Credo sia doveroso ringraziare chi ha contribuito e reso possibile la riparazione di un sentiero così importante che nei tempi purtroppo era stato lasciato al caso, un lavoro imponente ma molto ben fatto . Complimenti a tutti grazie e buon Cammino. Luciano
Buonasera a Tutti !!
È arrivata anche l’ordinanza del Comune di Recoaro Terme per la riapertura del sentiero 120 nel Tratto sotto i Vaji dello Zevola-Tre Croci dove si spiega le categorie che sono ammesse al passaggio. Per il tratto in questione si permette il transito ai camminatori mentre è interdetto il passaggio ai velocipidi ( MTB,Gravel e bike),per ovvie ragioni di sicurezza trattandosi di tratti con scale in legno e passamano. Resta quindi ancora percorribile per le biciclette e per chi viene a cavallo la deviazione che si è percorsa in questi anni. Ringraziamo gli operai della Piccole Dolomiti ,l’ Unione Montana ed il Comune di Recoaro Terme per il lavoro di ripristino.
Un grazie tra gli amministratori a Paolo Asnicar ma in particolare a Sonia Benetti che non si è mai arresa in questi anni difronte alle difficoltà burocratiche e finanziarie , permettendo alla fine la riapertura del 120 o dei Grandi Alberi.
Rifugio Cesare Battisti per info e prenotazioni solo telefonicamente e a voce allo 044575235-3343574038.
Quando l’arte si tramanda e si sente quel profumo di legno lavorato con amore e passione escono piccoli capolavori… e per questo che voglio dare lustro a queste piccole realtà nel nostro territorio segno che qualche volta la passione si tramanda da padre in figlia … Luciano
La nostra Storia
Questa fantastica avventura iniziò molti anni fa, alla fine degli anni ’90. Io e mia mamma, un po’ per gioco, un po’ per passatempo, iniziammo a lavorare con un tornio costruito da mio papà. Quando tornavo a casa ero tutta impolverata e perdevo trucioli per le scale d’entrata; il mio vicino di casa iniziò a chiamarmi “truciolo” e così nacque il nome della mia attività. Grazie alla fantasia e alla creatività mia e di mia mamma, al supporto tecnico di mio papà (perito meccanico per passione e per lavoro) e all’intraprendenza di mio fratello, entrammo a far parte del mondo dell’artigianato in legno, creando una varietà di articoli nel nostro laboratorio e vendendo in negozio e nelle fiere. La vita però a volte ti porta ad intraprendere strade inaspettate e così, lasciato il mondo dell’artigianato in legno, mi sono dedicata ad altre attività, arricchendomi di esperienze lavorative in vari settori. I miei genitori, in pensione, hanno continuato per hobby a creare oggetti in legno partecipando a diversi mercatini e manifestazioni della zona. E’ difficile però staccarsi da questa passione, dal profumo e dai colori del legno e da quella splendida emozione che provi quando con le tue mani crei qualcosa di unico e apprezzato dagli altri, così nel 2015 con nuovo spirito e tanta voglia di creare, sono tornata a lavorare questo splendido materiale, trasmettendo questa passione anche a mio marito.
Un ringraziamento speciale va a mamma Lella e papà Giorgio per avermi sempre aiutato e per aver portato avanti questa attività durante la mia assenza, a mio fratello Mirko che è stato un collaboratore prezioso e divertente e soprattutto a mio marito Paolo che ha sempre creduto in me e che ha realizzato questo sito.
Il mio augurio è che visitando il mio “negozio online” tu abbia la sensazione di entrare in un piccolo negozio di artigianato locale, di poter apprezzare tutta la cura e l’amore che mettiamo nella creazione dei nostri articoli, di sentire quasi… il profumo del legno!
Buongiorno dopo aver avuto ancora richieste del mio piccolo lavoro , sono andato in ristampa con il mio libro, il prezzo di acquisto è di 15 euro, per chi fosse interessato questi sono i miei contatti:
Amo l’odore del legno bruciato ❤️(pirografia) . Veronica
La magia del pirografo, è qualcosa che và oltre alla semplice creatività, il legno che brucia sotto il calore di quella punta incandescente che in mani esperte prende forma e calore , l’odore di quel legno che brucia, la fantasia della mano, crea sculture di pregio e uniche nel loro universo. Luciano
Oggi voglio dare visibilità a piccoli scultori che con grande passione creano qualcosa da un semplice pezzo di legno, queste sono le magiche creazioni di Veronica, che con mano esperta dà vita , e nuova forma al legno, perchè il legno è vivo , e vive anche dopo bruciato, le sue creazioni fatte con grande passione , una passione che merita visibiltà e che merita la nostra stima , e che in qualche modo donano visibilità al nostro territorio.
Ci sono delle realtà che qualche volta vengono bistrattate da chi dovrebbe prendersene cura, con quell’amore che il montanaro conosce bene ,ed è il motore della propria esistenza in un legame con il territorio che non conosce confini. Luciano cailotto
La nuova vita della baita Cristellin è un passo verso l’amore infinito per quella piccola ma grande realtà della Val Zoldana dove ci si sente a casa e dove ci si sente in famiglia, perché questa è la Val Zoldana…e perché si torna sempre dove si è stati bene… un grosso in bocca al lupo a chi ha avviato e crede in questo progetto…
“Chi più in alto sale, più lontano vede; chi più lontano vede, più a lungo sogna.”
un grosso in bocca al lupo per la nuova vita della Baita Cristelin…
Ci sono luoghi dove il montanaro trova la pace , sono luoghi poco trafficati e poco praticati dai pseuoalpinisti e pseudoescursionisti, questo piccolo paese che genera grandi emozioni per gli occhi di chi sa guardare e per chi si sa ancora emozionare, qui il montanaro guarda con i suoi occhi un paese a misura d’uomo, pane per i suoi denti dalle asperità severe delle Pale di San Martino ad i sentieri più facili del Passo Rolle, dalle piste da sci , allo scialpinistica del Rosetta in un scenario che non si descrive con le parole, ma bisogna salirci e forse qualcosa verrà più chiaro…Buon Cammino . Luciano
Certo San Martino e forse meno conosciuto di altre località montane, che gli escursionisti ricercano per le loro montagne nel cuore dolomitico…ma le Pale di San Martino, sono montagne severe, irte e aggressive. Non sono per tutti , il loro scenario lunare, il salire su quote così alte rimanendoci per ore le rendono uniche, perchè lo sono…il paesino a 1450 metri di quota è qualcosa per montanari che non vivono certo in comodità perche la vita in montagna non è certo facile. Il luogo è incredibile il parco del Paneveggio , Fiera di Primiero , Mezzana ed altri .
LA NASCITA’ DI UN PAESEdi Marco Toffol
Il primo impatto dei visitatori della nostra località era naturalmente quello con le meravigliose cime del gruppo della Pala: i primi forestieri, inglesi e mitteleuropei, avevano in effetti “scoperto” la zona proprio per la loro passione per le arrampicate. All’inizio, la piana di San Martino era comunque caratterizzata solo da una chiesetta, un ospizio, risalenti entrambi al XI secolo, ed alcuni edifici rurali. In pochi anni, l’intraprendenza di pochi pionieri, fece nascere un paese!
LA PRIMA GUERRA MONDIALEdi Marco Toffol
La prima guerra mondiale investe San Martino e tutto il Trentino solamente nel 1915, quando già da quasi un anno l’Impero è impegnato nella guerra contro la Russia. I giovani della valle abili alle armi sono reclutati nei corpi d’elité delle truppe austro-ungariche e combattono il nemico nelle pianure della Galizia. Il 23 maggio 1915 l’Imperatore Francesco Giuseppe I da ai suoi popoli l’annuncio che il regno d’Italia ha “tradito” la decennale alleanza stipulando un patto segreto con l’Intesa e dichiarando guerra alla monarchia ed aprendo così il tanto temuto secondo fronte. Il piano di difesa austriaco, elaborato da tempo vista la scarsa affidabilità dell’alleato, prevede l’arroccamento delle truppe sulle cime delle Fassaner Alpen, il Lagorai, e il conseguente abbandono della valle di Primiero. Come logica conseguenza, gli edifici di San Martino, ad eccezione della Chiesa, vengono incendiati ed il paese è ridotto ad un cumulo di rovine. Ma non trascorrono che pochi anni dalla fine delle ostilità e la tenacia dei primi pionieri del turismo, i Toffol, Panzer e Langes, fa rinascere le strutture e con esse la fama internazionale di San Martino di Castrozza.
LA STORIA di Marco Toffol
Alpe di Castrozza: così si legge nei documenti più antichi che si riferiscono a questa ampia conca di pascoli ai piedi di alte vette inaccessibili. Un’ipotesi fa derivare Castrozza da castrum, avamposto militare romano situato lungo una via secondaria (la Via Claudia Augusta passava a circa 50 km da qui) a supporto degli eserciti impegnati nell’opera di conquista dei territori alpini. In seguito venne eretto un Ospizio per mano di una comunità religiosa spontanea, che adottò una regola di tipo benedettino. Fonti documentali attestano che l’Ospizio di Castrozza aveva la finalità di dare assistenza ed ospitalità a pellegrini, viandanti e commercianti che a partire dall’alto Medioevo si trovarono spesso ad affrontare la non facile impresa di attraversare le Alpi. I monaci sparirono misteriosamente dalla località a metà del Quattrocento ed il monastero venne sostituito da un beneficio semplice senza obbligo di cura d’anime, che conservava però il precedente dovere di ospitalità ai viandanti. Una nuova epoca cominciò per San Martino di Castrozza alla metà dell’Ottocento: viaggiatori e viaggiatrici inglesi, animati da uno spirito romantico e decadente che li spingeva ad affrontare lunghi ed avventurosi tour nelle Dolomiti inesplorate, “scoprirono” le Pale di San Martino. Le montagne catalizzarono dapprima ambizioni ed interessi di appassionati escursionisti, geologi, botanici. In un secondo momento intrepidi alpinisti, non più solo britannici, affrontarono anche le ardite guglie dolomitiche. Alcuni nomi: Francis Fox Tuckett, John Ball, Leslie Stephen, Edward Whitwell, Theodor von Wundt, per non dimenticare le signore Imminck e Thomasson. Per compiere queste storiche ascensioni, gli scalatori si avvalsero della collaborazione di cacciatori o pastori locali. Col passare degli anni, questi aiutanti accompagnatori diventarono degli eccellenti e ricercati professionisti, le leggendarie guide alpine Aquile di San Martino. La locanda dell’Ospizio risultò ben presto inadatta a dare adeguata ospitalità a questi primi esploratori ed alpinisti; iniziò così la costruzione dei primi alberghi per opera di imprenditori valligiani e stranieri. In breve San Martino di Castrozza divenne una località di villeggiatura di primo piano nel panorama turistico internazionale. Incendiata durante la Iª Guerra Mondiale dalle truppe austriache in ritirata, la San Martino dei prestigiosi alberghi risorse nel primo dopoguerra, ormai annessa al territorio italiano. Negli Anni Venti decollò anche il turismo invernale a completamento dell’offerta turistica della stazione.
Dopo la conclusione secondo conflitto mondiale, favorito anche dal miracolo economico, a partire dagli anni ’50-’60 il paese ha subito un’importante espansione oltre che ad un miglioramento delle strutture alberghiero-ricettive accompagnato da un vasto aumento delle aree sciabili che hanno reso San Martino di Castrozza una delle più conosciute località turistiche del nord Italia. Nel 1952 ha ospitato la terza edizione della 3-Tre, tra le più antiche competizioni mondiali di sci alpino , vinta dal francese Francois Baud .
Dedicato a chi lavora… con un’amore vero… per la propria terra, a dimostrazione che l’unione fa la forza.
Una considerevole parte del Gruppo Amici del Sentiero di Recoaro Mille si è ritrovata a festeggiare in amicizia e allegria la conclusione della stagione di manutenzione dei sentieri 2024.
Il Gruppo di Volontari ha una lunga storia. Nato 40 anni fa con l’ obiettivo di rendere piacevole e sicuro camminare tra i borghi di Recoaro Mille, ha migliorato nel tempo i sentieri esistenti, oltre che a crearne di nuovi collegando le zone di Borga – Piasea – Busa di Pizzegoro – Rasta – cabinovia per Recoaro Terme – Monte Spitz – Fantoni e Fongara.
Manutenzioni costanti negli anni con sfalcio, taglio ramaglie e rovi, sistemazione del fondo di ghiaia e scalini, e quest’ anno con la posa dell’ opportuna segnaletica.
Un Gruppo vivace e propositivo ad oggi di 40 volontari composto ancora da alcuni decani che lo hanno fondato (lunga vita) e da giovani leve entusiaste dell’iniziativa. Il nostro futuro.
Un ringraziamento speciale all’ Amministratore Comunale di Recoaro Terme per il sostegno fornito alla buona riuscita dei lavori annuali. Lucia Camposilvan
Sono incredibilmente sorpreso , questo sito nato per aiutare chi montanaro non è ad avvicinarsi nel fantastico mondo delle nostre montagne , un lavoro svolto con passione e tenacia , ma e con la stessa emozione del montanaro che vorrei abbracciarvi tutti e come voglio con orgoglio ricordare che questo sito e completamente gratuito perchè i costi li sostengo io per non avere pubblicità occulta che disturba la lettura e la visione …vi ringrazio tutti… Luciano Cailotto
Dopo il danno la beffa, e la tristezza dei montanari come me, che alle 7 di mattina dalle Cinque Torri sentono le ruspe al lavoro, anzichè i rumori del bosco e della montagna, per quel Dio denaro che ormai è in possesso a pochi, e quei tanti politicanti che fanno le cose con i nostri soldi togliendoli da ciò che veramente conta. Luciano Cailotto
Articolo di Silvia Granziero 1 marzo 2024 ” The vision “
Come molti nati e cresciuti in città, intrappolata in casa tra i vari lockdown, negli ultimi anni ho maturato una crescente attrazione per la montagna, che oggi in Italia è la cosa più simile alla natura incontaminata che abbiamo. Lì vado per allontanarmi dalla cappa di smog della pianura, lì ascolto finalmente il silenzio e fermo, per una volta, la ruota della settimana lavorativa. Sono sensazioni comuni, e così anche io, come tanti, ho sentito una fitta al petto vedendo le seghe abbattersi sui larici di Cortina d’Ampezzo, la settimana scorsa, per fare spazio alla nuova pista da bob per le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026. Se, superata l’emozione suscitata dal rumore della motosega nel silenzio del bosco, ci si pensa razionalmente, ci si accorge che il problema oltre al taglio degli alberi in sé è più vasto, ed è collegato al motivo stesso dell’operazione: la costruzione di una pista che sarà usata per una manciata di gare e poi, presumibilmente, abbandonata per mancanza di neve – dato che già oggi l’indicatore dell’acqua stoccata nell’accumulo di neve in montagna ha raggiunto il -64% rispetto alla media del periodo 2011-2022, situazione che ha già fatto saltare diverse gare, in italia e non solo , uno spreco rappresentativo del nostro approccio miope all’ambiente montano.
Nonostante i pareri contrari, la grande macchina dei Giochi – e degli affari – però si è messa in moto con l’accordo per lo sviluppo e coesione firmato a novembre dalla premier Giorgia Meloni e dal presidente della Regione Veneto Luca Zaia, per un finanziamento da 33,5 milioni di euro per realizzare bacini idrici per l’innevamento e collegare la Ski Area del Civetta e la Ski Area Cinque Torri. Rientra in questo ampio disegno il progetto della Società Infrastrutture Milano Cortina 2026 (SIMICO) per realizzare una pista di bob, skeleton e slittino, siglato ufficialmente a inizio febbraio; così la settimana scorsa è iniziato l’abbattimento di circa 600 larici nei pressi di Cortina, in un contesto, quello delle Dolomiti, che ha già 1.200 km di piste da sci.
A protestare non sono solo gli ambientalisti: sul progetto ha espresso perplessità il Comitato Olimpico Internazionale (CIO),secondo cui la pista non sarà praticabile a lungo dopo i Giochi, mentre gli impianti esistenti sarebbero sufficienti per tutti gli atleti e le gare. Poi è stato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti a ritenere “quasi impossibile” finire i lavori entro il 15 marzo 2025 per i collaudi e le eventuali correzioni. Motivi validi per rinunciare a ricostruire la pista da bob e slittino intitolata al campione Eugenio Monti realizzata per i Giochi invernali del 1956, chiusa nel 2008 e smantellata nel 2023; si sarebbe potuto tutt’al più riaprire la pista di Cesana, in Piemonte, costata ai tempi 110 milioni, usata per i Giochi di Torino del 2006 e chiusa dal 2011; o, ancora meglio, sfruttare le strutture già operative in Austria e Svizzera, come suggerito dallo stesso CIO. Cosa che bisognerà fare comunque se i lavori non saranno finiti per tempo, con relativi costi aggiuntivi per l’affitto degli impianti.In ogni caso, come andrà a finire può farlo intuire proprio la vicenda del tracciato di Cesana: pochi anni di operatività e una manciata di gare che non hanno certo ripagato, nemmeno simbolicamente, gli enormi costi sostenuti per la realizzazione dell’impianto; quello di Cortina dovrebbe costare 81 milioni, comunque troppo rispetto ai poco più di 30 che avrebbe comportato riavviare un tracciato già esistente, senza contare gli sprechi materiali e i problemi ambientali di cui oggi, rispetto al 2006, dovremmo essere più consapevoli.
Tra le altre cose, infatti, c’è anche il sospetto – espresso dagli abitanti alla consigliera regionale di Europa Verde Cristina Guarda, che ha inoltrato una segnalazione al Nucleo Forestale di Cortina d’Ampezzo – sull’entità degli abbattimenti; secondo un’indagine condotta dalla rivista “l’Altra Montagna” , infatti, il progetto finale individua come “da tagliare” quasi 2mila larici, contro i 5-600 pubblicizzati. Sono piante con un’età media di circa 150 anni, con un valore ambientale, ma anche culturale e sociale, non solo per i turisti, ma anche per gli abitanti della zona. Come fa notare “l’Altra Montagna”, poi, a fronte del taglio del lariceto era stato previsto un indennizzo da oltre 23.500 euro: è lecito aspettarsi, quindi, che ora la cifra venga adeguata all’estensione del disboscamento. Soldi che si sommano alle spese per la realizzazione di quell’impianto mostruoso che sono le Olimpiadi e che non tiene conto dei costi indiretti delle conseguenze ambientali, a partire dalla perdita della copertura boschiva e dei suoi effetti: dalla minor capacità di assorbimento di anidride carbonica a un maggior rischio idrogeologico, alle conseguenze dell’affluenza di pubblico e mezzi sull’equilibrio della fauna locale. E tutto questo non si risolve attraverso compensazioni economiche.
Anche perché le infrastrutture in costruzione si sommano alle migliaia di impianti di risalita presenti sulle Alpi – 450 solo nel sistema Dolomiti Superski – per lo più volti a sostenere l’economia dello sci, comparto che ha fagocitato sempre di più le montagne italiane, sovrastando ogni altro settore. Il docente di Economia e Gestione delle imprese all’Università di Trento Umberto Martini, esperto di gestione del turismo in quota, sottolinea come negli anni l’approccio invece di migliorare sia sempre più insostenibile: fino agli anni Ottanta si sciava anche a 800 metri e in primavera la montagna andava “a riposo” turistico per riaprire in estate, stagione adatta all’escursionismo; un andamento che sta cambiando negli ultimi decenni, con la contrazione della stagione sciistica e con estati che, ormai invivibili in città, attirano sempre più persone in quota ed estendono le aperture annuali dei rifugi; aumentano anche i rischi a cui turisti poco esperti si espongono in un ambiente reso più instabile dalla crisi climatica.
Tenere conto di questi cambiamenti, tra l’altro, farebbe bene allo stesso turismo invernale, che in Italia vale10 miliardi di euro annui annui e che oggi è minacciato dalla crisi climatica. Per questo, per sopravvivere, avrebbe bisogno di un piano di adattamento e di diversificazione. Si tratta, infatti, di un turismo che dipende dalle condizioni meteorologiche e la crisi climatica accorcia la stagione invernale, porta la neve sempre più in alto,verso i 2000 metri, provoca eventi meteorologici imprevisti, accresce il rischio di valanghe e crolli e impone nuovi ritmi all’economia turistica. Se le Olimpiadi invernali continuano a essere viste come una grande occasione di crescita –spesso apparente – e non come l’opportunità per interrogarsi sul futuro degli sport invernali e del loro rapporto con l’ambiente, nemmeno il cambiamento nella fruizione “quotidiana” delle Alpi è andato di pari passo con un cambiamento culturale. Tuttora, molti turisti non sanno adattare i propri comportamenti all’ambiente e si aspettano forme di intrattenimento “cittadine”, dall’aperitivo allo shopping, suggerite dalla stessa narrativa del marketing turistico; così gli operatori si adeguano nel nome del guadagno. Intanto dopo un lungo braccio di ferro non solo tra maggioranza e opposizione, ma interno alla Lega stessa, il Consiglio regionale veneto ha dato il via libera alla costruzione di strutture ricettive di lusso sopra i 1600 metri di quota, stanze panoramiche in vetro e legno “ad alto impatto emozionale” (oltre che ambientale, come pensano molti esperti del settore) – come quelle che già esistono anche sul versante trentino delle Dolomiti – in deroga ai limiti di edificabilità urbanistica.
Intanto, c’è chi difende la costruzione di nuove infrastrutture a Cortina, sostenendo che le funivie incentivino i visitatori a evitare l’automobile, nonostante gli studi sul tema evidenzino che questo succede solo se i progetti sono realizzati secondo un’attenta analisi del contesto e delle abitudini dei visitatori, oltre ad associarsi a strategie di disincentivo dell’uso della macchina. Abbattere boschi, costruire nuove infrastrutture costose e presumibilmente inutili in una località già addomesticata da cemento e piste non sembrerebbe la strategia più efficace per ridurre il traffico automobilistico. Certa, invece, sarebbe l’ulteriore urbanizzazione dell’area, con altre strutture turistiche e punti di ristoro, necessari per permettere al maggior numero di persone possibili l’accesso alle vette, che già oggi è un privilegio, se il principale modo che tanti conoscono per goderne, cioè tramite lo sport invernale, può arrivare a costare anche sugli 80 euro per uno skipass giornaliero, cui si aggiungono il viaggio e l’eventuale noleggio dell’attrezzatura, dato che gli sciatori occasionali di rado investono in attrezzatura tanto costosa per goderne solo pochi giorni.
Dovremmo porci degli interrogativi sulla nostra incapacità di fruire di un luogo se non antropizzandolo e sulla nostra spinta a trasformare l’ambiente incontaminato in un parco giochi come unico modo per apprezzarlo. Anche il Piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico (PNACC) dà la priorità alle esigenze turistiche e commerciali, concentrandosi sulle tecniche di snow farming per conservare la poca neve sulle piste, senza preoccuparsi di un vero adattamento climatico, dimenticando la biodiversità, gli habitat e la vita stessa degli abitanti delle Dolomiti, che nel territorio di Cortina d’Ampezzo sono passati da oltre 8000 ad appena 5000 tra il 1971 e il 2021, andamento simile al resto della provincia di Belluno che, nel ricco Veneto, sconta la carenza di servizi come i trasporti pubblici e la sanità.
Mentre ci ricordiamo dell’ambiente solo come risorsa da sfruttare, il turismo di massa e le grandi opere condannate a vita breve non dovrebbero essere la nostra priorità se vogliamo realmente far sopravvivere la montagna. Cortina è, in questo senso, la metafora del nostro problematico rapporto con l’ambiente : lo addomestichiamo a nostra immagine e somiglianza, e vi cerchiamo un tornaconto economico senza preoccuparci delle conseguenze, per poi dimenticarcene quando non ci serve più, come succederà alla pista da bob. Così, però, non stiamo facendo altro che distruggere uno dei pochi luoghi che ancora ci curano dallo stress urbano.
ATTENZIONE QUESTE VIE FERRATE PRESENTANO PARETI VERTICALI CON DIFFICOLTA VARIABILE , CHE VANNO DA UN PASSAGGIO SEMPLICE ORIZZONTALE A SALITE DIFFICILI , IN OGNI CASO E OBBLIGO L’USO DEL CASCHETTO IMBRAGO E SET DA FERRATA E MEGLIO ANCHE I GUANTI .
Come Raggiungere
Si sale da Cortina verso il passo Falzarego, raggiunto il Col Gallina ovvero il Ristorante da Strobel 2060 m, in fondo il posteggio si nota il sentiero. Scendendo invece dal Passo Falzarego si raggiunge Strobel .
Descrizione
Imboccato il sentiero in fondo al posteggio del Ristorante Strobel, si sale fino a raggiungere la carrabile segnavia 423, che porta a sud verso il rifugio Di Bona , raggiunta una piccola radura dove si notano dei ruderi della prima guerra, si imbocca un sentierino poco visibile e segnalato che porterà all’attacco della via circa 30 minuti. La via non è impossibile ma molto esposta agli eventi climatici, e completamente al sole, i passaggi non sono difficili ma alcuni richiedono molta attenzione, dai primi scivolosi 10-15 metri, ad un passaggio chiave dopo un traverso molto semplice , le altre parti del percorso non presentano passaggi difficili , fatte di molti appigli e gradini permettono di procedere in maniera spedita con un panorama ineguagliabile su quel crinale roccioso che ti porterà in quota 2559, sul monte Col del Bos e sulla linea di trincea della guerra del 15-18, si tratta di una ferrata non proprio difficile ma non per principianti.
Il ritorno
Viene fatto attraverso un sentiero che porta in un canalini abbastanza detritico, fino a raggiungere il fon do dell’attacco della via stessa, oppure proseguendo per la forcella del Bos si potrà scendere dalla parte opposta , ricordo che il canalino detritico presenta diversi punti in cui bisogna prestare attenzione , e ricordo inoltre che la via stessa presenta poco dopo un passaggio complicato il rientro nel sentiero di discesa.