Si prende il sentiero dei grandi alberi dalla Conca d’Oro , Pizzegoro, proseguendo per la località Casare Asnicar , fino a raggiungere il Linte (tiglio) delle Montagnole , pianta secolare presso la Malga Sebe da qui parte il Vallone .
Descrizione
Il percorso non è certamente per tutti , sconsigliato in discesa anche se fattibile per chi ha un ottima conoscenza di se stessi , gambe e materiali buoni , la pendenza non è eccessivamente difficile essendo un Vajo che porta da Malga Sebe , fino sulla cima al Passo della Porta sul sentiero 202 proveniente da Campodalbero e che va verso Campetto , la salita prosegue in una carrareccia che porta presso l’anello e Malga Anghebe , poi si prende a sinistra addentrandosi nel tratto boschivo , alternando così con tratti detritici e altri prativi con un bosco giovane , si continua a salire anche con tratti di un certo impegno dove il terreno diventerà sempre più detritico ed instabile , fino a raggiungere quasi la forcella in cui il terreno sarà ripido è prativo , molto pericoloso nelle giornate piovose , raggiunta la forcella sia scende per alcune decine di metri , fino a raggiungere la carrareccia che porta fino al Passo della Porta .
Questo itinerario non esiste in nessuna mappa, è un vajo e quindi non un sentiero per tutti . E’ ben segnalato da colore rosso ed è stato segnato da un ricercatore di nuovi sentieri che purtroppo ora mi sfugge il suo nome.
Questo sentiero e molto utile per collegare il rifugio Bertagnoli 1250 m, al 202 che percorre le montagnole Alte , e privo di difficolta tecniche attraversa dapprima il boschetto adiacente al rifugio , per poi entrare nel canale detritico con alcuni piccoli passaggi con corda in acciaio e transitando sotto l’attacco della ferrata Viali sentieri 211, che poi dopo essere transitata sul 202 , imbocca la restante ferrata Ferrari del Gramolon 1814 m, per poi continuare in salita anche se ben compensata dai zig zag, ed incrociando il 210 che porta sul pulpito di pietra dove si trova la lapide di Bepi Bertagnoli , ma il nostro sentiero prosegue dritto salendo fino al bivio con il 205 che porta a Campofontana passando per la cima della Lobbia 1672 m, mentre sulla sinistra si sale prima sul Passo della Scagina 1548 m, e poi sull’imbocco del 202 che a sinistra prosegue verso malga Campodavanti e a destra verso il Passo Ristele 1641 m, e con un panorama molto bello sui pascoli della Val Fraselle che porta sull’abitato di Giazza. Facendolo assieme al 207 che proviene dal passo del Mesole permette di completare un piccolo anello passando per il Rifugio Bertagnoli dove si mangia bene e si viene accolti con simpatia ed ospitalità.
Si sale fino a Recoaro Terme , superato l’abitato si prosegue verso la località Gazza , fino a raggiungere i Menarini , dove si trova il campo sportivo e l’omonima Pizzeria Menarini , dove si lascia l’auto per poi imboccando a piedi la strada di che sale prima ai Ronchi e poi alle Casare Asnicar.
Descrizione
Il sentiero dapprima sale sulla strada asfaltata che porta verso la contrada Ronchi , dopo circa un km si nota sulla strada una casa bianca contornata da campo e adiacente ad un bosco , si noterà inoltre il cartello del sentiero , si sale mantenendo la casa sulla destra in una valle piuttosto selvaggia , si transita in mezzo ad alcune case diroccate , per poi ricominciare a salire con un zig zag poco difficile fino a raggiungere la contrada Orsati , si prosegue passando in mezzo alle case per poi risalire in mezzo ad un boschetto , fino al bosco dei Suntra dove si potranno vedere le meravigliose creazioni in legno quasi messa a protezione del bosco , si continua a salire entrando così poi sulla strada che porta alle Casare e alle Montagnole Basse , dopo aver percorso alcune centinaia di metri in una curva si incontra di nuovo il sentiero che entra nel bosco (attenzione il segnavia e per terra sull’asfalto e risulta difficile la sua individuazione ) per evitare la strada asfaltata . Superato questo ultimo pezzo si prosegue sulla strada asfaltata superando Malga Serita e raggiungendo cosi le Casare Asnicar , dove volendo si può salire anche a Malga Morando ( Ofre ) oppure alla Cabiola . Questo itinerario non è difficile e molto bello perchè sale in un ambiente unico un bosco spettacolare con panorami selvaggi ed unici a pochi passi da casa . Il ritorno si ripercorre a ritroso il tracciato , che raggiunto il bosco dei Suntra anzichè scendere agli Orsati tenendo la destra si può proseguire per la contrada Ronchi e superata la contrada in discesa , su una curva si trova il segnavi della variante Sentiero dell’Orsetto
La leggenda dei Suntra
Un giorno di mille anni fa i Suntra decisero di partire. Lo fecero tutti insieme, al rullo del tamburo, sfilando mestamente davanti alla regina Astra Zeneka che, ritta sulla sommità di un piccolo rilievo erboso, sembrava con gli occhi scrutare lontano, oltre alle colline e i Monti che disegnavano l’orizzonte verso sud. Passarono per primi i saggi severi dalle lunghe orecchie, poi gli gnomi barbuti e chiacchieroni, e dietro di loro alcuni uomini dalle insolite fattezze e le donne con i loro piccoli, seguiti dagli elfi dispettosi, più indietro le bisce striscianti, gli animali parlanti e le creature del cielo.
Era un popolo strano quello che si metteva in cammino: esseri sconosciuti dal resto del mondo che per cinquanta e più generazioni avevano abituato, nascosti guardinghi nel folto della foresta, nei luoghi selvosi di una terra che gli umani chiamavano baio-warioz, “Baviera”. Troppo fredde erano diventate le stagioni, troppo scarsi i frutti del bosco, ormai così rari che i più giovani del clan si erano stancati di andare a cercarli. Ma, soprattutto, era stato l’avanzare dell’uomo a minacciare la sopravvivenza stessa dei Suntra.
Erano arrivati a decine, a centinaia gli umani con le loro asce, e la boscaglia aveva cominciato a ridursi, anno dopo anno. I Suntra avevano visto la loro terra spogliata, gli alberi abbattuti e le loro piccole case sotterranee e i nidi e i rifugi tra i rami sempre più in pericolo. Se ne andarono silenziosi in un giorno nebbioso agli inizi dell’autunno, così da anticipare le prime gelate. Portavano con sé le poche cose necessarie per nutrirsi durante il viaggio che avrebbero compiuto di notte al chiarore delle stelle, per non farsi scoprire.
Molte lune trascorsero. Finalmente, affamati e stanchi, dopo avere attraversato valichi impervi e montagne scoscese, raggiunsero la sommità di una valle dove Astra Zeneka ordino al piccolo popolo di fermarsi. Un torrente scorreva sul fondo, separando con il solco d’argento i versanti di un’unica grandiosa foresta dorata, che la prossima estate si sarebbe certamente colorata di smeraldo. Fili sottili di fumo scorgevano lontano.
Lassù invece, in quella radura racchiusa tra il fitto intrico degli alberi, e nei Colli boscosi e nei Monti tutti intorno, tracce di umani non se ne vedevano. La regina consultò i saggi. Alla fine fu deciso che quel luogo, così ricco di boschi generosi e sufficientemente lontano dalle abitazioni degli uomini, sarebbe diventato la nuova patria del popolo nascosto: la terra dei Suntra. Altri mille anni trascorsero, altre cinquanta e più generazioni dell’antica stirpe del nord vissero tra i boschi dei Suntra.
Poi una mattina di gennaio, qualcosa di inatteso di sorprendente accadde. Gli gnomi barbuti, i folletti dispettosi, gli strani animaletti capaci di parlare diventarono d’un tratto persone vere e creature vive del mondo di fuori: uomini e donne, uccelli e rettili simili a quelli che abitavano al di là, lontano dei sutra.
Non si seppe mai chi fu ad operare la trasformazione, e perché. Si seppe però che lei, la regina Astra Zeneka, venne mutata in un essere molto diverso da tutti gli altri, così minuscolo da essere invisibile agli occhi, ma destinato al guarire gli umani da un male insidioso che aggrediva tutti, in ogni parte del mondo.
Da allora, il ricordo di com’era un tempo il popolo dei Suntra vive nelle figure scolpite – corpi, sguardi, volti- che sono lì a presidiare le loro antiche tara che sto sovrasta la valle; e nelle urne finemente decorate custodiscono i resti dei lontani progenitori, dei Suntra che non ci sono più. Sono sagome multiformi, protette dal lieve sorriso di lei, la buona Regina intenta a guardare laggiù, verso l’orizzonte lontano, dalla parte dove sorge il sole.
Dopo avere percorso la Vallarsa e raggiunto Rovereto si prosegue verso l’abitato di Ala, per poi attraverso la stretta strada salire verso località Ronchi , appena superato l’abitato e raggiunta la fermata dell’autobus , lì si lascia l’auto e di prosegue a piedi.
Descrizione
Raggiunta la località Ronchi, piccolo borgo in una vasta valle, si lascia l’auto appena fuori dal paese, si risale per la strada asfaltata fino a località Mas 715 m, si entra in una mulattiera che sale e scende maniera abbastanza costante per i primi km, risalendo attraverso pascoli, e piccoli tratti boschivi, raggiunta località Motori a quota 865 m, la carrareccia si restringe e sale all’interno di pareti irte e strapiombanti, fino a località Sbarra quota 1000 m, da qui il sentiero si alza ripidamente guadagnando quota in velocità e continua per diversi km anche se, con qualche tornante con pendenza notevole si supera la Val Penèz e l’alpe Penèz dove su un tornante sorgeva l’omonima malga Penèz a circa una quota di 1440 m, un piccolo tratto permetterà di rompere il fiato per poi risalire rapidamente fino a raggiungere le pendici della Cima Levante in località Casarino 1667 m, dove si potrà vedere a sinistra il sentiero n.114B proveniente dalla Forcella di Val Gatto, risalendo l’ampia mulattiera proseguiremo trasversalmente sino a salire a fianco della Pala del Cherle 1860 m, si supera anche il bivio con il n.115 proveniente dalla Val Gatto e dall’incrocio con il n.114 della Cima Levante si entra poi nella mulattiera di arroccamento che attraverso alcuni tornanti porterà fino al pascolo di Capanna Sinèl circa 1990 m, un luogo molto bello e ricoperto di prato e mughi denominato Prà del Sinèl dove a sinistra potremo notare le maestose pareti del Castello del Cherle , si prosegue su mulattiera mista roccia e prato superando a quota 2097 m, della Bocchetta della Neve dove sale il percorso n.160 Vallon dei Cavai , e superata la spaccatura di roccia della Bocchetta Grolle si nota la conca prativa di Cima Posta 2209 m, e dopo essere transitati sotto la cima del Cherlong 2210 m, e dell’omonima Bocchetta Cherlong 2183 m, dove esce il sentiero n.162 Vallon Pissavacca e sulla sinistra per i pochi che lo conoscono il Vajo dei Camosci , si salgono ancora due tornantini e si raggiunge il Rifugio Mario Fraccaroli 2238 m, dove innanzi a lui la slanciata cima Carega 2259 m.
Ritorno
Per il ritorno si scende dal 108B Vallon della Teleferica e poi raggiunto il rifugio Pertica 1522 m e si scende dal 109 della Val dei Ronchi , in alternativa proseguendo il 108 passando per la Cima Madonnina e la zona denominata piccolo Tibet , o Costa media 2109 m , si scende su un terreno impegnativo , fino a raggiungere anche qui il rifugio Perticà dalla ferrata Biasin (che non è nel percorso).
Tempo di percorrenza del sentiero solo andata : 1h00
Dislivello totale : 400 m
Quota massima raggiunta : 1900 m
Cartografia : CAI Pasubio – Carega 1:25000
Descrizione
L’itinerario n.111 è solo un sentiero di raccordo, ma risulta molto utile in caso di mal tempo oppure affaticamento fisico, in quanto va ad accorciare il percorso evitando il Passo Tre Croci 1716 m, raggirandolo direttamente. Lo si imbocca circa 5 minuti prima salendo il n n.110 verso il Passo Tre croci, a quota 1650 m. Il percorso è molto impervio e detritico, ma totalmente rivisitato e sistemato a cura del CAI di Valdagno ed a chi ha partecipato a questa grandiosa opera di sistemazione , era poco adatto a persone con un livello di preparazione solamente escursionistica , ma con le modifiche fatte e diventato un sentiero panoramico unico. La pendenza è ragguardevole, vista la lunghezza dello stesso, sale dapprima ripido per poi leggermente spianare, fino a raggiungere, un imbuto che si nota già da quota 1906 m, dove sulla destra arriva il n.113 dell’Omo e la Dona. Fino a poi raggiungere la Porta di Campobrun, entrando così nel n.182 che a destra porta al Rifugio Scalorbi quota 1767 m.
Ritorno
Essendo un sentiero di raccordo, viene utilizzato percorrendo il n.113, il n.110, anziché utilizzare il n.182. Resta comunque un itinerario abbastanza complesso sia in salita che in discesa, per la tipologia di terreno, principalmente ghiaioni detritici.
Voglio augurare un grande in bocca al lupo a questi due ragazzi che prendono in mano uno dei più prestigiosi rifugi delle Piccole Dolomiti , ma non voglio dimenticare i grandi e mitici fratelli Baschera che per 53 anni hanno mantenuto questo non facile impegno a cui invio un grande grazie di cuore per i meravigliosi momenti passati insieme. Buon Cammino e in bocca al Lupo . Luciano Cailotto
“È fatta! Firmato il contratto per il rifugio Fraccaroli. Andrea e Miriam sono ufficialmente i nuovi gestori. Un caloroso augurio di buon lavoro e un grande abbraccio da tutti i soci e le socie”. L’annuncio è del Cai Cesare Battisti di Verona e il rifugio è quello sulle Piccole Dolomiti caro anche a tanti trentini, alensi e vallarseri e non solo.
E a far notizia è l’età dei nuovi gestori. Sommando gli anni si arriva solo a quota 44. Ma sono grandi appassionati di montagna il 25enne Andrea Laghetto e la 19enne Miriam Roso: per il prossimo triennio gestiranno insieme il rifugio «Mario Fraccaroli», portando una ventata di novità su Cima Carega.
Vivono rispettivamente a Schio e Valli del Pasubio e quando è stato pubblicato il bando per la nuova gestione, hanno deciso di provare, mettendosi in gioco
Porta un bambino nel bosco e lui si sentirà libero , porta un adulto sul bosco e lui si sentirà bambino .
Non puoi vivere una favola se ti manca il coraggio di entrare nel bosco , e se nel bosco incontrerai il lupo avvisalo di stare lontano dagli umani . Luciano
Tempo di percorrenza: 3-4h circa 10 km
Dislivello totale: 552 m
Quota massima raggiunta: 907 m
Come Raggiungere
Si sale la val Chiampo fino a raggiungere e superare Crespadoro ed imboccando la strada che porta a Campodalbero si continua a salire per circa 10 km , se si proviene da Arzignano Chiampo oppure Vicenza , se invece si sale da Valdagno arrivati al bivio dello Zovo di Castelvecchio si continua fino a Marana , per poi continuare verso Campana e scendendo si prosegue per raggiungere località Campodalbero dove parte questo percorso .
Volendo si può anche sostare sulla contrada più bassa e partire completando lo stesso il percorso visto che si tratta di un anello.
Questo piccolo grande capolavoro che la comunità di Campodalbero ha reso possibile e visibile a tutti non è facile da descrivere , è una grande dimostrazione che se si lavora tutti per lo stesso obbiettivo il risultato può essere incredibilmente unico . E’ un percorso poco difficile ed praticabile a tutti molto emozionante soprattutto quando ci sono i presepi che sono di una bellezza epica .
Qui dove il tempo sembra essersi fermato ed il valore umano esprime la sua massima grandezza , raccontare e descrivere ciò che l’occhio ed il cuore raccoglie non è certo possibile si rimane impietriti davanti a cose fatte cosi , alla semplicità della grandezza .
L’ambiente che qui si ammira e circonda è unico nel suo genere , molto lontano dal rumore assordante delle città , ma ricco e pregno di quei valori imperniati nel tempo che hanno reso grandi le comunità di poche centinaia di persone che qui dimostrano il grande amore per la propria terra .
Ora basta parlare , perche tanto le parole non sapranno mai esprimere quello che il cuore e gli occhi qui , in questo angolo di paradiso potranno vedere e raccogliere. Luciano
Dopo essere usciti dall’autostrada a Montecchio Maggiore (VI), si prende la S.P. 246 verso Recoaro Terme. Giunti a Recoaro si prosegue dalla S.P. 99 per la località Merendaore. Si supera malga Ravo e si raggiunge, il Rifugio Alla Guardia, dove la strada si restringe fino al Passo di Campogrosso, ovvero al Rifugio Antonio Giuriolo Campogrosso dove si lascerà l’auto.
Descrizione
Lasciato il rifugio Campogrosso 1464 m, si prosegue verso la strada delle 7 fontane per circa 150 m fino a raggiungere il segnavia n.157, e la Madonnina a mezzo busto dove è riportata una frase molto significativa «che il Signore fermi le Guerre», ricordo inoltre che qui passava, l’antico confine Austroungarico segnato dai Grandi Cippi, entrati nel sentiero si nota sulla sinistra anche l’Anello Storico della Guerra, il sentiero si snoda nel boschetto attiguo al Passo Buse Scure 1475 m, il bivio porta sulla sinistra ad imboccare il n.144, che porta alla Guardia attraverso il Sentiero delle Mole, il percorso prosegue quasi in maniera circolare transitando sopra la cresta della Frana del Rotolon, raggiungendo l’omonima selletta del Rotolon 1523 m, dove parte il sentiero n.195 che sale sulle Creste del Fumante, il primo tratto molto bello e composto da trinceramenti del periodo bellico su ghiaioni e muretti a secco fino a raggiungere la base della Guglia Gei, dove un enorme spaccatura nella roccia permette di superarla e di entrare nel Giaron della Scala, mentre il sentiero si fa impegnativo aiutato per fortuna dal zig zag su un terreno prettamente detritico, e con discreta pendenza si continua a salire superando il bivio con il n.105 del Vajo scuro e continuando si raggiunge un piccolo pianoro a quota 1919 m, ovvero la Forcella Lovaraste , con una piccola deviazione di circa 15 minuti si potrà raggiungere la croce posta sulla cima del Lovaraste 1942 m, ammirando un teatro unico su tutta la valle Agno e le Piccole dolomiti verso la Catena delle Tre Croci , si prosegue con la risalita fino guadagnare la vetta della Cima Centrale 1983 m, si scende in mezzo alle guglie del Castello degli Angeli fino a raggiungere la testata del Prà degli Angeli, per poi risalire sulla sinistra fino a Forcella del Fumante 1905 m, e risalendo poi i ripidi ci si immette in una mulattiera a forcella Obante 2010 m, con uno scenario unico verso la valle del Revolto , con il rifugio Scalorbi 1767 m, sulla conca di Campobrun e sullo sfondo a destra il rifugio Pertica 1530m , e sulla sinistra la mulattiera che sale verso il passo delle lora e Sentiero dell‘Omo e la Dona, si scende fino a raggiungere il rifugio Scalorbi attraverso il 109-195 .
Ritorno
Normalmente il 195 viene usato come alternativa per salire sul Rifugio Fraccaroli quindi il ritorno si può fare dal 157 boale dei fondi , oppure dal 196, poi dal Pra degli Angeli sarebbe inoltre possibile rientrare dal 143 che dalla Gazza porta a Campogrosso passando per la località La guardia e sale attraverso il sentiero delle Mole , ma allunga di molto il percorso ,
Oggi sono qui a scrivere una storia , anzi nn è la mia storia , ma la storia di qualcosa di grande , e qualcosa che non mi stanchero mai di dire , si io sono un montanaro vero uno di quelli che si ferma ai rifugi , ma si ferma con la consapevolezza del significato stretto di rifugio :
Rifugio : Riparo, difesa, protezione contro insidie o pericoli materiali o spirituali: dare, offrire r.; trovare r. all’estero; cercar r. nella preghiera.
Il rifugio Fraccaroli come pochissimi altri rifugi che si contano nelle mani , dimostra che non contano le stelle come negli alberghi , che se togli l’affetto , simpatia , accoglienza e calore , non rimane niente , solo quattro mura e un tetto , ma grazie a Dio il rifugio e fatto di persone , e sono solo loro a fare la differenza . Ringrazio le mie gambe e che mi permettono di salire , su questi luoghi incredibilmente sinceri e vivi dove si respira e si sente il profumo di umanità dove tutti siamo uguali , e tutti mantengono quel rispetto e umiltà che ci rende migliori , il montanaro lo sa , perche da montanaro crede ancora in queste cose , crede nelle persone , crede che tutto possa essere possibile , è un eterno sognatore anche se conosce molto bene la differenza tra il giorno e la notte , crede veramente che siano le persone a fare la differenza .
Voglio ringraziare la famiglia Baschera , certo dispiace molto , però da buon montanaro vero , condivido in pieno le difficoltà di gestire un rifugio di questi tempi , in bocca al lupo per tutto , grazie di tutto Luciano Cailotto
La storia
La Famiglia Baschera ha lasciato lo scorso fine settimana la gestione del Rifugio Mario Fraccarolia 2.230 metri sul livello del mare, 40 metri sotto Cima Carega: «Noi fratelli Baschera, non lo riapriremo più… Dopo 53 anni è giunta l’ora di cedere il passo ad altri», è stato il tono del post scritto sulla pagina Facebook del rifugio, accompagnato da poche righe: «Ci sentiamo in dovere di ringraziare tutte le persone che in questi anni sono passate a trovarci, condividendo con noi l’esperienza di questa montagna e di questo rifugio. Buona vita a tutti», è l’augurio conclusivo accompagnato da un cuore e dalla foto in bianco e nero di Carlo Baschera che a qualche centinaio di metri dal rifugio saluta l’edificio e i tanti amici.
«Tutto inizia e tutto finisce, ma sono sereno perché capisco che è venuta meno l’energia e sono cessati anche certi stimoli, ma so di poter fare ancora dell’altro e quindi cambio aria», è il commento di Carlo. Nelle sue parole anche l’ammissione di una stanchezza che non è solo anagrafica: «Mi veniva tutto troppo scontato e ho capito di non essere più quello che volevo essere, anche se mi riconosco dinamico, intraprendente e alla ricerca di nuovi stimoli e quando un luogo e una professione cominciano ad andarmi stretti guardo alla possibilità di cambiare», confessa, aggiungendo: «Il tempo mi dirà se avrò fatto la scelta giusta o sbagliata».
Salito al Fraccaroli quando aveva solo un anno di vita, ha passato tutte le estati a un palmo dal cielo: «e 50 anni così non si dimenticano», ammette. Oltre al rammarico di un addio a un posto unico, c’è anche lo sguardo disincantato di chi ha visto il cambiamento delle presenze alpinistiche in questi ultimi decenni: «Se una volta bastava un camerone condiviso e un piatto di minestrone con una bottiglia di birra, oggi la gente sale in montagna e si aspetta un ristorante, arriva a tutte le ore e pretende di trovare aperto. Una volta alle 22 calava il silenzio in rifugio, oggi ci sono le escursioni notturne per vedere il cielo stellato o la luna piena e poi le alzatacce alle 5 per vedere l’alba e i gestori dovrebbero essere sempre disponibili, di notte e di giorno, ma io non reggevo più questi ritmi, mi toglievano anche l’aria da respirare. Capisco di andare controcorrente, ma il rifugio non può trasformarsi in autogrill e tanti non lo capiscono».
Sono cambiati gli escursionisti, ma la struttura è rimasta la stessa: «Dagli anni Ottanta non ci sono più stati interventi strutturali importanti, sebbene le esigenze siano cambiate. Certo ci sono stati il nuovo impianto idraulico, i pannelli solari, la nuova teleferica, ma la struttura è rimasta com’era. Non abbiamo mai avuto un bagno riservato ai gestori e la mattina ci dovevamo mettere in coda con la ventina di ospiti per usufruire della toilette. Per una doccia con acqua calda abbiamo dovuto attrezzarci per conto nostro e sono cadute nel vuoto le richieste di poter chiudere la terrazza creando una veranda e ampliando i posti a sedere per i pasti. Il luogo è bello e lascia incantati, ma la struttura è ferma e meriterebbe più attenzione. Non ce ne siamo andati per questo», conclude Carlo Baschera, «ma certo non ci ha aiutato a trovare nuovi stimoli».
Questo sentiero e molto utile per collegare il rifugio Bertagnoli 1250 m, al 202 che percorre le montagnole Alte , e privo di difficolta tecniche attraversa una prima parte su mulattiera che va ad attraversare una vecchia Cava di pietra, e anche uno dei più importanti itinerari che può collegare il Rifugio Gingerino al Bertagnoli , molto ben tenuto e continuamente risistemato sale fino al Passo del Mesole 1546 m , ricordo che il rifugio Bertagnoli la Piatta e raggiungibile anche in auto da Campodalbero , ma se si percorre la mulattiera di arroccamento che sale dai Castagna e Cima Marana 1545 m , sella Campetto1549 m, Passo della Porta , Malga Campodavanti dove arriva anche il Sentiero Rodecche , Bocchetta Gabellele 1552 m, entrando poi nel sentiero Francesco Milani con cambi di scenario ora fatti di canaloni detritici raggiungendo cosi il Passo della Scagina 1548 m , anche se poco prima un sentiero 210 scende fino al punto in cui una lapide ricorda Bepi Bertagnoli (sentiero in fase di sistemazione ) si prosegue attraversando la val Fraselle che porta a Giazza , ed il Passo Ristele 1641 m, il Passo Zevola 1820 m, e si scende percorrendo così tutta la catena delle Tre Croci fino all’omonimo passo Tre Croci 1716 m. Accopiandolo con il 221 si potrà compiere un giro ad anello.