anche da posto di primo soccorso sanitario qui vennero ammassati i feriti durante l’attacco risolutivo del 3 giugno . Ricorda il tenente Giacomo Silimbani aiutante maggiore dei cap. Morozzo :
«venni portato al posto di medicazione situato in caverna già pieno di feriti e posto in una barella fuori il combattimento era cannettato ente impegnato ma io non sentivo che il frastuono confuso mentre un caporalmaggiore di sanità stava affacciando me la seconda ferita irruppero nella caverna gli austriaci semisvenuto vendete trasportato dagli stessi granatieri portaferiti per ordine di un ufficiale austriaco al posto di medicazione nemico e poi aprire le scale appresso una sezione di sanità»
Monte Cengio Zona Sacra
Dei 6000 Granatieri che erano giunti in zona Cengio il 22 maggio del 1916, la notte su 4 giugno riparavano sul Monte Paù circa 1300 superstiti. Quando questi, pochi giorni dopo, sfileranno nuovamente per le strade di Marostica, la popolazione incredula allibita rimarrà convintamente in attesa di una seconda colonna. Composta di morti, feriti e prigionieri, essa era rimasta lassù, sulle balze del Cengio, tra Tresche e Cesuna . Le perdite complessivamente registrate dalla brigata granatieri di Sardegna, dei reggimenti di fanteria 211°,212°, 154°,142° e 144°, oltre ai militari di altre armi, fra il 29 maggio e il 3 giugno compreso furono il seguenti : ufficiali morti 51, feriti 112 ,dispersi 77; militari morti 1098, feriti 2482, dispersi 6044 per un totale di 10.264 uomini si deve alla fede, al patriottismo e alla tenacia dei Granatieri e delle popolazioni Vicentine se ricordo degli eroi del cengio e stato noi tramandato sulla terra che fu teatro di una delle più sanguinose battaglie del fronte Tridentino. Il Cengio è stato dichiarato il 27 giugno del 1967 sono SACRA
Chi era Carlo Stuparich
Carlo Stuparich (Trieste 1894 – Val Silà 1916) fratello di Giani Stuparich, dopo aver frequentato il Liceo ginnasio comunale di Trieste. All’entrata in guerra dell’Italia, con il fratello e Scipio Slapatersi presentò alla caserma del 1° rgt. Granatieri a Roma, per contrarvi l’arruolamento volontario. Con essi fu inoltrato al fronte, nel Monfalconese, dove affrontò le prime due battaglie dell’Isonzo come soldato semplice; divenuto sottotenente della Milizia territoriale, trascorse un periodo di forzata inattività sulle montagne soprastanti il Garda, per rientrare al fronte ancora tra i granatieri, prima nel settore Oslavia – San Floriano, poi sull’altipiano di Asiago. Qui, nelle giornate convulse della Strafexpedition, rimase isolato con il plotone affidato al suo comando nella Val Silà, sulla strada che conduce a Forte Corbin; vistosi circondato, caduti quasi tutti i suoi uomini, alla cattura preferì spararsi un colpo di rivoltella alla tempia. Il corpo rotolò in una sottostante dolina, nella quale riposò per tre anni finché il fratello non poté ritrovarlo e seppellirlo dapprima a TreschèConca,e infine a Trieste,dove riposa nella tomba di famiglia. Alla sua memoria, venne conferita la medaglia d’oro al valor militare.
«Nobilissima figura tempra di soldato, volontario dall’inizio della guerra, si votò con entusiasmo alla liberazione della terra natia. Comandante di una posizione completamente violata, di fronte a forze nemiche soverchianti, accerchiato da tutte le parti, senza recedere di un passo, sempre sulla linea del fuoco animò e incitò i dipendenti, fulgido esempio di valore, finché rimasti uccisi e feriti quasi tutti i suoi uomini e finite le munizioni, si diede la morte per non cadere vivo nelle mani dell’odiato avversario.» — Monte Cengio, 30 maggio 1916.
«Qui, faggi, carpini, noccioli e, sotto gli arbusti, fra il muschio, zone fragranti di mughetti. In questa conca silenziosa, alle pendici del Cengio, su cui passano le nuvole e, dopo uno scroscio di pioggia, appare per un momento il sole, ha vissuto le sue ultime ore mio fratello Carlo. Il pensiero che mi riconduce a quello che Carlo visse in quei momenti è intenso, ma non è cruccioso: cerco intorno e dentro a me stesso, mi raccolgo, rivivo. Tutte le volte sono sceso di lassù con l’animo fatto più semplice e chiaro.»Giani Stuparich
Cartografia : Lagiralpinan°3 Dolomiti Agordine e Val di Zoldo 1:25000
Come raggiungere
Dopo essere saliti per andare verso Belluno ed aver superato Santa Giustina , si prende verso Sospirolo , prendendo poi quella che porterà attraverso la Valle del Mis , sull’omonimo lago. Superata la galleria e il ponte si potrà raggiungere il punto di partenza della Valle Falcina .
Descrizione
Il percorso non richiede un impegno fisico , si tratta di circa 4 km e con un dislivello abbastanza semplice e quasi per tutti , si tratta di un sentiero naturalistico , ed essendo in un ambiente poco praticato dai più se ne può cogliere la sua meravigliosa bellezza , qui in questo suggestivo ambiente , in questa spaccatura incisa dalla Valle di Burt e Valle Falcina , presentano specie di flora e fauna molteplici ed importanti , come le Pino nero, Ambretta di Ressmann, Campanula della Carnia, Euforbia di Kerner . Mentre per quanto riguarda l’aspetto faunistico , soprattutto numerosissimi passeriformi e altre interessanti specie come l’aquila reale e il picchio nero. La presenza del lago permette di osservare anfibi, la natrice dal collare e, fra gli uccelli, il germano reale e la ballerina gialla.
Osservazione del paesaggio
le rocce presenti in questa zona hanno età comprese tra 220 e 100 milioni di anni la più antica è la dolomia principale sovrastata dei calcari grigi che hanno uno spessore di circa 400 m gli strati rocciosi sono molto inclinati quasi verticali sono stati profondamente incisi dal torrente falcina che ha creato una tipica valle fluvio torrentizia alla sezione V una valle difficile da percorrere perché l’inclinazione degli strati è impedito la formazione di pendii dolci e di cengie che in altre zone delle Dolomiti sono stati sfruttati per creare sentieri e la Val falcina si è formata in corrispondenza della faglia del Pizzocco una profonda spaccatura degli strati rocciosi lungo la quale si ha lo scorrimento di una parte rispetto all’altra lungo le faglie delle rocce sono fratturate e quindi più facilmente erodibili osservate l’ampia superficie pianeggiante che scende verso il lago e ospita struttura del parco è quello che i geologi chiamano conoide alluvionale e si è formato dalla distribuzione a ventaglio dei materiali trasportati nel passato del torrente dei suoi lavori di scavo .
Col della feda
Nel Parco vivono due specie di pini ha portamento arboreo, il Silvestre e il Pino nero i pini sono alberi detti ai pionieri perché conquistano antiche frane e detriti consolidati il Pino si veste e si riconosce facilmente per la corteccia arancione nella parte più alta del fusto e lo si può trovare in tutta Europa fino alla Siberia il Pino nero invece ha corteccia grigia scura su tutte le sue lunghezza aghi scuri molto lunghi una specie balcanica per questo nel parco è osservabile solo nel settore orientale e qui in valle del Mis sono presenti i nuclei spontanei più occidentali di tutte le Alpi il bosco che cammina anche il bosco può camminare e quello che è accaduto qui sul col della feda che significa Colle della pecora un tempo utilizzata per il pascolo ovino quest’area è stata poi abbandonata il bosco ha così preso il sopravvento ricolonizzato i vecchi pascoli dapprima con l’arrivo degli arbusti poi con quello degli alberi come il carpino nero la betulla e il Pino nero il ritorno del bosco è un processo più veloce di quanto si possa pensare in alcune zone del parco i prati abbandonati vengono recuperati del bosco ad una velocità che può superare il metro all’anno.
Le tracce animali
Vedere gli animali soprattutto in un bosco , cioè nel loro ambiente naturale non è cosa semplice molto più facile imbattersi nei loro tracce ad esempio osservando gli arbusti potrete scoprire che corteggiamenti sono dovuti agli sfregamenti che hanno i maschi di capriolo per marcare il loro territorio lungo il sentiero o sui sassi emergenti potrete trovare degli escrementi gli hanno lasciati per marcare il territorio le faine e le volpi che abitano su questo bosco più facile incontrare direttamente sono i rettili nelle radure potrete incontrare l’orbettino e nelle giornate umide e piovose la natrice dal collare .
Nidi di Picchio
Guardando via attorno potrete anche trovare forse con un pò di fortuna il grosso buco fatto dal Picchio nero è il più grande dei picchi può raggiungere un’altezza di mezzo metro con un’apertura alare di 70 cm , le sue dimensioni il colore uniforme nero lo rendono inconfondibile , il capo è completamente rosso nel maschio è parzialmente colorato nella femmina , predilige i boschi di faggio , Abete bianco, Abete rosso si nutre di insetti che abitano in legno e li cattura scavando i tronchi con il forte becco è difficile da vedere perché molto schivo se ne vette la sua presenza perché emette un caratteristico Cri-cri-cri o un prolungato fischio udibile a grande distanza , i nidi che vengono abbandonati del Picchio nero vengono usati molto spesso dalla civetta capogrosso.
Esiste inoltre una piccola Area Ristoro, Camper e Punto Informativo Pian Falcina :
Per informazioni e prenotazioni: gestore Patrizio De Biasi 348 415 2619
Cartografia : Lagiralpinan°3 Dolomiti Agordine e Val di Zoldo 1:25000
Come raggiungere
La cascata della soffia si raggiunge salendo fino a nord del lago lasciando l’auto nel piccoli punti dove è possibile sostare , mentre nel periodo estivo risulta aperto l’ampio posteggio situato dopo il ponte .
Descrizione
Una delle escursioni più belle sono i cadini di evorsione del Brenton , ovvero dei cadini , che si creano quando l’acqua scorre con forte pressione ed incontra ostacoli generando una serie di turbinii e vortici con trascinamento di ghiaino che erode così le pareti creando le cosidette nicchie di evorsione . I cadini sono il risultato di passaggio di acqua nei milioni di anni , il percorso non presenta difficoltà neanche per i ragazzi e bambini , la trasparenza di queste acque incontaminate rimane di rara bellezza , un luogo in cui si rimane a bocca aperta davanti alle meraviglie che la natura del Parco Nazionale delle dolomiti bellunesi ci regala , manteniamolo cosi, come l’abbiamo trovato … incontaminato… alla fine di questo anello anche il piccolo parco botanico completerà questo piccolo impagabile viaggio.
L’accesso ai Cadini sarebbe a pagamento , ma se trovate chiusa la biglietteria , l’accesso è libero
Regolamento di visita I Cadini del Brenton sono uno spettacolo della Natura straordinario e delicato. Per conservarlo ti chiediamo di rispettare alcune semplici regole: – non uscire dai sentieri segnati, – non abbandonare rifiuti, – non raccogliere o danneggiare le piante, – tieni il tuo cane al guinzaglio. Ti ricordiamo inoltre che è vietato fare il bagno nei Cadini e stendersi a prendere il sole lungo i loro bordi.
Cartografia : Lagiralpinan°3 Dolomiti Agordine e Val di Zoldo 1:25000
Come raggiungere
La cascata della soffia si raggiunge salendo fino a nord del lago attraversando poi il ponte e raggiungendo l’omonima Osteria della Soffia , oppure se aperto lasciare l’auto nell’ampio posteggio dopo il ponte .
Descrizione
La discesa delle acque dalla Valle Soffia si insinua con una potenza quasi inarrestabile plasmando nei migliaia di anni la roccia a suo piacimento fino a raggiungere lo scavo eroso della cascata della Soffia , incuneandosi in una forrà di grandi dimensioni per poi uscire dall’antro roccioso e raggiungere le verdi acque del lago , il fragore assordante della cascata di circa 12 metri , e qualcosa di emozionante da quel terrazzo sospeso sulla stessa , uno spettacolo inspiegabile , che poi nei periodi di più secca permette di entrare da sotto nella cascata stessa attraverso un cunicolo che nei momenti di pioggia rimane ben nascosto. Poco prima di raggiungere la cascata , si trova l’unico locale aperto nei periodi estivi l’osteria della Soffia, un luogo spettacolare e con i tavolini vista lago , ed una piccola chiesetta dedicata a San Remedio , che esisteva già , ma era stata sommersa dall’acqua della diga come del resto l’abitato di Gena Bassa . Al fianco dell’Osteria , una stradina asfaltata conduce sulle piccole contrade di Gena Media e Alta , abbandonate già da diverso tempo soprattutto dopo l’alluvione del 1966 che ha isolato totalmente questi incredibili luoghi .
Esiste inoltre una piccola Area Ristoro, Camper e Punto Informativo Pian Falcina :
Per informazioni e prenotazioni: gestore Patrizio De Biasi 348 415 2619
La natura è qualcosa di grandioso ed unico , un delicato equilibrio di forme più o meno armoniche , la montagna né è la prova , quando tenta di chiudere le ferite inferte dall’uomo detto sapiens , che di sapienza ne ha ben poca , ma l’equilibrio delle nostre piccole Dolomiti è molto precario , lo ha dimostrato più volte il Passo della Lora , il Vajo dell’acqua , il Vajo scuro , il forcellin del Plische , il Pelegatta , il Vajo stretto e tanti altri…lo aveva già dimostrato la frana dei roccioni della Lora , nel 1915-18 . Già un delicato equilibrio che gli eventi atmosferici aggravato ancora di più , l’omo non c’è più con lui un pezzo di storia dei montanari della mia generazione , non ricordo le volte che ci sono salito , tante tante , fin da piccolo all’età di 7-8 anni , come le gallerie del resto , 7-8 anni con i lupetti . Certo salirò ancora ma di lui rimarrà solo il ricordo di quel torrione tozzo e malfatto , un ricordo che rimarrà nel cuore di tutti quei montanari che lo hanno sempre visto lì , quasi come un riferimento , al fianco a quell’altro torrione poco più basso e chissà se un giorno anche lei crollerà su se stessa come ha già fatto lui … certo guardare in su e non vederlo più insieme, non sarà più come prima , non si sentirà più quell’osservare da sopra il nostro incedere di passi , certo rimarrà lei che come una mamma si prenderà cura di noi montanari. Luciano
Si prende il sentiero dei grandi alberi dalla Conca d’Oro , Pizzegoro, proseguendo per la località Casare Asnicar , fino a raggiungere il Linte (tiglio) delle Montagnole , pianta secolare presso la Malga Sebe da qui parte il Vallone .
Descrizione
Il percorso non è certamente per tutti , sconsigliato in discesa anche se fattibile per chi ha un ottima conoscenza di se stessi , gambe e materiali buoni , la pendenza non è eccessivamente difficile essendo un Vajo che porta da Malga Sebe , fino sulla cima al Passo della Porta sul sentiero 202 proveniente da Campodalbero e che va verso Campetto , la salita prosegue in una carrareccia che porta presso l’anello e Malga Anghebe , poi si prende a sinistra addentrandosi nel tratto boschivo , alternando così con tratti detritici e altri prativi con un bosco giovane , si continua a salire anche con tratti di un certo impegno dove il terreno diventerà sempre più detritico ed instabile , fino a raggiungere quasi la forcella in cui il terreno sarà ripido è prativo , molto pericoloso nelle giornate piovose , raggiunta la forcella sia scende per alcune decine di metri , fino a raggiungere la carrareccia che porta fino al Passo della Porta .
Questo itinerario non esiste in nessuna mappa, è un vajo e quindi non un sentiero per tutti . E’ ben segnalato da colore rosso ed è stato segnato da un ricercatore di nuovi sentieri che purtroppo ora mi sfugge il suo nome.