Dopo aver preso la strada per arrivare a Schio , sia che si venga dall’autostrada o da qualsiasi altra strada normale si prende per Valli del Pasubio giunti sulla periferia di Schio ovvero il località Poleo si imbocca sulla destra la strada che porta verso Santa Caterina di Tretto , dopo aver superato l’abitato si prosegue fino a contrada Rossi , dove si nota sulla sinistra una carrareccia in mezzo alle case , da li attraverso una strada prima asfaltata e poi sterrata ma in buone condizioni si sale fino alla Busa del Novegno .
Se invece si sale dalla zona di Santorso si prosegue salendo verso Bosco di Tretto e San Ulderico , per poi proseguire verso località Cerbaro e poi giungere a contrada Rossi , e poi a destra imboccando la carrareccia che sale fino in Busa del Novegno
Ci sono inoltre vari sentieri per chi invece volesse salire a piedi , gia documentati in altri post vi riporto i loro numeri 401-411-422-433-435-444-455
Scrivere qualcosa sul monte Novegno può sembrare a tutti cosa facile , ma non lo è , l’importanza strategica che assunse nel periodo della strafexpedition lo rese di una importanza vitale per la conquista della pianura veneta da parte del nemico , la potenza di fuoco nemico che il monte subì la si può vedere ancora ora , ma è solo salendo che si può notare l’effettiva importanza dello stesso . In fondo al mio post ci sono le foto delle Postazioni del Vacarezze , di Cima alta e del Monte Priaforà.
Il monte presenta lineamenti gentili e molto belli i sui pascoli sono di un verde unico che si confonde con le buche scavate dalle marmotte ed il terreno in alcune parti roccioso quasi carsico e altro prativo adibito a pascolo , la sua altitudine non è altissima , ma la Busa del Novegno rimane sempre nel cuore di chi ci sale , provate , saliteci con un pensiero solo , quello di chi e consapevole di varcare in un luogo in cui tanto sangue si e versato . Molti trinceramenti , postazioni di mitragliatrici , e piccoli medi calibri sono state recuperate con pazienza certosina …io non mi stancherò mai di sottolinearlo ….PER NON DIMENTICARE
Cenni storici
Normalmente faccio un riassunto di quello che c’è nei libri , ma in questo caso riporto tal quale il riassunto di Bepi Magrin , fatto nel libro di Pino Marchi …Non toccarono il verde piano .
La battaglia
Tra il31 maggio ed il 25 giugno del 1916 la Cima Alta era il cuore della difesa del Novegno. Dalla baracca comando lassù installata, il generale Carlo Petitti di Roreto comandante della 35/\ Divisione che succedeva al generale De Chaurand, destinato ad altro incarico, ed il suo Capo di S.M. Colonnello Garbasso dirigeva le operazioni incurante dell’infierire del bombardamento. L’11/\ Armata dell’Arciduca Eugenio, che aveva il compito di attaccare il Novegno, aveva per farlo, disponibilità di 264 bocche da fuoco, schierate contro le 55, antiquate degli italiani. Il fuoco concentrato di 26 pezzi di grosso calibro, 60 di medio e 178 di piccolo provoca sul monte un uragano mai visto prima. Si contrappongono dopo l’azione delle artiglierie 52 battaglioni di attaccanti (più 20 di riserva) a 12 battaglioni della 35/\ Divisione più 4 Battaglioni Alpini. La sproporzione delle forze è del tutto evidente. Si combatterà qui la battaglia più importante dal punto di vista dell’impiego di forze, della intera operazione offensiva di primavera. Il settore di maggior interesse nel quale si giocarono le sorti della battaglia del Novegno è compreso tra il Monte Vaccarezze e il monte Brazome. Le difese passive costruite dagli italiani in quel periodo erano ancora molto approssimative. Trincee superficiali e, scarse o mancanti cortine di filo spinato, pressoché totale assenza di ripari in caverna caratterizzavano la linea di difesa. Lo schieramento dei difensori poi, in particolare delle truppe del 69° Fanteria e del battaglione alpini Monte Matajur saliti dal Roccolo a sud di Santorso dove erano accampati, per riposarsi dopo precedenti e pesanti impegni che avevano decimato i reparti, era avvenuto solo la notte prima della battaglia. Il comando di Divisione aveva affidato al colonnello Luigi Bongiovanni comandante della brigata Ancona, la direzione delle operazioni. Gli ordini erano quelli di mantenere le posizioni muovendo nel contempo grosse pattuglie di alpini specialmente verso il Priaforà -già in possesso degli imperiali- allo scopo di ottenere informazioni sulle intenzioni avversarie. Verso le 6,30 del mattino del 12 giugno, iniziava un violentissimo bombardamento contro le trincee del Novegno, del Giove e del Passo di Campedello, venendo contemporaneamente pure battute le retrovie nella Busa del Novegno. Tutte le batterie disponibili ed in particolare i medi calibri dislocati in zona, risposero al fuoco con tiri di controbatteria. Apparve chiaro ai comandi italiani che le truppe difficilmente avrebbero potuto resistere quasi prive di ripari sotto una simile azione di sterminio. Verso le 8,40 giungevano già al comando del 69° fanteria (Colonnello Erasmo Pegazzani) le notizie di pattuglie nemiche che si accostavano alle prime linee. Le perdite italiane dovute al bombardamento, erano già molto rilevanti, ma le pattuglie nemiche venivano respinte. La completa distruzione delle linee telefoniche di collegamento stese tra il Comando ed i reparti, accecava questi ultimi rispetto a ciò che avveniva sulla montagna, sicché si dovettero inviare degli ufficiali osservatori per raccogliere notizie su quel che avveniva, in particolare sul Giove che si sapeva essere letteralmente sconvolto nelle sue difese dal pesantissimo bombardamento. Incaricato del compito fu il capitano Annibale Bergonzoli che, verificata la situazione, poté riferire al comando del 69° che le truppe, pur nuove al fuoco, nonostante le gravissime perdite subite, resistevano mantenendo la calma e preparandosi a contrastare l’imminente impatto delle fanterie. Alle Il,10, dopo quattro ore di fuoco ininterrotto, l’artiglieria allunga il tiro, e grossi pattuglioni di Kaiserjaeger del 1° e 2° btg/4° rgt., preceduti da nudei di mitraglieri, tentano l’assalto alle prime linee italiane. Essi avanzavano in formazioni dense, quasi in assetto di marcia, convinti che il fuoco terrificante della artiglieria avesse del tutto neutralizzato le difese. Affluiscono allora sulla linea tre compagnie italiane di riserva mentre si richiedono cartucce per organizzare al resistenza. I primi attaccanti vengono falciati dal fuoco di fanti ed alpini balzati fuori dalle trincee sconvolte. Sul Giove, nella strenua resistenza cade mortalmente ferito il maggiore Dante Posani che prima di morire chiede ai suoi uomini: “Giuratemi di resistere fino alla morte … l” Sarà obbedito l. Intanto il comando della brigata Ancona, fa avanzare il I° battaglione del 70° fanteria verso Cima Alta per rispondere a probabili nuovi attacchi e nel contempo rifornire i difensori di cartucce. La difesa del passo di Campedello, probabile direttiva principale di un nuovo attacco, viene affidata al colonnello Sapienza, comandante del IVO Gruppo alpino. Il generale Petitti di Roreto su richiesta del comandante della brigata Ancona, sospende il cambio previsto per la notte a venire, dei due battaglioni che presidiano i monti Cogolo e Caliano. Alle 13,30, tre compagnie del 1°170 fanteria giungono di rinforzo sul Giove, sul Cimetta e sul Busa si costituisce la riserva con il 2°170 e la compagnia comando, infine anche la 4/\ compagnia del 1° btg, che aveva provveduto al trasporto delle munizioni, resta di rincalzo sul Giove. Sul Giove di nuovo si abbatteva il bombardamento mentre dai Colletti di Velo e da Santorso, affluivano altre truppe di rincalzo del 209° fanteria. L’intensità del tiro si attenuò solo verso le 18,30 si poterono allora constatare l’entità delle perdite e gli effetti distruttivi del bombardamento. Due mitragliatrici erano state rese inservibili, ma anche una settantina di cadaveri nemici giacevano davanti alle posizioni verso il Priaforà. Intanto si erano presentati alle linee italiane due disertori austriaci: Joseph Obatel classe 1897 e Karl Hollander classe 1896 della 8/\/4° K.J. Da essi si apprendeva che di fronte tra il Brazome e il Giove vi erano il 1° e il 4° K.J. mentre più in basso verso Arsiero, erano pronti il 14° e il51 ° reggimento di fanteria. Nelle trincee i superstiti pativano fortemente la sete e la fame ed erano quasi privi di cartucce, allora dai comandi si diede ordine di provvedere e ricostituire nottetempo i depositi presso la linea riparando per quanto possibile i guasti prodotti dal bombardamento. Nella notte, mentre si provvede ai lavori più urgenti ed allo sgombero dei feriti il battaglione alpini Clapier, viene sostituito dal val Natisone. Al Cerbaro, iReali Carabinieri fermano tre soldati: Antonio Martini, Giuseppe Colapietro e Alfonso Assaloni del 69° reggimento ftr. I tre vengono ricondotti in Busa Novegno, dove accertata la loro colpevolezza, il comandante della Divisione ordina che i tre vengano fucilati per codardia di fronte al nemico. La fucilazione avviene alle 6,00 del 13 giugno ad opera degli stessi carabinieri. Alle 7,50 riprende il bombardamento sul Giove e sul Novegno, Alle 9,00 il comando della Divisione invia il proprio Capo di Stato Maggiore al Comando del ve Corpo d’Armata perché faccia presente la situazione e le gravissime perdite subite. In quel momento la situazione si presenta gravissima, interi reparti sono privi dei propri ufficiali e anche le batterie del gruppo Zardo, schierate in linea con le fanterie, avevano perduto in poco tempo: Comandante, Aiutante maggiore, 5 ufficiali e 12 serventi ai pezzi. Sul Brazome perde la vita intorno alle ore 9 del giorno 13 anche il capitano scledense Tito Caporali del Btg. Alpini Val Natisone, che cade colpito da una scheggia. Gli verrà concessa una medaglia di bronzo alla memoria. Da Cima Alta si ordina al r btg/70e ftr. di serrare sotto la prima linea, ma poi si sospende l’esecuzione dell’ ordine per evitare la decimazione dei reparti prima ancora che possano giungere in linea. Si predispone intanto una seconda linea di difesa attestata sulle alture dei monti Busa e Cimetta già occupati da batterie di artiglieria. Vi affluiscono il r batt./70e ftr., la 71/\ Batteria da montagna e dall’ ala sinistra vi giungono anche due compagnie del 63e ftr. provenienti da malga Pianeti. La pressoché totale mancanza di collegamenti impone al comando di inviare un ufficiale per accertarsi della situazione. Molti reparti risultano privi di ufficiali ed alcuni accennano a ritirarsi verso Busa Novegno. Sul Giove si resiste a nuovi attacchi che si svolgono tra le 10 e le 14 del giorno 13 ad opera del 3/\ e 4/\ Rgt. K.J. Fanti ed alpini superstiti dei bombardamenti reagiscono con lancio di bombe a mano, di sassi e ove è necessario in corpo a corpo usando le baionette a mò di pugnali. In questo frangente cade lottando il capitano Sergio Biffoli comandante della 7/\ Cp/69 ftr. E la linea non cede. Dal piano giungono a Cerbaro altre truppe messe a disposizione dal 37/\ ftr. e dalla Brigata Ravenna. Occorrerà ritirare il IVe Gruppo Alpino e riordinarlo a Torrebelvicino date le perdite gravissime subite. Sul Monte Giove, giungono dalle spalle, per errate valutazioni del tiro, i colpi da 149 mm del Forte Enna. Sul posto il comandante ordina che si cessi il fuoco anche da parte dei pezzi da 210 di Santa Caterina e degli obici campali postati a Sant’Ulderico. Questo aggravava la situazione italiana sul monte per il mancato concorso degli unici pezzi a tiro curvo disponibili e per le perdite di uomini e materiali determinate dallo stesso tiro italiano, nonché per l’effetto morale particolarmente negativo che subivano le truppe schierate a difesa. Intanto dalla cima più alta del Novegno (Monte Rione o Rivon) dove era dislocata una batteria in barbetta da 149, uno dei cannoni presenti era stato smontato da colpi avversari prima ancora che la 35/\ Divisione giungesse sul Novegno. L’altro pezzo continuava a sparare nonostante il tiro molto intenso di controbatteria. Per il surriscaldamento della volata, l’unico pezzo ancora efficiente ad un certo punto scoppiò. La notizia fu riferita al comando da un artigliere originario di Torrebelvicino tale Riccardo Bortoloso, allora il Generale Petitti di Roreto, dispose che nonostante il danno, il cannone continuasse a sparare sia pure a salve. In tal modo, la controbatteria imperiale, continuò a concentrarsi sull’obiettivo, risparmiando ulteriori danni alle truppe già in linea. Solo verso le 19 il fuoco nemico accennò a diminuire di intensità fino a cessare del tutto col sopravvenire della oscurità notturna. La spinta maggiore contro il monte Giove e il Novegno, cui gli imperiali attribuivano grande importanza per l’esito complessivo della battaglia, si era esaurita. Nei giorni che seguirono ritornò gradualmente la quiete sulla montagna sconvolta dai bombardamenti e disseminata di cadaveri per ogni dove. Sul Novegno costato ai difensori perdite ingentissime con 704 morti, e circa 2200 feriti si continuò la lotta fino al 16 giugno, poi gli imperiali, costretti a ritirarsi in posizioni più adatte allo stazionamento e alla difesa, abbandonarono per sempre la montagna e non vi poterono più metter piede. Il generale Dankl, comandante dell’ Armata del Trentino fu esonerato dal comando, al comandante della 35/\ Divisione generale Carlo Petitti di Roreto fu conferita la Commenda dell’Ordine Militare dei Savoia per aver fermamente diretto la difesa, resistendo sulle posizioni assegnate e infliggendo al nemico ingenti perdite.
Bepi Magrin
Fonte : Non toccarono il verde piano di Pino Marchi edizioni Edelweiss ( ormai introvabile )
POSTAZIONI VACAREZZE
POSTAZIONI CIMA ALTA
MONTE PRIAFORA’