Tempo di percorrenza del sentiero : 3h00 Al bivaccoFiamme Gialle
Dislivello totale : 455 m Classe : EEA
Quota massima raggiunta : 3005 m
Cartografia : Edizioni Zanetti – n°101 Pale di San Martino 1:25000
ATTENZIONE QUESTE VIE FERRATE PRESENTANO PARETI VERTICALI CON DIFFICOLTA VARIABILE , CHE VANNO DA UN PASSAGGIO SEMPLICE ORIZZONTALE A SALITE DIFFICILI , IN OGNI CASO E OBBLIGO L’USO DEL CASCHETTO IMBRAGO E SET DA FERRATA E MEGLIO ANCHE I GUANTI .
Non mi stancherò mai di dire che le Pale di San Martino siano qualcosa di incredibilmente fantastico, la severità di questo gruppo montuoso non è certo paragonabile alle Dolomiti bellunesi, qui qualsiasi sentiero è DIFFICILE, se non per la difficoltà tecnica , per la sua lunghezza , io stesso non conosco zone più complesse sotto il profilo organizzativo.
Come arrivare
Si sale attraverso la valle di Vanoi fino ad arrivare a San Martino di Castrozza , superato l’abitato si imbocca la strada che porta al Passo Rolle e si raggiunge la stazione di partenza della funivia di Colverde.
Descrizione
Imboccato il sentiero 701 che sale sul Col Verde dove si potrebbe salire anche in funivia, se aperta, si imbocca poi il segnavia 706, che sale diretto fino all’imbocco della ferrata, in circa 1h30-2h,il dislivello della ferrata è di 455 m , ma se si parte da San Martino si parla di 1485 m, il percorso è molto bello , con tratti attrezzati ed alcuni percorribili senza corda , ma presenta alcuni passaggi verticali e alcuni traversi in cui non bisogna distogliere l’attenzione il percorso sale il versante del Cimon della Pala, su un scenario che solo pochi luoghi vantano di avere , la ferrata è molto esposta con un panorama incredibile sul paradiso per i montanari, San Martino di Castrozza un paese a misura d’uomo. La roccia è dura , pulita e con tanti appigli anche se i tratti più difficili ci vuole tecnica e fisico, la lunghezza di questo itinerario e certamente tosta, soprattutto se poi si vuole fare un passaggio sulla Cima Vezzana 3192 m, il tempo di percorrenza si allungherà fino a 9-10 ore complessive, poi si può proseguire sia rientrando a piedi oppure con la funivia, il percorso richiede preparazione fisica eccellente.
Il Ritorno
Il ritorno da questo sentiero viene fatto scendendo verso il Passo del Travignolo 2950 m, si imbocca il sentiero 716 della Valle dei Cantoni risalendo poi al Passo Bettega 2611 m, per poi rientrare al Rifugio Rosetta e scendere dal 701 fino a San Martino di Castrozza.
ATTENZIONE QUESTE VIE FERRATE PRESENTANO PARETI VERTICALI CON DIFFICOLTA VARIABILE , CHE VANNO DA UN PASSAGGIO SEMPLICE ORIZZONTALE A SALITE DIFFICILI , IN OGNI CASO E OBBLIGO L’USO DEL CASCHETTO IMBRAGO E SET DA FERRATA E MEGLIO ANCHE I GUANTI .
Come Raggiungere
Dopo essere salito a Cortina D’Ampezzo si prende per il Passo Falzarego 2105 m , oppure salendo direttamente da Agordo passando per il lago di Alleghe si imbocca la salita che porta al Passo Falzarego , molto meno trafficata è più corta se si vuole raggiungere solo il Passo si prosegue per Val Parola raggiungendo così il Forte Tre Sassi a sinistra mentre sulla destra parte il sentiero dei Kajserjager.
Descrizione
Raggiunto il forte Tre Sassi , oppure il posteggio vicino dove si sale sul Sas de Stria, si prosegue per il sentiero che raggira tutto il massiccio ad una quota più bassa per circa 30 minuti fino a raggiungere un bivio poco segnalato ma intuitivo che ti porterà alla ferrata Fusetti, la via è abbastanza corta ma presenta alcuni tratti che non permettono certo errori accompagnati da tratti ricchi di appigli, anche se molto sporchi e detritici, alcuni tratti più verticali la rendono moderatamente difficile, non è certo l’ideale per la prima esperienza in ferrata, i suoi tratti con pochi appigli e sporchi la rendono insidiosa, la discesa viene fatta dall’itinerario che scende dal Sas de Stria fino a tornare in posteggio .
Cenni storici
Nell’ottobre del 1915, l’esercito italiano fronteggiava gli austriaci tra le cime del Lagazuoi e del Col di Lana : il Sas de stria domina la sottostante strada delle dolomiti che percorre il Passo Val Parola e il Passo Falzarego , e costituiva quindi un importante punto strategico. Dopo alcuni tentativi falliti di attacco alla postazione, rimasta in mano agli austriaci, fu ordinato al reggimento sotto il comando dell’allora Colonello Achille Papa di tentare una nuova incursione. Il sottotenente Fusetti si offrì volontariamente di guidare un gruppo di soldati nella conquista della vetta, situata a 2477 metri di quota, per poi sorprendere gli austriaci posizionati nelle trincee più in basso. Raggiunta la cima la notte del 18 ottobre, dispose i suoi uomini in attesa dei rinforzi, che però tardarono ad arrivare. Furono invece avvistati da alcuni soldati austriaci saliti sulla cresta: scattato l’allarme, iniziarono i combattimenti. Nonostante la resistenza organizzata dal Fusetti, gli italiani furono ben presto accerchiati: molti restarono feriti, e il sottotenente fu colpito alla fronte, mentre si sporgeva fuori del riparo per sparare. Al termine di una sanguinosa battaglia, i pochi superstiti si arresero, dopo aver deposto tra i crepacci le salme dei compagni caduti.
La storia di quanto era accaduto fu ricostruita grazie alla loro testimonianza, e a quella del tenente al comando degli austriaci. Prima di affrontare la rischiosa spedizione, il sottotenente aveva lasciato una lettera alla famiglia, in cui esprimeva i suoi sentimenti e le ultime volontà, e nella quale chiedeva espressamente che il suo corpo rimanesse nel luogo in cui era stato ucciso.
Per il valoroso comportamento, il 25 febbraio 1923 gli fu conferita la medaglia d’oro al valor militare alla memoria. Le sue spoglie non furono mai ritrovate, ma un cenotafio lo ricorda nel Sacrario militare di Pocol .
A ricordo dell’impresa, nel 2018 gli Alpini , impegnati senza successo nella ricerca dei suoi resti, hanno realizzato una Via ferrata in suo onore che ripercorre il tragitto seguito dalla spedizione.
Medaglia d’oro
«Prescelto a capo di un manipolo di animosi per l’occupazione di un forte baluardo alpino, dal nemico accanitamente difeso, arditamente ne scalava una ripida parete, quasi a picco, sorprendendo le vedette nemiche e conquistandone la vetta più alta, sulla quale piantava il tricolore. Accerchiato da preponderanti forze, opponeva eroica resistenza, cercando più volte di sfondare la linea nemica; ma rimasto isolato, esaurite tutte le munizioni, dopo lunga e disperata resistenza, colpito a morte, cadeva da prode sul campo. Eroico esempio delle più nobili virtù militari che, anche alla vigilia dell’azione, presagio della sicura morte cui andava incontro, egli aveva voluto consacrare in una nobile lettera di estremo saluto alla famiglia.» — Sasso di Stria, 18 ottobre 1915.
Lettera testamentaria
«16 ottobre 1915 Dai pressi del castello di Buchenstein
Con mano sicura esprimo colle parole che seguono non le mie ultime volontà, ma quei miei pensieri che desidero sopravvivano, per quelli che mi amano, alla mia morte. Sono alla vigilia d’una azione d’ardimento, dal cui esito dipendono in gran parti le sorti d’una vittoria. A me, ai miei compagni d’armi non manca gran copia di fede: l’esito, con la vita, con la bella morte, sarà degno del nostro imperturbabile amore per la Patria. Se cadrò, papà, Gina, angelo mio, amici e parenti che mi amate, non abbiate lacrime per me: io la morte, la bella morte l’ho amata. Non pensatemi col petto squarciato, nell’ultimo spasimo, ma dal furore d’un impeto eroico svanire in una beatitudine suprema. Io ho sognato, nelle peregrinazioni del pensiero nelle grandi questioni umane e cosmiche, un avvenire di perfezione nelle cose morali e nelle fisiche. Ho amato la Patria mia, nell’intimo delle sue divine bellezze, delle sue tradizioni. Ho amato sopra ogni cosa l’umano genere, campo ove è possibile e necessaria la lotta, dove è desiderabile e probabile il pacifico trionfo delle idealità non sacrileghe. E appunto perché ho stimato necessaria la lotta io mi sono volonterosamente, serenamente battuto. Che il mio povero corpo semplicemente riposi dove sono caduto, io desidero; inumato coll’onore delle armi, fra i miei commilitoni. Che il sacrificio mio, umile fra tanta gloria, sproni, se c’è, l’ignavo e dia sangue al codardo. Babbo mio, Gina mia, angelo mio, parenti, amici, voi che tanta parte siete dell’anima mia, con la memoria … della mamma, in alto i cuori! Con tenerezza serena, con fede, nella pace dell’anima cristiana, sul campo, al cospetto del nemico che non temo mi firmo Mario.Questa lettera contiene il mio testamento. Faccio un obbligo d’onore a chi è incaricato di verificare per censura la corrispondenza, di non profanarne il contenuto. Questa lettera potrebbe essere trattenuta per qualche tempo.
Dopo essere salito a Cortina D’Ampezzo si prende per il Passo Falzarego 2105 m , oppure salendo direttamente da Agordo passando per il lago di Alleghe si imbocca la salita che porta al Passo Falzarego , molto meno trafficata è più corta se si vuole raggiungere solo il Passo.
Descrizione
La cengia Martini è una cengia di arroccamento prima della galleria che sale sul piccolo Lagazuoi , teatro di una resistenza estrema degli alpini, è conveniente farla prima di salire sulla galleria degli alpini, si tratta di una cengia attrezzata che porta nei baraccamenti italiani del Lagazuoi , negli osservatori e nelle postazioni di tiro verso il Sasso di Stria. Si sale con l’imbrago e caschetto meglio anche la frontale, come nelle Galleria, fino a raggiungere il punto del camino di mina che non è stato usato, lo scenario e mozzafiato sia nei panorami che nei ricordi storici della situazione di vita dei soldati nei tre anni di Cengia. I passaggi di per se non sono difficili, anche se alcuni esposti e richiedono massima attenzione, il ritorno dev’essere fatto dallo stesso sentiero fino al bivio della galleria che porterà all’antecima del Lagazuoi.
Cenni storici
Durante la Grande Guerra la linea del fronte dei combattimenti tra l’impero austro-ungarico e il Regno d’Italia passava tra il Sasso di Stria e il piccolo Lagazuoi e tagliava la zona del passo Falzarego. Qui i due schieramenti militari si fronteggiavano a poca distanza. La Cengia Martini fu la postazione più importante in questo settore del fronte. Mentre gli austro-ungarici erano arroccati sulla sommità del Lagazuoi, tra il 18 e il 19 ottobre 1915 due plotoni di Alpini occuparono la cengia posta a metà della parete del Piccolo Lagazuoi. L’occupazione era stata preceduta da numerose ricognizioni notturne sul posto, attraverso un terreno roccioso molto aspro e difficile, nelle immediate vicinanze delle posizioni austriache. Così, sotto il comando del maggiore Ettore Martini, gli Alpini riuscirono ad occupare la Punta Berrino, lo spigolo roccioso che si protende in avanti a est dell’Anticima e a occupare e ad attestarsi sulla cengia che attraversa la parete meridionale del Piccolo Lagazuoi da ovest a est. Questa cengia si rivelò essere una posizione privilegiata per colpire la postazione Vonbank austro-ungarica a difesa del passo di Valparola, una vera spina sul fianco degli Austriaci perché consentiva agli italiani di colpire dall’alto le trincee del passo. La truppa era ricoverata in baracche-ricovero addossate alla roccia e capacità nel totale di offrire ricovero a 140 uomini. Col tempo la Cengia Martini venne dotata di camminamenti, cucine, mensa, magazzino, telefono, stazione teleferica, posto di medicazione, fucina, falegnameria, fureria. Venne inoltre scavata una galleria per permettere di raggiungere la cengia dalla base della Punta Berrino e proteggere i portatori dall’artiglieria del Sasso di Stria. Un’altra galleria, detta dell’Anfiteatro, sarebbe dovuta sbucare sopra le trincee austriache sul versante occidentale della cengia per attaccarle dall’alto ma rimase incompiuta. Attorno alla Cengia Martini la lotta infuriò per tre anni. La maggior parte degli sforzi degli austro-ungarici su questo fronte furono concentrati nel tentativo di allontanare gli italiani dalla Cengia Martini, 4 mine furono esplose sulla montagna creando il grande ghiaione che oggi si vede alla base del Lagazuoi.
Per le azioni sul Piccolo Lagazuoi il Maggiore Martini ricevette una medaglia di bronzo, una d’argento, una croce al merito e la croce di cavaliere della Corona d’Italia.
Le nostre posizioni conquistate il 25 ottobre 1915 erano la Cengia Martini e Punta Berrino dedicato al Cap. Berrino che li ci lascio la vita , le nostre posizioni costarono un enorme sacrificio di sangue per i due anni che le mantenevamo salde , avevamo due teleferiche che arrivavano dalla base del canalone Travenanzes e dal Canalone del Falzarego, mentre le loro teleferiche arrivavano dalla Val Parola e dalla Tagliata ‘ntra i sass.
Le mine di guerra del Piccolo Lagazuoi furono memorabili :
La prima del 14 gennaio 1917 con l’obbiettivo di fare saltare la cengia Martini ma per un errore tecnico si pensa di intasamento sfogo la sua potenza verso gli austriaci recando numerosi danni . La contromina italiana era già pronta ma visto che l’esplosione non creo paure ed il raggio d’azione non fu ritenuto pericoloso si penso di non farla brillare, la mina degli austroungarici si ritenne pressappoco di circa 15000 kg di esplosivo.
La seconda mina del 22 maggio 1917 con l’obbiettivo la posizione avanzata della Cengia Martini, gli italiani ben interpretarono il lavoro del nemico ed essendo previsto il brillamento della mina nella notte, le posizioni del possibile scoppio furono sguarnite per poter essere poi riprese dopo l’esplosione nonostante lo scoppio potente della mina non ci furono perdite.
Mina italiana a quota 2668 era la cima più meridionale del Piccolo Lagazuoi ovvero un bastione avanzato con delle pareti a picco che dominava tutte le posizioni italiane del monte Cengia Martini-punta Berrino-Passo della Fede e nella zona del Passo Falzarego dopo il brillamento di questa mina la zona che era saldamente occupata dagli austroungarici, fu occupata dagli italiani la mina che era di 33000 kg eseguita dal Tenenti Malavezzi, Cadorin e Tazzer con 5 mesi di lavoro fu fatta brillare il 20 giugno del 1917 e successivamente, attraverso la galleria, tentarono la conquista delle postazioni intoccate dall’esplosione. L’azione, anche stavolta, non ebbe né vincitori né vinti: gli austriaci ripiegarono e rinforzarono rapidamente le trincee scampate all’urto della mina. L’anticima cadde in mano italiana, ma tentare di occupare l’intero ripiano del Piccolo Lagazuoi avrebbe portato ad ulteriori gravi perdite tra gli Alpini. Il cratere provocato dalla mina italiana è tuttora individuabile, assieme all’immenso accumulo di detriti scivolati a fondovalle, sia di questa che delle altre mine austriache. La quarta mina austro-ungarica, esplosa nel settembre del 1917, ebbe una potenza minore rispetto a quella del maggio precedente e portò all’ennesimo nulla di fatto.
Cartografia : Edizioni Zanetti – n°104 Cortina e Dintorni 1:25000
ATTENZIONE QUESTE VIE FERRATE PRESENTANO PARETI VERTICALI CON DIFFICOLTA VARIABILE , CHE VANNO DA UN PASSAGGIO SEMPLICE ORIZZONTALE A SALITE DIFFICILI , IN OGNI CASO E OBBLIGO L’USO DEL CASCHETTO IMBRAGO E SET DA FERRATA E MEGLIO ANCHE I GUANTI .
Come Raggiungere
Il punto di partenza per questo itinerario è il passo Giau, attraverso il 443 si sale e ad un primo bivio si imbocca il 438 ferrata Ra Gusela, raggiungendo poi il Nuvolau 2575 m.
Si può anche salire fino al rifugio Scoiattoli con la Seggiovia e poi attraverso il sentiero 443 raggiungere il 438 della Ferrata ma risulta molto più lungo.
Se si pernotta al rifugio Nuvolau, inoltre si può effettuare un giro ad anello scendendo dal 439, imboccando poi il 443 dal rifugio Cinque torri , e raggiungere il bivio con il 438 Ra Gusella , e ritornare così al Rifugio Nuvolau in circa 3h30.
Descrizione
Raggiunto il bivio con il 438 da qualsiasi parte si arrivi si inizia a salire dapprima con leggera pendenza per poi aumentare in maniera molto impegnativa fino alla forcella dove inizierà la via attrezzata, la via è abbastanza corta con due tronconi principali , uno all’inizio del canalino , e l’altro nella parte di arrivo al rifugio Nuvolau 2575 m, anche se le difficoltà sono molto ridotte , voglio ricordare che le ferrate non sono sentieri ed è bene affrontarle con prudenza e con persone capaci di guidare il gruppo.
Il ritorno
Raggiunto il rifugio Nuvolau 2575 m, si scende lungo la schiena d’asino, raggiungendo così il rifugio Averau, poi si tiene la sinistra e si imbocca il 452 che passando ai piedi delle creste del Nuvolau ci riporterà al passo Giau .
Per chi invece vuole fare più fatica può scendere dal 439, fino al Cinque torri e imboccare il 443 raggiungendo così il passo Giau, allungando un po il percorso.
QUESTA FERRATA E’ L’IDEALE PER UN PRIMO RAPPORTO CON LE VIE ATTREZZATE, PURCHE VENGANO ESEGUITE ASSIEME AD ISTRUTTORI, GUIDE , ACCOMPAGNATORI ABILITATI E CAPACI CHE POTRANNO VALUTARE ANCHE L’EFFETTIVA CAPITA’ DEGLI ESCURSIONISTI.
Cartografia : Edizioni Zanetti – n°104 Cortina e Dintorni 1:25000
ATTENZIONE QUESTE VIE FERRATE PRESENTANO PARETI VERTICALI CON DIFFICOLTA VARIABILE , CHE VANNO DA UN PASSAGGIO SEMPLICE ORIZZONTALE A SALITE DIFFICILI , IN OGNI CASO E OBBLIGO L’USO DEL CASCHETTO IMBRAGO E SET DA FERRATA E MEGLIO ANCHE I GUANTI .
Come Raggiungere
Per raggiungere la partenza di questo itinerario è necessario raggiungere dapprima il passo Falzarego per poi salire al rifugio Averau , e sulla sinistra si noterà il segnavia della Via ferrata, eventualmente si può salire anche con la seggiovia fino al rifugio Averau.
Per chi è molto preparato si potrebbe salire anche dal passo Giau, facendo prima la ferrata Ra Gusela, poi raggiunto il Nuvolau 2575 m, scendere fino al rifugio Averau, ed imboccare il sentiero.
Si può anche salire fino al rifugio Scoiattoli con la Seggiovia e poi attraverso il sentiero 439 abbastanza semlice salire fino al Rifugio Averau
Descrizione
Il sentiero parte dal piccolo spiazzo del rifugio Averau e sale con poco pendenza per circa 15 minuti finche l’aumento di pendenza repentino porta all’attacco della via , la via e corta e non presenta difficoltà , per questo risulta molto trafficata, un primo tratto di una decina di metri con pietra un pò scivolosa, un passaggio in un camino stretto anche raggirabile dal pezzo che sale dritto usato anche in caso di traffico , salita questa parte raggiunto un traverso orizzontale si entra in un camino più lungo ma aperto per poi raggiungere il tratto finale , tutto il tracciato è di modesta difficoltà , ma per chi non pratico di ferrate dev’essere valutato singolarmente. L a visione in vetta a 2649 metri è mozzafiato a 360 °. Praticamente lo stesso panorama dal rifugio Nuvolau , solamente più aperto alla visione.
Il ritorno
Il ritorno viene fatto a ritroso attendendo in base al traffico presente sulla parte attrezzata che essendo di modesta difficoltà è molto trafficata.
QUESTA FERRATA E’ L’IDEALE PER UN PRIMO RAPPORTO CON LE VIE ATTREZZATE, PURCHE VENGANO ESEGUITE ASSIEME AD ISTRUTTORI, GUIDE , ACCOMPAGNATORI ABILITATI E CAPACI CHE POTRANNO VALUTARE ANCHE L’EFFETTIVA CAPITA’ DEGLI ESCURSIONISTI.
Tempo di percorrenza: 1h30avvicinamento circa 3h30tempo totale circa 8h
Dislivello totale: 300 m dislivello totale 1368
Quota massima raggiunta: 2936 m
Cartografia : Lagiralpinan°24 Dolomiti di Sesto 1:25000
Come Raggiungere
Questa via ferrata , non è facilmente raggiungibile il suo attacco in quanto parte dal Rifugio Antonio Berti Al Popera 1950 , per salire a questo rifugio anzichè entrare nella Valle di Auronzo di Cadore si prosegue sulla statale 52 Carnica superando Dosoledo e l’abitato di Comelico con l’omonima sky area mentre poi s’imbocca la val grande , si prosegue fino a raggiungere la casa soggiorno Don Bosco Alce Rossa , proseguendo poi si raggiungerà il rifugio Selvapiana Lunelli 1568 m , da cui si partirà a piedi per raggiungere prima il rifugio Antonio berti e poi il vallone che salirà fino all’attacco della via .
Descrizione
La via ferrata è impegnativa per alcuni suoi passaggi di braccia e soprattutto per la distanza di avvicinamento, circa 3h30 dal rifugio Lunelli 1568 , attraverso il segnavia 101 si sale fino al rifugio Antonio Berti 1950 m per poi attraverso sempre il 101 saliri verso il passo della Sentinella 2717 m , punto d’incontro con la via attrezzata che porta a forcella Undici 2400 m provenendo dalla strada degli alpini o cengia della salvezza . Ma non è la via che ci interessa ora saliamo il Vallon del Popèra dove sulla sinistra potremmo scorgerne la cima a 3046 m , si prosegue tenendo sempre sulla sinistra dapprima la Cresta Zsigmondy 2998 m e la Cima Undici 3092 m , ma continuiamo sul canalino che si ‘è molto ristretto e sale più ripido con un piccolo ghiacciaio sulla sinistra , superando così prima la via della discesa della ferrata Zandonella, raggiungeremo poi l’attacco posto più in alto , sotto questo fantastico gruppo roccioso che è la Croda Rossa di Sesto , si arriva all’attacco , la via nn sarebbe molto difficile se non in alcuni punti in cui la forza e la ricerca di appigli è fondamentale , ma in tutto questo bisogna tenere conto delle 3h30 di avvicinamento alcuni passaggi molto panoramici e con postazioni belliche in cemento rendono questo itinerario un passo nella storia , una breccia su quei sacrifici e sangue versato inutilmente per un ideale di libertà di cui noi dovremmo avere rispetto , si sale fino a raggiungere la croce a quota 2936 m , mentre dietro si può notare la cima ancora più alta della Croda Rossa di sesto a 2965 m . Conquistata la cima ci sono 2 vie per scendere :
La prima la più lunga , quella che attraverso il Prater ed il Wurzbach porta al bivio con il Castelliere ed il sentiero 15B e poi 15 e successivamente il 124 poi il 171 si rientra direttamente al Rifugio Lunelli 1568 m.
La seconda o la classica ovvero il proseguimento delle Zandonella si scende a destra su un tratto ferrato impegnativo e con numerosi saliscendi che ci riporterà fino al Vallon del Popèra , poi si scenderà fino al rifugio Antonio Berti 1950 m e poi fino al rifugio Lunelli 1568 m.
Cartografia : Lagiralpinan°24 Dolomiti di Sesto 1:25000
Come Raggiungere
Questa via ferrata , non è facilmente raggiungibile il suo attacco in quanto parte dal Rifugio Carducci 2297 m , oppure dal Rifugio Pian di Cengia 2528 m, e porta al Bivacco De Toni 2490 m, praticamente con questa ferrata si può completare il giro completo della Croda Dei Toni . La si può utilizzare soprattutto in itinerari di più giorni . Si può Salire dal 103 Val Giralba , dal 106 Val Marden , dal 1107 Val di Cengia dove però inizia ad essere impegnativo come tratto da percorrere in giornata.
Descrizione
Questa via insieme ad altre vanno a completare un’escursione di più giorni , la via parte dal rifugio Carducci 2297 m , si prende il sentiero 107 si passa per il lago nero e con diversi piccoli saliscendi fino a Forcella Maria 2406 m, da dove inizia il tratto attrezzato dapprima sembra semplice , ma poi inizia a fare sul serio con tratti di un certo impegno tecnico mentre passa sotto Punta Maria , e la Cima Auronzo alcuni tratti abbastanza esposti anche se privi di grosse pericolosità , si avvicendano ad altri in cui ci si passa solo abbassati ed anche in altri con le ginocchia , la visuale è verso la val Gravasecca presenta un scenario fantastico ed incredibile , in un ambiente severamente dolomitico , si prosegue tra sali e scendi , attrezzati e non , fino a superare il ponte situato sotto la Cima D’Auronzo , la Croda Berti del maestoso gruppo Croda Dei Toni , si prosegue fino a raggiungere un tratto soggetto a frane detritiche dove la corda in acciaio e stata sostituita da una corda statica , ed in questo tratto bisogna proseguire con una certa velocità , non e consigliato sostare in questo tratto a causa dei possibili distacchi di sassi o frane di detriti ; il tratto che si presenta ora è impegnativo si sale con una certa pendenza , su una roccia abbastanza scivolosa e con pochi appigli dove la tecnica ti dare le risposte per affrontarlo , inutile dire che la pendenza nn molla ed il bivacco si inizia a farsi vedere in lontananza sembrando irraggiungibile , la salita e attrezzata ma molto variabile nel suo percorso , si risale il canalone ripido e franoso fino a raggiungere il Bivacco De Toni e la forcella dell’Agnel 2578 m raggiunto la forcella ci avvieremo a seconda di dove siamo saliti , se saliremo sulla Forcella Croda Dei Toni 2524 m , proseguendo e raggirando la Croda Dei Toni si potrà ritornare al rifugio Carducci 2297.
Tempo di percorrenza della via : 2h30 (8h il giro completo)
Dislivello totale : 1350 m Classe : EEA Attrezzato
Quota massima raggiunta : 3220 m
Cartografia : Lagiralpinan°3 Dolomiti Agordine e Val di Zoldo 1:25000
RICORDO CHE QUESTA FERRATA E MOLTO DURA SOTTO IL PROFILO FISICO , LA SALITA RICHIEDE CIRCA 3 ORE ( PER I MENO PREPARATI ) , E RICORDO CHE IL PROBLEMA PIU’ GROSSO E DATO DAI TEMPI DI AVVICINAMENTO E RITORNO PER UN TOTALE DI CIRCA 8 ORE , SI PARTE DA CASERA DELLA GRAVA , OPPURE DORMIRE AL RIFUGIO COLDAI
AVVICINAMENTO
Dopo aver raggiunto l’abitato di Dont si prosegue verso il Passo Duran , raggiunto l’abitato di Chiesa si mantiene la sinistra per Casera della Grava 1627 m , li si lascia l’auto e si sale per il sentiero 557 fino a superare la forcella Grava a quota 1784 m e poi raggiungere attraverso il sentiero 558 prima la stazione della funicolare che porta il materiale sul Rifugio Maria Vittoria Torrani , si prosegue per il sentiero 558 divenuto ripido fino a raggiungere prima il sentiero Angelini e poi salendo fino alla Forcella Vant della Sasse quota 2476 m , si entra nell’altipiano Val della Sasse con un panorama che sembra lunare , tenendosi sulla destra si arriva dopo 20 minuti all’attacco della via , tempo di arrivo all’attacco e di circa 2h30.
Una ulteriore via di risalita fino all’attacco e data dal sentiero 558 che parte nella zona del Rifugio Vazzoler nel versante opposto Agordino , la quale risulta molto piu lunga sia in auto che nel tratto a piedi.
LA FERRATA
La via ferrata e molto bella ed impegnativa , molto diversa da quella degli alleghesi , più corta ma severa , si sale il bastione di testa situato a monte della Val della Sasse , l’attacco e posto a quota 2613 m , mentre il dislivello e di circa 380 m , la ferrata parte inizialmente su roccette stabili con molti appigli , per poi iniziare con dei tratti di corda abbastanza irti , anche se con diverse staffe ed appigli , si prosegue poi su serie di lastroni di circa 15-20 metri , poi inizia con tratti più impegnativi , si affrontano alcuni traversi orizzontali , per poi riprendere a salire in quasi verticale , poi superato l’ultimo tratto verticale si ritorna in un tratto orizzontale a scaletta , per poi raggiungere il tratto più esposto della ferrata che porterà ad un tratto privo di corda fisse per poi risalire a Pian della Tenda e un’ultimo tratto dove si raggiunge il rifugio Maria Vittoria Torrani a quota 2984 m , se si prosegue verso la cima in circa 40 minuti , attraverso un sentiero che sale su un ghiaione detritico fino a quota 3220 del Civetta.
Il ritorno viene fatto per la via normale che scende attraverso le guglie scendendo a sinistra del rifugio Torrani , con alcuni pezzi attrezzati fino a raggiungere il sentiero Tivan 557 in circa 2h , rientrando così dallo stesso fino a Casara della Grava
VOGLIO RICORDARE CHE LA FERRATA E IMPEGNATIVA SU AMBIENTE DI ALTA QUOTA , PRIVA DI ACQUA E CHE PER COMPIERE L’ANELLO COMPLETO CI VOGLIONO 8H PARTENDO DA CASARA DELLA GRAVA
Tempo di percorrenza della via : 3h30 (8-9 h il giro completo)
Dislivello totale : 1100 m Classe : EEA Attrezzato
Quota massima raggiunta : 3220 m
Cartografia : Lagiralpinan°3 Dolomiti Agordine e Val di Zoldo 1:25000
RICORDO CHE QUESTA FERRATA E MOLTO DURA SOTTO IL PROFILO FISICO , LA SALITA RICHIEDE CIRCA 4 ORE ( PER I MENO PREPARATI ) , E RICORDO CHE IL PROBLEMA PIU’ GROSSO E DATO DAI TEMPI DI AVVICINAMENTO E RITORNO PER UN TOTALE DI CIRCA 8-9 ORE , MEGLIO SE SI RIESCE A DORMIRE AL RIFUGIO COLDAI
AVVICINAMENTO
Dopo aver raggiunto il Palafavera ed aver lasciato l’auto si prosegue a piedi sulla carrabile sentiero 564 verso malga Pioda si imbocca sulla sinistra il 556 fino al rifugio Coldai Sonino 2132 m tempo di percorrenza circa 2h ,per poi proseguire verso il sentiero del Tivan per circa 1h30 , passando per i torrioni delle Zoliere quota 2184 m , fino a raggiungere Porta del Masarè 2420 m nei torrioni del Schenal del bech , da li sulla destra parte il sentiero che sale sull’attacco della ferrata .
LA FERRATA
La via ferrata e molto bella con difficoltà tecnicamente non difficili , ma molto impegnativa per la sua lunghezza , sommati a quelli della via di rientro . Fin dall’attacco ripido con molte staffe presenti , in ambiente severo di alta quota , salendo si incontrano canalini molto facili da superare grazie ai numerosi gradini di roccia , lo scenario e mozzafiato che si vede e unico già a questa quota. Si superano alcuni tratti verticali ma con numerosi appigli naturali incontrando poi altri canalini attrezzati ed alcuni no , alcuni canalini verticali ben attrezzati da staffe si superano facilmente per poi raggiungere tratti piani che portano a pezzi attrezzati con pendenza di 45-50 gradi , riprendendo poi tratti più verticali e scalette , incontrando dei piccoli terrazzamenti dove e possibile sostare gustando un panorama incredibile , la via inizia nuovamente a salire su un canalino verticale con molte staffe e appigli , incontrando un altro terrazzino con una visuale unica sul Pelmo e Pecol e la val di Zoldo , si ricomincia a salire in verticale con molti appigli naturali , raggiungendo altri terrazzi di sosta , si riprende una salita verticale per poi affrontare un traverso in cui bisogna prestare attenzione che porta nel forcellino tra i due versanti , situato sopra il rifugio Tissi e una visuale unica sulla Marmolada , la salita riprende verticale e prosegue un traverso orizzontale e poi riprende verticale con poca pendenza raggiungendo un punto in quota in cui sono visibili il lago di Alleghe e il laghetto di Coldai , si riprende a salire sulla cresta raggiungendo finalmente la vetta del Civetta 3220 metri con un scenario a 360 gradi che riesce ad emozionare anche i cuore duro dei montanari più veri . si scende poi fino al rifugio Maria Vittoria Torrani quota 2984 m.
Il ritorno viene fatto per la via normale che scende attraverso le guglie scendendo a sinistra del rifugio Torrani , con alcuni pezzi attrezzati fino a raggiungere il sentiero Tivan 557 in circa 2h , per poi rientrare al rifugio Coldai e scendere al Palafavera
Un ulteriore sentiero per il ritorno sarebbe attraverso la ferrata Tissi , che allunga notevolmente il percorso rendendolo cosi ancora più difficile fisicamente , ricordo inoltre che la ferrata Tissi in discesa risulta molto complessa e pericolosa sopratutto per la stanchezza fisica , resta quindi una via per ESPERTI ALPINISTI
VOGLIO RICORDARE CHE LA FERRATA E IMPEGNATIVA SU AMBIENTE DI ALTA QUOTA , PRIVA DI ACQUA E CHE PER COMPIERE L’ANELLO COMPLETO CI VOGLIONO 8H DAL RIFUGIO COLDAI
Salgo sulle ripide vette , toccando quei sassi che mi portano in alto , lo faccio con rispetto ed umiltà ,osservo la maestria delle forme , tutte diverse ma uguali , lei lo sa e mi protegge in tutti i miei ardimentosi viaggi come questo sul Civetta 3220 metri , un sogno diventato realtà. Luciano
Ore 18,30 del 18 agosto 2020 , sto salendo dal Palafavera verso il Rifugio Coldai , dove poche ore prima avevo chiesto se c’era posto per dormire , altrimenti avrei portato come il solito la mia tenda , questo è il mio terzo tentativo per quella cima che vorrei raggiungere 3220 metri del Civetta , i primi due sfumati dal maltempo , ma il montanaro sa che prima o poi una finestra buona viene , cosi alle 5.30 mi alzo e parto dal Rifugio Coldai ,per il sentiero del Tivan che ormai conosco a memoria , verso porta del Masarè quota 2420 , proseguo con il sentiero che sale sull’attacco della via , tempo previsto più di tre ore dicevano le guide escursionistiche , salgo i ripidi canalini , traversi e scalette , traversi detritici , lastroni di pietra scavata dal tempo fino a raggiungere quella cima , non trovo nemmeno le parole per esprimere ciò che vedo ,panorami che riempiono gli occhi quasi commossi , un discreto vento soffia freddo , ma resto li basito da tutto questo , come un bambino che ha appena ricevuto il regalo tanto desiderato . Sceso al rifugio Torriani e mangiato un panino ho scelto la via del rientro , non la via normale più “facile” sono sceso dalla Ferrata Tissi , è stata lunga , lo scenario del Vant della sasse in fondo alla ferrata era lunare , pietroni e ghiaioni , mescolati insieme erano incredibili , poi dopo aver superato forcella della sasse e ridisceso il pendio che porta verso forcella della grava al bivio con il Tivan , ho scelto di ritornare al Rifugio Coldai semplicemente perche non volevo fare quei 2 km di strada asfaltata che portano da Pecol Vecchio a Palafavera affrontando di nuovo quell’arduo ,tortuoso e ripido cammino che è il Tivan , per poi giunti al rifugio ridiscendere per malga Pioda , fino al Palafavera . Completando questo mio grande viaggio , e portando a casa una marea di ricordi e di esperienze.