Itinerario : San Quirico – Sandri – Contrada Busati
Tipo di terreno : sentiero e mulattiera, sterrato circa 4 Km
Tempo di percorrenza del sentiero : 2h00
Dislivello totale : 340 m
Quota massima raggiunta : 797 m
Dopo aver lasciato l’auto in piazza della chiesa a San Quirico si prosegue verso la montagna Spaccata , Recoaro Mille , si sale sulla strada vecchia , dopo aver superato la stretta curva nella valletta si prosegue per circa 100 metri fino ad incontrare sulla destra una ripida salita asfaltata , la si prende e si continua a salire uscendo dalle case e imboccando una irta salita cementata , fino a raggiungere un’ampia radura prativa , da li si prosegue seguendo anche le indicazioni per la Cima Bocchese , dove recentemente è stata posizionata una croce che ammira il fondovalle della località Bonomini , si sale sul sentiero privo di difficolta tecniche , molto bello anche sotto il profilo del panorama , fino a raggiungere un bivio che porta in un piccolo cippo monumentale , che ti permette di ammirare uno spettacolare panorama , si continua a salire , con minore pendenza ed un sentiero piacevole fino ad arrivare in un dosso dove è stata costruita una bellissima baita , proseguendo si raggiunge l’omonima contrada Castagna ( Castegna in dialetto ) superato l’abitato si incrocia il bivio per la cima Bocchese e Passo Giochele situato sul versante della Valle del Monte Spitz , il sentiero qui è fantastico soprattutto nella primavera con l’avvento delle fioriture , si prosegue in numerosi salie scendi di modesta difficoltà fino ad arrivare in località Busati .
Due parole le voglio spendere per la Fantastica contrada Busati , nota per il meraviglioso museo della Casa di Abramo e della Casa di Bepi Caliero , luoghi dove il tempo sembra fermato , ma ben mantenuto vivo da chi con passione e amore da vita a questo immenso valore umano , ricordo inoltre che questa contrada fatta di poche case sia nota anche per i suoi presepi , e che contrada la si può raggiungere anche da località Pellichero , dove vi invito eventualmente lasciare l’auto , visto la stretta strada e il poco spazio nella contrada , e poi suvvia quattro passi non hanno mai fatto male a nessuno. Prendetevi il tempo di ammirare quella fantastica opera di recupero della Casa di Abramo , con tutti attrezzi e cose che si utilizzavano una volta e che molti di voi non conoscono e non sanno nemmeno a cosa servano , quando ritornerete a casa vi renderete conto che il progresso è utile solo se non si perdono le radici ed i valori imperniati nel tempo , dove le porte erano sempre aperte a tutti ed una mano lavava l’altra , e dove la contrada era luogo di incontro e di vita .
Per il ritorno si può usare il sentiero San Quirico-Sandri-Busati già documentato la volta scorsa , cosi facendo si potrà ritornare all’auto facendo un giro ad anello.
Tempo di percorrenza : 7 ore con possibilità di dividerlo in 2 parti
Sentiero dei Grandi Alberi é un itinerano che va a toccare una lunga serie di patriarchi vegetali, che costituiscono un patrimonio storico , naturalistico e ambientale. L’Altopiano delle Montagnole e Recoaro Mille, una delle zone con la più alta concentrazione di Grandi Alberi . Fra tutti spicca il maestoso Linte delle Montagnole, un tiglio dall’età plurisecolare e dalla circonferenza del tronco superiore ai 5 metri , ma numerosi sono gli altri patriarchi vegetali , custodi dei mille segreti che il tempo non ha saputo cancellare.
Si sale in auto a Recoaro Mille , presso lo Chalet alla seggiovia dove arriva la cabinovia che sale da Recoaro Terme , li parte questo viaggio che ci porterà fino a malga Rove è uno dei più belli e particolari delle Piccole Dolomiti , è praticabile a tutti , anche se discretamente lungo , lo si può dividere in due spezzoni , la spettacolarità e la semplicità dei panorami lo rende unico , il passaggio su diversi punti con alberi secolari , malghe , pozze di alpeggio , pascoli lo rende incredibile per la sua posizione a pochi passi da Valdagno e Recoaro.
Ecco si parte con il primo grande albero : situato a ridosso della seggiovia proprio dietro allo Chalet.
EL FAGARO DELLA SEGGIOVIA
Da secoli il grande faggio sorveglia il passaggio di viandanti , contrabbandieri e boscaioli ; nel corso della sua lunga vita ha visto le valli e i monti circostanti dominati da imperi stranieri , ha assistito a guerre , carestie, periodi di splendore e di pace. Per tanti anni ha salutato gli escursionisti che salivano a Recoaro Mille con la vecchia seggiovia, solitario al limite del bosco e imponente con le Piccole Dolomiti sullo sfondo E’ il più grande faggio spontaneo di tutta la Vallata dell’Agno e rappresenta uno dei Grandi Alberi più inleressanti di tutto il percorso. Il valore dell’esemplare è testimoniato dalla suo inserimento nell’elenco nazionale degli alberi monumentali d’Italia.
Nome scientifico: Fagus sylvatica L. Nome comune: Faggio Famiglia: Fagacee Località: Recoaro Mille Altitudine: m 1000 Rilievi dendrometrici: Altezza dell’albero:39 m Circonferenza del fusto a 130cm di altezza: 5,1 m Diametro medio della chioma:21 m Età presunta: circa 200 anni
Da li si prosegue per la strada asfaltata fino a raggiungere il bivio con la strada che porta a Recoaro Mille , incontrando la Malga Chempele , dove ci aspettano i maestosi frassini e la Giassara (Ghiacciaia) della malga.
I FRASSINI DI MALGA CHEMPELE
Si tratta di un gruppo di tre frassini , due crecscono affiancati e uno poche decine dimetri a valle. Le misure si riferiscono proprio a quest’ultimo esemplare , il maggiore e il più vecchio dei tre. Accanto a un albero c’è la giassara che veniva utilizzata dalla vicina malga Chempele.
Nome scientifico: Fraxinus excelsior L. Nome comune: Frassino maggiore Famiglia: Oleàcee Località: Chempele Altitudine: m 986 Rilievi dendrometrici: Altezza dell’albero:21 m Circonferenza del fusto a 130 cm di altezza:3,7 m Diametro medio della chioma:16 m Età presunta: 120 – 140 anni
Sul fianco della malga arriva il sentiero che sale dalle fonti centrali di Recoaro Terme , mentre il nostro sentiero prosegue pianeggiante e si riesce a vedere in il cartello segnaletico dedicato ad un altro delicato equilibrio di questo ecosistema , la pozza d’ alpeggio.
LA POZZA D’ALPEGGIO
Le pozze d’alpeggio sono quasi sempre di origine artificiale , in quanto create dall’uomo, negli alpeggi con terreni carsici, per fornire punti di abbeveraggio per il bestiame al pascolo . La pozza d’alpeggio veniva ricavata in un piccolo compluvio concavo vicino alla malga. Qui si scavava leggermente, si regolarizzava il terreno, si stendeva argilla, eventualmente mescolata a foglie secche, e si costipava il tutto facendovi camminare i bovini. In tal modo si creava un bacino artificiale che raccoglieva le acque meteoriche e che serviva da riserva nei periodi in cui la malga veniva caricata. La pozza d’alpeggio, anche se ha origine artificiale , diventa un elemento paesaggistico e un “luogo di vita” peculiare, con una flora e una fauna specializzate. Notevole è la presenza di anfibi, in queste zone soprattutto rospo comune, rana temporaria e tritone alpestre (più raramente tritone comune) e di insetti legati all’acqua, come le libellule, il ditisco e i gerridi, piccoli emitteri che riescono a camminare sull’acqua. Oltre agli anfibi citati, nella zona di Recoaro Mille può essere incontrato l’ululone, un piccolo rospo dal ventre macchiato di giallo intenso , piuttosto raro e difficile da individuare. In pochi metri quadrati la pozza d’alpeggio , con il suo brulicare di vita, permette di conoscere tutte le componenti di un ecosistema e le complesse relazioni esistenti tra di loro.
Pozza d’alpeggio
Si prosegue poi verso la stradina che porta in mezzo al bosco fino a scendere leggermente di quota e raggiungere la distesa prativa della Rasta con panorami incredibili sia del fondo valle che della catena delle piccole dolomiti, in un spettacolo di colori , soprattutto se percorso in autunno .
LA RASTA
La Rasta che in cimbro significa Riposo , offre una suggestiva vista panoramica sulle Piccole Dolomiti e sul Monta Pasubio . Le ultime rocce della Catena delle Tre Croci, il Gruppo del Carega con le Guglie del Fumante in primo piano, il Sengio Alto e il Monte Pasubio fanno da cornice al verde della Rasta . Nel pascolo si notano i rimboschimenti operati dall’uomo con abeti rossi e pino silvestre, che contrastano con la copertura arborea spontanea, caratterizzata da grossi esemplari di tiglio, faggio, frassino e alberelli di nocciolo a fianco del sentiero. Il pascolo, ormai abbandonato, sta scomparendo e viene progressivamente invaso dal bosco. La natura si sta riprendendo quei terreni che i nostri avi, con duro e costante lavoro, avevano strappato al bosco .
la Rasta
Superato questo piccolo spazio di paradiso ci si inoltra di nuovo in una stradina che imbocca il bosco , per poi divenire sentiero più stretto , tutto in mezzo ad un fantastico ed unico sottobosco.
Malga Le vallette
Dopo essere usciti dal bosco si incrocia il sentiero 134 , per poi mantenere la sinistra e raggiungere la malga Le vallette , la si supera e si continua a seguire la stradina che cambierà quota scendendo leggermente , per poi incontrare un bivio sulla sinistra poco segnalato ma visibile , si esce dalla stradina e si sale su una salita abbastanza ripida ma corta , che ci porterà nella conca d’oro di Pizzegoro , da li aggirato il ristorante Castiglieri , ed imboccata la strada che porta a località Gabiola e Casare Asnicar ovvero il segnavia CAI 120 , si possono ammirare i maestosi tigli.
TIGLI DI PIZZEGORO
Dell’originario bosco di faggio che aveva ricoperto per secoli la conca di Pizzegoro non rimane ormai nessuna traccia. Gli antichi cimbri furono i primi a rifornirsi di legna a Pizzegoro, successivamente, soprattutto nel corso del XVI secolo, fu la volta della Serenissima Repubblica di Venezia,· sempre affamata di legname da destinare ai propri arsenali. ILinte sono gli ultimi rimasti, testimoni di quel lontano passato e presenza amica per chi attraversa i pascoli di Pizzegoro.
Nome scientifico: Tilia x vulgaris Hayne Nome comune: Tiglio ibrido Famiglia: Tiliacee Località: Pizzegoro Altitudine: m 1015 Rilievi dendrometrici: Altezza dell’albero: 30 m Circonferenza del fusto a 130 cm di altezza: 3,1 m Diametro medio della chioma: 14 m Età presunta: secolare
Si prosegue per qualche km sulla strada asfaltata , finchè in una curva il 120 entra nel boschetto adiacente alla strada fino a raggiungere la malga Sebe di sotto incontrando un nuovo maestoso albero.
EL LINTE DELLE MONTAGNOLE
Il grande vecchio protende le braccia verso il cielo da secoli, immobile e imperturbabile. La storia gli è passata accanto , sfiorandolo e lasciando segni indelebili del suo trascorrere . E così ora , che la giovinezza gli è lontana Il suo ciclo si sta concludendo come inesorabilmente accade per tutti i viventi . Ma non restano solo le memorie del suo passato e le infinite storie che il vento sussurra tra le foglie, restano anche i giovani tigli nel prato circostante, figli del GrandeLinte e testimonianza della vita che continua anche quando il grande patriarca avrà del tutto persola guerra contro il tempo. Il tiglio era albero sacro nella tradizione germanica e a testimonianza delle origini germaniche degli antichi abitanti del territorio di Recoaro, vi e lo stesso nome dialettale linte, che riporta al corrispondente Linde tedesco. La localizzazione del tiglio vicino a una malga ci riporta indietro nel tempo, quando il legame uomo-natura era stretto e consolidato. La tradizione di allora voleva che sotto al Grande Albero si svolgessero le riunioni e le assemblee fosse esercitata la giustizia e venissero celebrate le feste del villaggio . Imponente sul cucuzzolo erboso soprastante Malga Sebe , il Grande Tiglio staglia la sua possente mole sullo sfondo delle Piccole Dolomiti e sorveglia il paese nel fondo della valle.
Nome scientifico:Tilia x vulgaris Hayne Nome comune: Tiglio ibrido Famiglia: liliacee Località: Malga Sebe Altitudine : m 1030 Rilievi dendrometrici: Altezza dell’albero: 25 m Circonferenza del fusto a 130 cm di altezza: 5.3 m Diametro medio della chioma: 15 m Età presunta : plurisecolare
Dopo aver ammirato il grande linte delle montagnole nella sua immensa presenza quasi a vigilare sui pascoli e malghe circostanti quasi a scandire il tempo e le stagioni della vita , si sale sulla sinistra verso malga Sebe di sopra.
EL FAGARO DI MALGA SEBE DI SOPRA
Un albero ancora in buone condizioni ed in una posizione molto suggestiva verso , parte della valle e dello splendido scenario delle piccole dolomiti.
Nome scientifico: Fagus sylvatica L. Nome comune: Faggio Famiglia: Fagacee Località : Malga Sebe di Sopra Altitudine: m 1070 Rilievi dendrometrici : Altezza dell’albero : 26m Circonferenza del fusto a 130 cm di altezza:3,9 m Diametro medio della chioma : 23 m Età presunta : secolare
EL LINTE DI MALGA SEBE DI SOPRA
Il linte di malga Sebe di sopra , quello che rimane del resto di quel gigantesco tiglio cui le misure sono segnalate nel cartello posto vicino al faggio .
Nome scientifico: Tilia x vulgaris Hayne Nome comune : Tiglio ibrido Famiglia : liliacee Località : Malga Sebe di Sopra Altitudine :m 1060 Rilievi dendrometrici :Altezza dell’albero : 24 m Circonferenza del fusto a 130 cm di altezza:3,0 m Diametro medio della chioma :14 m Età presunta : plurisecolare
A questo punto chi ha scelto di dividere il percorso in due volte ridiscende sulla strada asfaltata prosegue per la Gabiola ed imbocca il sentiero che scende a sinistra .Si continua sulla stradina che sale verso una cava in cui si notano ancora i tratti slavinati , per poi attraverso un breve tratto in salita si raggiunge il pascolo dell’Anghebe .
Lo spettacolo dell’Anghebe rimane nel cuore , una piccola conca verde , un pascolo con due pozze di alpeggio e la famosa Giassara , mentre in un lato si nota la Malga Anghebe , nel periodo invernale qui passava la pista da fondo delle Montagnole .
Malga Anghebe
Si incrocia il bivio che porta a malga Campo d’avanti attraverso il poco conosciuto Rodecche , mentre si può notare a destra del percorso i resti di un altro albero secolare .
EL FAGARO DE MALGA ANGHEBE
Nome scientifico: Fagus sylvatica L. Noma comune: Faggio Famiglia: Fagacee Località: Malga Anghebe Altitudine: m 1160 Rilievi dendrometrici : Altezza dell’albero:27 m Circonferenza del fusto a 130 cm di altezza: 4,5m Diametro medio della chioma: 20 m Età presunta: 170 -190 anni
Si prosegue sempre sulla stradina che attraversa questo fantastico luogo passando per la Giassara di malga Anghebe e un’altra pozza d’alpeggio .Si scendere verso malga Morando (Ofre) quasi sempre aperta, dove si possono assaporare i profumi e sapori di queste nostre montagne .
Malga Morando
Giunti a questo punto del nostro viaggio qui esiste un punto per accorciare il percorso e rientrare mantenendo la destra ritornare alla macchina accorciando cosi il giro scendendo quindi a Casare Asnicar , La Gabiola e rientro sul sentiero che viene indicato più avanti.
EL FAGARO DE MALGA MORANDO
Nome scientifico: Fagus sylvatica L. Nome comune: Faggio Famiglia: Fagacee Località: Malga Morando Altitudine: m 1090 Rilievi dendrometrici: Altezza dell’albero: 23 m Circonferenza del fusto a 130 cm di altezza: 4,6 m Diametro medio della chioma: 19 m Età presunta: 170 – 190 anni
Per chi vuole compiere tutto l’itinerario fino a Malga Rove , dopo aver proseguito da malga Morando si prende a sinistra si sale verso malga Podeme fino a raggiungere la Giassara ed il Frassine di malga Podeme.
LA GIASSARA DE MALGA PODEME
Una raggiera di piante secolari, tre tigli e quattro frassini maggiori , delimita una vecchia ghiacciaia. sulla quale, proprio sopra la porticina di ingresso, una scritta ricorda il rifacimento del tetto , compiuto nel 1938. Le ghiacciaie, giasare in dialetto, erano dei bacini di freddo· che servivano per la conservazione degli alimenti della malga .Venivano tradizionalmente costruite scavando una buca , a volte molto profonda, rivestita con un tappetò di foglie e delimitata ai lati da muretti a secco con un’apertura per l’entrata. Il tetto veniva costruito a volta, utilizzando sassi , terra e muschio. Alla fine dell’ inverno la ghiacciaia veniva riempita di neve, utilizzandole foglie secche come strato isolante superiore. In stagioni fresche la neve riusciva a conservarsi nella giasara fino all’inverno successivo, creando una sorta di frigorifero naturale, un posto adatto per conservare prodotti lattiero-caseari e le carni durante la permanenza in malga.
La giasara di malga Podeme
EL FRASSINE DE MALGA PODEME
Nome scientifico:Fraxinus excelsior L. Nome comune: Frassino maggiore Famiglia:Oleacee Località :Malga Podeme Altitudine: m 1130 Rilevi dendrometrici : Altezza dell’albero:27 m Circonferenza del fusto a 130 cm di altezza:4,0 m Diametro medio della chioma: 20 m Età presunta:120 – 140 anni
Si continua a salire fino a raggiungere malga Podeme , per poi ridiscendere mantenendo la destra per il pascolo , che porterà verso malga Podeme II .
Malga Podeme
Si continua lungo il percorso che si snoda fino a malga Podeme II passando per un bellissimo pascolo , dove alla fine si incontreranno altri due bellissimi esemplari di Faggio
I FAGARI DE MALGA PODEME II
Nome scientifico:Fagus sylvatica L. Nome comune: Faggio Famiglia: Fagacee Località: Malga Podeme II Altitudine : m 1090 Rilievi dendrometrici: Altezza dell’albero: m 25 Circonferenza del fusto a 130 cm di altezza : m 4,1 Diametro medio della chioma: m 19 Età presunta: secolare
Si prosegue per il pianeggiante pascolo mentre si scorge la stradina che porterà a malga Podeme II , situata sullo sfondo di questo tratto prativo.
Malga Podeme II
Scendendo e raggiungendo la malga Podeme II , sulla destra si nota un sentiero battuto che porta al fantastico Sea del Risso che qualcuno chiama lago delle creme , ma il lago delle creme e molto più in basso nella zona di Malga Creme , la sua bellezza e semplicità è unica , soprattutto dopo l’inverno e le giornate di pioggia.
Sea del risso
Dopo essere ritornati sulla stradina che porta si prosegue verso malga Raute , si sale un pò in leggera salita fino ad arrivare alla malga Raute effettuando una piccola deviazione a sinistra , di circa 200 metri per poter ammirare il Sorbo e il Faggio della malga.
EL PALISSIN DI MALGA RAUTE
Splendido albero le sue dimensioni e il suo portamento imponente , è senz’altro uno dei più importanti sorbi montani di tutta Italia Il tronco massiccio e contorto testimonia i secoli di vita della pianta e la grande forza che continua ad animarlo.
Nome scientifico: Sorbus sna ( L.) Crantz Nome comune: Sorbo montano Famiglia: Rosacee Località: Malga Raute Altitudine: m 1126 Rilievi dendrometrici: Altezza dell’albero:m 14 Circonferenza del fusto a 130 cm di altezza: m 3,6 Diametro medio della chioma: m 12 Età presunta: plurisecolare
EL FAGARO DE MALGA RAUTE
Nome scientifico:Fagus sytvatica L. Nome comune: Faggio Famiglia : Fagacee Località : Malga Raute Altitudine: m 1126 Rilievi dendrometrici: Altezza dell’albero m 24 Circonferenza del fusto a 130 cm di altezza: m 3,7 Diametro medio della chioma : m 12 Età presunta : plurisecolare
Malga Raute
Dopo questa piccola deviazione si riprende a salire leggermente sulla stradina in mezzo ai faggi fino a raggiungere la faggeta di Malga Pace passando quasi in mezzo a questo gruppo di alberi tipica di questa nostra zona.
I FAGARI DI MALGA PACE
Nome scientifico : Fagus sytvatica L. Nome comune: Faggio Famiglia: Fagacee Località : Malga Pace Altitudine : m 1126
Malga Pace
Si prosegue poi risalendo in un gruppo di case e per poi raggiungere il piccolo altipiano dove sullo sfondo si nota malga Rove e dove nel suo centro si trova la torbiera.
LA TORBIERA
La torbiera che si trova alle pendici del Monte Rove è l’unica torbiera di tutte le Piccole Dolomiti . Le tolbiere sono dei particolari ambienti naturali che si creano laddove vi è uno scarso drenaggio con conseguente ristagno d’acqua. Le Torbiere possono formarsi in seguito all’accumulo di sedimento fine sul fondo dei bacini o dietro il vallo di una morena e sono caratterizzate da una rallentata decomposizione del materiale organico , con il conseguente accumulo dei resti vegetali che danno origine alla torba. Le torbiere sono essere alimentate da acqua sorgiva (torbiere fontinali) .da acqua di falda (torbiere basse) e da acqua piovana (torbiere alte).In quest’ultime vi sono notevoli accumuli di sfagni , muschi che crescono a cuscinetto e si comportano come delle spugne, assorbendo grosse quantità di acqua, pari anche a venti volte il loro peso secco. L’elevata acidità dell’acqua delle torbiere atte determina un rallentamento della decomposizione con il conseguente accumulo di grossi spessori di torba. Nelle torbiere troviamo piante che si sono specializzate al particolare ambiente acido e umido, vale a dire alcune graminacee , ericacee, ciperacee, giuncacee. Nella torbiera del Rove vegetano gli eriofori, ciperacee dal caratteristico pennacchio bianco, un tempo utilizzato come cotone per medicare le ferite, per preparare stoppini e per riempire i cuscini. Oltre all’Eriophorum Jatifoliu e all’Eriophorum alpinum (Tricophorum alpinum), vegeta il raro Eriophorum vaginatum, con la caratteristica spiga solitaria all’apice del fusto. Se osservate l’ampio ristagno della torbiera ,nel pascolo circostante notate i solchi degli affluenti che convogliano l’acqua captata dai pascoli soprastanti . Non lontano dalla torbiera, alle pendici del Monte Rove, si notano affioramenti rocciosi costituiti dal biancastro calcare di Monte Spitz .
La torbiera
Si mantiene la sinistra salendo attraverso la stradina fino a raggiungere il bivio del 120 che porta in località Gazza , Rifugio Cesare Battisti raggiungibile in circa 20 minuti , mentre a destra si raggiunge la malga Rove .
Malga Rove
Si scende poi a destra della malga attraverso la stradina che riporta in malga Pace , e riprendere la strada verso il ritorno di questo bellissimo ed unico itinerario sulle nostre Piccole dolomiti , raccogliendo così queste grandi emozioni donate dalle Montagnole basse a pochi passi da casa.
Si passa di nuovo per malga Podeme II e presso il Sea del Risso ,proseguendo poi verso la stradina superando così una fontana. Per poi scendendo leggermente di quota raggiungere malga Rotocobe
Malga Rotocobe
Si risale la piccola salitina che riporta a malga Morando (Ofra) e ridiscendere attraverso i pascoli fino alle Casare Asnicar , e raggiungere cosi la trattoria Gabiola dove se aperto si possono gustare piatti tipici.
Trattoria la Gabiola
Si prende la stradina a sinistra che scende e attraverso il sentiero con segnavia bianco-celeste abbastanza variegato e con diversi incroci abbastanza ben segnalati che ci riporterà attraverso la parte sotto la strada comunale fino a Pizzegoro , oppure proseguendo dopo aver raggiunto le malghe delle Vallette , fino al piazzale della cabinovia proveniente da Recoaro Terme ovvero del Chalet della seggiovia. Se si sale a Pizzegoro in un lato opposto del posteggio ovvero sotto la strada asfaltata che scende , c’è un sentiero che collega Pizzegoro a Malga Chempele e allo Chalet della seggiovia .
Chalet della seggiovia
Per dividere il sentiero in due percorsi , fattibili in due volte per chi non riesce a completare il percorso interamente , si può :
Partenza dal Chalet della seggiovia
Lunghezza del percorso completo : 10 km
Dislivello : 509 m
Tempo di percorrenza : 6 ore
Partenza dalla seggiovia , ed attraverso il primo anello quando si raggiunge malga Sebe , si scende alla trattoria la Gabiola e si prende il sentiero di ritorno rientrando al Chalet seggiovia , il rientro si passa di nuovo per Pizzegoro , perchè così facendo si percorrerà una parte nuova che in andata non viene percorsa , ma volendo si può fare la strada a ritroso passando di nuovo per le Vallette e chiudendo così l’anello.
Partenza dalla trattoria della Gabiola
Lunghezza del percorso completo : 11 km
Dislivello : 524 m
Tempo di percorrenza : 6 ore
Partenza dalla trattoria la Gabiola si prosegue verso malga Sebe , si sale sull’Anghebe si passa per Malga Morando e si prosegue per malga Podeme , e malga Podeme II , il Sea del Risso e si continua fino a raggiungere malga Rove e ritornare fino alle Casare Asnicar e ridiscendere alla trattoria alla Gabiola.
Tempo di percorrenza del sentiero solo andata : 2h00
Dislivello totale : 458 m
Quota massima raggiunta : 1614 m
Dopo aver raggiunto la conca d’oro di Recoaro Mille si lasci l’auto nell’ampio posteggio di località Pizzigoro , il percorso non richiede abilità specifiche occorre solo un pò di praticità con i sentieri di montagna , quindi si parte dalla strada asfaltata dove si possono notare i 23 Tigli secolari ovvero i Linte di Pizzigoro si prosegue per il sentiero 120 che porta verso la località Gazza passando per diversi punti molto belli e panoramici con alcune malghe che nel periodo estivo sono aperte , si prosegue in parte in strada asfaltata fino ad raggiungere un bivio (parte del percorso è lo stesso del sentiero dei grandi alberi) si prosegue in un tratto prativo e boschivo che una volta era parte della pista da sci di fondo , si prosegue trovando nella zona di malga Sebe il famoso Linte delle montagnole un stupendo esemplare di Tiglio secolare alto circa 25 metri si prosegue salendo un pò verso malga Anghebe , passando vicino ad una piccola cava , si raggiunge così la località Anghebe caratterizzata da questo pascolo con una pozza d’alpeggio , seguendo sempre il segnavia 120 si arriva al bivio che porterà attraverso il Rodecche a Malga Campodavanti che la si può trovare aperta nel periodo estivo di pascolo. Raggiunta la malga si prosegue fino alla sella di Campetto per poi ridiscendere attraverso la stradina oppure sulla pista da sci fino a raggiungere la conca D’oro , Pizzegoro .
Per raggiungere questo luogo fantastico si sale a Cortina D’Ampezzo , si prosegue superando Fiammes , sulla sinistra si noterà un cartello riportante la Val di Fanes , si lascia l’auto , e si prosegue a piedi per ammirare questo scenario di grande bellezza ,attraverso la stradina asfaltata che nel primo tratto costeggia il torrente Ru de Fanes , attraverso il sentiero 10 , man mano che si sale ci si allontana dal torrente e si inizia ad entrare nella zona delle cascate e si nota la grande profondità degli anfratti e canyon , dapprima si supera un ponte con uno spettacolo incredibile incontrando diverse aree di sosta con panchine e tavole , si raggiunge così il primo tratto di via attrezzata “Giovanni Barbara” presso il bus de l’ors ,tratto che scende sul fondo del canyon passando dietro la cascata stessa per poi salire su di un ponte e attraversare il torrente fino al punto di partenza , da li si prosegue seguendo il sentiero dei canyon e delle cascate , superando cosi un ‘altro ponte e salire velocemente di quota attraverso alcune scalette di ferro e naturali con i tronchi , si attraversa nuovamente un ponte con una cascata gigantesca ed una portata d’acqua incredibile , si risale sul sentiero tutto boschivo ma parallelamente al torrente fino a raggiungere un bivio , che attraverso una seconda via attrezzata “cengia de mattia” presso lo sbarco de fanes , e ti fa compiere un passaggio sotto la cascata ed una risalita sulla cengia sovrastante , fino a raggiungere la strada , si prosegue a sinistra imboccando la strada in discesa fino a raggiungere un bivio a destra Progoito che porterà fino all’imbocco del 401 passando per il bosco dei cadoris da dove dopo aver superato un ponte su un canyon molto profondo si va a ridiscendere per rientrare all’auto , inoltre e presente nella zona di partenza un bar ed un piccolo spazio giochi per i più piccoli , rimane un’escursione di enorme bellezza e meraviglia per grandi e piccoli.
Tipo di terreno : sentiero e mulattiera, sterrato circa 7 Km
Tempo di percorrenza dell’anello : 2h00
Dislivello totale : 701 m
Quota massima raggiunta : 900 m
Questo percorso molto bello ed interessante , richiede poco impegno fisico , permette di passare in alcune contrade tipicamente montane , alcune abitate ed alcune adibite a seconda casa . Si parte da Fongara , piccolo paese situato sulla strada che da San Quirico porta a Recoaro Mille , entrando nel paese abitato da poche anime , si sale fino alla chiesa dove si può lasciare l’auto , si scende la discesa , raggiunte le prime case si scende sulla destra una mulattiera che porta in località Prenero , giunti ad un bivio con l’acquedotto , si mantiene la sinistra scendendo ulteriormente di quota fino a raggiungere la frana detritica che scende dalla località Fanton , si inizia di nuovo a risalire su un terreno dapprima erboso e poi boschivo transitando in mezzo ad alcune roccette , si risale fino al crinale proseguendo poi dopo aver raggiunto una strada forestale e ammirando sul verso il fondovalle la stradina che porta ai Busati , si continua saliscendi privi di difficoltà fino a raggiungere contrada Busati , una piccola e spettacolare realtà divenuta famosa per i presepi e per la Casa di Abramo , da li si prende la strada che porta in Località Pellichero , altra piccola e poco abitata contrada , anche se ben più grande dei Busati situata sopra la Montagna Spaccata , proseguendo ed uscendo dalla parte opposta della contrada , mantenendo il sentiero a sinistra si sale ,inizialmente piano e lievemente per poi subire un piccolo tratto con una pendenza un pò più impegnativa , fino a raggiungere un’altra piccola Contrada , il Prenero , da li risalendo si raggiunge di nuovo il bivio dell’acquedotto superato in precedenza , si risale fino a chiudere l’anello . Per chi volesse si può risalire anche dalla strada asfaltata , imboccando la stradina in località Prenero che porta direttamente in Fongara dalla parte opposta da dove siamo partiti .
Anche il Pelmo ci riempie di impagabili emozioni , non e certo difficile come l’anello del Moiazza-Civetta ma e molto bello ed appagante , praticabile per una cerchia più ampia di persone , la bellissima val Zoldana offre itinerari di incredibile bellezza , certamente non e molto conosciuta come altri luoghi , ma e proprio per questo motivo , per la sua semplicità che è qualcosa di grandioso , una valle in cui puoi solo sentirti a casa . buon cammino . Luciano
Come raggiungere
Dopo aver salito da Longarone , verso Forno di Zoldo , sì prosegue sulla SS 347 fino a raggiungere Passo Staulanza quota 1766 m , si lascia l’auto in uno degli ampi posteggi e si prosegue a piedi.
Si può anche salire da Agordo fino a raggiungere il Passo Duran attraverso la valle Agordina, e poi al bivio salire al passo Staulanza.
Inoltre per chi volesse essere più comodo può sempre pernottare al rifugio Passo Staulanza
Ho diviso anche questo itinerario in 2 giorni per poterlo affrontare con calma , sostando più volte per ammirare il paesaggio veramente suggestivo . anche se basterebbe una giornata, per godere appieno della bellezza di questo anello . Resta chiaro che bisogna prima di partire prenotare il rifugio venezia il pernotto e la cena . Il percorso citato può essere percorso anche tutto in un giorno ovviamente dipende dalla preparazione di chi lo affronta , ma a mio avviso per contemplare il paradiso in cui ci si trova ed assaporarne il viaggio e meglio percorrerlo in tutta tranquillità . Buon cammino.
1° Giorno
Passo Staulanza – Rifugio Citta di Fiume – Rifugio Venezia De Luca
Tempo di percorrenza: 6h30
Dislivello totale: 706 m
Quota massima raggiunta: 2476 m
Sentieri usati: 472 – 480
Punti di appoggio: Rifugio Staulanza – Rifugio Citta di Fiume – Rifugio Venezia De Luca
Dal rifugio Staulanza a quota 1766 si sale imboccando il segnavia n.472 che porta verso il Rifugio Citta di Fiume percorso molto bello inizialmente in mezzo ad un bosco di conifere , per poi transitare alla base del ghiaione della Val d’Arcia e proseguire rientrando nel boschetto misto pascolo che ssale a quota 1918 del rifugio Citta di Fiume , si prosegue sul sentiero n.480 verso forcella Forada , da dove si potra vedere in lontananza l’Antelao , il Sorapiss ed il Rifugio San Marco , proseguendo poi si sale un ripido vallone detritico abbastanza stretto , che porta nel ghiaione del nevaio D’Arcia e poi salendo nello stesso fino all’omonoma Forcella D’Arcia 2476 m. da li si scende attraverso il sentiero Flaibani nella prima parte abbastanza tecnico e con tratti attrezzati per poi entrare in un ghiaione fino a raggiungere il Rifugio Alba Maria Venezia dove poi pernotteremo . Una bella cena , uno sguardo al calar del sole , cosi arriva la luna , si va a nanna.
2° Giorno
Rifugio Venezia De Luca – Passo Staulanza
Tempo di percorrenza: 3h30
Dislivello totale: 300 m
Quota massima raggiunta: 2380 m
Sentieri usati: 472
Punti di appoggio: Rifugio Venezia De Luca – Rifugio Staulanza
Dopo una buona colazione ci si avvia con calma , il sentiero non presenta difficoltà percorre piccole radure e ampi tratti boschivi di conifere e mughi , con diversi saliscendi poco impegnativi sempre sotto le cenge del Pelmo , molto bello , si incrocia il bivio che imbocca il n.473 che viene usato per la Dolomiti extreme , poi il n.474 che porta al Palafavera , e come ultimo quello che porta alle orme dei dinosauri , una roccia scolpita dalle zampe dei dinosauri a circa 30 minuti dal sentiero principale , si continua verso il passo Staulanza , non ci sono difficoltà in questo sentiero e risulta anche veloce da percorrere , diverse passerelle permettono il passaggio di alcuni punti dove l’umidità ed il fango la fanno da padrone , fino a raggiungere il Passo ed aver completato il nostro anello del Pelmo.
Questo itinerario che io ho proposto in 2 giorni lo si può percorrere anche in uno , ma il consiglio che io posso dare e prendetevi il giusto tempo per assaporare questo itinerario molto bello e variegato nei suoi panorami.
Variante 467
Esiste anche la possibilità di una variante per accorciare il percorso evitando il rifugio Città di Fiume e risalendo il n.467 Sale della croda Toronda per poi entrare nel ghiaione della Val D’Arcia riducendo notevolmente sia la lunghezza che la fatica fisica , rientrando poi nella forcella D’Arcia nello stesso itinerario fino al rifugio Venezia.
Tempo di percorrenza del sentiero solo andata : 3h00
Dislivello totale : 300 m
Quota massima raggiunta : 2077 m
Dopo essere usciti dall’autostrada a Thiene si prende verso Schio e si sale sulla statale 46 che porta verso Rovereto , transitando sul passo del Pian delle Fugazze sul posteggio situato a destra dove si può mettere la macchina , da li parte la Strada degli Eroi che porta al rifugio Papa alle porte del Pasubio , antico confine austroungarico , nel basso si possono ritrovare anche gli antichi Ceppi di confine, la strada e percorribile anche con la MTB e nel periodo estivo funziona anche un bus navetta , anche se questa parte del percorso non fa parte dell’itinerario che sto descrivendo , in quanto si sviluppa in quota .
Il sentiero parte dal Rifugio Papa , e quindi un sentiero in quota e l’avvicinamento di salita al papa è di circa 2h , si sale sulla carrareccia che sale dalle porte del Pasubio verso il rifugio lancia , il sentiero e semplice articolato su saliscendi più o meno ripidi , la visione non è senz’altro come in cresta , ma ugualmente bello , ogni cucuzzolo ha un suo nome , si taglia di netto le due prime linee visibili ad occhio nudo , qui aspri combattimenti hanno forgiato il terreno , il comando tattico di settore con la sua trincea che si snoda a destra sul nido d’aquila e a sinistra con in camminamento Ghersì fino alla selletta Damaggio , mentre continuando per il sentiero si arriva alla selletta del Groviglio , ovvero la prima linea austroungarica che sulla sinistra sale sul dente austriaco e sulla destra prosegue bene rinforzata da cemento verso malga costa attraverso le creste . Si prosegue l’itinerario ad una quota più bassa nelle retrovie del nemico ben fortificate fino alla selletta dei campiluzzi per poi ammirare l’alpe delle Pozze ed arrivare infine al Lancia , il sentiero viene maggiormente usato per il ritorno al rifugio Papa , per l’andata si usa principalmente il 105 Tricolore o delle Creste.
La variante tratteggiata serve per il ritorno o per chi non volesse abbassarsi di quota per completare questo sentiero , che permette di cambiare sempre visuale , prima sulla val Sorapache , poi sulla Pruche e poi sulla Caprara che fa da spartiacque tra le due prime linee di attacco
Per il ritorno normalmente viene usato questo perche di solito si va al Lancia dal 105 . Se si e percorso il 120 per andare al Lancia per il ritorno si usa il 105 delle creste oppure per i più preparati si prende il 105 si sale sul Roite poi il 134 fino al Bivio sulla sella di Cosmagnon per poi salire attraverso il 135 fino al Cogolo Alto e poi con il 105 si scende al Papa
Dopo aver raggiunto Calalzo si sale attraverso la Val d’Oten si supera il bar Alpino e si prosegue verso il Ristorante la Pineta , fino a raggiungere la strada sterrata li si lascia l’auto e si prosegue a piedi , entrando in una strada sterrata che porta nella parte piu interna della valle , la strada sale nel letto fluviale della valle si incrocia il sentiero che scende dal Rifugio Chiggiato , si continua salire per questi ghiaioni , la valle e poco praticata ma molto bella e per questo selvaggia e unica , fino ad arrivare alla Capanna degli alpini , un luogo molto bello anche se raggiungibile solo a piedi , proseguendo per il sentiero sulla destra si può notare il percorso della cascata delle pile , un canyon molto bello e con un portata d’acqua sempre presente , la gola e molto profonda con pareti strapiombanti , su questo itinerario si passa anche con il giro delle Marmarole Runde , un anello di circa 54 km con 2700 metri di dislivello . Il sentiero poi prosegue per il rifugio Galassi e successivamente dopo aver transitato per la forcella piccola si scende fino al Rifugio San Marco .
Dopo aver salito la Valstagna e poi Valsugana raggiunto l’abitato di Strigno si imbocca la strada che porta a Bieno , superato anche questo abitato si arriva a Pradelliano , raggiunto il laghetto su una curva si nota una stradina che porta prima al camping La Genzianella e poi dentro la Val Malene molto stretta e piena di curve che comunque porta a Malga Sorgazza , molto più facile è invece proseguire per Pieve Tesino e poi salire sempre la Val Malene e salire quasi dritta fino a malga Sorgazza . Arrivati alla Malga Sorgazza che e il punto di partenza di molti itinerari del Lagorai si sceglie da dove salire , in questo post io vado a descrivere l’alta via del granito , quella più lunga , le parti tratteggiate servono a vedere dei punti molto belli del percorso posizionati leggermente fuori dallo stesso , come per esempio Cima D’Asta e la scalinata di Passo del Tombolin .
Le emozioni dell’alta via del granito , non si possono descrivere , bisogna per forza provarle sul campo , e poi quando scende la sera fermarsi in un vero rifugio , dove si viene accolti con braccia aperte e dove il saluto viene dal cuore , e solo lì che il montanaro si sente a casa . Questo itinerario molto bello in un ambiente unico e selvaggio , e incredibilmente fantastico , le sue lastre i suoi sentieri di sassi , i suoi macigni granitici rendono questo luogo fantastico , i suoi ruscelli che sgorgano sui molteplici laghetti in quota lo rendono ancora più bello , un luogo unico , un luogo da salvaguardare a tutti i costi , fuori da quelle montagne dove salgono purtroppo anche gli sprovveduti , qui il vero montanaro troverà ciò che cerca , rispecchierà la sua anima nel lago , e qui lascerà un pezzo del suo cuore . Luciano
Descrizione morfologica ( Cartelli esplicativi in loco )
Ci troviamo a Malga Sorgazza (m.1450) in alta Val Malene,nel cuore dell’ “isola cristallina di Cima d’Asta”,come la definì il celebre geografo e geologo trentino Giovan Battista Trener, per richiamare l’individualità geologica e geografica del gruppo montuoso di Cima d’Asta, formato quasi completamente da rocce granitiche e staccato dalle altre catene montuose limitrofe.
Il massiccio di Cima d’Asta è distinto orograficamente in tre precisi sottogruppi : un nodo centrale, che fa perno attorno alla sommità di Cima d’Asta (o “Zimon” per i Tesini), e due lunghe dorsali laterali : quella sud-orientale delle Cime di Tolvà che dalla Forcella Regana si protende fino al Passo del Brocon e quella sud-occidentale che dalla Forcella Magna giunge sino a Bieno e Strigno in Valsugana.
La ricchezza d’acqua con i numerosi limpidi laghetti, i ruscelli e i torrenti,di boschi,di valloni selvaggi e solitari,di cime, pareti e itinerari d’arrampicata o sentieri per tutti i gusti e le capacità, offrono al visitatore la possibilità di godere una sorprendente integrità naturale di gran parte di questo territorio, segnato solo marginalmente dalle tracce dei sentieri della Grande Guerra o dalla presenza di pascoli ed alpeggi.
La fauna è quella tipica della regione alpina con la pregevole presenza di circa 60 uccelli nidificanti che significano un elevato stato di integrità dell’ambiente. Cervi e caprioli sono diffusi soprattutto nelle aree boscate. a flora è caratterizzata dalla presenza diffusa del rododendro ferrugineum che ben si nota all’inizio dell’estate, quando i ripidi versanti dei monti vestono il tipico mantello rosso; numerose altre sono le specie osservate e che trovano sintesi soprattutto nella visita al “Trodo dei Fiori”, al Passo del Brocon (sent. SAT n° 396 + 396A)
Dal maggio 1915 al novembre 1917 queste montagne furono il fronte di guerra fra Italia ed Austria e sede di sanguinosi scontri fra truppe alpine e Kaiserjager. Una fitta rete di sentieri e camminamenti, trincee, ruderi di baraccamenti e postazioni, che è tuttora possibile percorrere e visitare nelle numerose escursioni possibili,costituisce viva testimonianza di quella triste storia.
Le escursioni possibili da Malga Sorgazza sono moltissime, di varia lunghezza e difficoltà, così come le arrampicate, sia verso le Cime di Rava con il Lago di Costabrunella, Cima Trento, Cimon Rava, le Torri di Segura, che verso Cima d’Asta. Nei pressi del Lago di Cima d’Asta si trova il rifugio omonimo – dedicato ad Ottone Brentari, geografo e scrittore (1852-1921), punto di appoggio fondamentale per la salita al “Zimon” (m. 2847), eccezionale punto di osservazione su tutta la regione.
Buon cammino, rispettoso visitatore
ALTA VIA DEL GRANITO
L’Alta Via del Granito (AVG) è una splendida escursione ad anello nella singolare isola granitica del gruppo di Cima d’Asta – Cime di Rava, nel cuore della catena del Lagorai; è stata ideata dai gestori dei rifugi Cima d’Asta, Malga Caldenave e del ristorante Malga Sorgazza. L’itinerario concatena e percorre una retedi antichi sentieri e tracciati militari, risalenti alla prima guerra mondiale,inseriti nel Catasto dei Sentieri della SAT e mantenuti in efficienza dai suoi soci volontari ; l’anello di circa 30 km con partenza presso Malga Sorgazza, collega gli unici due rifugi del gruppo. Tre giorni di cammino fra splendidi paesaggi naturali, severi ricordi della Grande Guerra, malghe ed alpeggi, testimonianze esemplari dell’antico patto dell’uomo con la natura.
(A) Si suggerisce il verso orario per chi prevede di effettuare la salita a Cima d’Asta: Malga Sorgazza, Rif. Caldenave, Rif. Cima d’Asta, Malga Sorgazza.
Tempo e dislivello : 15 ore, dislivello complessivo 2400 m , tre giorni , cammino complessivo
(B) Si suggerisce il verso antiorario per chi non ha a disposizione l’intera prima giornata: Malga Sorgazza, Rif. Cima d’Asta, Rif. Caldenave, Malga Sorgazza.
Il nome stesso già di per sè evoca retroscena oscuri e sanguinari, e infatti la storia che sto per narrarvi è davvero sanguinosa. Tutto inizia da una casetta, situata ai bordi del torrente . In questa casa viveva una famigliola: padre, madre e un figlio, chiamato Mathias ma da tutti comunemente nominato Mat.
Un brutto giorno, la mamma di Mat cadde vittima di febbri emorragiche, e il marito provò in tutti i modi di salvarla ricorrendo a cure a base di erbe, ma purtroppo fu tutto inutile. La povera donna morì, lasciando così il marito e il figlio che aveva appena 5 anni.
Segnato da questa disgrazia, il marito di questa donna, che faceva il boscaiolo, si chiuse in se stesso, diventando rude e scontroso, e per anni e anni lavorò nel bosco per proveddere al sostentamento suo e di Mat, che teneva rinchiuso in casa per paura che si allontanasse e si perdesse nei boschi.
Mat nel frattempo cresceva, faceva piccoli lavoretti in casa come intagliare il legno e costruire cesti intrecciando i rami più sottili degli alberi, ma isolato com’era, aveva grosse difficoltà a comunicare, anche se sentiva crescere in sè la voglia di uscire da quella casa ed esplorare il mondo. Il padre però non voleva sentir ragioni, e seguitava a tenerlo chiuso in casa, per proteggerlo dal mondo esterno.
Mat però, come un cerbiatto chiuso in gabbia, a poco a poco riuscì nel suo intento di evadere da casa, e mentre il padre era a lavoro nei boschi, usciva di soppiatto e si allontanava sempre di più per raggiungere il paese e giocare con i suoi coetanei.
Una sera tornò a casa e trovò il padre in preda all’ira: l’uomo era terrorizzato dall’idea di perdere anche il figlio così come aveva perso la moglie, e lo picchiò di santa ragione per punirlo per essersi allontanato così da casa.
Ma da quel giorno lo portò sempre con sè nel bosco quando andava a tagliare alberi e soprattutto lo portò con sè in paese quando vi scendeva per vendere la legna che tagliava e i prodotti che Mat realizzava in casa.
Il giorno in cui Mat compì 18 anni, il padre pensò che fosse ormai giunta l’ora di liberare il figlio dalle catene che ancora lo tenevano legato a casa, e gli permise di spingersi fino a valle per vendere, da solo, la mercanzia.
Arrivò la sera, ma Mat ancora non era tornato. Il padre aspettò l’indomani, ma ancora del figlio nessuna traccia. Allora, arrabbiato per questa mancanza di rispetto da parte di Mat, si mise alla ricerca del figlio, girovagando per il paese e per tutta la valle. Girovagò per giorni e giorni, chiedendo informazioni a tutti quelli che incontrava sul suo cammino: molti gli dissero che effettivamente Mat era passato di lì con la sua mercanzia, ma che dopo non lo avevano più visto.
Il pover’uomo cercò, disperato, il figlio in ogni dove, senza esito…fino a quando, incamminandosi ormai sconsolato alla volta di casa, vide un cumulo di sassi vicino ad alcune case, e a sovrastare i sassi, una rude croce in legno.
Accanto alle case c’era una vecchina, seduta su una seggiola, che filava la lana. L’uomo le si avvicinò, chiedendole cosa fosse successo, e lei gli rispose che in quel punto, alcune settimane prima, un giovane era stato assalito da alcuni malviventi, che dopo averlo derubato di tutti i suoi averi lo avevano barbaramente assassinato. La vecchina disse che era un giovanotto che non si era mai visto da quelle parti, e che lei stessa aveva fermato per comprare qualcosa. Mostrò al boscaiolo un grazioso canestro di rami intrecciati, e nella complessa lavorazione del cesto, il pover’uomo riconobbe l’arte del figlio.
Dunque, era proprio Mat che si trovava, ucciso, sotto quei sassi! Appurando la cruda realtà, il povero boscaiolo letteralmente impazzì. Trovò un’ascia che qualcuno aveva abbandonato su un tronco d’albero appena tagliato, e urlando come un forsennato, andò in giro per tutta la valle, colpendo a morte tutti quelli che incrociava sul suo cammino.
Per le sue esecuzioni, da boia appunto, l’uomo faceva poggiare il malcapitato con il collo su una roccia, e qui gli tagliava la testa. Il massacro fu così grande e sanguinoso che la roccia diventò completamente rossa, impregnata dle sangue delle vittime che il boscaiolo, trasformatosi in boia, uccideva.
Una notte, durante un violento temporale, invocando il nome del figlio, l’uomo morì, stravolto dal dolore che l’aveva reso pazzo, e assassino.
Ancor oggi si dice che, nelle notti di tempesta, si oda il boscaiolo gridare il nome del figlio…e si dice anche che cercando in quella valle, e sapendo cercar bene, si può ancora imbattersi in quella roccia macchiata del sangue degli assassinati dal boia di Campotamaso.