Tempo di percorrenza del sentiero 435 solo andata : 2h40
Dislivello totale : 750 m
Quota massima raggiunta : 1659 m
Dopo essere saliti da Schio dalla zona di Poleo e passati per Santa caterina superato l’albergo San Marco si giunge il località Cerbaro , mentre se si sale da Santorso passando prendendo la strada per San Ulderico si può salire nella stessa località. Giunti a Cerbaro si mette l’auto nell’ampio posteggio e si procede verso il campeggio a sinistra passato l’agriturismo si nota la carrareccia che porta a Passo Campedello e monte Priaforà.
Il sentiero presenta qualche salita di media pendenza ma e molto bello e interessante, sopratutto nel periodo estivo e primaverile (anche se risulta molto percorribile anche nel periodo invernale vista la sua scarsa pericolosità) . Nel visitare il sistema molto bello dei cunicoli posti sulla base sommitale del Priaforà si raccomanda L’USO DI UNA TORCIA , ma sopratutto il soffermarsi e l’ammirare la grande opera di difesa fatta dall’uomo su quel monte . Ci sono altre vie per salire al Priaforà come il 477 ed il 480 , ma il 435 resta la via più classica , le foto che ho pubblicato sono molto riduttive , la visione panoramica di questa quota e unica , ed e stata importante presidio nel periodo bellico del 1915-1918 , se ci salirete lo potrete capire da soli . Mi sembrava doveroso pubblicarlo da solo come un itinerario storico di grande importanza sia per le postazioni che per i fatti bellici che si sono verificati in questa quota e come del resto lungo la linea Cima Alta , Postazioni Vaccaresse , forte Rione , monte Caliano.
Cenni storici
Il monte Priaforà fu un grosso punto di riferimento per la grande visuale verso la valle di Arsiero , dapprima conquistato dai Battaglioni Kaiserjaeger.
Il 29 Maggio, preceduti da forte bombardamento d’artiglieria, gli Austriaci (Battaglioni Kaiserjaeger) riprendono furiosi attacchi contro i ripidi versanti della dorsale montuosa. Il 30 Maggio 1916 la linea italiana viene intaccata con la perdita del Priaforà, propaggine Nord del Novegno.
Ultimo giorno di Maggio: la linea italiana, difesa nella zona del Novegno dalla 35a Divisione e dalla 9a Div. più a Est, corre dalla cresta di questo per scendere fino a passo Campedello e risalire al trincerone di Monte Giove, di fronte al Priaforà. Da qui la linea corre sulla sommità dei Colletti di Velo per entrare in Val d’Astico davanti al paese di Velo d’Astico, abbandonato.
Quindi la linea prosegue per il fondo valle fino alla frazione Seghe di Velo e, passato l’Astico al ponte di Schiri, risale le pendici di Monte Cengio.
Gli attacchi austroungarici riprendono i primi di Giugno soprattutto contro Monte Giove e i Colletti di Velo, ma il forte sbarramento di artiglieria italiano, specie delle batterie piazzate sul Monte Summano, impediscono seri vantaggi per il nemico.
Il 12 Giugno un formidabile schieramento di artiglieria posto soprattutto sull’altopiano di Tonezza, apre la strada all’attacco delle fanterie austriache contro il trincerone di Monte Giove. La linea italiana sembra cadere, ma un provvidenziale sbarramento di artiglieria costringe gli austriaci a riparare nelle proprie trincee.
Gli ultimi attacchi nemici e la sospensione dell’offensiva (11-18 giugno)
Per poter proseguire con l’offensiva, il XX. Armeekorps austro-ungarico doveva avanzare dal monte Priaforà per conquistare il Passo di Campedello e da qui scendere sull’altopiano del Tretto e poi nella piana di Schio, per tagliare le vie di rifornimento dei reparti italiani sul Pasubio e di quelli della 9a divisione che si trovavano sui Colletti di Velo e sul monte Summano, costringendoli alla resa. In tal modo avrebbe potuto aggirare e catturare anche le batterie del 140° Gruppo d’artiglieria d’assedio, piazzate sul rovescio della lunga dorsale che delimita a sud-ovest la conca di Arsiero, il cui fuoco incessante impediva alla 3a divisione di fanteria “Edelweif3” di dilagare nella pianura vicentina. L’attacco decisivo alle linee italiane dal monte Giove al monte Novegno ebbe inizio alle 6,30 del 12 giugno con un violento bombardamento dell’artiglieria austro-ungarica, che impiegò 264 pezzi di vari calibri, compresi sei mortai da 24 cm e quattordici da 30,5 cm, l’obice “Gudrun” da 38 cm piazzato in Val di Campoluzzo e perfino i tre obici italiani da 280 mm catturati sul Soglio del Lovo, in alta val Posina. Il fuoco di preparazione investì la linea difensiva presidiata dai reparti della 35a divisione italiana, il cui tratto più debole era il “trincerone” del monte Giove, un muraglione di pietre a secco eretto a cavallo della dorsale per dividere i pascoli di Malga Campedello da quelli di Malga Vaccarezze, privo di traverse che potessero limitare gli effetti di una granata caduta eventualmente al suo interno, che doveva essere presidiato costantemente da numerose truppe anche durante i bombardamenti, perché nelle vicinanze non c’erano ricoveri in caverna né costoni di roccia dietro ai quali ripararsi. La 35a divisione italiana schierava fra il monte Spin e il monte Vacca resse il I e il Il battaglione del 63° fanteria della brigata Cagliari, col 111battaglione del 70° fanteria della brigata Ancona di rincalzo; nella conca del Passo Campedello i battaglioni alpini Cividale e Monte Clapier, fra il monte Giove e il monte Brazome il I e il Il battaglione del 69° fanteria della brigata Ancona in prima linea e il III di rincalzo. La sua artiglieria disponeva complessivamente di 29 cannoni, dodici dei quali da 65 mm da montagna, quattro da 105 e tredici da 149. Dopo circa 4 ore di intenso bombardamento, le batterie austro-ungariche allungarono il tiro e grossi reparti del I e Il battaglione del 4° reggimento Kaiserjager, dotati di numerose mitragliatrici, tentarono due volte di attaccare le posizioni italiane del monte Giove, convinti che i difensori fossero stati annientati o costretti a ritirarsi, ma furono tenacemente respinti dai fanti del 69° reggimento della brigata Ancona. Nel corso della notte, le compagnie del genio aggregate alla 35a divisione ripararono i danni prodotti alle trincee dal bombardamento nemico, ripreso con intensità dopo che era stato respinto l’attacco dei Kaiserjager, e scavarono ulteriori difese accessorie; inoltre furono predisposte scorte di munizioni, viveri di riserva e acqua per evitare i movimenti delle corvee durante il giorno.
Fonte : La strafexpedition di Siro Offelli