
Tempo di percorrenza del sentiero: 1h20
Dislivello totale : 140 m
Quota massima raggiunta : 1383 m
Dopo aver raggiunto in auto il Monte Corno di Lusiana , si lascia l’auto nel posteggio di Bocchetta Granezza , e da li si parte a piedi , in una delle due direzioni , io ho preso quella che sale a destra verso il monumento del Monte Corno . Si sale sulla stradina che porta prima alla malga Monte Corno e poi prosegue addentrandosi in mezzo ad un bosco di abeti fino ad arrivare all’entrata di un piccolo labirinto di roccia situato proprio sulla cima del monte , poi si prosegue sempre su una stradina verso i trinceroni posti sul crinale che guarda verso il Rifugio Granezza . Poi si scende fino ad arrivare nella trincea ricostruita con le notizie tramandate dai tempi si ritiene uguale all’omonima feritoia n°14 del Monte Zebio dove un cecchino Austroungarico sparava centrando qualsiasi cosa gli si mettesse davanti . Poi si scende fino al Cimitero inglese di Granezza , per poi arrivare alla Baita Monte Corno Aperta tutto l’anno , e al posteggio dove abbiamo messo l’auto .
Passammo di fronte alla feritoia n. 14.
– Questa, – spiegai, – è la piú bella feritoia del settore, ma serve solo di notte, quando gli austriaci impiegano i razzi. Di giorno, è proibito guardare. Parecchi ufficiali e soldati vi sono stati uccisi o feriti. Il nemico vi ha aggiustato il tiro con un fucile a cavalletto e vi è in permanenza un tiratore. I soldati, per divertirsi, vi fanno apparire dei pezzi di legno o di carta, delle monete fissate a un bastoncino, e il tiratore infila sempre il foro della feritoia e colpisce il bersaglio.
Guardammo entrambi la feritoia. Essa non era piú, come una volta, praticata nel muro e chiusa con un sasso. I soldati vi avevano collocato una feritoia scudata, trovata nelle rovine d’Asiago. Era una pesante lastra d’acciaio con un foro per l’osservazione, che si poteva aprire e chiudere con un otturatore egualmente d’acciaio. Io sollevai l’otturatore, tenendomi discosto e attesi il colpo. Ma il tiratore non sparò.
– La vedetta dorme, – disse il tenente.
Lasciai cadere l’otturatore sul foro e lo risollevai di nuovo. La luce del sole passò nel foro come il fascio luminoso d’un riflettore. Un fruscio attraversò l’aria, accompagnato da un colpo di fucile. La pallottola aveva infilato il foro.
Il tenente volle provare anch’egli. Sollevò l’otturatore e presentò al foro l’estremità del suo frustino. Un altro colpo risuonò e il frustino rimase stroncato. Egli ne rise.
Prese un pezzo di legno, vi innestò una moneta di rame e ritentò l’esperimento.
– Stasera, avrò qualcosa da raccontare al comando d’armata.
La moneta, investita in pieno, uscí dall’estremità del legno e volò via, fischiando nell’aria.
Emilio Lussu Un anno sull’altipiano
