Tempo di percorrenza del sentiero solo andata : 2h30
Dislivello totale : 625 m
Quota massima raggiunta : 1513 m
Cartografia : CAI Pasubio – Carega 1:25000
Descrizione
Dopo aver preso la strada che da Poleo porta a passo Santa Caterina si prosegue verso colle Xomo , si arriva a un certo punto in cui si incontra il monumento Vallortigara eretto per i caduti per la libertà nella guerra del 45 , da li si prende il sentiero 411 , non presenta difficoltà tecniche e risulta molto bello quasi tutto dentro un bosco di abeti e pini , ma anche di faggi ed altre piante , per poi diventare più panoramico nel passaggio a malga Ronchetta , buona parte erboso presenta buona visibilità verso la valle , tempo permettendo . Presenta anche un bivio con il 401 che salgono per un certo tratto assieme , poi si dividono di nuovo su un’altro bivio , da qui si può scegliere se salire in Busa del Novegno 411 o sul Forte Rivon 401. In ogni caso si possono utilizzare tutti e due i sentieri insieme così facendo si sale dal 411 e si scende dal 401 , oppure viceversa , posteggiando l’auto tra i due sentieri . Io personalmente ho messo l’auto in uno spiazzo più verso il sentiero 401 cioè superato il monumento e poi sono salito dal 401 Colletto di Posina – Monte Rione per poi scendere verso la Busa del Novegno e attraverso il 411 scendere fino al Monumento Vallortigara , per poi risalire per qualche kilometro di strada asfaltata fino ad arrivare all’auto
Tempo di percorrenza del sentiero solo andata : 2h20
Dislivello totale : 650 m
Quota massima raggiunta : 1437 m
Cartografia : CAI Pasubio – Carega 1:25000
Descrizione
Arrivati con l’auto a Bosco di Tretto , al centro del bivio si può notare il segnavia Sentiero 444 molto interessante e di discreto impegno passa per alcune contrade prima di salire fino al passo Campedello , il percorso si snoda nella valle Branzomè e viene generalmente utilizzato assieme al 455 per evitare di scendere dallo stesso posto , in quanto non risulta molto panoramico , essendo una valle abbastanza ristretta anche se discenderlo è stato abbastanza interessante .
Tempo di percorrenza del sentiero solo andata : 1h40
Dislivello totale : 500 m
Quota massima raggiunta : 830 m
Cartografia : CAI Altopiano dei Sette Comuni 1:25000
Descrizione
Arrivati al centro di Pedescala con l’auto , si entra nella piazza principale e si nota a sinistra un sentiero che parte a salire , lo si prende e attraverso i suoi 27 tornanti ti porta a Castelletto cento , più che un sentiero è una mulattiera molto bella da percorrere anche per alcuni scorci panoramici che offre , non presenta alcuna difficoltà anche se dopo la discesa dev’essere fatta dallo stesso punto , si potrebbe anche usare parte del 804 da Albaredo fino alla Val d’Assa passando per il sentiero Archeo geologico , per poi scendere attraverso parte del 633 fino al Cimitero di Pedescala (sentiero fatto ma non ancora del tutto verificato)
Itinerario : Pedescala – Forte Punta Corbin – Albaredo – Altar Knotto – Castelletto – Pedescala (segnavia 635 – 804 – 802 – 631 ed alcuni tratti non propriamente segnalati visto che sono di raccordo )
Tipo di terreno : terreno sterrato molto impegnativo , e mulattiera , poi tratto erboso , tutto con un dislivello molto importante 2120 metri D+
Questo percorso l’ho denominato così perchè permette di tagliare in 2 la Val d’ Assa , e mi sembrava inutile riportare tutti i nomi dei paesi che vengono interessati da questo percorso . Ho percorso una serie di sentieri sulla zona di Pedescala , Rotzo , Albaredo , Castelletto , una serie molto interessante che richiede un’impegno e una preparazione molto buone , con difficoltà altimetriche notevoli , la lunghezza risulta abbastanza contenuta , ma comunque resta un percorso per pochi .
Ricordo inoltre che arrivati ad Albaredo esiste la variante di scendere fino a Castelletto e poi prendere il 631 fino a Pedescala , questa variante accorcia di diverso tempo il percorso ufficiale .
Cartografia : CAI Altopiano dei Sette Comuni 1:25000
Descrizione
Questo sentiero viene segnalato in alcune mappe come 804 , ma in realtà l’804 e quello che va fino a Chiesa di Conca (INFATTI FISICAMENTE SUL LUOGO RISULTA L’UNICO SEGNALATO ) , il sentiero 804 per Albaredo che io ho provveduto a documentare risulta poco segnalato sul luogo , richiede una buona preparazione fisica per affrontare il dislivello che presenta , un buon senso di orientamento in quanto la Val d’assa e molto selvaggia e poco praticata , e tecnicamente risulta complesso per trovare il varco per risalire . Parte del sentiero di risalita e lo stesso che parte dalla zona di Castelletto e risale fino ad Albaredo segnalato come Sentiero delle Cengie . Il sentiero sarebbe molto bello ed impegnativo se fatto con il 635 come ho fatto io , ma richiede molta sicurezza di se stessi per poterlo praticare in sicurezza.
AD ALBAREDO RISULTA DALLE SEGNALAZIONI SUL CARTELLO COME SENTIERO DISMESSO. IL CONSIGLIO CHE VOGLIO DARE E CHE SE NON SIETE SICURI E NON CONOSCETE QUESTO SENTIERO NON PRATICATELO , POTREBBE ESSERE MOLTO PERICOLOSO PER LA VOSTRA INCOLUMITA’
Cartografia : CAI Altopiano dei Sette Comuni 1:25000
Descrizione
Salendo da Pedescala verso Castelletto si prosegue fino ad Albaredo , poco prima di arrivare al paese si trova una strada che gira a sinistra , si sale fino alla Curva Tellale , da li si imbocca la strada , che poi diventa sentiero per l’Altaburg , proseguendo questo sentiero si può arrivare prima all’ Altar Knotto e poi all’Alta Kugela , il sentiero non presenta nessuna difficoltà e molto panoramico sopratutto verso la Valdastico , il sentiero si chiude poi ad anello e si ritorna al punto di partenza .
Leggende dell’ Altare Knotto
Molti anni fa, quando ancora non esistevano negozi pieni di ogni cosa, ma le varie mercanzie erano portate da un paese all’altro dagli ambulanti, un mercante girava con un piccolo carro per l’Altopiano, cercando di vendere le sue merci e guadagnare cosi qualche soldo. Un giorno, molto stanco per il lungo cammino, il mercante si addormentò sotto un albero e, mentre era immerso nel sonno, arrivò un nano che gli sfilò dalla cintura la borsa con i denari fino allora guadagnati. Quando l’uomo si svegliò e si accorse che i suoi soldi erano stati rubati cominciò a disperarsi, pensando a come avrebbe fatto a tornare dalla sua famiglia a mani vuote. Cercò dappertutto la borsa dei denari, sperando ancora di averla persa e di poterla ritrovare, ma alla fine dovette rassegnarsi e disperato si sedette su un sasso prendendo la testa tra le mani. Era così afflitto che si mise perfino a piangere, ed una grossa lacrima scese lungo la sua guancia e cadde sul sasso. ” Cosa succede?” disse una strana voce sotto di lui. Il mercante ebbe un sobbalzo e quasi urlò dallo spavento, poiché attorno non c’era nessuno. “Insomma, che accade? Piove?” chiese di nuovo la voce, mentre il sasso su cui era seduto aggrottava la ruvida superficie. “Come, un sasso che parla?” esclamò il mercante, sorpreso e ancor più spaventato. “Certo…non si può? Anche voi uomini parlate. Ma dimmi, perché sei così afflitto? Cosa ti è accaduto?” Il mercante, rassicurato dal tono amichevole del sasso, raccontò quello che gli era successo e la pietra, dopo averci pensato un po’, gli disse” Sono stati certamente quei mattacchioni dei nani…hanno un debole per tutte le cose preziose, le rubano e poi le nascondono sull’Altarknotto, in un punto segreto che nessuno conosce”. “Ma allora non c’è nulla da fare …non potrò più riavere i miei soldi!” esclamò tristemente il mercante. “Forse un modo c’è” ribattè però il sasso , ” quando splende il sole e nessuna nuvola attraversa il cielo i nani portano tutti i loro tesori in cima all’Altarknotto, per vederli risplendere alla luce. Se tu ti recherai lassù in una di quelle occasioni forse potrai recuperare il maltolto. Attento però: dovrai prendere solo quello che era tuo e non lasciarti tentare dall’avidità !” “Farò certamente come mi hai detto ” disse sicuro il mercante, “grazie del tuo aiuto, non lo dimenticherò” e così dicendo si accomiatò dal sasso e si preparò ad aspettare una giornata di sole. Il mattino dopo il cielo era sereno e senza nubi ed il mercante, pieno di speranza, si avviò verso il monumentale roccione. Dopo un po’ vide uscire dal nulla i nani, in processione, recando ognuno oro, monili, pietre preziose. Le portarono tutte sulla cima dell’Altarknotto, dove quei tesori illuminati dal sole , presero a risplendere e luccicare come non mai, creando tutt’attorno un alone magico. Il mercante restò ammutolito ad ammirare tutte quelle meraviglie, e quando i nani se ne andarono si calò per una frattura del terreno fino alla base dell’Altaknotto; quindi lo scalò fin sulla cima, dove aprì il suo sacco e si mise a riempirlo con tutto quello che poteva; ori, monili, tesori di ogni genere. Di fronte a tanta ricchezza si dimenticò infatti di quanto gli aveva raccomandato il sasso e non pensò che a prendere più che poteva; quindi con il sacco e le tasche piene, ridiscese dalla roccia e si diresse verso valle. Ma quando arrivo nel bosco sentì un calore improvviso e insopportabile sprigionarsi dai tesori, e dopo un po’ fu costretto a svuotare le tasche, poiché gli oggetti che portava erano ormai incandescenti. Non appena toccarono terra questi svanirono nel nulla; le mani del mercante bruciavano, ma egli pensò che almeno gli restavano i tesori che aveva messo nel sacco. Quando però giunse sulla strada che portava al paese anche il sacco cominciò a scottare sempre di più, e l’uomo fu costretto a gettare via qualche oggetto. Così, poco alla volta, dovette disfarsi di tutti i tesori presi sull’Altarknotto, e finanche delle poche monete che ancora portava. Gli restarono nel sacco solo pochi soldi, e sulle mani i segni indelebili della cupidigia, che non si cancellarono più e lo accompagnarono per tutto il resto della sua vita.
Tratto dal libro sui sentieri delle leggende di Paola Favero
Tempo di percorrenza del sentiero solo andata : 1h20
Dislivello totale : 183 m
Quota massima raggiunta : 1090 m
Cartografia : CAI Altopiano dei Sette Comuni 1:25000
Descrizione
Questo sentiero viene utilizzato generalmente per raggiungere il forte Punta Corbin a piedi , oppure da chi sale dal 635 Pedescala – Forte Punta Corbin per arrivare al bivio in località Mosca con il 633 per ritornare a Pedescala . Presenta una variante segnalata solo in alcune carte , cioè quella che porta ad Albaredo se presa assieme al 635 risulta molto impegnativa visto il dislivello del secondo tratto (quella tratteggiata) . Questo sentiero e molto accessibile a tutti presenta anche molti particolari interessanti nel periodo primaverile e una parte del percorso e una mulattiera , mentre invece dopo l’uscita dal forte e prativo veramente molto bello . Le foto per ragioni di collegamento partono da Punta Corbin .
Itinerario : Recoaro terme – Pizzegoro – Montefalcone
Tipo di terreno : terreno sterrato di un certo impegno , e mulattiera , poi tratto erboso con un buon dislivello
Dopo aver messo l’auto sul posteggio appena usciti da via Lelia , quello situato sotto le fonti , si salgono i scalini sul piazzale delle fonti proseguire a destra fino ad incontrare il segnavia 133 da li si sale fino ad arrivare al bivio con la malga Chèmpele , si prosegue per la pista a fianco della strada segnavia SPR (sentiero dei partigiani ) fino ad arrivare a selletta di Campetto , per poi proseguire per il rifugio situato all’arrivo della seggiovia , per la discesa basta trovare un punto nella pista da sci che ti permetta di correre . Il sentiero e molto tecnico sopratutto per quanto riguarda la discesa ma voglio ricordare che il dislivello in 15 km sia di una certa importanza .
Tempo di percorrenza del sentiero solo andata : 2h15
Dislivello totale : 746 m
Quota massima raggiunta : 1077 m
Cartografia : CAI Altopiano dei Sette Comuni 1:25000
Descrizione
Prendendo la strada che sale lungo il torrente Astico che va verso Folgaria , si passa per un paesino vicino Arsiero chiamato Pedescala , si passa il ponte e si prosegue fino al Cimitero comunale , dopo aver messo l’auto nel posteggio del cimitero si prende il sentiero situato a destra dello stesso , si prosegue su una mulattiera fino al ponte della Val d’Assa , poi il sentiero inizia a salire , anche se non presenta grosse difficoltà tecniche e fisiche , l’ultima parte la pendenza e discreta , sotto l’aspetto panoramico è certamente molto bello e propone degli orizzonti interessanti sia sulla Val d’Astico che sul Monte Cimone , Tonezza e Priaforà ; ma soprattutto ricordo che il sentiero porta a Forte Punta Corbin ( Vedi il mio post del Forte ) che vale la pena di visitarlo nella sua imponenza e posizione ; ma in quanto essendo una struttura privata potreste trovarlo chiuso .
Cenni storici
La strage del 45
Il 30 aprile , a guerra ormai finita , un’avanguardia tedesca viene attaccata da un gruppo di partigiani che uccidono sei soldati prima di allontanarsi . L’avanguardia viane poco dopo raggiunta dalla colonna principale la quale , attestatasi a Pedescala , inizia a rastrellare gli abitanti maschi del paese , minacciando di uccidere dieci per ogni soldato morto se i responsabili non si fossero presentati .
Solo il 2 maggio la colonna riparte verso la Germania.
Uno dei pochi fatti certi è che al seguito della colonna tedesca vi fossero anche degli italiani (vari scampati alla strage hanno testimoniato, durante le indagini del 1945-46, che essi parlavano il (dialetto veneto). Tra questi, vi era probabilmente il sergente Bruno Caneva , fuggito in Argentina nel 1947 e morto nell’agosto 2003 senza scontare alcuna pena.
Nel 1983 Pertini si recò a Pedescala per consegnare una medaglia, che però venne rifiutata dalla popolazione con la seguente motivazione:
« Spararono poi sparirono sui monti, dopo averci aizzato contro la rabbia dei tedeschi, ci lasciarono inermi a subire le conseguenze della loro sconsiderata azione. Per tre giorni non si mossero, guardando le case e le persone bruciare. Con quale coraggio oggi proclamano di aver difeso i nostri cari? » Il giornale , 29 aprile 1983
Nel viale che porta verso il cimitero di Pedescala , sono posizionati 64 alberi che riportano i nomi delle vittime del rastrellamento fatto dai tedeschi durante la loro ritirata.
Per salire al Forte Corbin ci sono diverse vie, principalmente si sale in macchina dalla strada del Costo e arrivati a Tresche Conca si prende per l’abitato di Chiesa di Conca e si prosegue per una carrabile seguendo il segnale del Forte Corbin , anche se io sinceramente preferisco arrivarci a piedi. Ci sono altre vie più ardite , si può salire dal 635 Pedescala , o dal 633, si può arrivare dal 804 Località Chiesa (attenzione perchè alcune mappe nuove non riportano 804 da Località Chiesa di Conca , ma da Albaredo).Il forte e molto imponente , la sua posizione risulta molto strategica è un opera molto interessante da visitare e anche se è a pagamento , i soldi raccolti dai proprietari sono usati per il mantenimento e la sistemazione di una struttura , che ricordo a meno attenti risalenti alla guerra del 15-18 ; quindi necessita di continue sistemazioni , poi all’interno ci sono alcune stanze che contengo numerosi cimeli risalenti alla guerra . Devo fare un doveroso plauso alla Famiglia Panozzo per l’amore visibile nel mantenimento e nell’ospitalità della struttura …Bravi
Cenni storici
Situato nella zona occidentale dell’Altopiano di Asiago, in prossimità del Monte Cengio e del paese di Treschè Conca, il Forte di Punta Corbin fu uno dei forti italiani che costituivano la linea difensiva sulle Prealpi vicentine. Costruito a partire dal 1906 su uno sperone di roccia proteso sulla Valle dell’Astico con lo scopo di difendere la vallata da eventuali invasioni austroungariche, il Corbin fu progettato per essere una delle fortificazioni più potenti dell’Altopiano ma in realtà il suo ruolo nel conflitto fu marginale. Dopo pochi mesi dall’inizio della guerra, infatti, il Forte Corbin, così come tutte le altre fortezze della zona, fu privato dei cannoni e si trovò ad essere estremamente debole e inefficace.
Durante la Strafexpedition del 1916 il Forte Corbin fu occupato dall’esercito austroungarico, che vi si insediò per un mese mentre si svolgeva la cruenta battaglia contro i Granatieri di Sardegna sul vicino Monte Cengio, in cui perse la vita anche il celebre irredentista Carlo Stuparich.
Alla fine della “Spedizione Punitiva” il forte tornò ad essere italiano e da quel momento, sia per i danni che presentava, sia per lo spostamento dello scontro in altre zone dell’Altopiano, servì come postazione e osservatorio verso il Cimone, occupato dagli austriaci fino al 1918.
Finita la guerra, il Corbin fu utilizzato per qualche anno dall’esercito come caserma per addestramenti, per poi essere abbandonato verso la fine degli anni Venti, quando lo stato autorizzò l’asportazione delle sei cupole di acciaio poste sul tetto della batteria lasciandolo a cielo aperto e senza sorveglianza.
Forte Corbin per gli osservatori austriaci appariva un fortezza minacciosa per le sue 6 bocche da fuoco , quindi attraverso l’artiglieria lanciarono diverse granate con il famoso 380 mm conosciuto come La Barbara nel tentativo di metterlo fuori uso , ma loro non si accorsero che i famigerati cannoni non erano altro che tronchi di abete messi per ingannare il nemico , a causa che all’inizio delle ostilità il forte era fuori tiro per la prima linea . Il forte venne costruito tra il 1906 e 1911 sul ciglio settentrionale del pianoro del Monte Cengio , in una posizione molto dominante sia sulla Val d’Astico e sulla val d’Assa , era armato in origine con pezzi da 149A (acciaio) in cupole girevoli , 4 mitragliatrici e 4 cannoncini da 87 mm in Bronzo , quando gli austroungarici occuparono il monte Cengio a fine maggio 1916 gli italiani dovettero cedere il forte per non essere catturati , alla fine di giugno del 1916 l’arretrare degli austroungarici fece si che gli italiani riconquistarono il forte ma non riuscirono più a riarmalo a causa del continuo fuoco di sbarramento fatto dal nemico dal Monte Cimone .
Ricordo gli orari di apertura :
Aprile – Maggio – Giugno : sabato-domeniche dalle 10
Luglio – Agosto : tutti i giorni dalle 10-18
Settembre – Ottobre – Novembre : sabato-domeniche dalle 10
Generalmente non pubblico nei miei post , i libri che si possono leggere nell’argomento che tratto ma questo , e molto di più . Io l’ho letto tutto di un fiato , scritto con la conoscenza di chi ha visto il recupero giorno per giorno del forte corbin , ma con la particolarità di poter essere letto da tutti , con ragguagli storici e anedotti del periodo , e perchè no anche della compravendita del forte corbin da parte della famiglia Panozzo , che con la vendita di questo libro prosegue la opera di recupero e la manutenzione del forte , grazie a Ilaria Panozzo di aver avuto l’idea di scrivere un libro così bello , e grazie anche alla Famiglia Panozzo di proseguire in questa grandissima opera .