Credo sia doveroso ringraziare chi ha contribuito e reso possibile la riparazione di un sentiero così importante che nei tempi purtroppo era stato lasciato al caso, un lavoro imponente ma molto ben fatto . Complimenti a tutti grazie e buon Cammino. Luciano
Buonasera a Tutti !!
È arrivata anche l’ordinanza del Comune di Recoaro Terme per la riapertura del sentiero 120 nel Tratto sotto i Vaji dello Zevola-Tre Croci dove si spiega le categorie che sono ammesse al passaggio. Per il tratto in questione si permette il transito ai camminatori mentre è interdetto il passaggio ai velocipidi ( MTB,Gravel e bike),per ovvie ragioni di sicurezza trattandosi di tratti con scale in legno e passamano. Resta quindi ancora percorribile per le biciclette e per chi viene a cavallo la deviazione che si è percorsa in questi anni. Ringraziamo gli operai della Piccole Dolomiti ,l’ Unione Montana ed il Comune di Recoaro Terme per il lavoro di ripristino.
Un grazie tra gli amministratori a Paolo Asnicar ma in particolare a Sonia Benetti che non si è mai arresa in questi anni difronte alle difficoltà burocratiche e finanziarie , permettendo alla fine la riapertura del 120 o dei Grandi Alberi.
Rifugio Cesare Battisti per info e prenotazioni solo telefonicamente e a voce allo 044575235-3343574038.
Dopo avere percorso la Vallarsa e raggiunto Rovereto si prosegue verso l’abitato di Ala, per poi raggiungere l’abitato Marco di Rovereto da lì lungo la strada principale in una laterale a sinistra partirà il nostro itinerario .
Descrizione
Questo sentiero il 116 parte da località Cumerlotti , un abitato poco lontano da Serravalle d’adige e sulla strada che porta ad Ala, il sentiero per una buona parte sale su stradina asfaltata che transita in mezzo ai preziosi vigneti , si parte sulla strada principale prendendo la direzione verso il Santuario di San Valentino, si attraversa una profonda gola , prima di raggiungere l’omonimo santuario , la strada prosegue costeggiando un terreno recintato e ben tenuto, fino a raggiungere la Colonia di Prabubolo situata alla fine della strada e dov’è presente un cancello, superata la colonia dov’è presente anche una chiesetta , si ricomincia a salire ma lo si fa in mezzo al bosco, incontrando durante la risalita alcuni cimiteri.
Cenni storici
“Termopili d’Italia” è un soprannome dato a diverse località e battaglie in Italia per la loro importanza strategica e la resistenza eroica contro un nemico numericamente superiore, richiamando la famosa battaglia delle Termopili greche
Passo Buole
Il passo buole divide la Vallarsa dalla Val Lagarina e sul crinale che dal Carega porta verso a Rovereto, il 4 giugno del 1915 i reparti del 6°rgt Alpini Vicenza e Verona raggiungevano da lì il monte Zugna completando cosi la conquista di tutta la dorsale , il 15 maggio del 1916 gli austriaci tentarono l’accerchiamento degli italiani estesa su tutte e tre le valli , la Vallarsaa attraverso il pian delle Fugazze , lungo la val Terragnolo per il passo della Borcola e da Folgaria sulla Val d’Astico con lo scopo di accerchiare l’esarcito italiano ed entrare nella pianura vicentina , era anche previsto una riconquista delle posizioni della dorsale Zugna-Carega per poter dare spazio ai movimenti delle truppe in Valle.
Il 19 maggio gli austroungarici occupavano il monte Spil , il Col Santo ed il Monte Testo , con l’obbiettivo di scendere in Vallarsa , gli italiani per evitare di essere accerchiati alle ore 14 del 19 maggio retrocessero dalla linea avanzata di Matassone e Pozzacchio alla più arretrata di Dietro in Gasta-Pasubio, nei tre giorni che impiegarono gli austroungarici per raggiungere di nuovo un contatto con gli italiani, gli stessi si trovarono il tempo di riorganizzare le truppe ma si trovavano con il lato destro scoperto e inserito per circa 8 km nelle linee nemiche , cosi il comendo italiano decise di frastagliare le forze che dal crinale dello Zugna porta verso in passo Jocole , la cima Levante, con lo scopo di impedire al nemico di salire la Vallarsa con rifornimenti , artiglierie ed uomini.
Santuario San Valentino
Su un dosso che domina la Vallagarina dalla chiusa di Serravalle fino al castello di Sabbionara sorge il santuario di San Valentino. La chiesa fu consacrata nel 1329, quando il culto del martire era già diffuso nella vallata. II colle era meta di frequenti pellegrinaggi, e la costruzione del santuario si protrasse, attraverso successivi ampliamenti, per tutto il Medioevo. Il culto e la devozione al santo risalgono a tempi remoti, e si rafforzano in particolare dopo la donazione delle reliquie nel 1645. In questa occasione ci fu una grandiosa processione, ripetuta anche duecento anni dopo, come nuovo solenne atto di devozione al santo che si riteneva avesse protetto la popolazione dall’ondata di colera che si era abbattuta sulla zona. Oggi, la prima domenica di settembre si ripetono solenni celebrazioni religiose. La profonda venerazione popolare per San Valentino è testimoniata anche dagli innumerevoli “ex-voto” appesi lungo la parete della navata sinistra. Molti di questi raffigurano episodi drammatici di vita quotidiana come incidenti, malattie, catastrofi naturali, in cui i fedeli riconoscono l’intervento salvifico del santo. Ci sono varie discussioni su quale martire sia il San Valentino venerato dalla popolazione alense. Vi sono infatti testimonianze sia di un vescovo di Terni che di un sacerdote romano, entrambi del III secolo dopo Cristo, celebrati il 14 febbraio e la cui storia di martirio coincide. Si tratta di due persone diverse o è il medesimo martire? Dalle fonti storiche Valentino risulterebbe essere stato un cittadino romano nato all’inizio del III secolo. Durante le persecuzioni del breve impero di Claudio II, Valentino fu catturato, e, dopo un lungo processo, giustiziato lungo la via Flaminia il 14 febbraio dell’anno 269. Subito dopo la sua morte si svilupparono il culto e la devozione da parte della comunità cristiana. Il Santuario ebbe il ruolo di ospedale militare durante la prima guerra mondiale e dal 1925 una delegazione alense cercò di realizzare l’Ossario ai caduti di Passo Buole all’interno di una navata della chiesa, progetto che non venne recepito. Successivamente venne utilizzata come magazzino e deposito di munizioni durante gli anni della seconda guerra mondiale. Durante questi conflitti la struttura fu molto danneggiata e deve il suo attuale aspetto al restauro promosso nel 1982 da un gruppo di volontari, che sistemarono anche la casa di preghiera annessa all’edificio religioso. La più antica via d’accesso al santuario, la strada della “via crucis”, sale dalla frazione Marani per una breve serie di tornanti che si inoltrano nel bosco. Caratteristici sono i capitelli, di recente restaurati, e la vegetazione, tra cui spiccano alcune querce secolari.
Dopo avere percorso la Vallarsa e raggiunto Rovereto si prosegue verso l’abitato di Ala, per poi raggiungere l’abitato Marco di Rovereto da li lungo la strada principale in una laterale a sinistra partirà il nostro itinerario .
Descrizione
Il 115 non è certo una passeggiata nella sua ardua lunghezza, e dislivello , permette però di salire dalla località Marco frazione di Rovereto fino alla Pala del cherle, entrando poi nel 108 che si permetterà di raggiungere il Rifugio Mario Fraccaroli, passando per il Rifugio Zugna 1617 m , Monte Zugna 1864 m., Coni Zugna 1772 m. , Monte Selvata 1708 m., Passo Buole 1465 m., Malga Val di Gatto e poi Le Pale del Cherle 1860 m. Percorso molto bello e di grande impatto per la grande guerra del 1915-1918, presenta un primo tratto di carrareccia forestale , per poi entrare nel bosco e proseguire su una mulattiera dove sono presenti muretti a secco per poi passare da pezzi su roccia e lastroni, , presenta ampi tratti boschivi fino a raggiungere la Pozza dei Foi 1083 m. , dove una vista mozzafiato della Val D’Adige,si incrocia poi il sentiero delle trincee, dopo aver percorso alcuni metri si raggiunge il Cimitero Italiano del Redentore. La mulattiera prosegue divenendo più ripida e severa, raggiungendo così la Val degli Eghei 1450 m. Fino ad uscire dal bosco ai Baiti del Robol 1516 m , e poco dopo raggiungeremo il Rifugio Monte Zugna 1616 m. raggiungibile anche attraverso la carrareccia da Albaredo in Vallarsa. Si prosegue poi dal rifugio per salire sulla cima del Zugna, dove una mulattiera porterà su quella che resta della caserma austroungarica costruita molto prima della guerra, fu usata dagli stessi come ospedale da campo poi conquistata dagli italiani a maggio del 1915, la grandezza di questo luogo e la sua posizione strategica la dice lunga situata poco sotta la cima del Zugna 1864 m. Proseguendo poi per il crinale si supera il coni Zugna il monte Selvata e alcuni cimiteri per poi raggiungere il Passo buole e la chiesetta votiva 1456, da qui sulla sinistra si noterà il salire del sentiero 117 da riva di Vallarsa, mentre dalla parte opposta ovvero nella valle opposta alla Vallarsa, sale il 116 dai Cumerlotti, piccola frazione sotto Seravalle d’adige, passando per il Santuario San Valentino, si prosegue il nostro itinerario mantenendosi in quota si passa appena sotto a cima Mezzana e al Monte Jocole raggiungendo dapprima la malga Val di Gatto 1497 m. e poi uscendo dalla carrabile si imbocca l’omonima Val di Gatto, iniziando a salire su questa valle si incrocia il 114B che porta attraverso un sentiero di raccordo a Cima Levante, mentre il nostro 115 transita in basso nella valle fino araggiungere il bivio dove sale il 145 a quota 1952 m. proveniente da Ometto tenendo la destra si raggira la testata della valle fino a raggiungere una piccola forcella che ci per metterà di arrivare ad un bivio del 114B che porta sulla Cima levante a destra mentre proseguendo arrivare al bivio della Pala del Cherle dove arriveranno dai Ronchi il sentiero 108.
Ritorno
Il ritorno può essere fatto dallo stesso, che diviene già di un certo impegno, mentre si potrebbe scendere anche dal 116 che passando la località Prabubolo e sulla chiesa di San Valentino fino a raggiungerà la località Cumerlotti dove attraverso la line autobus oppure per strade secondarie si rientrerà all’auto presso la località Marco di Rovereto.
I lavini di Marco Rovereto
Centinaia di orme di dinosauri carnivori ed erbivori di forme e dimensioni differenti sono impresse lungo un ripido colatoio di circa duecento metri presso i Lavini di Marco, alle pendici del monte Zugna, a Sud di Rovereto. Gli affioramenti rocciosi sono riferibili all’inizio del Giurassico, circa 200 milioni di anni fa, e rappresentano quello che rimane, allo stato fossile, di una grande piana carbonatica di marea per molti versi paragonabile alle attuali coste del Golfo Persico. Si tratta di sei livelli stratigrafici compresi in un pacchetto di strati potente poco più di cinque metri. Proprio per il loro grande significato scientifico e per il rischio di deperimento cui sono soggette tutte le piste dei Lavini di Marco, il Museo Civico di Rovereto ha provveduto all’esecuzione dei calchi e del modello digitale del terreno interessato dalle orme. L’acronimo Rolm indica la località in cui si trovano le piste (Rovereto, Lavini di Marco) ed è riportato su targhette in acciaio poste a fianco delle serie di impronte catalogate.
LA RUINA DI DANTE ALIGHIERI
Qual è quella ruina che nel fianco di qua da Trento l’Adice percosse, o per tremoto o per sostegno manco che da cima del monte, onde si mosse, al piano è sì la roccia discoscesa, ch’alcuna via darebbe a chi sù fosse: cotal di quel burrato era la scesa… (Inferno, XII, 4-10)
Cenni Storici
Il Monte Zugna rientra nella linea fortificata costruita ai confini con il regno d’Italia. Sarebbe dovuto sorgere un forte che non fu mai costruito vennero costruite le caserme, la palazzina degli ufficiali, l’impluvio per la raccolta dell’acqua piovana, i filtri per la sua depurazione e delle vasche di deposito. Poi le attività furono sospese con l’inizio della guerra, sarebbe stata prevista una casamatta in cima raggiungibile da una galleria, con 4 cupole corazzate e con cannoni da 150 mm. Tra il 29 e il 30 maggio di quell’anno, infatti, alcune compagnie di alpini dei battaglioni Vicenza e Parma occupavano la cima, catturando circa un centinaio di nemici e facendo del pianoro e delle sue infrastrutture una base logistica. Con l’avvio dell’offensiva di primavera del 1916, lanciata dal capo di Stato maggiore dell’Imperial-regio esercito Conrad von Hötzendorf, anche lo Zugna, vista la sua importanza strategica, diveniva oggetto del contendere.
Gli italiani costruirono un caposaldo: una trincea, che arrivava alla Val Cipriana, veniva scavata a protezione della cima, difesa da nove fasce di reticolato profonde cinque metri ciascuna e disseminata di nidi di mitragliatrice. A presidio del caposaldo, schierava un battaglione di fanti dotato di una batteria di cannoni da montagna da 65 mm, due batterie di cannoni da campagna di 75 mm, due cannoni da 105 mm puntati sul Pasubio. Un grosso riflettore, installato sulla cima, illuminava le valli sottostanti.
Utilizzata dagli italiani come osservatorio per dirigere i tiri delle artiglierie. Nel ’17, inoltre, a pochi passi dalla sommità venne piazzato un cannone antiaereo da 57 mm. Per salirci si prosegue per circa 10 minuti prendendo il sentiero di sinistra fino alla croce, da lì si potrà ammirare un panorama incredibile dal Pasubio al Pian delle Fugazze, dalle Piccole Dolomiti al Carega e ai Lessini, dal Baldo al Brenta. Siccome era oggetto di tiro dell’artiglieria nemica fu dotato di un sistema di gallerie, con ricoveri e magazzini che dalla cima raggiungevano il sentiero verso Passo Buole. Per i rifornimenti, nondimeno, già dal giugno 1915 vennero avviati i lavori per la costruzione di una strada che da Marani di Ala saliva a Passo Buole e cima Selvata , e a dicembre di una teleferica che da Santa Margherita, per oltre 3000 metri di lunghezza, copriva un dislivello di 1500 metri con una portata di due quintali e mezzo al carrello. Numerosi baraccamenti in legno vennero inoltre costruiti sul pianoro, ampliando le infrastrutture già presenti e costruite dagli austriaci.
Attaccato nella primavera fra il 22 e il 29 maggio del 1916., lo Zugna venne come detto difeso strenuamente dagli italiani. L’attacco austro-ungarico sbatté contro il “Trincerone”, a quota 1419 metri, e per questo i comandi decisero d’aggirare l’ostacolo, attaccando i nemici alle spalle così da tagliare i rifornimenti e neutralizzare le artiglierie che dallo Zugna bloccavano la Vallarsa. L’assalto a Passo Buole, caratterizzato da sette giorni di incessanti bombardamenti, si inserisce in questo contesto. Caverne e postazioni d’artiglieria si susseguono, così come i cimiteri. Sono diversi infatti i piccoli camposanti, a partire da quello di Santa Maddalena, costruiti fra lo Zugna e Passo Buole, a testimonianza di una mortalità particolarmente alta. Croci, cappelle, targhe e monumenti si susseguono sul percorso fino a raggiungere il Passo buole conosciuto anche come le termopili d’Italia. Qui, le truppe italiane, sotto il comando del colonnello Nicola Gualtieri, vennero attaccate dagli imperiali provenienti dalla Vallarsa, respinti nonostante la mancanza di profondità delle linee italiane. Dopo aver fallito l’attacco su Passo Buole, gli austro-ungarici puntarono a quel punto all’arco di cima Selvata e cima Mezzana, scontrandosi questa volta con la resistenza delle Brigate Taro e Sicilia. Anche in questo caso, nonostante l’inferiorità numerica, i soldati italiani riuscirono a resistere. La caparbia resistenza permise così di salvare la posizione dello Zugna, impedendo la penetrazione nemica in Veneto. Dopo la battaglia, tutto il settore fu al centro di alacri lavori di difesa.
Perchè termopili D’Italia
In entrambi i casi, l’utilizzo di “Termopili d’Italia” sottolinea un concetto di resistenza e sacrificio, spesso associato alla battaglia storica delle Termopili.
La gola che separava Serse dalla Grecia era chiamata Termopili, “le porte calde”, a causa delle sorgenti calde che si trovavano nelle vicinanze. Secondo il mito il leggendario Eracle morì proprio in quel luogo, che era considerato la porta d’ingresso per la Grecia
“La montagna ti mette di fronte al pericolo, ma ciascuno di noi ha la propria responsabilità del vivere quindi deve scegliere se salire oppure no, i divieti non servono. “Nives Meroy
Voglio ricordare che chi và in montagna dev’essere consapevole dei rischi che prende SEMPRE senza se e senza ma, come del resto chi sale senza cartina oppure senza la capacità di leggere una cartina, e siamo seri chi ama la montagna e la rispetta sa quand’è il momento di tornare indietro…la tragica fatalità la potresti avere anche andando a piedi al lavoro, inutile a mio avviso produrre incartamenti vari, tesi non ad avvisare chi sale del pericolo, ma per declinare delle responsabilità.
Ricordo una gara che ho fatto in Svizzera , EigerUltratrail k101 con un passaggio su una parte del percorso soggetto a slavinamento, c’era un cartello multilingua con scritto “quando passi di qui , passa in fretta e non sostare”, qualche domanda da italiano me la sono posta . Invece di sistemare i fiumi, non tagliare i boschi in maniera selvaggia…sembra risulti più comodo alla prima pioggia dire “allerta meteo” ma non tanto per avvisare la popolazione ma per salvarsi il sedere dalle responsabilità, finchè chi sbaglia paga funziona solo nelle aziende private saremmo sempre a pagare per chi ci marcia sopra . Luciano Cailotto
Ci sono nella zona delle realtà che meritano visibilità, come del resto nei rifugi alpini, può essere bello il rifugio, ma queste piccole realtà sono fatte di persone, accoglienza, amicizia, semplicità…valori radicati dalla notte dei tempi, ma percepiti e tramandati ormai da troppo pochi, qui su questo piccolo paradiso c’è chi si è messo in gioco perchè se si vuole ottenere qualcosa dalla vita bisogna anche muovere le braccia, e qui sta succedendo tutto questo …ed io nel mio piccolo voglio ringraziare chi porta avanti queste cose . Luciano
Chi siamo
Siamo una piccola e giovane realtà in provincia di Vicenza.
Il nostro progetto di recupero inizia nel 2021 acquistando una casa in una contrada posta sopra al territorio di Valli del Pasubio che era in stato di abbandono ripulendo e risistemando le abitazioni e i prati e ricreando orti e frutteti con piante di varietà antiche e praticando orticoltura biologica food forest.
Pratichiamo la silvicoltura curando e ripulendo i prati e i boschi.
Alleviamo ovini e galline e gestiamo una piccola locazione turistica, offrendo una esperienza a contatto con la natura ai nostri ospiti. Viviamo in casa con 2 cagnolini.
Durante l’anno svolgiamo attività di:
Fienagione e sfalcio prati
Gestione stalla/pollaio
Raccolta legna gestione del rimboschimento controllato e pulizia boschi
Preparazione del suolo per le colture
Gestione orti sociali
Coltivazione patate
Coltivazione frutti rossi
Semina raccolta e trasformazione dei frutti e degli ortaggi che coltiviamo
Accoglienza ospiti
Accoglienza gruppi Scout
Escursioni a piedi e in bici
Le nostre attività:
Visite guidate in azienda con degustazione
Laboratori didattici estivi
Raccolta di erbe spontanee
Laboratori gastronomici
Escursioni in mtb con o senza guida
Escursioni trekking con o senza guida
Passeggiata con asinelli
Orti sociali
Per prenotare una visita invia una mail a: az.agr.lacamelia@gmail.com
Tempo di percorrenza del sentiero solo andata : 2h30
Dislivello totale : 865 m – 925 m fino alla Cima Levante
Quota massima raggiunta : 1950 m – Cima Levante 2020 m
Cartografia : CAI Pasubio – Carega 1:25000
Come Raggiungere
Per imboccare questo sentiero molto bello , quasi tutto boschivo che porta in una zona di guerra molto importante di Passo Buole , si deve scendere la Vallarsa verso Rovereto appena superato l ‘abitato di Anghebeni si prende per Sant’Anna e si sale sull’altra parte della valle , poi si procede a sinistra verso Riva di Vallarsa , si sale ancora fino a raggiungere l’abitato di Ometto dove la strada finisce con la galleria .
Descrizione
Il sentiero della Val Granda è molto impegnativo si sale in maniera abbastanza brusca dapprima una parte boschiva offrendo uno scenario verso la diga degli Speccheri e il Pasubio da un’angolazione diversa , poi si entra nel canalino detritico abbastanza facile, mentre poi uscendo dalla strettoia , si inerpica nel tratto più ripido , visto anche il dislivello, di una certa entità, si passa un tratto poco pendente, ma poi si ricomincia a con una severa pendenza che raggiungerà poi il passaggio del sentiero 146 del trincerone che porta al Passo Jocole altro percorso molto bello ed unico su quelle crestina traccia della storia . Si raggiunge così il crinale sommitale si possono ammirare scenari verso la Lessinia , il Monte Baldo e soprattutto il Vallon dei Cavai ed il Carega , nella sua parte più selvaggia e poco praticata , perchè molto lunga ed impegnativa. Consiglio una visita anche a cima Levante 2020 m, a circa 40 minuti passando per le mulattiere ancora visibili della grande guerra.
Ritorno
Il ritorno può essere fatto raggiungendo prima il passo Jocole, attraverso il 146 sentiero delle trincee e poi attraverso il 146 ridiscendere a valle.
Dopo avere percorso la Vallarsa e raggiunto Rovereto si prosegue verso l’abitato di Ala, per poi attraverso la stretta strada salire verso località Ronchi , appena superato l’abitato e raggiunta la fermata dell’autobus , lì si lascia l’auto e si ritorna fino alla chiesa dove sulla destra si imboccherà il percorso .
Descrizione
Il sentiero parte dalla Chiesa di Ronchi Ala circa 710 m, sale a fianco della chiesa con una pendenza iniziale importante dapprima su tratto cementato e asfaltato per qualche km , raggiunta l’ultima casa ci si addentra nel bosco, sempre con pendenze di un certo livello, dove il percorso inizia a salire con un zig zag abbastanza costante sulla mulattiera militare rientrando nel tratto di bosco fino a raggiungere la località Rom a circa 1330 m, si continua salire attraversando poi un ampio vallone , si prosegue la risalita , molto bella con un itinerario strapiombante verso la valle dei Ronchi, fino a quando raggiungeremo il bivio con 114B di Prà Bel , dove il sentiero arriva dall’itinerario 108 della località Casarino sulla destra mentre a sinistra si prosegue per la Val Gatto , il percorso prosegue salendo sempre con tornanti ma meno pendenza . I percorsi 114 e 114B per qualche tratto si sovrappongono e poi uno prosegue a sinistra , ma il 114B è un sentiero di raccordo, il 114 prosegue sulla destra non passando per la Forcella val di Gatto 1650 m, si prosegue lungo la mulattiera in cresta a nord della Cima Levante 2020 m, la mulattiera in ottime condizioni porterà l’escursionista fino in quota sommitale di Cima levante dove lo sguardo potrà spaziare in panorami mozzafiato, della Lessinia , Montre Baldo, la Valle dei Ronchi , e sulla destra il Carega , mentre sulla sinistra si potrà vedere il trincerone delle Creste del Jocole, e più in la il Coni Zugna mentre sullo sfondo il Massiccio del Pasubio .
Per chi va forte lo può fare da Ometto , ma il livello di preparazione dev’essere impeccabile, per affrontare un dislivello simile.
Ritorno
Per il ritorno si può scendere dal 108,rientrando così ai Ronchi Ala.
Non si può vivere la storia , senza avere la capacità di sentire solo la campana dei vincitori , bisogna vedere sempre da ambo le parti , come stanno le cose , perchè come si dice la verità sta nel mezzo , certo i tedeschi nei nostri comuni di danni ne hanno fatti , ma non è che le camice nere ed i partigiani in alcuni casi siano stati da meno …ma il soldato che spara per difendersi da un’altro soldato certo non è ne migliore ne peggiore , ma quando si spara sulla popolazione inerme che non può e non ha i mezzi per difendersi , credo deva essere presa in maniera diversa, e con il dubbio del se e del ma , anche se un’analisi seria può essere fatta solo da chi accetta il confronto , è lo fa per capire , per non dimenticare e per far sapere . Cailotto Luciano
Il Comando a Recoaro Terme
Alle Fonti Regie e nel centro cittadino si stabilirono tutti i comandi dell’Amministrazione militare, dell’Esercito, della Marina, dell’Aviazione e del Genio della Wehrmacht con i loro ufficiali superiori, soldati, ausiliarie e addetti ai servizi logistici. Albert Kesselring scelse questo posto per 3 motivi principali: Recoaro Terme non è un obiettivo strategico, possiede un collegamento molto rapido con il Brennero passando per Campogrosso e perchè la cittadina aveva un numero molto alto di edifici come alberghi, ville, ecc…, l’ideale per ospitare i 1500 soldati tedeschi. Proprio la presenza dell’Alto Comando tedesco spiega una concentrazione unica di rifugi antiaerei, in roccia o in superficie, comunemente chiamati bunker. In rapporto alla superficie e alla popolazione non esiste in Veneto ed in Italia un altro luogo con una simile quantità di rifugi in galleria e in superficie. Già prima di maggio del ’44, mentre si combatteva sul fronte di Cassino e in previsione di un arretramento sulla Linea Gotica, Kesselring aveva individuato Recoaro Terme come sede del suo Quartier Generale. La cittadina termale offriva molteplici vantaggi, aveva un alto numero di alberghi e di ville signorili, un rapido collegamento con la pianura e un buon collegamento a nord attraverso il Pian delle Fugazze sulla strada statale Schio-Rovereto. A ovest e a nord sul Passo di Campogrosso il Comune di Recoaro Terme confina con il Trentino e quindi era adiacente all’Alpenvorland, territorio del Reich. Il 17 maggio 1944 i Tedeschi iniziarono i lavori per il loro nuovo Quartier Generale. Il progetto prevedeva uffici, alloggi per i militari e rifugi antiaerei nell’area delle Fonti e nel centro cittadino. Il trasferimento dell’Alto Comando a Recoaro Terme avvenne a metà settembre del 1944. I militari occuparono i principali alberghi del centro, le scuole, tutte le ville signorili e tutti gli edifici delle Fonti Centrali. Un documento redatto dal Comando tedesco il 22 settembre del 1944, riporta con precisione l’elenco degli edifici occupati dai comandi e dai rispettivi generali, le opere di difesa assegnate e il numero di soldati che vi potevano trovare protezione. In quattro fogli dattiloscritti sono contenute in tre colonne informazioni sugli alloggi occupati, sul personale militare e sui vari tipi di rifugi.
I Rifugi
Per esigenze belliche furono occupati le scuole, due edifici e l’ufficio postale delle Fonti Centrali, l’autorimessa di un albergo e il deposito dell’industria d’imbottigliamento dell’acqua minerale. La seconda colonna del documento contiene notizie sul personale, numero e incarico, relativo a ogni fabbricato. Conosciamo dove erano alloggiati i comandanti dell’Artiglieria, delle Truppe corazzate, della Polizia militare, dei Trasporti, del Genio, della Giustizia … e sappiamo anche che erano in funzione una stazione meteorologica e l’infermeria per la truppa con l’ambulatorio dentistico. In due ville erano alloggiati il giudice militare e il capo dei cappellani militari dell’esercito. L’ultima colonna riporta i tre tipi di rifugio costruiti: bunker, gallerie e trincee antischegge. A ogni fabbricato occupato era assegnato un rifugio a cui fare riferimento. Per ogni bunker e galleria, così come per ognuna delle 10 trincee paraschegge elencate, vengono riportati la superfice utile in metri quadrati e il numero massimo di persone ospitate calcolate in numero di due per metro quadrato. I rifugi antiaerei in galleria (Stollen) sono contraddistinti da lettere dell’alfabeto mentre per i bunker in superfice sono stati usati i numeri arabi. Dopo appena quattro mesi di lavoro le difese antiaeree più importanti, in galleria o in cemento armato in superficie, erano già disponibili con una capacità di circa 2500 persone. La progettazione e la realizzazione delle opere fu affidata alla Todt (OT), un’organizzazione militare tedesca che si occupava di fortificazioni e infrastrutture su tutti i fronti di guerra, fra cui anche il Vallo Atlantico in Normandia. Sotto la direzione di ufficiali e sottufficiali tedeschi lavoravano ingegneri, tecnici, impiegati e operai italiani dai 16 ai 60 anni regolarmente assunti e remunerati. Gli uffici avevano sede all’Albergo Gaspari nel centro cittadino. Alla fine della guerra vi svolgevano la loro attività 25 militari tedeschi agli ordini di un maresciallo. Al personale dell’OT di Recoaro Terme erano affidati il controllo e la progettazione delle opere con la predisposizione degli elaborati grafici necessari ai cantieri. I disegni tecnici, composti di piante, sezioni trasversali e longitudinali opportunamente quotati, erano molto accurati. Ognuna delle 12 tavole giunte fortunosamente fino a noi riporta il nome della galleria, la data di inizio dei lavori, la scala di riduzione grafica, l’orientamento e le pendenze. Una poligonale chiusa con indicati gli angoli in gradi sessagesimali e centesimali, le distanze e le pendenze, permetteva di scavare contemporaneamente dai due ingressi e di congiungere le due gallerie con la massima precisione.
CONTATTI :
APERTURA MENSILE DEL BUNKER KESSELRING SIAMO APERTI TUTTE LE DOMENICHE DI LUGLIO E AGOSTO E SETTEMBRE
Reparti tedeschi a Valdagno (agosto 1943-aprile 1945) del Prof. Maurizio Dal Lago
Tra l’agosto del 1943 e l’aprile del 1945 furono acquartierate a Valdagno tre unità tedesche. La prima a giungere, tra il 15 e il 20 agosto 1943, fu un’unità appartenente alla Luftwaffe. Si trattava del Luftnachrichten Betriebsabteilungen zur besonderen Verwendung 11 (Reparto trasmissioni e controllo di volo per impieghi speciali 11). Nella primavera-estate del 1943 esso era stanziato nella provincia di Poznan: comandato dal tenente colonnello Friederich Silomon, era strutturato su quattro compagnie, per un totale di circa mille uomini. Nell’estate del 1943 fu trasferito in Italia settentrionale in attuazione del piano di invasione “Asse”. A quell’epoca il reparto era passato sotto il comando del tenente colonnello Fritz Trippe, che era nato a Reichenbach, nella bassa Slesia. A Valdagno furono dislocati lo stato maggiore del reparto, la 4a compagnia e la colonna delle attrezzature. In tutto circa 400 uomini. La 1a compagnia al comando del tenente Schufred fu mandata a Dobbiaco; la 2a compagnia, comandata dal capitano Khun, era dislocata a Padova; la 3a compagnia con il tenente Boguniewski si trovava a Verona. Dipendevano inoltre dal reparto la 4a compagnia del 28° reggimento trasmissioni aeree al comando del capitano Klein, di stanza a Milano, e la 5a compagnia del 35° reggimento trasmissioni aeree sotto il comando del tenente Jonigk ad Arzignano. Il Luftnachrichten Betriebsabteilungen aveva il compito di garantire l’allestimento dei cosiddetti posti di comando tattico, di curare l’impianto e la manutenzione dei collegamenti radio e telefonici tra le varie unità della Wehrmacht, nonché di fornire informazioni aggiornate sul movimento dei propri aerei e di quelli del nemico. Gerarchicamente esso dipendeva dal Comando Traffico Volo tedesco, che si era trasferito da Treviso all’aeroporto Dal Molin di Vicenza il 1° agosto 19434. Per acquartierare la truppa a Valdagno furono requisite la settecentesca villa Valle, le sedi della GIL maschile e femminile, quella del Ginnasio pareggiato, alcune aule dell’Istituto industriale chimico-tessile. In seguito, in previsione dell’arrivo a Recoaro del Comando superiore Sud Ovest del Feldmaresciallo Kesselring, furono requisite anche le scuole elementari del capoluogo e delle frazioni, la villa padronale dei Marzotto e molte case private nel centro storico. I 14 ufficiali alloggiavano all’hotel Pasubio . La sede del comando venne posta nella Casa del Fascio in piazza Dante (il Partito fascista repubblicano, una volta costituitosi il 25 ottobre 1943, dovette traslocare nelle stanze del palazzo Festari). Vice comandante del reparto era il capitano con funzioni di maggiore Karl Kurz. Aiutante presso lo stato maggiore era il tenente Gehrard Suder. La 4a compagnia era sotto la responsabilità del capitano Arthur Sackel, che aveva alle sue dipendenze il tenente Franz Hauser e il sottotenente Wartermann. Il tenente Josef Stey comandava la colonna delle attrezzature e, contemporaneamente, era addetto all’ufficio del presidio. Ufficiale pagatore era il tenente Walter Führ, mentre la funzione di medico del reparto era svolta dal dr. Armin Schütte; il compito di interprete fu affidato in un primo tempo al tenente Schultz e poi al caporale alto atesino Enrico Zorzi. Nel marzo del 1944 il colonnello Fritz Trippe fu sostituito dal maggiore Ludwig Diebold, un ingegnere austriaco nato a Vienna nel 1907. Infine, dal febbraio 1945, il reparto fu comandato dal tenente colonnello Ludwig Hörger, che aveva come aiutante il capitano Lorenz. Il comandante del Luftnachrichten Betriebsabteilungen era anche il comandante del presidio di Valdagno, dal quale dipendevano tutti gli altri distaccamenti tedeschi dislocati nei centri della Valle dell’Agno: Recoaro, Cornedo, Castelgomberto, Brogliano e Trissino. Lo Jagdkommando di questo reparto eseguì, secondo l’ordine del maggiore Diebold, la sanguinosa rappresaglia di Borga di Fongara (11 giugno 1944). Sempre Diebol ordinò la fucilazione dei “Sette martiri” a Valdagno (3 luglio 1944). Il reparto partecipò anche al rastrellamento di Piana di Valdagno (Operazione Timpano, 9 settembre 1944). Il Luftnachrichten Betriebsabteilungen abbandonò il centro industriale valdagnese tra il 24 e il 25 aprile 1945, e si ritirò verso Bolzano al seguito del Comando superiore Sud Ovest del Generale Heinrich von Vietinghoff-Scheel che in quei giorni aveva lasciato a sua volta la sede di Recoaro Terme, dove era arrivato nel settembre del 1944. Il giorno della capitolazione, il 2 maggio 1945, il reparto si trovava a Brunico.
Il Reparto “Orianenburg” Si è accennato che nel Lehrkommando 700 c’erano alcuni appartenenti alle SS. Questi erano una quindicina di uomini che provenivano dal reparto Oranienburg, costituito nell’autunno del 1943 con elementi che in precedenza avevano condotto pesanti e sanguinosi scontri con i partigiani in Croazia e che erano stati puniti e degradati al fronte per i più diversi motivi. Costoro dovevano “riabilitarsi” attraverso una “prova”, cioè partecipando ad azioni particolarmente pericolose. In parte erano veri e propri criminali, altri invece avevano infranto il rigido codice d’onore delle SS con mancanze relativamente modeste. I membri delle SS rappresentavano un problema costante perché dal punto di vista disciplinare non erano sottoposti al comandante del reparto, ma direttamente all’Obersturmbannführer Otto Skorzeny11. È da segnalare che Hermann Georges, il soldato ucciso a Borga di Fongara da partigiani rimasti sconosciuti, era un “combattente del mare” di stanza a Valdagno, e più precisamente una SS che proveniva dal reparto Orianenburg. L’efferata rappresaglia dell’11 giugno 1944, che costò la vita a 17 persone della contrada recoarese, fu condotta dallo Jagdkommando del reparto della Luftwaffe al comando del tenente Joseph Stey, rinforzato per l’occasione da una ventina di uomini dell’LK 700 comandati dal tenente di vascello Herbert Völsch.
Il “Lehrkommando 700” Nel gennaio del 1944 giunse in città il reparto “Combattenti del mare Brandeburgo”, una formazione dell’Abwehr, il Servizio segreto militare tedesco diretto dall’ammiraglio Wilhelm Canaris. Questa era una unità di incursori subacquei la cui nascita si deve alle sollecitazioni di Alfred von Wurzian, un ufficiale viennese, compagno di spedizioni del ricercatore marino austriaco Hans Hass. La sua idea era di munire di bombole di ossigeno e di pinne gli incursori che dovevano essere condotti di notte da un sottomarino nelle vicinanze di porti nemici. Essi poi, avvicinatisi a nuoto agli obiettivi, avrebbero applicato il materiale esplosivo alle carene delle navi nemiche. Wurzian aveva illustrato le sue idee alla Marina da guerra tedesca nell’estate del 1942, ma in quel momento vennero accantonate perché gli alti comandi puntavano sulle grandi navi da combattimento e, soprattutto, sui sottomarini. Per un piccolo gruppo come gli incursori subacquei non si vedeva un reale utilizzo nonostante i successi degli incursori italiani. Solo nel gennaio del 1943 il progetto di Wurzian fu ripreso e valutato positivamente dall’Abwehr. Wurzian, pertanto, fu inserito nel Regiment Brandenburg con l’incarico di costituire un gruppo di sabotaggio sottomarino. Ma il progetto procedette molto lentamente. Nella primavera del 1943 il comandante della Decima Mas, Junio Valerio Borghese, incontrò Wurzian e lo invitò a partecipare all’addestramento degli uomini “Gamma”, una unità molto simile a quella cui stava lavorando il Wurzian, che accettò l’invito e partecipò, nell’estate del 1943 a Quercianella-Sonnino, vicino a Livorno, al corso d’addestramento dei “Gamma”. Nel gennaio del 1944 gli uomini selezionati per diventare incursori marini furono mandati a Valdagno dove qualche mese prima erano giunti anche i “Gamma” al comando del tenente di vascello Eugenio Wolk e del suo vice, il tenente, e medaglia d’oro al valor militare, Luigi Ferraro. A Valdagno, infatti, esisteva una piscina coperta adatta all’addestramento. Gli incursori tedeschi furono acquartierati nei locali del Dopolavoro Marzotto nel quale insisteva la piscina. Il reparto, denominato “Combattenti del mare Brandeburgo”, era formato da una quarantina di militari provenienti dalla marina, dall’esercito, dalla aeronautica (paracadutisti), dal servizio segreto e dalle SS. Primo comandante dell’unità fu il capitano Neitzker del Servizio segreto militare. Wurzian era il responsabile dell’addestramento. Nel marzo del 1944 Neitzker fu sostituito dal capitano Friedrich Hummel, sempre appartenente all’Abwehr. Nel giugno del 1944 il reparto cessò di dipendere dal Servizio segreto militare e fu assegnato alla Kriegsmarine. Di conseguenza il 21 giugno 1944 i “Combattenti del mare Brandeburgo” cambiarono denominazione, e assunsero il nome di Lehrkommando 700. Ne divenne comandante l’ufficiale medico dr. Armin Wandel. All’esterno, infatti, il commando era mascherato come centro di convalescenza per soldati nel quale i feriti venivano resi nuovamente abili per il fronte attraverso molto sport ed attività fisica. La giornata dei sabotatori tedeschi cominciava alle 7 del mattino con due ore di piscina. Poi seguivano tre ore di marcia e, nel pomeriggio, due ore di addestramento militare. Erano frequenti anche le marce sulle colline circostanti e sulle pendici delle Piccole Dolomiti. Oltre che a Valdagno, dove aveva sede il Lehrgangslager 704, il Lehrkommando 700 disponeva del campo d’addestramento (Lehrgangslager 701), sull’isola di S. Giorgio in Alga, nella laguna di Venezia, del Lehrgangslager 702 a Bad Tölz e del Lehrgangslager 703 a List auf Sylt. Alla fine di giugno del 1944 il quartier generale dell’LK 700 venne trasferito da Valdagno a S. Giorgio in Alga, mentre comandante del campo di Valdagno divenne il tenente di vascello Herbert Völsch. Nel settembre 1944 gli appartenenti al Servizio segreto militare ed alle SS lasciarono il Lehrkommando 700 a causa dei numerosi conflitti di competenza tra SS e Marina da Guerra. Gli incursori delle SS fondarono un proprio gruppo segreto a Bad Tölz sotto il comando del liberatore di Mussolini, l’SS Obersturmbannführer Otto Skorzeny, con il nome SS-Jagdkommando Donau. Wurzian, pur appartenendo al Servizio segreto militare, rimase a Valdagno come responsabile dell’addestramento del-l’LK 700. Nel novembre 1944 l’LK 700 venne ritirato dall’Italia e trasferito a List auf Sylt9, località sulla costa occidentale dello Schleswig, al confine con la Danimarca. Il 16 settembre 1944, tre appartenenti all’LK 700 furono catturati dagli inglesi nelle acque davanti a Fano, dopo che la loro imbarcazione era rimasta senza carburante. Il 20 settembre, i tre (Karl Heinz Kaiser, 24 anni; Herbert Arthur Kein, 21 anni e Oskar Otto Georg Kuehn, 25 anni) furono interrogati a fondo dal servizio segreto alleato in quanto sospettati di una missione di sabotaggio contro le navi ormeggiate nel porto di Ancona. Sulla base delle informazioni date dai tre prigionieri, l’Intelligence Section presso l’Headquarters delle Mediterranean Allied Air Forces indicò, nel mese di ottobre del 1944, come possibile obiettivo di bombardamento l’Isola di S. Giorgio in Alga. Un mese dopo, il Servizio segreto alleato segnalò la presenza a Valdagno di una «School for Swimming Saboteurs», composta di italiani e tedeschi, proponendone il bombardamento in quanto «the destruction of this school would greatly reduce the risk to Allied Shipping in the Mediterranean Theatre» (23 novembre 1944).
Il Bombardamento del 20 aprile 1945
Il 20 aprile, compleanno di Hitler, gli Alleati bombardarono chirurgicamente le Fonti Centrali; due giorni dopo, nel corso di una riunione, all’interno del bunker di comando, fra i principali responsabili politici e militari tedeschi presenti in italia, fu stabilita la cessazione dei conflitti. Il 29 aprile fu quindi ratificata a Caserta la resa incondizionata. I bunker furono oggetto di una pesante incursione aerea il 20 aprile 1945 quando 18 bombardieri americani B25J Mitchell decollati da Rimini sorvolarono Recoaro Terme e da 3000 metri sganciarono con incredibile precisione 135 bombe da 250 kg sul Quartier Generale tedesco. Il bombardamento aereo si concentrò esclusivamente sull’area delle Fonti Regie e distrusse la sede del Comando, le ville e gli alberghi dove alloggiavano gli ufficiali. I rifugi antiaerei resistettero alle esplosioni e la maggior parte dello Stato Maggiore si salvò all’interno del bunker del Comando. A dimostrare la fiducia che i Comandi riponevano nelle opere di difesa antiaerea basta questa considerazione sull’attacco aereo ripresa dal diario di von Vietinghoff:
“I comandi tedeschi in Italia erano avvezzi ad avere a che fare con attacchi aerei, ed erano di conseguenza preparati. Naturalmente ogni volta si verificava un breve disturbo, nella pratica insignificante, perché ognuno aveva il suo posto di lavoro stabilito nei grandi ricoveri e la centrale telefonica era comunque sicura nelle profondità della montagna”.
Gli ultimi giorni di Guerra – La Resa ( fonte: prof. Maurizio Dal Lago suo libro “L’ultimo mese di guerra nella valle dell’Agno”
L’8 marzo del 1945 iniziano in Svizzera i contatti segreti tra i tedeschi e gli americani (operazione Sunrise) per arrivare alla fine del conflitto. Da parte tedesca tali contatti erano tenuti da Karl Wolff – all’insaputa di Hitler – e da parte americana da Dulles. Wolff aveva le mani legate, non poteva fare nulla senza coinvolgere il Comando di Recoaro. Decide quindi di recarsi a Recoaro una prima volta il 28 marzo per capire le intenzioni di Vietinghoff, (comandante in capo del fronte Sudovest e del gruppo di armate C) che però considera la resa ancora prematura. Wolff persiste nel tentativo di convincere Vietingoff che bisognava fare in fretta: gli alleati avanzavano molto velocemente e quindi ben presto non avrebbero più avuto alcun interesse alla trattativa. Ma il vecchio ufficiale prussiano – che il 18 aprile aveva ricevuto l’ordine perentorio di Hitler di “combattere fino all’ultimo uomo” – non voleva correre il rischio di essere accusato di alto tradimento. A metà aprile anche il generale Graziani, massimo responsabile militare dell’esercito della Repubblica di Salò, va a Recoaro per dire a Vietinghoff che Mussolini non credeva più alla vittoria finale e la situazione era disperata. Venerdì 20 aprile il Comando di Recoaro venne pesantemente bombardato. Neppure questo fatto bastò a convincere Vietinghoff ad accettare la resa. Dovettero raggiungerlo a Recoaro due giorni dopo Rahn, Wolff e Hofer (i rappresentanti della sovranità tedesca in Italia). La decisione di terminare l’insensato combattimento e di inviare una delegazione al quartier generale degli Alleati per delle trattative sulle condizioni di un armistizio venne presa a Recoaro, nell’alloggio di Vietinghoff, domenica 22 aprile 1945. I plenipotenziari tedeschi raggiunsero quindi Caserta, dove la resa venne firmata il 29 aprile 1945. Il comando Sud-ovest e il gruppo di armate C furono i primi ad arrendersi in Europa, dove le armi tacquero solo il 9 maggio 1945.
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La natura è qualcosa di grandioso ed unico , un delicato equilibrio di forme più o meno armoniche , la montagna né è la prova , quando tenta di chiudere le ferite inferte dall’uomo detto sapiens , che di sapienza ne ha ben poca , ma l’equilibrio delle nostre piccole Dolomiti è molto precario , lo ha dimostrato più volte il Passo della Lora , il Vajo dell’acqua , il Vajo scuro , il forcellin del Plische , il Pelegatta , il Vajo stretto e tanti altri…lo aveva già dimostrato la frana dei roccioni della Lora , nel 1915-18 . Già un delicato equilibrio che gli eventi atmosferici aggravato ancora di più , l’omo non c’è più con lui un pezzo di storia dei montanari della mia generazione , non ricordo le volte che ci sono salito , tante tante , fin da piccolo all’età di 7-8 anni , come le gallerie del resto , 7-8 anni con i lupetti . Certo salirò ancora ma di lui rimarrà solo il ricordo di quel torrione tozzo e malfatto , un ricordo che rimarrà nel cuore di tutti quei montanari che lo hanno sempre visto lì , quasi come un riferimento , al fianco a quell’altro torrione poco più basso e chissà se un giorno anche lei crollerà su se stessa come ha già fatto lui … certo guardare in su e non vederlo più insieme, non sarà più come prima , non si sentirà più quell’osservare da sopra il nostro incedere di passi , certo rimarrà lei che come una mamma si prenderà cura di noi montanari. Luciano