La galleria finale che collega il pozzo della carrucola alla cima del Corno Battisti è in fase di apertura , con il collegamento in quota.
Cenni storici
Durante la notte sul 13 di maggio, da Cima Alta arriva il cambio per gli sparuti difensori all’interno del monte Corno , il cambio avviene attraverso una feritoia allargata a Cima Alta, raggiungibile da una scala di corda posta lungo un canalino e che attraversa verticalmente il monte corno e che più in basso attraversa il sentiero . Il cambio e il rifornimento vengono fatti di notte in quanto gli austriaci al minimo rumore iniziavano a sparare, buttare bombe e valanghe di sassi sul passaggio obbligato essendo loro in cima al corno. Sono le 14 pomeridiane dopo aver discusso la possibilità di attaccare dall’esterno , il tenente Carlo Sabatini e il sergente Degli Espositi trovano altri tre uomini e una fune e si preparano a salire dal canalino attraverso lo sperone di roccia molto friabile , ma e l’unico modo perchè il nemico non li possa vedere , la via della scalata non era facile a causa della friabilità della roccia . I provetti scalatori si armano di pugnale e di petardi thavenot e inizia la scalata il tenente Sabatini uscendo dalla feritoia allargata arrivato in una piccola cengia si appresta a far salire gli altri e anche se cade qualche sasso gli austriaci sono convinti che nessuno possa salire da quella posizione e quindi non la sorvegliano neanche .Dagli osservatori interno si possono scorgere i cinque uomini allineati come formiche che salgono lungo la parete , ad un certo punto il tenente Sabatini si stacca e sale fino alla cima raggiungendo uno scudo con la feritoia e nota dentro la feritoia la sentinella austriaca che sta chiaccherando con un’altra , atttende che gli altri uomini siano vicino a lui e con poche parole disse “ammazzarli tutti altrimenti ci rovesciano giù” lancia prima un petardo e poi assalta la postazione urlando .
“la mischia è rapida ed orrenda , a pugnalate nel ventre , ferocia senza quartiere .Quelli che accorrono di rinforzo da un’altra galleria vanno all’altro mondo senza rendersi nemmeno conto di cosa stia accadendo . Qualcuno viene anche rovesciato nei canaloni .”
Questo gesto è valsa la medaglia d’oro al valore al tenente Carlo Sabatini
Ricordo la cattura di Cesare Battisti e Fabio Filzi :
La ricostruzione più attendibile Sottotenente Ingravalle “cessata la sparatoria , odo la voce di Cesare Battisti , lo chiamo tacendo il suo nome Tenente? Battisti si avvicina chiedendo notizie .Mi risponde informandomi sulla situazione e mi dice “ora per me rimane solo la forca “. Ecco avvicinarsi un ufficiale nemico : e il cadetto Brunello Franceschini della Val di Non , accompagnato da 4 soldati .Si volge a Battisti e gli ingiunge di consegnarli la pistola . Battisti alza il capo con fierezza e risponde : mi sono battuto onorevolmente e consegnerò l’arma ad un superiore e mai ad un inferiore .Il rinnegato Franceschini tace , evidentemente imbarazzato .Poi gli chiede il binocolo : no -risponde Battisti questo e di mia proprietà”
Fabio Filzi (Brusarosco)
Anche Filzi fu catturato in cima al monte corno e continuo ad insistere sulla sua identità segnalata nei suoi documenti , ovvero sottotenente Brusarosco di Vicenza , tuttavia pensava di non poter essere riconosciuto se non che venne riconosciuto ad Aldeno da una famiglia di Rovereto che ne conoscevano la famiglia di provenienza.
Lettera del Maggiore Frattola al padre di Filzi
” appena catturato suo Figlio , che aveva il nome di guerra Brusarosco , fu subito riconosciuto dal tenente austriaco Franceschini , separato dagli altri prigionieri e guardato a vista da una sentinella :gli altri prigionieri tra i quali ero io , stavano in un gruppo a parte compreso io .Suo figlio appena mi vide , mi rivolse la parola e mi prego d’intervenire in suo favore perchè gli fosse riservato un trattamento uguale agli altri prigionieri . Mi rivolsi ad un maggiore austriaco per ottenere uguaglianza di trattamento , ma a nulla valsero le mie insistenze…”
Tempo di percorrenza del sentiero : 3h00 Al bivaccoFiamme Gialle
Dislivello totale : 455 m Classe : EEA
Quota massima raggiunta : 3005 m
Cartografia : Edizioni Zanetti – n°101 Pale di San Martino 1:25000
ATTENZIONE QUESTE VIE FERRATE PRESENTANO PARETI VERTICALI CON DIFFICOLTA VARIABILE , CHE VANNO DA UN PASSAGGIO SEMPLICE ORIZZONTALE A SALITE DIFFICILI , IN OGNI CASO E OBBLIGO L’USO DEL CASCHETTO IMBRAGO E SET DA FERRATA E MEGLIO ANCHE I GUANTI .
Non mi stancherò mai di dire che le Pale di San Martino siano qualcosa di incredibilmente fantastico, la severità di questo gruppo montuoso non è certo paragonabile alle Dolomiti bellunesi, qui qualsiasi sentiero è DIFFICILE, se non per la difficoltà tecnica , per la sua lunghezza , io stesso non conosco zone più complesse sotto il profilo organizzativo.
Come arrivare
Si sale attraverso la valle di Vanoi fino ad arrivare a San Martino di Castrozza , superato l’abitato si imbocca la strada che porta al Passo Rolle e si raggiunge la stazione di partenza della funivia di Colverde.
Descrizione
Imboccato il sentiero 701 che sale sul Col Verde dove si potrebbe salire anche in funivia, se aperta, si imbocca poi il segnavia 706, che sale diretto fino all’imbocco della ferrata, in circa 1h30-2h,il dislivello della ferrata è di 455 m , ma se si parte da San Martino si parla di 1485 m, il percorso è molto bello , con tratti attrezzati ed alcuni percorribili senza corda , ma presenta alcuni passaggi verticali e alcuni traversi in cui non bisogna distogliere l’attenzione il percorso sale il versante del Cimon della Pala, su un scenario che solo pochi luoghi vantano di avere , la ferrata è molto esposta con un panorama incredibile sul paradiso per i montanari, San Martino di Castrozza un paese a misura d’uomo. La roccia è dura , pulita e con tanti appigli anche se i tratti più difficili ci vuole tecnica e fisico, la lunghezza di questo itinerario e certamente tosta, soprattutto se poi si vuole fare un passaggio sulla Cima Vezzana 3192 m, il tempo di percorrenza si allungherà fino a 9-10 ore complessive, poi si può proseguire sia rientrando a piedi oppure con la funivia, il percorso richiede preparazione fisica eccellente.
Il Ritorno
Il ritorno da questo sentiero viene fatto scendendo verso il Passo del Travignolo 2950 m, si imbocca il sentiero 716 della Valle dei Cantoni risalendo poi al Passo Bettega 2611 m, per poi rientrare al Rifugio Rosetta e scendere dal 701 fino a San Martino di Castrozza.
ATTENZIONE QUESTE VIE FERRATE PRESENTANO PARETI VERTICALI CON DIFFICOLTA VARIABILE , CHE VANNO DA UN PASSAGGIO SEMPLICE ORIZZONTALE A SALITE DIFFICILI , IN OGNI CASO E OBBLIGO L’USO DEL CASCHETTO IMBRAGO E SET DA FERRATA E MEGLIO ANCHE I GUANTI .
Come Raggiungere
Dopo essere salito a Cortina D’Ampezzo si prende per il Passo Falzarego 2105 m , oppure salendo direttamente da Agordo passando per il lago di Alleghe si imbocca la salita che porta al Passo Falzarego , molto meno trafficata è più corta se si vuole raggiungere solo il Passo si prosegue per Val Parola raggiungendo così il Forte Tre Sassi a sinistra mentre sulla destra parte il sentiero dei Kajserjager.
Descrizione
Raggiunto il forte Tre Sassi , oppure il posteggio vicino dove si sale sul Sas de Stria, si prosegue per il sentiero che raggira tutto il massiccio ad una quota più bassa per circa 30 minuti fino a raggiungere un bivio poco segnalato ma intuitivo che ti porterà alla ferrata Fusetti, la via è abbastanza corta ma presenta alcuni tratti che non permettono certo errori accompagnati da tratti ricchi di appigli, anche se molto sporchi e detritici, alcuni tratti più verticali la rendono moderatamente difficile, non è certo l’ideale per la prima esperienza in ferrata, i suoi tratti con pochi appigli e sporchi la rendono insidiosa, la discesa viene fatta dall’itinerario che scende dal Sas de Stria fino a tornare in posteggio .
Cenni storici
Nell’ottobre del 1915, l’esercito italiano fronteggiava gli austriaci tra le cime del Lagazuoi e del Col di Lana : il Sas de stria domina la sottostante strada delle dolomiti che percorre il Passo Val Parola e il Passo Falzarego , e costituiva quindi un importante punto strategico. Dopo alcuni tentativi falliti di attacco alla postazione, rimasta in mano agli austriaci, fu ordinato al reggimento sotto il comando dell’allora Colonello Achille Papa di tentare una nuova incursione. Il sottotenente Fusetti si offrì volontariamente di guidare un gruppo di soldati nella conquista della vetta, situata a 2477 metri di quota, per poi sorprendere gli austriaci posizionati nelle trincee più in basso. Raggiunta la cima la notte del 18 ottobre, dispose i suoi uomini in attesa dei rinforzi, che però tardarono ad arrivare. Furono invece avvistati da alcuni soldati austriaci saliti sulla cresta: scattato l’allarme, iniziarono i combattimenti. Nonostante la resistenza organizzata dal Fusetti, gli italiani furono ben presto accerchiati: molti restarono feriti, e il sottotenente fu colpito alla fronte, mentre si sporgeva fuori del riparo per sparare. Al termine di una sanguinosa battaglia, i pochi superstiti si arresero, dopo aver deposto tra i crepacci le salme dei compagni caduti.
La storia di quanto era accaduto fu ricostruita grazie alla loro testimonianza, e a quella del tenente al comando degli austriaci. Prima di affrontare la rischiosa spedizione, il sottotenente aveva lasciato una lettera alla famiglia, in cui esprimeva i suoi sentimenti e le ultime volontà, e nella quale chiedeva espressamente che il suo corpo rimanesse nel luogo in cui era stato ucciso.
Per il valoroso comportamento, il 25 febbraio 1923 gli fu conferita la medaglia d’oro al valor militare alla memoria. Le sue spoglie non furono mai ritrovate, ma un cenotafio lo ricorda nel Sacrario militare di Pocol .
A ricordo dell’impresa, nel 2018 gli Alpini , impegnati senza successo nella ricerca dei suoi resti, hanno realizzato una Via ferrata in suo onore che ripercorre il tragitto seguito dalla spedizione.
Medaglia d’oro
«Prescelto a capo di un manipolo di animosi per l’occupazione di un forte baluardo alpino, dal nemico accanitamente difeso, arditamente ne scalava una ripida parete, quasi a picco, sorprendendo le vedette nemiche e conquistandone la vetta più alta, sulla quale piantava il tricolore. Accerchiato da preponderanti forze, opponeva eroica resistenza, cercando più volte di sfondare la linea nemica; ma rimasto isolato, esaurite tutte le munizioni, dopo lunga e disperata resistenza, colpito a morte, cadeva da prode sul campo. Eroico esempio delle più nobili virtù militari che, anche alla vigilia dell’azione, presagio della sicura morte cui andava incontro, egli aveva voluto consacrare in una nobile lettera di estremo saluto alla famiglia.» — Sasso di Stria, 18 ottobre 1915.
Lettera testamentaria
«16 ottobre 1915 Dai pressi del castello di Buchenstein
Con mano sicura esprimo colle parole che seguono non le mie ultime volontà, ma quei miei pensieri che desidero sopravvivano, per quelli che mi amano, alla mia morte. Sono alla vigilia d’una azione d’ardimento, dal cui esito dipendono in gran parti le sorti d’una vittoria. A me, ai miei compagni d’armi non manca gran copia di fede: l’esito, con la vita, con la bella morte, sarà degno del nostro imperturbabile amore per la Patria. Se cadrò, papà, Gina, angelo mio, amici e parenti che mi amate, non abbiate lacrime per me: io la morte, la bella morte l’ho amata. Non pensatemi col petto squarciato, nell’ultimo spasimo, ma dal furore d’un impeto eroico svanire in una beatitudine suprema. Io ho sognato, nelle peregrinazioni del pensiero nelle grandi questioni umane e cosmiche, un avvenire di perfezione nelle cose morali e nelle fisiche. Ho amato la Patria mia, nell’intimo delle sue divine bellezze, delle sue tradizioni. Ho amato sopra ogni cosa l’umano genere, campo ove è possibile e necessaria la lotta, dove è desiderabile e probabile il pacifico trionfo delle idealità non sacrileghe. E appunto perché ho stimato necessaria la lotta io mi sono volonterosamente, serenamente battuto. Che il mio povero corpo semplicemente riposi dove sono caduto, io desidero; inumato coll’onore delle armi, fra i miei commilitoni. Che il sacrificio mio, umile fra tanta gloria, sproni, se c’è, l’ignavo e dia sangue al codardo. Babbo mio, Gina mia, angelo mio, parenti, amici, voi che tanta parte siete dell’anima mia, con la memoria … della mamma, in alto i cuori! Con tenerezza serena, con fede, nella pace dell’anima cristiana, sul campo, al cospetto del nemico che non temo mi firmo Mario.Questa lettera contiene il mio testamento. Faccio un obbligo d’onore a chi è incaricato di verificare per censura la corrispondenza, di non profanarne il contenuto. Questa lettera potrebbe essere trattenuta per qualche tempo.
Dopo essere salito a Cortina D’Ampezzo si prende per il Passo Falzarego 2105 m , oppure salendo direttamente da Agordo passando per il lago di Alleghe si imbocca la salita che porta al Passo Falzarego , molto meno trafficata è più corta se si vuole raggiungere solo il Passo.
Descrizione
La cengia Martini è una cengia di arroccamento prima della galleria che sale sul piccolo Lagazuoi , teatro di una resistenza estrema degli alpini, è conveniente farla prima di salire sulla galleria degli alpini, si tratta di una cengia attrezzata che porta nei baraccamenti italiani del Lagazuoi , negli osservatori e nelle postazioni di tiro verso il Sasso di Stria. Si sale con l’imbrago e caschetto meglio anche la frontale, come nelle Galleria, fino a raggiungere il punto del camino di mina che non è stato usato, lo scenario e mozzafiato sia nei panorami che nei ricordi storici della situazione di vita dei soldati nei tre anni di Cengia. I passaggi di per se non sono difficili, anche se alcuni esposti e richiedono massima attenzione, il ritorno dev’essere fatto dallo stesso sentiero fino al bivio della galleria che porterà all’antecima del Lagazuoi.
Cenni storici
Durante la Grande Guerra la linea del fronte dei combattimenti tra l’impero austro-ungarico e il Regno d’Italia passava tra il Sasso di Stria e il piccolo Lagazuoi e tagliava la zona del passo Falzarego. Qui i due schieramenti militari si fronteggiavano a poca distanza. La Cengia Martini fu la postazione più importante in questo settore del fronte. Mentre gli austro-ungarici erano arroccati sulla sommità del Lagazuoi, tra il 18 e il 19 ottobre 1915 due plotoni di Alpini occuparono la cengia posta a metà della parete del Piccolo Lagazuoi. L’occupazione era stata preceduta da numerose ricognizioni notturne sul posto, attraverso un terreno roccioso molto aspro e difficile, nelle immediate vicinanze delle posizioni austriache. Così, sotto il comando del maggiore Ettore Martini, gli Alpini riuscirono ad occupare la Punta Berrino, lo spigolo roccioso che si protende in avanti a est dell’Anticima e a occupare e ad attestarsi sulla cengia che attraversa la parete meridionale del Piccolo Lagazuoi da ovest a est. Questa cengia si rivelò essere una posizione privilegiata per colpire la postazione Vonbank austro-ungarica a difesa del passo di Valparola, una vera spina sul fianco degli Austriaci perché consentiva agli italiani di colpire dall’alto le trincee del passo. La truppa era ricoverata in baracche-ricovero addossate alla roccia e capacità nel totale di offrire ricovero a 140 uomini. Col tempo la Cengia Martini venne dotata di camminamenti, cucine, mensa, magazzino, telefono, stazione teleferica, posto di medicazione, fucina, falegnameria, fureria. Venne inoltre scavata una galleria per permettere di raggiungere la cengia dalla base della Punta Berrino e proteggere i portatori dall’artiglieria del Sasso di Stria. Un’altra galleria, detta dell’Anfiteatro, sarebbe dovuta sbucare sopra le trincee austriache sul versante occidentale della cengia per attaccarle dall’alto ma rimase incompiuta. Attorno alla Cengia Martini la lotta infuriò per tre anni. La maggior parte degli sforzi degli austro-ungarici su questo fronte furono concentrati nel tentativo di allontanare gli italiani dalla Cengia Martini, 4 mine furono esplose sulla montagna creando il grande ghiaione che oggi si vede alla base del Lagazuoi.
Per le azioni sul Piccolo Lagazuoi il Maggiore Martini ricevette una medaglia di bronzo, una d’argento, una croce al merito e la croce di cavaliere della Corona d’Italia.
Le nostre posizioni conquistate il 25 ottobre 1915 erano la Cengia Martini e Punta Berrino dedicato al Cap. Berrino che li ci lascio la vita , le nostre posizioni costarono un enorme sacrificio di sangue per i due anni che le mantenevamo salde , avevamo due teleferiche che arrivavano dalla base del canalone Travenanzes e dal Canalone del Falzarego, mentre le loro teleferiche arrivavano dalla Val Parola e dalla Tagliata ‘ntra i sass.
Le mine di guerra del Piccolo Lagazuoi furono memorabili :
La prima del 14 gennaio 1917 con l’obbiettivo di fare saltare la cengia Martini ma per un errore tecnico si pensa di intasamento sfogo la sua potenza verso gli austriaci recando numerosi danni . La contromina italiana era già pronta ma visto che l’esplosione non creo paure ed il raggio d’azione non fu ritenuto pericoloso si penso di non farla brillare, la mina degli austroungarici si ritenne pressappoco di circa 15000 kg di esplosivo.
La seconda mina del 22 maggio 1917 con l’obbiettivo la posizione avanzata della Cengia Martini, gli italiani ben interpretarono il lavoro del nemico ed essendo previsto il brillamento della mina nella notte, le posizioni del possibile scoppio furono sguarnite per poter essere poi riprese dopo l’esplosione nonostante lo scoppio potente della mina non ci furono perdite.
Mina italiana a quota 2668 era la cima più meridionale del Piccolo Lagazuoi ovvero un bastione avanzato con delle pareti a picco che dominava tutte le posizioni italiane del monte Cengia Martini-punta Berrino-Passo della Fede e nella zona del Passo Falzarego dopo il brillamento di questa mina la zona che era saldamente occupata dagli austroungarici, fu occupata dagli italiani la mina che era di 33000 kg eseguita dal Tenenti Malavezzi, Cadorin e Tazzer con 5 mesi di lavoro fu fatta brillare il 20 giugno del 1917 e successivamente, attraverso la galleria, tentarono la conquista delle postazioni intoccate dall’esplosione. L’azione, anche stavolta, non ebbe né vincitori né vinti: gli austriaci ripiegarono e rinforzarono rapidamente le trincee scampate all’urto della mina. L’anticima cadde in mano italiana, ma tentare di occupare l’intero ripiano del Piccolo Lagazuoi avrebbe portato ad ulteriori gravi perdite tra gli Alpini. Il cratere provocato dalla mina italiana è tuttora individuabile, assieme all’immenso accumulo di detriti scivolati a fondovalle, sia di questa che delle altre mine austriache. La quarta mina austro-ungarica, esplosa nel settembre del 1917, ebbe una potenza minore rispetto a quella del maggio precedente e portò all’ennesimo nulla di fatto.
ATTENZIONE QUESTE VIE FERRATE PRESENTANO PARETI VERTICALI CON DIFFICOLTA VARIABILE , CHE VANNO DA UN PASSAGGIO SEMPLICE ORIZZONTALE A SALITE DIFFICILI , IN OGNI CASO E OBBLIGO L’USO DEL CASCHETTO IMBRAGO E SET DA FERRATA E MEGLIO ANCHE I GUANTI .
Come Raggiungere
Si sale da Cortina verso il passo Falzarego, raggiunto il Col Gallina ovvero il Ristorante da Strobel 2060 m, in fondo il posteggio si nota il sentiero. Scendendo invece dal Passo Falzarego si raggiunge Strobel .
Descrizione
Imboccato il sentiero in fondo al posteggio del Ristorante Strobel, si sale fino a raggiungere la carrabile segnavia 423, che porta a sud verso il rifugio Di Bona , raggiunta una piccola radura dove si notano dei ruderi della prima guerra, si imbocca un sentierino poco visibile e segnalato che porterà all’attacco della via circa 30 minuti. La via non è impossibile ma molto esposta agli eventi climatici, e completamente al sole, i passaggi non sono difficili ma alcuni richiedono molta attenzione, dai primi scivolosi 10-15 metri, ad un passaggio chiave dopo un traverso molto semplice , le altre parti del percorso non presentano passaggi difficili , fatte di molti appigli e gradini permettono di procedere in maniera spedita con un panorama ineguagliabile su quel crinale roccioso che ti porterà in quota 2559, sul monte Col del Bos e sulla linea di trincea della guerra del 15-18, si tratta di una ferrata non proprio difficile ma non per principianti.
Il ritorno
Viene fatto attraverso un sentiero che porta in un canalini abbastanza detritico, fino a raggiungere il fon do dell’attacco della via stessa, oppure proseguendo per la forcella del Bos si potrà scendere dalla parte opposta , ricordo che il canalino detritico presenta diversi punti in cui bisogna prestare attenzione , e ricordo inoltre che la via stessa presenta poco dopo un passaggio complicato il rientro nel sentiero di discesa.
Cartografia : Edizioni Zanetti – n°104 Cortina e Dintorni 1:25000
ATTENZIONE QUESTE VIE FERRATE PRESENTANO PARETI VERTICALI CON DIFFICOLTA VARIABILE , CHE VANNO DA UN PASSAGGIO SEMPLICE ORIZZONTALE A SALITE DIFFICILI , IN OGNI CASO E OBBLIGO L’USO DEL CASCHETTO IMBRAGO E SET DA FERRATA E MEGLIO ANCHE I GUANTI .
Come Raggiungere
Il punto di partenza per questo itinerario è il passo Giau, attraverso il 443 si sale e ad un primo bivio si imbocca il 438 ferrata Ra Gusela, raggiungendo poi il Nuvolau 2575 m.
Si può anche salire fino al rifugio Scoiattoli con la Seggiovia e poi attraverso il sentiero 443 raggiungere il 438 della Ferrata ma risulta molto più lungo.
Se si pernotta al rifugio Nuvolau, inoltre si può effettuare un giro ad anello scendendo dal 439, imboccando poi il 443 dal rifugio Cinque torri , e raggiungere il bivio con il 438 Ra Gusella , e ritornare così al Rifugio Nuvolau in circa 3h30.
Descrizione
Raggiunto il bivio con il 438 da qualsiasi parte si arrivi si inizia a salire dapprima con leggera pendenza per poi aumentare in maniera molto impegnativa fino alla forcella dove inizierà la via attrezzata, la via è abbastanza corta con due tronconi principali , uno all’inizio del canalino , e l’altro nella parte di arrivo al rifugio Nuvolau 2575 m, anche se le difficoltà sono molto ridotte , voglio ricordare che le ferrate non sono sentieri ed è bene affrontarle con prudenza e con persone capaci di guidare il gruppo.
Il ritorno
Raggiunto il rifugio Nuvolau 2575 m, si scende lungo la schiena d’asino, raggiungendo così il rifugio Averau, poi si tiene la sinistra e si imbocca il 452 che passando ai piedi delle creste del Nuvolau ci riporterà al passo Giau .
Per chi invece vuole fare più fatica può scendere dal 439, fino al Cinque torri e imboccare il 443 raggiungendo così il passo Giau, allungando un po il percorso.
QUESTA FERRATA E’ L’IDEALE PER UN PRIMO RAPPORTO CON LE VIE ATTREZZATE, PURCHE VENGANO ESEGUITE ASSIEME AD ISTRUTTORI, GUIDE , ACCOMPAGNATORI ABILITATI E CAPACI CHE POTRANNO VALUTARE ANCHE L’EFFETTIVA CAPITA’ DEGLI ESCURSIONISTI.
Cartografia : Edizioni Zanetti – n°104 Cortina e Dintorni 1:25000
ATTENZIONE QUESTE VIE FERRATE PRESENTANO PARETI VERTICALI CON DIFFICOLTA VARIABILE , CHE VANNO DA UN PASSAGGIO SEMPLICE ORIZZONTALE A SALITE DIFFICILI , IN OGNI CASO E OBBLIGO L’USO DEL CASCHETTO IMBRAGO E SET DA FERRATA E MEGLIO ANCHE I GUANTI .
Come Raggiungere
Per raggiungere la partenza di questo itinerario è necessario raggiungere dapprima il passo Falzarego per poi salire al rifugio Averau , e sulla sinistra si noterà il segnavia della Via ferrata, eventualmente si può salire anche con la seggiovia fino al rifugio Averau.
Per chi è molto preparato si potrebbe salire anche dal passo Giau, facendo prima la ferrata Ra Gusela, poi raggiunto il Nuvolau 2575 m, scendere fino al rifugio Averau, ed imboccare il sentiero.
Si può anche salire fino al rifugio Scoiattoli con la Seggiovia e poi attraverso il sentiero 439 abbastanza semlice salire fino al Rifugio Averau
Descrizione
Il sentiero parte dal piccolo spiazzo del rifugio Averau e sale con poco pendenza per circa 15 minuti finche l’aumento di pendenza repentino porta all’attacco della via , la via e corta e non presenta difficoltà , per questo risulta molto trafficata, un primo tratto di una decina di metri con pietra un pò scivolosa, un passaggio in un camino stretto anche raggirabile dal pezzo che sale dritto usato anche in caso di traffico , salita questa parte raggiunto un traverso orizzontale si entra in un camino più lungo ma aperto per poi raggiungere il tratto finale , tutto il tracciato è di modesta difficoltà , ma per chi non pratico di ferrate dev’essere valutato singolarmente. L a visione in vetta a 2649 metri è mozzafiato a 360 °. Praticamente lo stesso panorama dal rifugio Nuvolau , solamente più aperto alla visione.
Il ritorno
Il ritorno viene fatto a ritroso attendendo in base al traffico presente sulla parte attrezzata che essendo di modesta difficoltà è molto trafficata.
QUESTA FERRATA E’ L’IDEALE PER UN PRIMO RAPPORTO CON LE VIE ATTREZZATE, PURCHE VENGANO ESEGUITE ASSIEME AD ISTRUTTORI, GUIDE , ACCOMPAGNATORI ABILITATI E CAPACI CHE POTRANNO VALUTARE ANCHE L’EFFETTIVA CAPITA’ DEGLI ESCURSIONISTI.
Il sentiero Alberto Bonacossa è un percorso attrezzato ed è obbligatorio l’uso dell’imbrago e caschetto , anche se i suoi passaggi possono sembrare molto facili e con difficoltà tecniche molto blande , consiglio perlomeno averlo a seguito .
Dopo aver raggiunto il lago di Misurina sia che si salga da Auronzo di Cadore che da Cortina D’Ampezzo , ci si porta verso l’Hospice , e si lascia l’auto dove parte la seggiovia che sale sul col de Varda .
Descrizione
Raggiunto il posteggio della seggiovia che sale sul Col de Varda , il sentiero 120A per la carrareccia fino a raggiungere un primo bivio che porta al rifugio Citta di Carpi , si tiene la sinistra fino a raggiungere il Rifugio Col De Varda 2106 m dove partono anche le piste da sci , e da cui si potrà ammirare uno spettacolo sul lago incredibile , poco dietro il rifugio parte il sentiero 117 Alberto Bonacossa , si sale in un piccolo tratto boschivo per poi entrare in quel lungo ghiaione che attraverso la Grave de Misurina ti porta nella Forcella De Misurina , una stretta fessura dove l’importante è avere pratica sui terreni impegnativi , l’imbrago per i poco pratici può essere utile , si raggiunge cosi la forcella 2375 m , si ridiscende su terreno detritico , abbastanza impegnativo per principianti alle prime armi , fino a raggiungere un primo bivio che attraverso il 118 ti porterà a rientrare nel caso di difficoltà , il ciadin della Neve 2175 m , si prosegue verso la parte più ripida del percorso , quella che sale alla Forcella del Diavolo , mentre sullo sfondo si potrà ammirare la fantastica Croda Rossa D’Ampezzo , la severa salita rompe un pò il fiato nonostante il suo zig zag faciliti la cosa , raggiunta la forcella del Diavolo 2478 m. e sulla sinistra la Torre del Diavolo , lo spettacolo che si presenta con il bel tempo , non è descrivibile a parole , si inizierà a vedere sullo sfondo le Tre cime , si inizierà nuovamente a scendere un pò di quota attraverso un terreno ancora ghiaioso detritico passando a destra della Cima D’Antorno , per poi attraversare il Ciadin dei Toci e raggiungendo il Passo dei Toci , si risale poi alcune centinaia di metri al Rifugio Fonda Savio 2367 m , dove una fetta di strudel rallegrerà la giornata , da qui per chi fosse stanco e volesse fare il giro in 2 tappe si potrebbe dormire oppure ridiscendere attraverso il 115 , rientrando cosi sul Lago di Misurina , proseguiamo poi attraverso il 117 scendendo sul ghiaione sotto il Rifugio nel versante di Auronzo ,raggiungeremo la Forcella Rin bianco situata a quota 2176 m , dove attraverso una leggera risalita , in parte attrezzata riprenderemo un pò di quota , anche da qui per chi decidesse di rientrare lo potrebbe fare attraverso il 119 che porta direttamente sul casello di pedaggio per le Tre Cime, invece passando sulla base a mezza costa della Cima Ciadin de Rin Bianco e Cima Ciadin de le Bisse , si prosegue in cresta a quota 2343 m sopra la Val Ciampedele , si transita sulla sinistra della cresta , passando sul Ciadin de Longères , per poi raggiungere la forcella Longères ed attraverso un tratto pianeggiante si raggiungerà il rifugio Auronzo 2320 m , da qui attraverso il sentiero 101 si potrà ridiscendere dapprima sul Casello di Pedaggio , e poi attraverso un sentiero non numerato ma intuitivo si raggiungerà dapprima il lago D’Antorno e poi transitando a fianco del sentiero 115 Fonda Savio , rientrare attraverso il Campeggio La Baita , fino al Lago di Misurina dove una pedonabile che raggira il lago ci porterà al punto di Partenza della seggiovia col de Varda .
Varianti di Raccordo
Il sentiero Bonacossa presenta diverse varianti per il rientro in caso di maltempo, o per ridurne la sua lunghezza , può anche essere fatto in due tappe, i sentieri che si incrociano sono il 118 che dal Cadin della Neve porta alla Baita nel lago di Misurina, il 115 che dal Rifugio Fonda Savio attraverso il Cadin dei Toci fino alla strada che porta al Lago d’Antorno , oppure come ultimo il 119 che dalla forcella Rinbianco attraverso i Cadini di Rinbianco lo collegherà al 101 per poi rientrare
Definire il sentiero Ivano Di Bona , attrezzato o ferrata è un eufemismo , difficoltà alpinistiche di questo sentiero vanno oltre la semplice via attrezzata , vero che i pezzi attrezzati non sono un gran ché difficoltosi , ma la lunghezza e l’avvicinamento a questa via va ben oltre sempre se la si vuole completare un tutta la sua lunghezza…ma in questo ambiente severo è nel silenzio più assoluto , pregno di storia e di fatti bellici che il montanaro trova il suo ambiente naturale , e percorrere l’itinerario in tutta la sua lunghezza diventa qualcosa di ardito , più di 20 km 1600 metri di dislivello sulle tracce della storia… per non dimenticare e per far sapere… Luciano
Si sale fino al Passo Tre Croci situato sopra a Cortina D’Ampezzo (attenzione se si parte dal Passo bisogna tener conto di più di un ora per raggiungere il rifugio ) si raggiunge il rifugio Son Forca a 2235 m , si può usare anche la seggiovia di Rio Gere , purtroppo il punto migliore per partire con questo itinerario sarebbe il Rifugio o Bivacco Lorenzi 2932 m raggiungibile con l’impianto però dismesso e quindi non più utilizzabile , il consiglio è quello di dormire al son Forca .
Descrizione
Dopo aver dormito al Rifugio Son Forca 2235 m, si prende il canalone che sale sulla forcella Son Stounies , ascesa difficile su terreno detritico dove non è più possibile usare la seggiovia dismessa da tempo che ti farebbe guadagnare la quota di partenza più agevolmente, anche il rifugio Lorenzi è dismesso , rimane solo un bivacco di emergenza , raggiunto il rifugio sulla forcella a destra inizia la ferrata Bianchi che porta sul Cristallo di Mezzo a 3154 m ( se si vuole percorrere anche questa insieme all’altra bisognerà aggiungerci circa 2h rendendo ancora più difficoltoso l’itinerario ) , si prosegue a sinistra raggirando la stazione di controllo dell’ex-seggiovia salendo su scale in ferro che danno l’accesso ad un scala dritta che ti porterà sulle prime cengie esposte e poi attraverso una galleria uscire su alcuni passaggi con corda in acciaio incontrando le prime postazioni di ricovero e baracche , fino a raggiungere poi la famosa passerella che ti permetterà di superare un grosso avvallamento ( che è stata fatta saltare nel famoso film di Cliffhanger ) seguita subito da una ritta scala , qui raggiunta la cresta si potranno ammirare scenari incredibili , ora il sentiero prosegue con corda in acciaio proprio sulla cresta , con difficoltà quasi irrisorie , fino a raggiungere prima il bivio con il Cristallino di Mezzo 3008 m , per poi proseguire verso la cresta Bianca 2932 m , da li si scende passando per alcuni ricoveri a forcella Granda , dove troveremo prima postazioni di osservazione e tiro , poi alcune baracche di Ricovero , si scenderà poi ancora mantenendo la creste a sinistra raggiungendo il Bivacco Buffa Da Perero sulla forcella Padeon a 2700 m , dedicato al Col. Carlo Buffa da Perero al comando del Battaglione Cadore il 7°Alpini , bivacco ricostruito nel 1972 ad opera della Compagnia Genio pionieri Cadore ( la mia compagnia quando ho fatto il militare nel 1986 ) ristrutturato dopo il crollo dagli alpini del 6°reggimento al comando del Col. Italo Spini , ammirando lo scenario lunare del Graon del Forame . Si prosegue risalendo raggirando il fianco e proseguire verso la Cima Padeon 2862 m , per poi proseguire sotto la cresta nel versante di Cortina verso il Vecio del Forame , si continua trasversalmente fino ad una forcella situata sopra il Forame de Inze , da lì si scende di quota notevolmente fino su ghiaione detritico fino ad incontrare il bivio che divide in due la via per chi a corto di forze e di tempo volesse rientrare fino al rifugio Son Forca 2235 m, e poi ridiscendere al Passo Tre Croci 1803 m. Mentre per chi volesse continuare si prosegue sulla destra raggirando il crinale roccioso e riprendendo poi quota verso il Monte Zurlon dove incontreremo ancora altre numerose postazioni e Baracche con ancora i muri esterni in buone condizioni , si continua per le ultime fortificazioni sopra il Forame de Inze , fino a raggiungere il punto di discesa verso il rifugio Ospitale , passando per il Col dei Stombe e raggiungendo in fondo la ciclabile ovvero il Sentiero n° 203 della Val padeon che ci porterà a salire gradualmente fino al lago artificiale (che alimenta i cannoni della pista da sci ) ed infine al passo son Forcia 2109 m , dove da li attraverso il sentiero rientreremo al Passo Tre Croci dove avevamo lasciato l’auto il giorno prima , questa escursione è completa , farla in un giorno senza il rifugio Lorenzi od il Rifugio Son Forca e come descritto qui senza l’ausilio della seggiovia ( che ti fa risparmiare forze , ma sicuramente non ti permette la partenza all’alba ) in questi casi l’itinerario risulta molto impegnativo , anche facendone metà .
Cenni storici
Scrivere qualcosa sul gruppo del Cristallo potrebbe apparire cosa semplice , guardandolo da sotto , ma sono tanti gli episodi che hanno infiammato questo monte .
Alle 23 del 19 ottobre del 1915 le due compagnie di alpini con il maggiore buffa da Perero in testa varcano da forcelle grande e raggiungono sui ghiacciai un plotone di sciatori che le ha preceduti di poco. Gli alpini hanno raggiunto la cresta di Costabella e procedono in fila indiana lungo la sottile cresta il primo è alpino scorge d’improvviso davanti attraverso uno squarcio della nebbia una cinquantina di metri a distanza un’austriaco di vedetta, il primo sparo gli alpini prendono immediatamente posizione sulla cresta formandosi un parapetto con la neve e il combattimento comincia e artiglieri di forcella grande vendono finalmente i bersagli e possono entrare in azione ma gli austriaci sono fortemente trincerati e fortemente appoggiati dall’artiglieria , gli alpini sulla cresta invece sono scoperte in posizione tale da non potersi spostare e da non poter eseguire alcun tiro efficace sul nemico, sparano con i fucili e con le mitragliatrici sul circo dove l’altra compagnia compagnia ha superato i reticolato tagliati nella notte dal plotone di sciatori e ha raggiunto le trincee di val Prà del vecio , ma il movimento è arrestato da fuochi incrociati di mitragliatrici appostate presso il Torrione del forame di fuori a 2455 sulle spalle occidentale della cresta di Costabella
Nella notte del 20, mentre gli alpini sostano sulla cresta di Costabella e sotto il ghiacciaio di a cresta bianca due squadre raggiungono di il pezzo da 70 appostato in un ripiano di roccia poco a nord della forcella Padeon alle 3 partono dal pezzo e si calano nel circo per un canalone di neve poi rasentando lungamente la base delle rocce del vecchio del forame raggiungono un masso sul crinale che dalla lastronata del vecchio scende a forcella verde, il piccolo posto austriaco è 50 m più in là, sta sorgendo l’alba, un tascapane carico di bombe sfugge dalle mani di un alpino. E allarme. Una nutrita scarica di fucilate investe immediatamente il gruppo più avanzato e uccide una decina di alpini tutti gli altri del gruppo di testa più o meno gravemente feriti vengono fatti prigionieri, uno soltanto riesce a sfuggire.
Arriva un fonogramma, molto energico che incita ad avanzare. Il maggiore Buffa Da Perero che comanda le attacco, raccoglie attorno a sé al riparo di un masso i pochi ufficiali superstiti e comincia il fonogramma : un fremito occorre per le vene di tutti. Letto il fonogramma, il maggiore, ritto, calmo, scandendo le parole, aggiunge :
signori ufficiali, andiamo alla morte facciamo vedere come sanno morire gli alpini
L’attacco immediatamente ripreso, generale, risoluto. Due ufficiali danno il grido e si lanciano contro i reticolati virgola in testa ai loro plotoni. Cadde l’uno con il cranio fracassato da una bomba a mano, l’altro colpito da una pallottola in fronte: e morti, rotolano l’uno e l’altro per la neve del lungo, ripido declivio fin giù in fondo al circo, ad impigliarsi nei reticolati nemici. Viene tentato ancora un estremo sforzo con un’altra squadra. Il caporale che la segue grida :
“fioi, avanti, per l’onor del bataion; chi che torna indrio lo copo mi !”
Una pallottola immediatamente fulmina l’uomo che ha lanciato quel grido. Il comandante della compagnia ferito due volte . Il maggiore, barcollante, arso dalla febbre per infezione di una ferita riportata il giorno prima, viene ferito ancora: una pallottola di fucile ed attraversa della spalla. Chi assiste da forcella grande vede sulla cresta tagliente profilarsi degli alpini che avanzano uno dietro all’altro; e vede la fila diradarsi sempre di più, mentre molti feriti rotolano giù per il declivio di neve, ma non un alpino indietreggia, non uno esita ed ognuno avanza ed è ucciso o ferito. Mentre si combatte lassù ad altezze sovrane , 1500 m più sotto nella piana boscosa di Rufreddo fanti e bersaglieri, partiti del col de strombi, tentano invano di conquistare il costone nord ovest del forame. Combattono accanitamente , sanguinosamente , per sei giorni ma sono costretti a ritirarsi sulle posizioni di partenza , per il fuoco micidiale di fronte, i contrattacchi violenti, per resistenza degli articolati di ferro cementati, disposti su tre ordini estesissimi, con campanelli di allarme e buchi e fosse celate tra i mughi, e per il fuoco laterale di “cecchini” annidati tra i mughi e dirupi della Croda dell’Ancona . Lassù, in ogni cresta in ogni forcella in ogni anfratto di Croda, laggiù, tra l’intrico dei mughi e delle boscaglie di abeti, vi sono uomini in armi e in agguato. Gli uni coadiuvano gli altri nell’azione concordemente diretta da un fine comune. Quelli e questi ugualmente ammirabili e pur quanto diversi.
Carlo Buffa Da Perero
Voglio spendere due parole sul personaggio , che per chi ha fatto l’alpino magari ricorda , ma per tanti è semplicemente uno qualsiasi , ma vale la pena di ricordare :
Nacque a Torino il 20 dicembre 1867 e morì in combattimento nei pressi di Castagnevizza il 5 novembre 1916. Nato da nobile famiglia piemontese, studiò nel Collegio Militare di Milano e, passato alla Scuola Militare di Modena nell’ottobre 1885, due anni dopo ne uscì sottotenente di fanteria assegnato al 50° reggimento, fu inviato, nel 1890, in Africa e promosso tenente rimpatriò nel 1892. Nel gennaio 1896 passò negli alpini, assegnato al 4° reggimento, e nel 1903, con la promozione a capitano, fu trasferito al 2° alpini. Nell’aprile 1914 fu in Tripolitania col battaglione Fenestrelle del 3° alpini ed ebbe un encomio solenne pel fatto d’arme di Chaulam. Rientrato in Italia nell’agosto dello stesso anno e promosso maggiore nel febbraio 1915, fu mobilitato nel maggio per la dichiarazione di guerra all’Austria. Al comando del battaglione Cadore del 7° alpini, meritò una medaglia d’argento al v. m. nelle operazioni per la conquista del Monte Cristallo ove si condusse brillantemente, benché due volte ferito. Ritornato al fronte dopo le cure in ospedale, con la promozione a tenente colonnello, nell’agosto 1916, assunse il comando del 138° reggimento fanteria della brigata Barletta con il quale raggiunse la zona carsica, nell’imminenza dell’offensiva autunnale. Ricevuto l’ordine di attaccare le posizioni austriache nella zona di Castagnevizza, il 1° novembre 1916, guidando personalmente i suoi battaglioni, superò di slancio la prima linea nemica e con un secondo balzo portò il reggimento fin sulla seconda linea, incalzando l’avversario e catturando numerosi prigionieri. Ripresa la marcia in avanti e quando già gli obiettivi fissati dal comando della Divisione erano stati raggiunti, una granata nemica lo colpì in pieno, troncando la nobile vita.
Motivazione della medaglia d’argento al valor militare :
“Avendo fatto tentare successivamente l’assalto di una trincea nemica, lungo una sottile e difficile cresta di ghiaccio, da due squadre comandate da ufficiali, delle quali tutti i componenti rimasero morti o feriti, si poneva egli stesso alla testa della terza squadra e si slanciava all’assalto riportando due ferite. Monte Cristallo, 21 ottobre 1915”
Alla sua memoria fu conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente motivazione:
“Alla testa del suo reggimento, con sereno sprezzo del pericolo, lo condusse alla conquista di una forte e contrastata posizione nemica. Superatala, con meraviglioso ardimento e mirabile slancio, sempre in prima linea, proseguì nell’azione, inseguendo il nemico, frustrandone ogni tentativo di resistenza e spingendosi fino alla linea più avanzata del campo di battaglia. Ivi, con insuperabile serenità ed incrollabile fermezza, per una intera notte e fino al mezzogiorno dell’indomani, seppe col suo valoroso reggimento resistere agli accaniti contrattacchi dell’avversario ed alle sue ripetute minacce di avvolgimento, assicurando così la completa, brillantissima vittoria conseguita dai nostri nel pomeriggio dello stesso giorno. Sulla stessa linea più avanzata, trovò morte gloriosa, mentre si studiava di affermare la vittoria col consolidamento delle posizioni conquistate. Locvizza, Kastanjevizza, 1 -4 novembre 1916.”
Fonte : La guerra in Ampezzo e Cadore- Antonio Berti -Mursia
La leggenda dell’umile Pastore e la Principessa
La leggenda narra che, tanti anni or sono, sul monte Cristallo si ergesse un castello. E fosse abitato da un’incantevole principessa: ovviamente la sua bellezza non passava inosservata agli occhi dei pretendenti. Ma lei non cedeva alle lusinghe dei corteggiatori. La ragazza era assai furba: per rapirle il cuore, avrebbero dovuto raccontarle una storia che la riguardasse. I giovani aguzzavano la fantasia, ma si perdevano nel racconto, distratti dalla bellezza e dagli occhi cristallini della principessa. Inoltre non riuscivano mai a superare le domande trabocchetto del ciambellano di corte. Un giorno, però, la fanciulla udì un canto melodioso, accompagnato da parole che la colpirono dritta al cuore. Subito volle sapere chi si nascondeva dietro quelle parole: era Bertoldo, un giovane pastore follemente innamorato di lei. Più volte aveva provato a entrare a corte per cantare la sua storia d’amore, ma fu sempre cacciato, essendo considerato di basso rango. Tuttavia, la fanciulla volle incontrarlo a tutti i costi: Bertoldo accolse con gioia la possibilità. E raccontò la sua storia, legata alla Terra dei Beati, dove prima di scendere nella terra, lei era una bellissima regina, lui un umile pastore che cantava dal giardino per renderla felice. Un giorno, un angelo con il compito di portare entrambi sulla Terra chiese al pastore quale fosse il suo desiderio. E lui lo espresse in un orecchio di modo che nessuno potesse sentirlo. Arrivati sulla Terra, il desiderio venne esaudito. Incuriosita, la principessa chiese quale fosse il volere di questo pastore. E Bertoldo le rispose: «Il desiderio di poter continuare a vedere occhi celestiali e cristallini come i tuoi». La principessa rimase folgorata e se ne innamorò. Ancor oggi, il nome di Bertoldo è legato al monte Cristallo, che gli ampezzani chiamano “Croda de Bertoldo”. Francesca Mussoi
Cartografia : Edizioni Zanetti – n°25 Monte Baldo 1:30000
Come Raggiungere
Ci sono due sistemi per raggiungere il Rifugio Monte Baldo 1100 m , si può raggiungere Avio e si prende sulla sinistra salendo per diversi km , seguendo le indicazioni per il Rifugio , al primo bivio si tiene la sinistra fino a raggiungere un bivio con una stradina sterrata che porterà proprio al Rifugio , in alternativa si può salire anche da Mori passando per Brentonico e proseguendo fino a raggiungere prima il bivio che sale da Avio e poi la stradina che porterà al rifugio.
Descrizione
Più che di una semplice ferrata la Gerardo Sega è un sentiero ad anello in una fantastica valle , dopo aver raggiunto il rifugio Baldo 1100 m si scende verso la valle , attraverso alcune case addentrandosi poi in una mulattiera che scende in una stretta e fantastica valle a fianco di un canale fluviale, passando per una stretta gola molto carina e con una certa pendenza , si raggiunge così il Sas della strega , cui la leggenda narra di una vecchia strega che sia rimasta schiacciata dal sasso caduto durante il suo passaggio , si scende ancora fino a raggiungere un bivio di raccordo in località Preafessa , dove sulla sinistra inizia il percorso che porterà all’attacco della Ferrata Gerardo Sega , molto panoramica anche se corta e poco difficile, ma in alcuni tratti adrenalinica , superato il piccolo ponticello tibetano , si raggiunge una grandiosa e alta cascata , ci si addentra nel bosco, per raggiungere poi i piedi delle cenge strapiombanti dove lo spettacolo si amplificherà grazie alle irte pareti , li si potrà finalmente vedere l’attacco , che parte con una piccola scaletta ,ed un traverso mozzafiato , per poi attraverso un canalino salire sul traverso successivo , in passaggi molto stretti e panoramici , si raggiungono poi alcuni brevi passaggi sotto cengia privi di corde ma molto sicuri ed incredibilmente belli , dove da sopra si potrà notare il passaggio fatto prima decine di metri più in basso , si ricomincia salire un canalino attrezzato e poco esposto , ed attraverso un tratto boschivo raggiungere l’ultimo pezzo verticale che porterà infine nel pezzo più incredibile ed esposto , con una visuale sulla Valle di Avio mai vista , raggiungendo così la fine della ferrata , si continuerà con saliscendi tra pascoli di quota e piccole baite , raggiungendo così poi la chiesetta della Madonna della neve , e poi il Rifugio Baldo dove ci attenderà un meritato ristoro.