Cartografia : Lagiralpinan°24 Dolomiti di Sesto 1:25000
Come Raggiungere
Si sale fino a Bagni di Moso dove parte anche la funivia per la Croda Rossa di Sesto, raggiunto il parcheggio si lascia l’auto e si prosegue a piedi, per chi alloggia in albergo o in campeggio c’è la possibilità di raggiungere la partenza con i mezzi pubblici.
Descrizione
Il percorso non presenta difficoltà ed è l’ideale anche per le famiglie, si parte seguendo il sentiero 17, anche se dopo verso la cima diventerà 15, situato a lato del posteggio, si sviluppa parte in carrabile sterrata e parte in stupendi boschi, e attraversa numerose volte le piste da sci , costeggiando inoltre il piccolo laghetto adibito per i cannoni sparaneve, si sale sempre abbastanza dolci con alcuni tratti un pò più pendenti , eventualmente si può salire anche in funivia ed eventualmente scendere a piedi. Raggiunta la parte sommitale , un bellissimo rifugio vi attenderà situato ai piedi della Croda rossa di Sesto che fu teatro di grandi battaglie nella prima guerra mondiale 1915-1918 dove sgli austroungarici si avevano posizionati per difendere il loro territorio, il rifugio Rudi Hutte 1925 m , molto bello ed accogliente, sotto si vede l’altro rifugio Prati di Croda Rossa .
Il tracciato segnalato con il numero 15 invece taglia un pò di strada ma sale molto più ripido , e si raccorderà sulla cima con il 17 proveniente dalla strada rotabile.
Esiste inoltre un Sentiero per famiglie in quota quello dello spirito delle rocce da percorrere in circa 40 minuti
Ritorno
Per il ritorno si scende dallo stesso itinerario, oppure si può scendere anche in funivia eventualmente , mentre per chi vuole proseguire l’avventura, nella parte opposta al punto di salita scende un’altro sentiero segnalato con il 124 sulle bandierine colorate ma 19A sui cartelli posizionati nei bivii, fino a raggiungere il posteggio dell’alta val fiscalina e attraverso la ciclabile rientrerete ai Bagni di Moso.
Buongiorno dopo aver avuto ancora richieste del mio piccolo lavoro , sono andato in ristampa con il mio libro, il prezzo di acquisto è di 15 euro, per chi fosse interessato questi sono i miei contatti:
Dopo avere percorso la Vallarsa e raggiunto Rovereto si prosegue verso l’abitato di Ala, per poi raggiungere l’abitato Marco di Rovereto da li lungo la strada principale in una laterale a sinistra partirà il nostro itinerario .
Descrizione
Il 115 non è certo una passeggiata nella sua ardua lunghezza, e dislivello , permette però di salire dalla località Marco frazione di Rovereto fino alla Pala del cherle, entrando poi nel 108 che si permetterà di raggiungere il Rifugio Mario Fraccaroli, passando per il Rifugio Zugna 1617 m , Monte Zugna 1864 m., Coni Zugna 1772 m. , Monte Selvata 1708 m., Passo Buole 1465 m., Malga Val di Gatto e poi Le Pale del Cherle 1860 m. Percorso molto bello e di grande impatto per la grande guerra del 1915-1918, presenta un primo tratto di carrareccia forestale , per poi entrare nel bosco e proseguire su una mulattiera dove sono presenti muretti a secco per poi passare da pezzi su roccia e lastroni, , presenta ampi tratti boschivi fino a raggiungere la Pozza dei Foi 1083 m. , dove una vista mozzafiato della Val D’Adige,si incrocia poi il sentiero delle trincee, dopo aver percorso alcuni metri si raggiunge il Cimitero Italiano del Redentore. La mulattiera prosegue divenendo più ripida e severa, raggiungendo così la Val degli Eghei 1450 m. Fino ad uscire dal bosco ai Baiti del Robol 1516 m , e poco dopo raggiungeremo il Rifugio Monte Zugna 1616 m. raggiungibile anche attraverso la carrareccia da Albaredo in Vallarsa. Si prosegue poi dal rifugio per salire sulla cima del Zugna, dove una mulattiera porterà su quella che resta della caserma austroungarica costruita molto prima della guerra, fu usata dagli stessi come ospedale da campo poi conquistata dagli italiani a maggio del 1915, la grandezza di questo luogo e la sua posizione strategica la dice lunga situata poco sotta la cima del Zugna 1864 m. Proseguendo poi per il crinale si supera il coni Zugna il monte Selvata e alcuni cimiteri per poi raggiungere il Passo buole e la chiesetta votiva 1456, da qui sulla sinistra si noterà il salire del sentiero 117 da riva di Vallarsa, mentre dalla parte opposta ovvero nella valle opposta alla Vallarsa, sale il 116 dai Cumerlotti, piccola frazione sotto Seravalle d’adige, passando per il Santuario San Valentino, si prosegue il nostro itinerario mantenendosi in quota si passa appena sotto a cima Mezzana e al Monte Jocole raggiungendo dapprima la malga Val di Gatto 1497 m. e poi uscendo dalla carrabile si imbocca l’omonima Val di Gatto, iniziando a salire su questa valle si incrocia il 114B che porta attraverso un sentiero di raccordo a Cima Levante, mentre il nostro 115 transita in basso nella valle fino araggiungere il bivio dove sale il 145 a quota 1952 m. proveniente da Ometto tenendo la destra si raggira la testata della valle fino a raggiungere una piccola forcella che ci per metterà di arrivare ad un bivio del 114B che porta sulla Cima levante a destra mentre proseguendo arrivare al bivio della Pala del Cherle dove arriveranno dai Ronchi il sentiero 108.
Ritorno
Il ritorno può essere fatto dallo stesso, che diviene già di un certo impegno, mentre si potrebbe scendere anche dal 116 che passando la località Prabubolo e sulla chiesa di San Valentino fino a raggiungerà la località Cumerlotti dove attraverso la line autobus oppure per strade secondarie si rientrerà all’auto presso la località Marco di Rovereto.
I lavini di Marco Rovereto
Centinaia di orme di dinosauri carnivori ed erbivori di forme e dimensioni differenti sono impresse lungo un ripido colatoio di circa duecento metri presso i Lavini di Marco, alle pendici del monte Zugna, a Sud di Rovereto. Gli affioramenti rocciosi sono riferibili all’inizio del Giurassico, circa 200 milioni di anni fa, e rappresentano quello che rimane, allo stato fossile, di una grande piana carbonatica di marea per molti versi paragonabile alle attuali coste del Golfo Persico. Si tratta di sei livelli stratigrafici compresi in un pacchetto di strati potente poco più di cinque metri. Proprio per il loro grande significato scientifico e per il rischio di deperimento cui sono soggette tutte le piste dei Lavini di Marco, il Museo Civico di Rovereto ha provveduto all’esecuzione dei calchi e del modello digitale del terreno interessato dalle orme. L’acronimo Rolm indica la località in cui si trovano le piste (Rovereto, Lavini di Marco) ed è riportato su targhette in acciaio poste a fianco delle serie di impronte catalogate.
LA RUINA DI DANTE ALIGHIERI
Qual è quella ruina che nel fianco di qua da Trento l’Adice percosse, o per tremoto o per sostegno manco che da cima del monte, onde si mosse, al piano è sì la roccia discoscesa, ch’alcuna via darebbe a chi sù fosse: cotal di quel burrato era la scesa… (Inferno, XII, 4-10)
Cenni Storici
Il Monte Zugna rientra nella linea fortificata costruita ai confini con il regno d’Italia. Sarebbe dovuto sorgere un forte che non fu mai costruito vennero costruite le caserme, la palazzina degli ufficiali, l’impluvio per la raccolta dell’acqua piovana, i filtri per la sua depurazione e delle vasche di deposito. Poi le attività furono sospese con l’inizio della guerra, sarebbe stata prevista una casamatta in cima raggiungibile da una galleria, con 4 cupole corazzate e con cannoni da 150 mm. Tra il 29 e il 30 maggio di quell’anno, infatti, alcune compagnie di alpini dei battaglioni Vicenza e Parma occupavano la cima, catturando circa un centinaio di nemici e facendo del pianoro e delle sue infrastrutture una base logistica. Con l’avvio dell’offensiva di primavera del 1916, lanciata dal capo di Stato maggiore dell’Imperial-regio esercito Conrad von Hötzendorf, anche lo Zugna, vista la sua importanza strategica, diveniva oggetto del contendere.
Gli italiani costruirono un caposaldo: una trincea, che arrivava alla Val Cipriana, veniva scavata a protezione della cima, difesa da nove fasce di reticolato profonde cinque metri ciascuna e disseminata di nidi di mitragliatrice. A presidio del caposaldo, schierava un battaglione di fanti dotato di una batteria di cannoni da montagna da 65 mm, due batterie di cannoni da campagna di 75 mm, due cannoni da 105 mm puntati sul Pasubio. Un grosso riflettore, installato sulla cima, illuminava le valli sottostanti.
Utilizzata dagli italiani come osservatorio per dirigere i tiri delle artiglierie. Nel ’17, inoltre, a pochi passi dalla sommità venne piazzato un cannone antiaereo da 57 mm. Per salirci si prosegue per circa 10 minuti prendendo il sentiero di sinistra fino alla croce, da lì si potrà ammirare un panorama incredibile dal Pasubio al Pian delle Fugazze, dalle Piccole Dolomiti al Carega e ai Lessini, dal Baldo al Brenta. Siccome era oggetto di tiro dell’artiglieria nemica fu dotato di un sistema di gallerie, con ricoveri e magazzini che dalla cima raggiungevano il sentiero verso Passo Buole. Per i rifornimenti, nondimeno, già dal giugno 1915 vennero avviati i lavori per la costruzione di una strada che da Marani di Ala saliva a Passo Buole e cima Selvata , e a dicembre di una teleferica che da Santa Margherita, per oltre 3000 metri di lunghezza, copriva un dislivello di 1500 metri con una portata di due quintali e mezzo al carrello. Numerosi baraccamenti in legno vennero inoltre costruiti sul pianoro, ampliando le infrastrutture già presenti e costruite dagli austriaci.
Attaccato nella primavera fra il 22 e il 29 maggio del 1916., lo Zugna venne come detto difeso strenuamente dagli italiani. L’attacco austro-ungarico sbatté contro il “Trincerone”, a quota 1419 metri, e per questo i comandi decisero d’aggirare l’ostacolo, attaccando i nemici alle spalle così da tagliare i rifornimenti e neutralizzare le artiglierie che dallo Zugna bloccavano la Vallarsa. L’assalto a Passo Buole, caratterizzato da sette giorni di incessanti bombardamenti, si inserisce in questo contesto. Caverne e postazioni d’artiglieria si susseguono, così come i cimiteri. Sono diversi infatti i piccoli camposanti, a partire da quello di Santa Maddalena, costruiti fra lo Zugna e Passo Buole, a testimonianza di una mortalità particolarmente alta. Croci, cappelle, targhe e monumenti si susseguono sul percorso fino a raggiungere il Passo buole conosciuto anche come le termopili d’Italia. Qui, le truppe italiane, sotto il comando del colonnello Nicola Gualtieri, vennero attaccate dagli imperiali provenienti dalla Vallarsa, respinti nonostante la mancanza di profondità delle linee italiane. Dopo aver fallito l’attacco su Passo Buole, gli austro-ungarici puntarono a quel punto all’arco di cima Selvata e cima Mezzana, scontrandosi questa volta con la resistenza delle Brigate Taro e Sicilia. Anche in questo caso, nonostante l’inferiorità numerica, i soldati italiani riuscirono a resistere. La caparbia resistenza permise così di salvare la posizione dello Zugna, impedendo la penetrazione nemica in Veneto. Dopo la battaglia, tutto il settore fu al centro di alacri lavori di difesa.
Perchè termopili D’Italia
In entrambi i casi, l’utilizzo di “Termopili d’Italia” sottolinea un concetto di resistenza e sacrificio, spesso associato alla battaglia storica delle Termopili.
La gola che separava Serse dalla Grecia era chiamata Termopili, “le porte calde”, a causa delle sorgenti calde che si trovavano nelle vicinanze. Secondo il mito il leggendario Eracle morì proprio in quel luogo, che era considerato la porta d’ingresso per la Grecia
Amo l’odore del legno bruciato ❤️(pirografia) . Veronica
La magia del pirografo, è qualcosa che và oltre alla semplice creatività, il legno che brucia sotto il calore di quella punta incandescente che in mani esperte prende forma e calore , l’odore di quel legno che brucia, la fantasia della mano, crea sculture di pregio e uniche nel loro universo. Luciano
Oggi voglio dare visibilità a piccoli scultori che con grande passione creano qualcosa da un semplice pezzo di legno, queste sono le magiche creazioni di Veronica, che con mano esperta dà vita , e nuova forma al legno, perchè il legno è vivo , e vive anche dopo bruciato, le sue creazioni fatte con grande passione , una passione che merita visibiltà e che merita la nostra stima , e che in qualche modo donano visibilità al nostro territorio.
Ci sono delle realtà che qualche volta vengono bistrattate da chi dovrebbe prendersene cura, con quell’amore che il montanaro conosce bene ,ed è il motore della propria esistenza in un legame con il territorio che non conosce confini. Luciano cailotto
La nuova vita della baita Cristellin è un passo verso l’amore infinito per quella piccola ma grande realtà della Val Zoldana dove ci si sente a casa e dove ci si sente in famiglia, perché questa è la Val Zoldana…e perché si torna sempre dove si è stati bene… un grosso in bocca al lupo a chi ha avviato e crede in questo progetto…
“Chi più in alto sale, più lontano vede; chi più lontano vede, più a lungo sogna.”
un grosso in bocca al lupo per la nuova vita della Baita Cristelin…
Ci sono luoghi dove il montanaro trova la pace , sono luoghi poco trafficati e poco praticati dai pseuoalpinisti e pseudoescursionisti, questo piccolo paese che genera grandi emozioni per gli occhi di chi sa guardare e per chi si sa ancora emozionare, qui il montanaro guarda con i suoi occhi un paese a misura d’uomo, pane per i suoi denti dalle asperità severe delle Pale di San Martino ad i sentieri più facili del Passo Rolle, dalle piste da sci , allo scialpinistica del Rosetta in un scenario che non si descrive con le parole, ma bisogna salirci e forse qualcosa verrà più chiaro…Buon Cammino . Luciano
Certo San Martino e forse meno conosciuto di altre località montane, che gli escursionisti ricercano per le loro montagne nel cuore dolomitico…ma le Pale di San Martino, sono montagne severe, irte e aggressive. Non sono per tutti , il loro scenario lunare, il salire su quote così alte rimanendoci per ore le rendono uniche, perchè lo sono…il paesino a 1450 metri di quota è qualcosa per montanari che non vivono certo in comodità perche la vita in montagna non è certo facile. Il luogo è incredibile il parco del Paneveggio , Fiera di Primiero , Mezzana ed altri .
LA NASCITA’ DI UN PAESEdi Marco Toffol
Il primo impatto dei visitatori della nostra località era naturalmente quello con le meravigliose cime del gruppo della Pala: i primi forestieri, inglesi e mitteleuropei, avevano in effetti “scoperto” la zona proprio per la loro passione per le arrampicate. All’inizio, la piana di San Martino era comunque caratterizzata solo da una chiesetta, un ospizio, risalenti entrambi al XI secolo, ed alcuni edifici rurali. In pochi anni, l’intraprendenza di pochi pionieri, fece nascere un paese!
LA PRIMA GUERRA MONDIALEdi Marco Toffol
La prima guerra mondiale investe San Martino e tutto il Trentino solamente nel 1915, quando già da quasi un anno l’Impero è impegnato nella guerra contro la Russia. I giovani della valle abili alle armi sono reclutati nei corpi d’elité delle truppe austro-ungariche e combattono il nemico nelle pianure della Galizia. Il 23 maggio 1915 l’Imperatore Francesco Giuseppe I da ai suoi popoli l’annuncio che il regno d’Italia ha “tradito” la decennale alleanza stipulando un patto segreto con l’Intesa e dichiarando guerra alla monarchia ed aprendo così il tanto temuto secondo fronte. Il piano di difesa austriaco, elaborato da tempo vista la scarsa affidabilità dell’alleato, prevede l’arroccamento delle truppe sulle cime delle Fassaner Alpen, il Lagorai, e il conseguente abbandono della valle di Primiero. Come logica conseguenza, gli edifici di San Martino, ad eccezione della Chiesa, vengono incendiati ed il paese è ridotto ad un cumulo di rovine. Ma non trascorrono che pochi anni dalla fine delle ostilità e la tenacia dei primi pionieri del turismo, i Toffol, Panzer e Langes, fa rinascere le strutture e con esse la fama internazionale di San Martino di Castrozza.
LA STORIA di Marco Toffol
Alpe di Castrozza: così si legge nei documenti più antichi che si riferiscono a questa ampia conca di pascoli ai piedi di alte vette inaccessibili. Un’ipotesi fa derivare Castrozza da castrum, avamposto militare romano situato lungo una via secondaria (la Via Claudia Augusta passava a circa 50 km da qui) a supporto degli eserciti impegnati nell’opera di conquista dei territori alpini. In seguito venne eretto un Ospizio per mano di una comunità religiosa spontanea, che adottò una regola di tipo benedettino. Fonti documentali attestano che l’Ospizio di Castrozza aveva la finalità di dare assistenza ed ospitalità a pellegrini, viandanti e commercianti che a partire dall’alto Medioevo si trovarono spesso ad affrontare la non facile impresa di attraversare le Alpi. I monaci sparirono misteriosamente dalla località a metà del Quattrocento ed il monastero venne sostituito da un beneficio semplice senza obbligo di cura d’anime, che conservava però il precedente dovere di ospitalità ai viandanti. Una nuova epoca cominciò per San Martino di Castrozza alla metà dell’Ottocento: viaggiatori e viaggiatrici inglesi, animati da uno spirito romantico e decadente che li spingeva ad affrontare lunghi ed avventurosi tour nelle Dolomiti inesplorate, “scoprirono” le Pale di San Martino. Le montagne catalizzarono dapprima ambizioni ed interessi di appassionati escursionisti, geologi, botanici. In un secondo momento intrepidi alpinisti, non più solo britannici, affrontarono anche le ardite guglie dolomitiche. Alcuni nomi: Francis Fox Tuckett, John Ball, Leslie Stephen, Edward Whitwell, Theodor von Wundt, per non dimenticare le signore Imminck e Thomasson. Per compiere queste storiche ascensioni, gli scalatori si avvalsero della collaborazione di cacciatori o pastori locali. Col passare degli anni, questi aiutanti accompagnatori diventarono degli eccellenti e ricercati professionisti, le leggendarie guide alpine Aquile di San Martino. La locanda dell’Ospizio risultò ben presto inadatta a dare adeguata ospitalità a questi primi esploratori ed alpinisti; iniziò così la costruzione dei primi alberghi per opera di imprenditori valligiani e stranieri. In breve San Martino di Castrozza divenne una località di villeggiatura di primo piano nel panorama turistico internazionale. Incendiata durante la Iª Guerra Mondiale dalle truppe austriache in ritirata, la San Martino dei prestigiosi alberghi risorse nel primo dopoguerra, ormai annessa al territorio italiano. Negli Anni Venti decollò anche il turismo invernale a completamento dell’offerta turistica della stazione.
Dopo la conclusione secondo conflitto mondiale, favorito anche dal miracolo economico, a partire dagli anni ’50-’60 il paese ha subito un’importante espansione oltre che ad un miglioramento delle strutture alberghiero-ricettive accompagnato da un vasto aumento delle aree sciabili che hanno reso San Martino di Castrozza una delle più conosciute località turistiche del nord Italia. Nel 1952 ha ospitato la terza edizione della 3-Tre, tra le più antiche competizioni mondiali di sci alpino , vinta dal francese Francois Baud .
Tempo di percorrenza del sentiero : 3h00 Al bivaccoFiamme Gialle
Dislivello totale : 455 m Classe : EEA
Quota massima raggiunta : 3005 m
Cartografia : Edizioni Zanetti – n°101 Pale di San Martino 1:25000
ATTENZIONE QUESTE VIE FERRATE PRESENTANO PARETI VERTICALI CON DIFFICOLTA VARIABILE , CHE VANNO DA UN PASSAGGIO SEMPLICE ORIZZONTALE A SALITE DIFFICILI , IN OGNI CASO E OBBLIGO L’USO DEL CASCHETTO IMBRAGO E SET DA FERRATA E MEGLIO ANCHE I GUANTI .
Non mi stancherò mai di dire che le Pale di San Martino siano qualcosa di incredibilmente fantastico, la severità di questo gruppo montuoso non è certo paragonabile alle Dolomiti bellunesi, qui qualsiasi sentiero è DIFFICILE, se non per la difficoltà tecnica , per la sua lunghezza , io stesso non conosco zone più complesse sotto il profilo organizzativo.
Come arrivare
Si sale attraverso la valle di Vanoi fino ad arrivare a San Martino di Castrozza , superato l’abitato si imbocca la strada che porta al Passo Rolle e si raggiunge la stazione di partenza della funivia di Colverde.
Descrizione
Imboccato il sentiero 701 che sale sul Col Verde dove si potrebbe salire anche in funivia, se aperta, si imbocca poi il segnavia 706, che sale diretto fino all’imbocco della ferrata, in circa 1h30-2h,il dislivello della ferrata è di 455 m , ma se si parte da San Martino si parla di 1485 m, il percorso è molto bello , con tratti attrezzati ed alcuni percorribili senza corda , ma presenta alcuni passaggi verticali e alcuni traversi in cui non bisogna distogliere l’attenzione il percorso sale il versante del Cimon della Pala, su un scenario che solo pochi luoghi vantano di avere , la ferrata è molto esposta con un panorama incredibile sul paradiso per i montanari, San Martino di Castrozza un paese a misura d’uomo. La roccia è dura , pulita e con tanti appigli anche se i tratti più difficili ci vuole tecnica e fisico, la lunghezza di questo itinerario e certamente tosta, soprattutto se poi si vuole fare un passaggio sulla Cima Vezzana 3192 m, il tempo di percorrenza si allungherà fino a 9-10 ore complessive, poi si può proseguire sia rientrando a piedi oppure con la funivia, il percorso richiede preparazione fisica eccellente.
Il Ritorno
Il ritorno da questo sentiero viene fatto scendendo verso il Passo del Travignolo 2950 m, si imbocca il sentiero 716 della Valle dei Cantoni risalendo poi al Passo Bettega 2611 m, per poi rientrare al Rifugio Rosetta e scendere dal 701 fino a San Martino di Castrozza.
Cartografia : Edizioni Zanetti – n°101 Pale di San Martino 1:25000
Come arrivare
Si sale attraverso la valle di Vanoi fino ad arrivare a San Martino di Castrozza , superato l’abitato si imbocca la strada che porta al Passo Rolle e si raggiunge la stazione di partenza della funivia di Colverde.
Descrizione
Anche se il sentiero non è segnalato come difficile io, un occhio di riguardo nel percorrerlo lo avrei, il sentiero parte dapprima su una piccola carrabile che porta ad imboccare al bivio il sentiero n.725 del Cacciatore volendo seguire una traccia segnalata nelle cartine ufficiali poi raggiunto il bivio si andrebbe ad imboccare il n.701, risulta più conveniente salire dalle stazione di partenza della funivia Colverde . Il dislivello è importante e presenta alcuni tratti attrezzati con corda anche se non necessitano l’uso di imbrago. Dalla partenza della funivia del Colverde si imbocca il sentiero 701, che presenterà un primo tratto prativo sulle piste da sci che con poca pendenza porterà fino alla stazione di arrivo di Colverde, raggiunta la funivia di scambio che porterebbe a pochi metri da Cima Rosetta, il sentiero comincia a salire più ripido tra mughi e larici, per alcuni tornanti, fino ad arrivare sotto le creste della cima Corona e fino a raggiungere il bivio con la ferrata Bolver-Lugli. I suoi imponenti zig-zag su un terreno molto detritico e ghiaioso ti portano in mezzo alle rocce di un colore unico, il sentiero si inerpica severo su ripidi pendii con numerosi parti attrezzate da cordini , ed alcuni veri e propri corrimano passando poi vicino ad un traliccio della funivia, il sentiero si fa ripido e bisogna prestare molta attenzione, fino a raggiungere l’ultimo tratto in cui la pendenza molla un pò è lascia lo spazio al pianoro dove in mezzo si potrà ammirare il rifugio Rosetta Pedrotti immerso in un scenario unico che ti entra dentro e ti scatena infinite ed incredibili emozioni. Lo scenario delle Pale di San Martino è qualcosa di una bellezza unica ed ineguagliabile. La salita anche se severa e difficile porta in un luogo indefinibile sotto il profilo panoramico e della maestosità delle sue creste e cime che intorno al rifugio Rosetta , al ghiacciaio della Fradusta si spazia in un scenario lunare
Ritorno
Il ritorno per chi non volesse scendere dallo stesso può essere fatto dal 702 che passa per il passo Val de Roda e scende attraverso un folle zig-zag fino alla funivia di partenza per il Col verde, in alternativa per chi dovesse essere in difficoltà potrà discendere in Funivia
Ricordo inoltre che questo sentiero viene usato anche per il Rosetta Vertical Trail Run per informazioni : info@rosettaverticale.it
Dedicato a chi lavora… con un’amore vero… per la propria terra, a dimostrazione che l’unione fa la forza.
Una considerevole parte del Gruppo Amici del Sentiero di Recoaro Mille si è ritrovata a festeggiare in amicizia e allegria la conclusione della stagione di manutenzione dei sentieri 2024.
Il Gruppo di Volontari ha una lunga storia. Nato 40 anni fa con l’ obiettivo di rendere piacevole e sicuro camminare tra i borghi di Recoaro Mille, ha migliorato nel tempo i sentieri esistenti, oltre che a crearne di nuovi collegando le zone di Borga – Piasea – Busa di Pizzegoro – Rasta – cabinovia per Recoaro Terme – Monte Spitz – Fantoni e Fongara.
Manutenzioni costanti negli anni con sfalcio, taglio ramaglie e rovi, sistemazione del fondo di ghiaia e scalini, e quest’ anno con la posa dell’ opportuna segnaletica.
Un Gruppo vivace e propositivo ad oggi di 40 volontari composto ancora da alcuni decani che lo hanno fondato (lunga vita) e da giovani leve entusiaste dell’iniziativa. Il nostro futuro.
Un ringraziamento speciale all’ Amministratore Comunale di Recoaro Terme per il sostegno fornito alla buona riuscita dei lavori annuali. Lucia Camposilvan
ATTENZIONE QUESTE VIE FERRATE PRESENTANO PARETI VERTICALI CON DIFFICOLTA VARIABILE , CHE VANNO DA UN PASSAGGIO SEMPLICE ORIZZONTALE A SALITE DIFFICILI , IN OGNI CASO E OBBLIGO L’USO DEL CASCHETTO IMBRAGO E SET DA FERRATA E MEGLIO ANCHE I GUANTI .
Come Raggiungere
Dopo essere salito a Cortina D’Ampezzo si prende per il Passo Falzarego 2105 m , oppure salendo direttamente da Agordo passando per il lago di Alleghe si imbocca la salita che porta al Passo Falzarego , molto meno trafficata è più corta se si vuole raggiungere solo il Passo si prosegue per Val Parola raggiungendo così il Forte Tre Sassi a sinistra mentre sulla destra parte il sentiero dei Kajserjager.
Descrizione
Raggiunto il forte Tre Sassi , oppure il posteggio vicino dove si sale sul Sas de Stria, si prosegue per il sentiero che raggira tutto il massiccio ad una quota più bassa per circa 30 minuti fino a raggiungere un bivio poco segnalato ma intuitivo che ti porterà alla ferrata Fusetti, la via è abbastanza corta ma presenta alcuni tratti che non permettono certo errori accompagnati da tratti ricchi di appigli, anche se molto sporchi e detritici, alcuni tratti più verticali la rendono moderatamente difficile, non è certo l’ideale per la prima esperienza in ferrata, i suoi tratti con pochi appigli e sporchi la rendono insidiosa, la discesa viene fatta dall’itinerario che scende dal Sas de Stria fino a tornare in posteggio .
Cenni storici
Nell’ottobre del 1915, l’esercito italiano fronteggiava gli austriaci tra le cime del Lagazuoi e del Col di Lana : il Sas de stria domina la sottostante strada delle dolomiti che percorre il Passo Val Parola e il Passo Falzarego , e costituiva quindi un importante punto strategico. Dopo alcuni tentativi falliti di attacco alla postazione, rimasta in mano agli austriaci, fu ordinato al reggimento sotto il comando dell’allora Colonello Achille Papa di tentare una nuova incursione. Il sottotenente Fusetti si offrì volontariamente di guidare un gruppo di soldati nella conquista della vetta, situata a 2477 metri di quota, per poi sorprendere gli austriaci posizionati nelle trincee più in basso. Raggiunta la cima la notte del 18 ottobre, dispose i suoi uomini in attesa dei rinforzi, che però tardarono ad arrivare. Furono invece avvistati da alcuni soldati austriaci saliti sulla cresta: scattato l’allarme, iniziarono i combattimenti. Nonostante la resistenza organizzata dal Fusetti, gli italiani furono ben presto accerchiati: molti restarono feriti, e il sottotenente fu colpito alla fronte, mentre si sporgeva fuori del riparo per sparare. Al termine di una sanguinosa battaglia, i pochi superstiti si arresero, dopo aver deposto tra i crepacci le salme dei compagni caduti.
La storia di quanto era accaduto fu ricostruita grazie alla loro testimonianza, e a quella del tenente al comando degli austriaci. Prima di affrontare la rischiosa spedizione, il sottotenente aveva lasciato una lettera alla famiglia, in cui esprimeva i suoi sentimenti e le ultime volontà, e nella quale chiedeva espressamente che il suo corpo rimanesse nel luogo in cui era stato ucciso.
Per il valoroso comportamento, il 25 febbraio 1923 gli fu conferita la medaglia d’oro al valor militare alla memoria. Le sue spoglie non furono mai ritrovate, ma un cenotafio lo ricorda nel Sacrario militare di Pocol .
A ricordo dell’impresa, nel 2018 gli Alpini , impegnati senza successo nella ricerca dei suoi resti, hanno realizzato una Via ferrata in suo onore che ripercorre il tragitto seguito dalla spedizione.
Medaglia d’oro
«Prescelto a capo di un manipolo di animosi per l’occupazione di un forte baluardo alpino, dal nemico accanitamente difeso, arditamente ne scalava una ripida parete, quasi a picco, sorprendendo le vedette nemiche e conquistandone la vetta più alta, sulla quale piantava il tricolore. Accerchiato da preponderanti forze, opponeva eroica resistenza, cercando più volte di sfondare la linea nemica; ma rimasto isolato, esaurite tutte le munizioni, dopo lunga e disperata resistenza, colpito a morte, cadeva da prode sul campo. Eroico esempio delle più nobili virtù militari che, anche alla vigilia dell’azione, presagio della sicura morte cui andava incontro, egli aveva voluto consacrare in una nobile lettera di estremo saluto alla famiglia.» — Sasso di Stria, 18 ottobre 1915.
Lettera testamentaria
«16 ottobre 1915 Dai pressi del castello di Buchenstein
Con mano sicura esprimo colle parole che seguono non le mie ultime volontà, ma quei miei pensieri che desidero sopravvivano, per quelli che mi amano, alla mia morte. Sono alla vigilia d’una azione d’ardimento, dal cui esito dipendono in gran parti le sorti d’una vittoria. A me, ai miei compagni d’armi non manca gran copia di fede: l’esito, con la vita, con la bella morte, sarà degno del nostro imperturbabile amore per la Patria. Se cadrò, papà, Gina, angelo mio, amici e parenti che mi amate, non abbiate lacrime per me: io la morte, la bella morte l’ho amata. Non pensatemi col petto squarciato, nell’ultimo spasimo, ma dal furore d’un impeto eroico svanire in una beatitudine suprema. Io ho sognato, nelle peregrinazioni del pensiero nelle grandi questioni umane e cosmiche, un avvenire di perfezione nelle cose morali e nelle fisiche. Ho amato la Patria mia, nell’intimo delle sue divine bellezze, delle sue tradizioni. Ho amato sopra ogni cosa l’umano genere, campo ove è possibile e necessaria la lotta, dove è desiderabile e probabile il pacifico trionfo delle idealità non sacrileghe. E appunto perché ho stimato necessaria la lotta io mi sono volonterosamente, serenamente battuto. Che il mio povero corpo semplicemente riposi dove sono caduto, io desidero; inumato coll’onore delle armi, fra i miei commilitoni. Che il sacrificio mio, umile fra tanta gloria, sproni, se c’è, l’ignavo e dia sangue al codardo. Babbo mio, Gina mia, angelo mio, parenti, amici, voi che tanta parte siete dell’anima mia, con la memoria … della mamma, in alto i cuori! Con tenerezza serena, con fede, nella pace dell’anima cristiana, sul campo, al cospetto del nemico che non temo mi firmo Mario.Questa lettera contiene il mio testamento. Faccio un obbligo d’onore a chi è incaricato di verificare per censura la corrispondenza, di non profanarne il contenuto. Questa lettera potrebbe essere trattenuta per qualche tempo.